Di Antonello Caporale da il http://www.ilfattoquotidiano.it/
Quindi il denunciante, il cardiochirurgo Fausto Saponara, la settimana scorsa è stato licenziato dall’azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, indispettita e incattivita per essersi rivista nei tg e sui giornali in ragione di una strana morte accaduta dentro le sue mura su un lettino operatorio due anni fa.
Si spera così che la lezione serva a tutti e che Saponara, d’ora in avanti, impari a custodire le parole in tasca. Sembra una trovata teatrale in cui il rovescio si fa diritto, l’omertà diviene clausola di stile, il silenzio sentimento vitale. Invece è tutto incredibilmente vero.
La settimana scorsa il consiglio di disciplina ha notificato al dottor Saponara l’atto di licenziamento per aver denunciato i motivi che hanno condotto alla morte una paziente sottoposta a un intervento di cardiochirurgia nell’ospedale lucano.
Elisa Presta, 71 anni, trovò due anni fa la morte nella sala chirurgica dell’ospedale per una serie inenarrabile di leggerezze e incompetenze, con operazioni di rianimazione fuori tempo massimo e interventi sul suo corpo al di là delle più elementari indicazioni del prontuario sanitario.
Un’operazione chirurgica lieve nella sua problematica ma portata avanti nel più disastroso dei modi e, visto l’esito infausto, taciuta ai familiari, ai dirigenti dell’ospedale e persino al pubblico ministero. Una storiaccia di malasanità, con l’aggravante della correità e la stabilizzazione di una rete di silenzi incrociati poi però implosa in un video drammatico trasmesso da tutti i tg in cui uno dei presenti all’operazione, il cardiochirurgo Michele Cavone, dichiarava la sua colpa per aver assistito all’”ammazzamento” senza nulla fare, per essersi ritratto dalla denuncia, per essersi fatto – come esige la grammatica in voga del senatore Razzi – “i cazzi suoi”.
LA CONFESSIONE del medico è stata davvero scioccante, e ha poi condotto l’inchiesta giudiziaria ad avanzare nell’accertamento delle responsabilità arrivando fino all’arresto del primario del reparto, Nicola Marraudino, colui che operava quella notte, e alla disarticolazione della struttura dirigente del reparto, con effetti deflagranti successivi (le dimissioni del direttore generale).
Il conto esatto delle omissioni, delle correlazioni, del clima di ostilità interna l’aveva tenuto proprio Saponara che al Fatto Quotidiano aveva elencato la vicenda interponendola con la propria condizione di emarginazione.
Aveva elencato minuziosamente la quantità di occasioni in cui aveva denunciato il caso alla gerarchia sanitaria senza mai ottenere risposta.
Aveva prodotto documenti, fax, colloqui che però non avevano dato alcun esito.
Alla fine, solo alla fine di una lunga litania fatta di sospensioni cautelari, dissidi, proteste, si era deciso a rendere pubblica la sua condizione.
E questo fatto, proprio questa ultima decisione, è stata assunta come elemento di causa dell’interruzione del rapporto di lavoro.
La commissione disciplinare lo ha licenziato non una ma due volte.
Con una prima contestazione, e successiva delibera, gli ha contestato “di aver reso dichiarazioni relative a presunti comportamenti omissivi da parte della Direzione dell’Azienda ospedaliera che avrebbe occultato volontariamente la nota vicenda della paziente E. P.
La propalazione di tali affermazioni ha determinato e determina grave nocumento all’immagine dell’azienda”. Seconda contestazione e secondo licenziamento per aver proceduto “clandestinamente a registrare la conversazione tenuta con il collega e successivamente farla pervenire al quotidiano on line Basilicata24. it senza aver prontamente proceduto alle debite segnalazioni alle autorità competenti e alla direzione generale”.
ECCO L’INCOLPAZIONE che incredibilmente tace sul silenzio che regnava intorno a quella che ora definisce “nota vicenda”. Nota solo grazie al dottor Saponara. E infatti quando il direttore generale, poi dimissionario, dispose la sospensione cautelativa di Saponara dal servizio, la regione Basilicata illustrò (era il 27 ottobre 2014) al commissario straordinario che intanto era stato nominato, l’opportunità di revocare il provvedimento per nullità della contestazione e perché l’interessato aveva segnalato il fatto. E il commissario aveva proceduto alla revoca e riammesso in reparto Saponara.
Ma in quell’ospedale evidentemente telefoni e fax non funzionano, e l’ufficio di disciplina, senza tener conto del commissario, ha avanzato nella sua istruttoria fino al bi-licenziamento del medico (sorte analoga è toccata a un altro medico, il dottor Cavone, autore della confessione).