Nell'Università di Roma Tre del "Magnifico" dg Pasquale Basilicata, rimasto l'unico uomo al comando dopo le clamorose dimissioni anticipate del rettore Luca Pietromarchi, vige la legge del più forte. Una legge rafforzata da "coincidenze". Anche quando si tratta di assunzioni di figli e nipoti della gente che conta, alla faccia dei conflitti d'interesse.
Un nome tra tutti: Luca Basilicata. Figlio del "vero rettore" - così viene soprannominato Basilicata senior all'interno dell'ateneo - è entrato all'università nei primi mesi del 2020. Dalla classe C, ovvero quella di "impiegato di concetto", per il quale serve solo il diploma, il giovane Basilicata ha fatto passi da gigante: una carriera lampo, tanto che, alla fine dello scorso anno, ha partecipato a un concorso per il grado di Ep, ovvero "elevata professionalità", il grado secondo solo alle figure dirigenziali, saltando il normale iter che prevede il passaggio nel ruolo di funzionario semplice.
Gli esiti del concorso sono stati pubblicati il 27 gennaio: nessuna delle delibere porta la firma del padre, ma è difficile pensare che non fosse a conoscenza della scalata del giovane rampante. E soprattutto è impossibile che non conoscesse la legge vigente, che è molto chiara in materia di assunzioni di "figli di": non possono partecipare a concorsi pubblici, in un ateneo, coloro che abbiano una "parentela o affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione".
Lo dice proprio la legge Gelmini, quella che ha di fatto sdoganato la gestione aziendalistica dell'università e che ha permesso a Basilicata di amministrare indisturbato centinaia di milioni di euro all'anno, elargendo favori alla sua "fazione", acquistando terreni e immobili.
Basilicata jr è arrivato secondo sotto a Domenico Barbaro - fedelissimo del dg, componente del Cda - ma è comunque risultato "idoneo non vincitore". E tanto è bastato a garantirgli la promozione e l'assunzione al suo nuovo ruolo, di spicco, con uno stipendio tra i 40 e i 50mila euro annui, nell'ufficio gestione delle attività sportive. A lui sarebbe probabilmente toccata l'amministrazione del nuovo centro sportivo di Ateneo, ossia i campi di padel da realizzare nell'edificio abbandonato soprannominato il "bidet", davanti piazza dei Navigatori, spuntato nell'ultima previsione di bilancio e destinato ad essere acquistato per 7 milioni di euro da Roma Tre.
Luca Basilicata non è l'unico: c'è Chiara Colapietro, figlia del consigliere di amministrazione e professore Carlo Colapietro, anche lui esponente di spicco del "team Basilicata". Non solo, c'è anche un terzo Colapietro all'ateneo, Giuseppe, zio di Chiara e dirigente. Poi c'è il vicedirettore generale Luciano Sacchi, con la figlia Federica neoassunta in un ruolo amministrativo, la professoressa Vittoria Cajola, es prorettrice vicaria, anche lei con un figlio assunto da poco, e il professor Paoloni, di studi aziendali (tra i dipartimenti "fedeli" al Dg), che ha piazzato il figlio Niccolò come ricercatore a giurisprudenza e Jacopo tra il personale amministrativo di ingegneria. E si tratta solo dei nomi più in vista in quella che, giorno dopo giorno, si rivela essere la rete di potere a capo dell'ateneo da 27 anni a questa parte.