Università Roma Tre, rettore Luca Pietromarchi si dimette: “Troppe tensioni, c’è un clima divisivo”

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Nelle prime ore di questa mattina il rettore dell'Università degli Studi di Roma Tre, Luca Pietromarchi, ha fatto sapere tramite un'email di aver inviato una lettera di dimissioni alla ministra dell'Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa. L'email di congedo è stata inviata a tutte le figure che fanno parte degli organi centrali dell'ateneo, per salutarli e ringraziarli per gli anni difficili che hanno passato insieme: quelli della pandemia.


Proprio in questo periodo così difficile, quello che ha portato al cambiamento della didattica dovuta al coronavirus, ha spesso utilizzato metafore nautiche per esprimere la situazione vissuta dall'ateneo e, secondo quanto appreso da Fanpage.it, anche stavolta ha aperto la lettera con questo riferimento: "Ritengo giunto il momento di fare un punto nave. Ovvero per dirvi dove siamo."


La lettera di dimissioni del rettore Pietromarchi

Sono molteplici i fattori che hanno convinto Luca Pietromarchi a rassegnare le dimissioni. Oltre ad alcuni problemi legati alla propria salute, infatti, il rettore di Roma Tre nella sua lettera di congedo fa spesso riferimento al clima divisivo, di tensioni, che si è insinuato nell'ateneo negli ultimi mesi e che continua ad essere presente nonostante lui stesso abbia tentato più volte un'opera di mediazione: "Due proposte di mediazione presentate, con il mio accordo, da due prorettori, sul progetto del Tecnopolo la prima e e sulla distribuzione delle risorse la seconda, sono state respinte dagli organi competenti."

Non nasconde, inoltre, di non essere più sostenuto dalla maggioranza: "Siamo, s'intende, nella più legittima dinamica del gioco democratico. Ma intendo anche che la mia linea di governo e di progettazione non è più sostenuta dalla fiducia della maggioranza negli organi decisionali."


Ormai, infatti, secondo lui sono venute a mancare le condizioni politiche per continuare: "Ne concludo pertanto e, inevitabilmente, che non ci sono più le condizioni politiche per proseguire un'azione di conciliazione – ha dichiarato nella lettera –  Queste tensioni mi impediscono di svolgere l'azione di governo in quella forma condivisa, dialogante e collegiale che è stata la base del mio programma rettorale."


Dimissioni del rettore di Roma Tre

Luca Pietromarchi, professore da professore di Lingua e Traduzione Francese e Letteratura Francese, è stato eletto rettore dell'Università degli Studi di Roma Tre nel 2017 dopo che anche il suo predecessore, Mario Panizza, aveva rassegnato le proprie dimissioni. Anche in quel caso, alla base della scelta, c'erano stati dissidi all'interno del Consiglio di Amministrazione dell'ateneo.


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La Parentopoli di Roma Tre e la carriera lampo di Basilicata Jr

di Arianna Di Cori

Nell'Università di Roma Tre del "Magnifico" dg Pasquale Basilicata, rimasto l'unico uomo al comando dopo le clamorose dimissioni anticipate del rettore Luca Pietromarchi, vige la legge del più forte. Una legge rafforzata da "coincidenze". Anche quando si tratta di assunzioni di figli e nipoti della gente che conta, alla faccia dei conflitti d'interesse.

 Un nome tra tutti: Luca Basilicata. Figlio del "vero rettore" - così viene soprannominato Basilicata senior all'interno dell'ateneo - è entrato all'università nei primi mesi del 2020. Dalla classe C, ovvero quella di "impiegato di concetto", per il quale serve solo il diploma, il giovane Basilicata ha fatto passi da gigante: una carriera lampo, tanto che, alla fine dello scorso anno, ha partecipato a un concorso per il grado di Ep, ovvero "elevata professionalità", il grado secondo solo alle figure dirigenziali, saltando il normale iter che prevede il passaggio nel ruolo di funzionario semplice.

Gli esiti del concorso sono stati pubblicati il 27 gennaio: nessuna delle delibere porta la firma del padre, ma è difficile pensare che non fosse a conoscenza della scalata del giovane rampante. E soprattutto è impossibile che non conoscesse la legge vigente, che è molto chiara in materia di assunzioni di "figli di": non possono partecipare a concorsi pubblici, in un ateneo, coloro che abbiano una "parentela o affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione".

Lo dice proprio la legge Gelmini, quella che ha di fatto sdoganato la gestione aziendalistica dell'università e che ha permesso a Basilicata di amministrare indisturbato centinaia di milioni di euro all'anno, elargendo favori alla sua "fazione", acquistando terreni e immobili.

Basilicata jr è arrivato secondo sotto a Domenico Barbaro - fedelissimo del dg, componente del Cda - ma è comunque risultato "idoneo non vincitore". E tanto è bastato a garantirgli la promozione e l'assunzione al suo nuovo ruolo, di spicco, con uno stipendio tra i 40 e i 50mila euro annui, nell'ufficio gestione delle attività sportive. A lui sarebbe probabilmente toccata l'amministrazione del nuovo centro sportivo di Ateneo, ossia i campi di padel da realizzare nell'edificio abbandonato soprannominato il "bidet", davanti piazza dei Navigatori, spuntato nell'ultima previsione di bilancio e destinato ad essere acquistato per 7 milioni di euro da Roma Tre.

Luca Basilicata non è l'unico: c'è Chiara Colapietro, figlia del consigliere di amministrazione e professore Carlo Colapietro, anche lui esponente di spicco del "team Basilicata". Non solo, c'è anche un terzo Colapietro all'ateneo, Giuseppe, zio di Chiara e dirigente. Poi c'è il vicedirettore generale Luciano Sacchi, con la figlia Federica neoassunta in un ruolo amministrativo, la professoressa Vittoria Cajola, es prorettrice vicaria, anche lei con un figlio assunto da poco, e il professor Paoloni, di studi aziendali (tra i dipartimenti "fedeli" al Dg), che ha piazzato il figlio Niccolò come ricercatore a giurisprudenza e Jacopo tra il personale amministrativo di ingegneria. E si tratta solo dei nomi più in vista in quella che, giorno dopo giorno, si rivela essere la rete di potere a capo dell'ateneo da 27 anni a questa parte.

da https://roma.repubblica.it/cronaca/2022/03/30/news/la_parentopoli_di_roma_tre_e_la_carriera_lampo_di_basilicata_jr-343352644/

Milano Fashion Week 2022 sostenibile?


Dopo aver visto le passerelle di Milano piene di paillettes e sbrilluccichii per un evidente inno alla rinascita, dopo la pandemia, e un inno a risplendere (nonostante la guerra in Ucraina) ci si chiede: ma i capi sono sostenibili?

Visto che sulla stampa il concetto sostenibilità non è stato contemplato nella descrizione delle sfilate. 

Mentre il tutto ancora è stato comunicato al pubblico, in termini di evocazione di sogni, di affermazione di tratti di personalità e di forte impatto emotivo, continuando ad avallare il legame della moda con l'impulso all'acquisto, alla immediatezza, insomma ad una soddisfazione istantanea senza pensieri. 

Ma i pubblico non è  consapevole dei disastri ecologici a cui la moda contribuisce? Non ha coscienza? Non ha maturato valori ecologici forti?

Controllando su Vogue si trova questo articolo: https://www.vogue.it/moda/article/milano-fashion-week-2022-moda-sostenibile in cui si parla di brand emergenti che praticano progetti sostenibili. 

Non si parla di top player che di fatto non hanno comunicato questa importante leva commerciale nella narrazione dei loro outfit. 

Si assiste ad una forte amnesia comunicativa da parte dei migliori brand della moda? 

Oppure l'eco-design è una mera utopia negli uffici stile?

Viene da pensare al Bla Bla Bla di Greta Thunberg ed è sconfortante vedere come ancora il mondo faccia fatica ad abbracciare questa necessaria rivoluzione culturale e valoriale.

Si può concludere che per ora la sostenibilità rimane alla periferia del mondo della moda. 

Eppure tanti passi da parte dei produttori di materiali sono stati fatti.

Quando il fashion marketing utilizzerà la sostenibilità, come da sempre fa col glamour, per vendere i prodotti moda?