Caro Babbo Natale...

Vuoi portarti via tutta, ma tutta la corruzione da questo stivale su cui viviamo?
Vuoi che se parliamo di pizzo in Italia si intenda solo quello qua sotto?

Vuoi portarci milioni di posti lavoro solo stabile, coi diritti e soprattutto benissimo retribuito?

Vuoi donarci apertura mentale, cultura, salute e diritto ad essa, armonia, serenità e benessere?

Vuoi regalarci aria pulita, mari tersi,  terre decontaminate, acqua e cibo salubre, esercizio fisico per tutti e menti lucide, consapevoli?

Babbo Natale,
per favore ariportaci la possibilità di scegliere i politici e votarli, e  aripijate 'sti squinternati che nessuno l'ha votati!

Grzie e Buon Natale!



Renzi dimissioni! Chi non le chiede acconsente

da: http://temi.repubblica.it/micromega-online/renzi-dimissioni-chi-non-le-chiede-acconsente/
di di Paolo Flores d'Arcais

Non era “Scherzi a parte”. Era proprio “la Leopolda”, il marchio di fabbrica, il brand, la maison, insomma il format urbi et orbi con cui Renzi ogni anno magnifica se stesso in una sbrodola corriva di italico conformismo, cortigiani baci della pantofola e Te Deum alla finanza. Poiché però quest’anno il giornalismo unico e prono, che tanto piace al premier, oltre alla tradizionale eccezione di “Il Fatto Quotidiano” ha registrato su più testate spazi prioritari dedicati a quella pinzillacchera dei risparmiatori truffati e rovinati (uno già indotto al suicidio), anziché la staffetta d’ordinanza di osanna e peana, Renzi ha ritenuto improcrastinabile colpirne uno per educarne cento con la gogna del simpatico gioco “i dieci titoli più inappropriati”: per i vincitori non mancheranno ricchi premi e cotillon, future poltrone, stiano pure sereni.

Ora, quando Renzi è in famiglia per la tombolata o in intimità con i/le sodali del suo giglio magico per il mercante in fiera o monopoli, padronissimo di sostituirvi giochi che alla combriccola paiano più sganascianti. Ma nella vita pubblica, l’osceno spettacolo di Firenze si chiama aggressione alla libertà di stampa, sputi e schiaffi contro l’articolo 21 della Costituzione, e un premier che in tali pratiche si ingaglioffisca deve andarsene subito.

Sulla libertà di stampa, come sugli altri diritti fondamentali della Costituzione, non è lecito scherzare.
Perché per minimizzare la gravità di quanto operato dal premier contro la libertà di stampa si è costretti a istituire paragoni con la Turchia di Erdogan, dove i giornalisti finiscono in galera, e la Russia di Putin, dove finiscono anche ammazzati, e allora effettivamente sì, si può sostenere che in fondo quella di Renzi è una marachella, birichinata, birbanteria, ragazzata.

Solo che Renzi non è un ragazzino in fregola di bullismo, è il capo del governo, e lo standard con cui misurarlo non possono essere Erdogan e Putin. È immaginabile un Obama, una Merkel, un Hollande, un Cameron che si sbellicano a far insolentire dagli elettori un giornale che li critica? E per scendere molto più in basso, cosa sarebbe successo se fosse stato Berlusconi a sollazzarsi con il giochino dei “titoli inappropriati”? O addirittura: come finirebbero le chance della carriera politica di Marine Le Pen, se si permettesse?

E allora, perché si continua a tollerare Renzi al governo, e la Boschi, e Alfano, e compagnia cantando? Davvero hanno passato il segno. 

Ecco perché è necessario, ineludibile, improcrastinabile, che chi ha voce pubblica dica: 
BASTA! Renzi a casa! Renzi si deve dimettere!

Noi, che in fatto di ascolto pubblico contiamo pressoché nulla, lo facciamo immediatamente, e invitiamo tutti i lettori a dire “basta!” insieme a noi. Ma è indispensabile che chi gode di ascolto vero e dunque conta nell’opinione pubblica (devo fare i nomi? Li sanno tutti), le dimissioni di Renzi le chieda con tutta la forza e il peso massimo della sua voce, facendo da catalizzatore a centinaia di migliaia, a milioni di cittadini, altrimenti le sue critiche rimarranno un elegante esercizio con cui salvarsi l’anima.

Cosa ci insegna la Boschi Family story di Pierfranco Pellizzetti

da: http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/12/14/pierfranco-pellizzetti-cosa-ci-insegna-la-boschi-family-story/

Come dare torto a Dario Nardella, il badante che veglia amorosamente sulla poltrona di sindaco di Firenze avuta in affido da Matteo Renzi, quando replica in tono infastidito a Roberto Saviano «sei fuori dal mondo»? Difatti è certamente fuori da “un certo mondo” chi reclama le dimissioni per conflitto d’interessi della ministra Boschi, invischiata con il babbo Pierluigi e il fratellino Emanuele nella vicenda ormai mortifera del crack di Banca Etruria.
Il mondo dove le famiglie Adams della politica italiana praticano con soddisfatto sprezzo del pudore lo sport dell’arraffa impunito. Magari per poi sgranare gli occhioni – tra lo stupito e l’indignato – se qualcuno osa eccepire che il vice presidente di una Banca fallita dovrebbe rendere conto del proprio operato, non meno del dirigente responsabile del settore fidi di detto istituto. Ossia daddy Pier Luigi ed Emanuele brother; che la ministra belloccia (seppure abbastanza sul cavallino) presume di mondare da ogni responsabilità morale/materiale con un suo semplice attestato che si tratterebbe di “brave persone” e “cari ragazzi”.
Quando l’impudenza si diluisce nell’ingenuità…
Eppure la Boschi family ci insegna qualcosa di molto importante, sui tempi attuali e i suoi protagonisti: di che materiale sono fatti i ragazzetti e relativi famigli che occupano la scena al seguito di Matteo Renzi; il cui padre Tiziano è nel mirino della magistratura per certi business malandrini, che mal si addicono alla sua aria da Grande Puffo, con tanto di barbetta ricurva (il Tribunale di Genova ha respinto la richiesta di archiviazione dell’indagine per bancarotta che lo riguarda); il cui zio Nicola Bovoli, leonardesco inventore del celebre Quizzy, era in affari con Berlusconi.
Insomma, dietro cotanti modelli – la bella e il best – avanza una tipologia umana di nuovo conio, che riprende aspetti delle precedenti razze padrone, ma rimixate in modalità originali:
- Gli antichi “uomini di mano dorotei”, al tempo della Prima Repubblica, praticavano una sfrenata occupazione del potere, ma sempre mimetizzati in uno stile di vita disadorno tendente al monacale, totalmente diverso dal glam da balera dei nuovi emergenti;
- Tra i “giovani turchi” dell’ultima infornata dalemiana - modello Orfini o Andrea Orlando - non si rinuncia(va) a nessun colpo basso e porcata, ma sempre con quel pallore sul volto da grano dei sepolcri (i corridoi di partito ove hanno sempre vissuto, in simbiosi con famiglie di lemuri) che contrasta con il look lampadato renziano;
- Gli “avanzi di balera” del berlusconismo rampante esibiscono tenute fighette, pantaloni a tubo di stufa strizza-malloppo e SUV mastodontici da parcheggiare in terza fila, come gli abitué Leopoldini; che tuttavia si riconoscono per un uso compulsivo dei media “indossabili” (I-phone, smart-phone) per tweettate in quantità industriali (che farebbero venire il mal di testa a dolcevitari arcoriani);
“Le amazzoni di Silvio” azzannavano l’avversario né più né meno ora delle “soavi viperette” renziane; ma queste ultime preferiscono adottare un repertorio tossico composto da sottili perfidie e insinuazioni velenose, rispetto agli schiamazzi con strabuzzo delle precursore nella femminilizzazione del killeraggio televisivo.
    Riassumendo: ragazzetti e ragazzette di modesta cultura e mastodontiche ambizioni, che avanzano a suon di gomitate senza remore di sorta e non guardando in faccia nessuno. Con una pretesa di modernità confusa con il look.
    Nessun stupore se poi li ritroviamo a ripetere le stesse malefatte di chi li ha preceduti, la cui rottamazione aveva il solo scopo di fare spazio ai nuovi sgomitatori.
    Pierfranco Pellizzetti

    Fallimento Valleverde, in manette il fondatore Armando Arcangeli

    da: http://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/15_dicembre_03/fallimento-valleverde-arrestato-armando-arcangeli-brescia-rimini-0768a4a4-99b2-11e5-a8aa-552a5791f1fe.shtml

    Con il fallimento del noto brand di calzature si sarebbe appropriato indebitamente di nove milioni di euro. Sequestrati 19 milioni. In manette anche un consulente bresciano



    Dai fasti degli anni ‘90 ai debiti milionari, dagli spot con Kevin Kostner alle indagini per bancarotta fraudolenta. Giovedì mattina sono scattate le manette, sipario sulla triste caduta di uno dei più famosi imprenditori del centro Italia. Armando Arcangeli, fondatore del noto brand di calzature Valleverde, «non cammina più»: è agli arresti domiciliari. Per la Guardia di Finanza di Rimini, che si è avvalsa della collaborazione dei colleghi di Pesaro, Brescia e Mantova, si sarebbe appropriato indebitamente 9 milioni di euro con il fallimento della Spes spa, società in cui l’indebitata Valleverde spa si era trasformata nel 2011 cedendo in affitto l’azienda alla Valleverde srl, newco creata ad hoc da un gruppo di imprenditori bresciani . Una storia di intrecci, falsi contenziosi e omessi versamenti a Erario e creditori.


    La scoperta è stata fatta nell’ambito dell’ operazione «Broken shoes», che ha portato anche al sequestro di beni per 19 milioni di euro.Ai domiciliari anche David Beruffi, 58enne ex assessore di Castiglione, Antonio Gentili, 48enne di Novafeltria, direttore generale e poi liquidatore della Valleverde spa, Enrico Visconti, 50enne di Desenzano presidente del cda di Valleverde srl, Ernesto Bertola, 61enne bresciano, amministratore di fatto della Valleverde srl e Anna Maria Soncina, 51 anni di Desenzano , consulente esterno. La struttura aziendale, attualmente, è di proprietà della Silver 1 srl di Lugo di Romagna guidata da Elvio Silvagni che ha rilevato la Valleverde a gennaio 2015 per 9 milioni di euro e che risulta estranea alla vicenda.

    La prima operazione nel 2013

    Le perquisizioni a catena scattano nel 2013 nelle abitazioni e negli uffici dei vertici (vecchi e nuovi) del calzaturificio. Motivo: il fallimento della Spes spa, per la quale è dichiarato il fallimento dopo la revoca del concordato preventivo. Secondo i finanzieri, attraverso un intreccio societario e l’utilizzo strumentale di un concordato preventivo nella pratica fittizio sono stati sottratti all’azienda almeno 9 milioni di euro. La Spes spa era infatti la società in cui si era trasformata cambiando nome e ragione sociale alla vecchia Valleverde spa di Arcangeli, indebitata per 45 milioni, e che avrebbe dovuto traghettare lo storico calzaturificio di Rimini verso il concordato preventivo. I debiti contratti dalla Spes per far fronte all’affitto d’azienda, alla gestione del calzaturificio da 130 dipendenti e alla produzione sarebbero dovuti essere pagati dalla newco Valleverde srl, costituita da un pool di imprenditori bresciani che avevano preso in affitto marchi, produzione e vendita impegnandosi a versare alla Spes le risorse necessarie per ripianare i debiti. Arcangeli pensava però che i fasti degli anni ‘90 non si sarebbero ripetuti e ha stretto un patto segreto con gli imprenditori bresciani: i soldi alla Spes non dovevano arrivare.



    Dal concordato al fallimento

    Ammessa al concordato preventivo, omologato nel 2012, la Spes (espressione della vecchia società) non ha fatto fronte agli impegni assunti verso i 2mila creditori di Valleverde spa sparsi per l’Italia. Anche alla luce delle contese (giudicate artificiose dalla Finanza) tra vecchia e nuova società il concordato era stato revocato dal Tribunale e la Spes ha fatto crac il 6 giugno 2013: dalla newco Valleverde srl, i soldi non sono mai arrivati. Per la Finanza era tutto programmato tanto che una denuncia di truffa della nuova gestione contro la vecchia, accusata di aver fatto sparire parte del magazzino, era stata considerata «artificiosa». Sette gli imprenditori e manager che il pm Luca Bertuzzi aveva iscritto nel registro degli indagati per bancarotta. Tra questi Armando Arcangeli, fondatore dell’originaria Valleverde Spa e ideatore dello slogan «Camminerete in una Valleverde», il direttore generale Antonio Gentile che poi ha assunto l’incarico di liquidatore della Spes, l’amministratore della srl Enrico Visconti, residente a Desenzano del Garda, Ernesto Bertola, bresciano e David Beruffi, di Castiglione delle Stiviere, responsabile finanziario.



    Sequestri preventivi per l’equivalente dei reati

    L’attività di polizia giudiziaria, coordinata da Luca Bertuzzi, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Rimini, e svolta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Rimini, ha permesso di individuare operazioni e fatti aziendali connotati dall’obiettivo comune di depauperare il patrimonio aziendale della fallita Valleverde. Tutto in pregiudizio dei creditori e dell’Erario attraverso la commissione di bancarotta e di omessi versamenti di imposte per importi milionari. Le condotte per le quali gli indagati sono accusati riguardano sia la vecchia proprietà che la governance della newco bresciana appositamente costituita per garantire la continuità aziendale nella fase del concordato preventivo omologato dal Tribunale di Rimini. Sono stati eseguiti sequestri preventivi per «equivalente», con riferimento a reati tributari, fino alla concorrenza di 12,2 mln di euro e sequestri preventivi, con riferimento ai reati fallimentari, di somme pari a 6,8 mln di euro, oltre a quote societarie di cinque società, di cui una immobiliare con sede a Rimini e quattro nella Repubblica di San Marino, nonché ai saldi attivi di conti correnti sia nazionali che esteri, avvalendosi anche di una rogatoria internazionale accolta dall’Autorità Giudiziaria della Repubblica di San Marino.

    Adesso lo dice l’OCSE: i giovani italiani avranno pensioni da fame!!!! (la nostra Vendetta? No siamo solo degli “scemi”!)...

    da:https://www.facebook.com/idv2.0lazio/?fref=nf
     2 Dicembre 2015
    Adesso lo dice l’OCSE: i giovani italiani avranno pensioni da fame!!!! 
    (la nostra Vendetta? No siamo solo degli “scemi”!)
    Sono almeno 3 anni che corriamo dietro alla questione pensionistica per porla al centro del dibattito politico, avvertendo conti alla mano, che nel futuro prossimo le pensioni dei giovani saranno “povere” e che bisogna intervenire con forza adesso, non domani, ora! Sono 3 anni che cerchiamo sponde per discuterne seriamente, sono anni che chiediamo di affrontare l’argomento di “petto” senza ricevere risposte, sono anni di “solitudine” a volte! Ovunque siamo andati per parlarne siamo stati guardati con sospetto, siamo stati presi per “allarmisti”, siamo stati identificati come “quelli che ce l’hanno con l’INPS”, siamo stati definiti “come dei temerari o liberisti o più semplicemente come ….. degli scemi!”, però ieri l’OCSE ha detto e sentenziato che “gli scemi” non siamo noi ma, forse quelli che non vogliono ascoltare a cominciare dalle forze politiche, dal Governo e dall’opposizione, dai giovani di questo Paese che ignorano o vogliono ignorare il piatto che gli stanno preparando, insomma nessuno vuol sentire parlare di “future pensione povere”!!

    Si sono messi a discutere per mesi se consentire di andare in pensione con qualche anno di anticipo, penalizzando l’assegno, senza comprendere che la questione è più profonda e seria: è l’assegno pensionistico che è basso, questo è il problema, è il sistema contributivo così com’è che non funziona!

    L’Ocse semplicemente dunque ha preso atto che il sistema pensionistico italiano è assolutamente iniquo, e comporterà un danno pesantissimo alle nuove generazioni (i trentenni di oggi e quelli 
    che verranno!) che sono oggi e nei prossimi anni costrette a mantenere i privilegi degli attuali pensionati e dei futuri pensionandi per avere solo le briciole, si parla di assegni di pensioni inferiori di almeno 25/30% di quelli attuali (il conto secondo noi è ottimistico, ma ricordate “noi siamo scemi!”) e soprattutto l’OCSE prevede che tale penalizzazione colpirà anche le donne….che saranno mamme! 

    E l’OCSE parla in fondo dei lavoratori dipendenti, tralascia quei poveri disgraziati degli autonomi, delle Partite Iva, quelli che sinora sono stati il bancomat dell’INPS versando nell’unica cassa attiva della Gestione Separata!!

    Un paese che oggi poggia su un concetto stranissimo e certamente poco romantico : si prende al povero per dare al ricco, un Robin Hood al contrario! Infatti chi tiene in piede la baracca dell’INPS e le attuali pensioni? Semplice i più sfigati, le partite Iva, gli stranieri, i cococo, i lavoratori con i voucher, i lavoratori a termine……questi versano montagne di soldi per non avere nulla in futuro ma solo per mantenere le pensioni d’oro, i baby pensionati, i sindacalisti in pensione ecc.

    Dunque il futuro sarà POVERO! Cari giovani il messaggio dei vostri Padri è semplice : vi lasciamo un bel debito pubblico, ed inoltre mi raccomando lavorate……. perché dovete mantenerci!!!
    Che bella prospettiva! Giovani e mamme con le pensioni da fame!!
    D’altronde agire seriamente sulle pensioni vuol dire affrontare il problema alla radice, partendo da i difetti del sistema contributivo, dal mondo del lavoro cambiato, dalle aliquote altissime di contributi, dalle rivalutazioni del montante pari allo 0, dal mancato sviluppo delle previdenze private ecc. Ma chi ha il coraggio di affrontare questi argomenti? Al momento nessuno, solo qualche “scemo” come noi, che poniamo il problema da anni per farci ridere dietro!
    Mi sembra però stamani di sentire nell’aria e nei bar qualche ………..risata di meno!!!

    Befana a piazza Navona, tornano i banchi dei Tredicine. È polemica

     da: http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_novembre_21/befana-piazza-navona-tornano-tredicine-polemica-c5d2240c-907e-11e5-ac55-c4604cf0fb92.shtml

    Tredicine Alfiero... Tredicine Dino... Tredicine Elio... Tredicine Tania Donatella... Ecco alcuni dei nomi che hanno vinto il bando per la Festa della Befana in piazza Navona. E con concessione decennale. L’elenco di coloro che dal 6 dicembre allestiranno il nuovo banco «tipo» per vendere dolciumi, statuine del presepe o giocattoli nella più caratteristica fiera natalizia della capitale, vede un ritorno alla «tradizione» anche negli assegnatari. Il nuovo bando che doveva portare sulla piazza banchi perfino di operatori stranieri non ha così raggiunto i risultati sperati. «Avevamo ragione quando, dopo il primo momento di contentezza, ci siamo resi conto che il bando avrebbe portato la sopravvivenza ai soliti noti fino al 2024 - afferma Viviana Piccirilli Di Capua, dell’Associazione abitanti centro storico - per questo mi auguro che coloro che possono, compreso il Commissario, rivedano questa situazione che non ha nulla di trasparente e va sicuramente a decremento di quanto era stato espresso dal I Municipio».

    «L’assessore Sabella - aggiunge - ha detto che chi scrive le delibere o è ignorante o le fa pretestuosamente: qualcuno faccia tesoro di queste parole e prenda un serio provvedimento». Misurando molto le parole non nascondono del resto la loro poca soddisfazione anche la presidente del I municipio, Sabrina Alfonsi, e l’assessore municipale al Commercio, Jacopo Pescetelli: «Sicuramente - dicono - possiamo affermare di non essere soddisfatti del risultato ottenuto sotto il profilo delle garanzie per la qualità della merce in vendita. A quanto emerge da una prima lettura delle diverse graduatorie in alcuni settori, come i dolciumi, i punteggi per la certificazione della qualità della merce sembrano non essere stati assegnati, il che ha aumentato in modo preponderante il peso del requisito di anzianità. Faremo ovviamente tutte le verifiche amministrative del caso sull’esito del lavoro della Commissione per essere certi che sia stato rispettato in pieno il principio di legalità».

    Ma intanto niente novità, e niente «biologico» come invece richiesto. E ai primi due posti per la vendita di dolci c’è Alfiero Tredicine: «C’è stata una riduzione del 50 per cento dei banchi di dolciumi - spiega Pescetelli - che due siano dei Tredicine è normale, vige un criterio di anzianità. Non siamo soddisfatti». Neppure per le novità nei presepi o giocattoli: per 20 postazioni ci sono state solo 16 domande e due sono stati esclusi. Ci saranno quindi solo 14 banchi. Gli altri sei? «Li rimetteremo in gara l’anno prossimo», spiega l’assessore. Per di più nella graduatoria del commercio dei giocattoli appare al numero due il «Food Store di Tredicine Alfiero». E per altre postazioni c’è chi dice che si tratti, in alcuni casi, di loro parenti.

    E Stilinga pensa: ARIDATECE MARINO!
    l'alternativa è boicottare piazza Navona, evitarla per tutto il periodo natalizio e asciugare economicamente il settore, monopolio dei soliti noti, in modo che la botta sui denti sia forte e chiara!

    Pinotti: "Inviamo armi in Medio Oriente nel rispetto della legge''

    da: http://video.repubblica.it/politica/pinotti-inviamo-armi-in-medio-oriente-nel-rispetto-della-legge/219154?ref=HREC1-3


    A margine di un convegno sulla difesa a Roma, l'ad di Finmeccanica Mauro Moretti risponde alle polemiche sulla vendita di armamenti e i commerci dell'Italia con Paesi come Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, dal cui interno provengono - secondo molti analisti - finanziamenti e supporto all'Is. Dal palco dello stesso convegno, il ministro della Difesa Pinotti sottolinea che: "All'interno dei Paesi Arabi ci sono fondazioni private che finanziano i terroristi e vanno estirpate, ma dire di non fare più affari con quei Paesi è come dire che non bisognava più avere rapporti con l'Italia perchè c'era la mafia". Pinotti replica anche alle critiche per l'autorizzazione concessa alle recenti spedizioni da Cagliari verso l'Arabia Saudita di carichi di bombe assemblate in Italia, nonostante le evidenze che ordigni dello stesso tipo siano stati usati dai sauditi nei bombardamenti dello Yemen. Infine al cardinal Bagnasco, che aveva proposto un embargo planetario verso i Paesi che fanno affari e finanzano il terrore, Moretti ribatte caustico ricordando i passati da ordinario militare del cardinale.

    (video di Marco Billeci e Francesco Giovannetti)



    L’Africa all’Ue: smettete di sfruttarci e si fermerà l’emigrazione

    da: http://www.eunews.it/2015/11/12/africa-ue-migranti-valletta/45003

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    Al vertice di Valletta i Paesi africani fanno presente che se le risorse naturali venissero pagate al giusto prezzo e le multinazionali straniere non evadessero il fisco, non ci sarebbe più bisogno di aiuti allo sviluppo
    Bruxelles – L’intera discussione, nemmeno ci sarebbe: se le risorse naturali dell’Africa venissero pagate al giusto prezzo e se le multinazionali che operano nel Paese non evadessero sistematicamente le tasse, molte di quelle persone che oggi tentano di raggiungere l’Europa per fuggire alla povertà, non avrebbero motivo di partire. A criticare apertamente il neo-colonialismo dell’Occidente, inclusa la stessa Europa che si presenta al summit della Valletta tra Ue e Africa nei panni del donatore buono, ci pensa il presidente del Senegal, Macky Sall. “Fino a che l’Africa non vedrà la giusta remunerazione per le sue risorse naturali sarà più o meno dipendente”, avverte durante la conferenza stampa finale del vertice, chiedendo: “È giunta l’ora di restaurare il giusto ordine delle cose”, non solo con prezzi equi per le materie prime africane ma anche spostando “la trasformazione delle risorse sul continente per creare lavoro”. Inoltre l’occidente dovrebbe impegnarsi nella “lotta contro l’evasione fiscale perché è noto che certe multinazionali che operano in Africa trovano sempre attraverso i meccanismi dei contratti che firmano con gli Stati un mezzo di scappare alla fiscalità”, denuncia ancora Sall.
    Certo l’Africa non è indenne da colpe: anche “malgoverno e corruzione sono cause di povertà assoluta”, ammette il leader senegalese. Ma “l’evasione fiscale e il trasferimento fraudolento di risorse dall’Africa sono valutati più di 60 miliardi di dollari l’anno” dunque “il solo 10% di questo patrimonio permetterebbe all’Africa di essere indipendente, di fare a meno degli aiuti pubblici allo sviluppo e anche di rimborsare totalmente il suo debito”. Insomma l’Occidente che ora si lamenta dei migranti africani, dovrebbe preoccuparsi di non contribuire all’impoverimento del continente. “Questa battaglia l’abbiamo portata ovunque: al G7, al G20, alle Nazioni Unite e anche qui” al vertice con l’Europa, spiega Sall.
    In ogni caso, secondo il rappresentante africano, l’Ue dovrebbe “sdrammatizzare” il suo approccio alla questione migratoria: “Da sempre quando ci sono differenze di sviluppo, le persone migrano verso i Paesi più sviluppati”, sottolinea Sall, ricordando che “fino a uno o due secoli fa era l’Europa che in massa migrava verso l’America”. Si tratta “di un fenomeno naturale, che va sdrammatizzato”, concentrandosi sulla “organizzazione della mobilità regolare e sulla lotta contro i traffici che sfruttano la povertà della popolazione africana per alimentare questo commercio ignobile che è l’immigrazione clandestina”.
    Proprio questi sono due dei punti del piano di azione concordato oggi da Paesi africani e Unione europea. Una tabella di marcia ambiziosa che contiene “una serie di azioni molto concrete” da mettere in atto entro la fine del 2016, sottolinea il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Punto centrale è l’accelerazione sui rimpatri e sull’aiuto ai Paesi africani per il reinserimento delle persone rimpatriate. L’Ue si impegna anche ad aprire alcune vie di accesso legale per l’ingresso dei cittadini africani, anche se l’impegno concreto si limita per il momento a borse di studio per gli studenti e a progetti pilota per ricerca o formazione.
    Nel corso della due giorni l’Ue ha anche firmato l’atto che lancia ufficialmente il trust fund (fondo fiduciario) per combattere le cause dell’immigrazione irregolare dall’Africa. Un passaggio formale che non aumenta però gli impegni concreti degli Stati, che restano limitatissimi rispetto alle attese. La Commissione europea ha messo sul piatto 1,8 miliardi di finanziamenti e altrettanto si erano impegnati a fare i Paesi Ue che per il momento, però, hanno tirato fuori soltanto 81,3 milioni di euro.

    "I bambini atei sono più altruisti di quelli religiosi"

    da:http://www.repubblica.it/scienze/2015/11/06/news/bambini_atei_piu_altruisti_dei_religiosi-126763069/?ref=HREC1-25

    LA GENEROSITA' e l'altruismo non si imparano grazie alla fede e alla religione. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology, condotto su un campione di 1.170 bambini, d'età compresa tra i cinque e i 12 anni, di sei Paesi (Canada, Cina, Giordania, Stati Uniti, Turchia, Sudafrica). Scopo della ricerca, guidata da Jean Decety del Dipartimento di psicologia dell'Università di Chicago, era quello di misurare se e come la religione incidesse sui comportamenti cosiddetti "prosociali", ossia volti al bene degli altri senza attendersi una ricompensa.

    Probabilmente la Fondazione americana John Templeton, di ispirazione cristiana, che ha finanziato lo studio, non sia aspettava un risultato del genere, che rimettesse in discussione il concetto di moralità basata sulla religione. "I dati rimettono in discussione il fatto che la religione sarebbe vitale per lo sviluppo morale" concludono i ricercatori "e supportano l'idea che la secolarizzazione del discorso morale non diminuirà il livello di  bontà umana, anzi, sarà tutto il contrario".

    I bambini sono stati divisi in tre gruppi, scegliendo le due religioni dominanti nei Paesi in cui è stata condotta l'indagine: cristiani, musulmani e non credenti. Ai genitori è stato chiesto di valutare la capacità di empatia e la sensibilità all'ingiustizia dei propri figli: per i genitori cristiani e musulmani erano più alte rispetto a quanto dichiarato da quelli atei.

    I ricercatori hanno poi testato questa "sensibilità" con delle prove pratiche, facendo vedere ai bambini dei video di piccola "violenza" quotidiana, con scene di coetanei che si sgambettano o si spintonano - sia intenzionalmente che involontariamente - chiedendo loro di valutare il livello di cattiveria e la relativa punizione da infliggere al "colpevole". Ebbene, i piccoli religiosi si sono dimostrati più inflessibili dei non credenti, scegliendo punizioni più pesanti. I più intransigenti sono risultati i musulmani.

    L'altro aspetto analizzato dall'indagine è stato quello della generosità. Il test è stato molto semplice, basato sul "gioco del dittatore": a ognuno dei bambini è stato chiesto di scegliere dieci figurine adesive in un mazzetto di trenta, precisando che non ci sarebbe stato il tempo per distriburle a tutti gli altri. I ricercatori hanno poi chiesto loro se sarebbero stati disposti a cederne alcune ai compagni meno fortunati. Un primo dato interessante e già emerso da precedenti ricerche, è stati che il numero delle figurine regalate aumentava con l'età. L'altro è stato che i piccoli atei sono risultati i più generosi. Non solo, sono stati proprio quelli più credenti a dimostrarsi meno propensi a staccarsi dalle proprie figurine, indipendentemente dalla loro collocazione geografica.

    Jean Decety, francese di nascita e americano d'adozione, sottolinea come, specialmente negli Stati Uniti, sia praticamente impossibile per chi si dichiara non credente accedere a cariche di potere, soprattutto se elettive "perché immediatamente nasce il sospetto di essere immorali o amorali". Ma stando ai risultati di questa ricerca sarebbe proprio il contrario. E cerca di dare, insieme ai colleghi, una spiegazione ai comportamenti riscontrati: è come se si creasse una sorta di alibi, una "licenza morale", per cui già il fatto di seguire i dettami di una religione sia in sé indice di bontà, autorizzando così inconsciamente i "fedeli" a un maggiore egoismo nella vita di tutti i giorni, nei piccoli gesti quotidiani, in cui il piccolo gesto di generosità e bontà non viene riconosciuto, se non dalla persona che lo riceve.

    Allarme Renzi: ha il verme solitario? In 14 mesi solo per i pasti ha bruciato 481 mila euro (ovviamente a spese dei fessi Italioti) !!

    DA DAGOSPIA

    CHE MAGNA MAGNA! DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI RENZI HA GIA’ SPESO 1,6 MILIONI IN VIAGGI, PRANZI E CERIMONIALE – IN 14 MESI SOLO PER I PASTI CON I COLLABORATORI SONO VOLATI VIA 481 MILA EURO, OVVERO POCO PIÙ DI MILLE EURO AL GIORNO

    Metà di questa somma è dovuta alle spese di cerimoniale per i suoi incontri istituzionali (877mila euro, e cioè 58.477 euro al mese dal marzo 2014), l’altra metà è dovuta alle spese base per i suoi viaggi istituzionali in Italia e all’estero – Nel conto per altro non viene considerata alcuna spesa di personale o di benzina…
    Da quando è presidente del Consiglio Matteo Renzi ha messo in conto agli italiani 1,6 milioni di euro. Metà di questa somma è dovuta alle spese di cerimoniale per i suoi incontri istituzionali (877mila euro, e cioè 58.477 euro al mese dal marzo 2014), l’altra metà è dovuta alle spese base per i suoi viaggi istituzionali in Italia e all’estero.
     Nel conto per altro non viene considerata alcuna spesa di personale, e nemmeno quella della benzina utilizzata con la sua auto blu e la scorta che lo segue quando si muove sul territorio nazionale.
    Ma il dato forse più impressionante che si ricava dal sito Trasparenza della presidenza del Consiglio dei ministri, è quello delle abbuffate di missione. Dal marzo 2014 al mese di maggio 2015 (è l’ultimo per cui esistono dati ufficiali), il presidente del Consiglio italiano ha speso per mangiare insieme ai suoi collaboratori la bellezza di 481.070 euro, pari a 1.068 euro al giorno, considerate anche domeniche e festivi, da quando è in carica.
    È una media da pollo di Trilussa, perchè nella cifra vengono conteggiati solo i pasti consumati durante missioni internazionali o nazionali, e la maggiore parte del tempo Renzi lo dovrebbe passare a Roma (in questo caso il conto è top secret), e qualche festività o fine settimana dovrebbe essere in famiglia non più a spese dello Stato.
    FORCHETTA D’ORO
    Gli oltre mille euro al giorno, quindi più di 30mila euro al mese per i pasti di «missione » sono così divisi: 403,04 euro per quelli consumati sull’aereo blu di Stato, e 665 euro per quelli consumati in loco quando giunge a destinazione in Italia o all’estero. Ovvio che sulla somma astronomica conta il numero dei collaboratori che il presidente del Consiglio si porta dietro: lo staff personale e spesso qualche funzionario che gli è utile una volta a destinazione.
    Sui voli aerei di Stato, dove il numero dei commensali è dichiarato, il costo a persona di quei pasti oscilla fra 70 e addirittura 150 euro a seconda dei mesi e delle forniture di catering previste. Sono prezzi da ristorante pluristellato, e quindi il servizio è molto caro e il menù dovrebbe accarezzare il palato del premier e dei suoi collaboratori.
    Non è possibile quel conto a persona invece con i dati che si hanno a disposizione per le visite in Italia e all’estero, dove per altro accadrà pure qualche volta che il premier sia ospitato a pranzo o a cena a spese altrui (capi di Stato esteri, autorità istituzionali, presidenti di Regione, sindaci di comuni etc..).
    Con quella media da oltre mille euro al giorno per il solo cibo però c’è da pensare che il presidente del Consiglio italiano sia piuttosto generoso anche quando si reca in case altrui: mette mano al portafoglio, e forse offre a tutti. Naturalmente coni fondi pubblici di Palazzo Chigi. I pasti non vengono compresi invece nei costi del cerimoniale del capo del governo italiano.
    Da quando Renzi è in carica ha speso 39.741 euro per organizzare l’accoglienza a Palazzo Chigi, altri 233mila euro per eventi della presidenza del Consiglio sul territorio nazionale e mezzo milione di euro per quelli che si sono tenuti all’estero. Sempre esclusi i costi del personale impegnato nelle varie missioni. Ad aprile e maggio 2015 per la prima volta nella storia del cerimoniale sono spuntati anche dei costi di «conduzione dell’alloggio di palazzo Chigi» dove abita quando è a Roma il presidente del Consiglio.
     Difficile capire quali possano essere: la sicurezza del premier è a carico di altro capitolo di spesa, la manutenzione spicciola è inserita fra le commesse ordinarie della presidenza del Consiglio dei ministri, dove era già saltata all’occhio la fattura per il rinfresco delle pareti dell’appartamento alla vigilia della elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Sono spese misteriose, ma se ne conosce l’importo: 6.880 euro nei due mesi, di cui 2.259euro nell’aprile scorso e 4.621 euro nel mese successivo di maggio.
    ESEQUIE DI STATO
    Dopo molti anni purtroppo nel bilancio complessivo del cerimoniale di palazzo Chigi è spuntata una voce di cui si sarebbe fatto volentieri ameno: quella delle esequie di Stato. Sono relative al mese di aprile 2015 ed è il costo del funerale celebrato a Milano per il giudice Fernando Ciampi e l’avvocato Lorenzo Claris Appiani, assassinati da Claudio Giardiello nella folle sparatoria dentro il tribunale.
    Ci fu anche un’altra vittima, la cui famiglia però preferì esequie private lontane dai riflettori. La fattura arrivata a palazzo Chigi per quella doppia cerimonia funebre ammonta a 18.332 euro, regolarmente registrati in uscita ilmese stesso (che non significa sia stata ancora saldata, ma solo contabilizzata).

    FONTE: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/che-magna-magna-quando-palazzo-chigi-renzi-ha-gia-speso-milioni-104048.htm

    In diverse chiese c'è la vera Suburra!

    Roma: scandalo gay nei carmelitani, 
    così è nato il dossier che turba il Papa
    «In convento succede di tutto»

    da: http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_ottobre_14/roma-scandalo-gay-carmelitani-cosi-corriere-ha-scoperto-d26e31bc-7277-11e5-b015-f1d3b8f071aa.shtml

    La telefonata al Corriere: «Vieni, a Santa Teresa accade di tutto!». Si è saputo così dell’appello al pontefice con 110 firme e delle testimonianze di due «marchettari». Un sacerdote usava droghe, un altro si è improvvisamente spretato per cause mai chiarite

    di Fabrizio Peronaci


    Era lo scorso 27 agosto, ferie in Istria. Mare, sole, relax. Una telefonata da Roma: «Lo sai che l’arcivescovo polacco Wesołowski, quello pedofilo, sotto processo per abusi su minori, è stato trovato morto in Vaticano in circostanze più che dubbie?» Sì, mi è arrivata notizia sul cellulare. In un lampo la fonte, cambiando tono di voce e scandendo le parole, spostò l’attenzione. «E allora corri, occupati di Santa Teresa d’Avila, stanno facendo un repulisti nella vicina Curia. Lì lo scandalo è molto più esteso. Roba da far tremare le mura della basilica di San Pietro...”. L’inchiesta sui rapporti gay mercenari tra altri prelati dell’ordine dei carmelitani scalzi, di stanza a Roma, presso la Curia generalizia di corso d’Italia 38, attigua alla chiesa di Santa Teresa, cominciò così. Una «talpa» ben informata indicava una traccia. Da quel momento, in poco più di un mese, è emerso uno scenario che rischia di lasciare una macchia indelebile sull’ordine consacrato alla mistica spagnola, che proprio quest’anno festeggia il cinquecentenario dalla nascita.
    Cardinale vicario informato
    Il cardinale vicario Agostino Vallini
    Il cardinale vicario Agostino Vallini
    Rapporti continuativi con prostituti in azione nella vicina Villa Borghese, i «marchettari» di pasoliniana memoria che si vendono a 50 euro negli anfratti del parco o nei sottopassaggi: il primo spunto è stato questo, e si trattava di molto più di una voce. La notitia criminis (in base al codice di diritto canonico) era infatti già stata riportata - e questa è stata una prima poderosa conferma della solidità della mia fonte - in una lettera segretissima inviata il 13 luglio al gotha della gerarchia ecclesiastica: non soltanto ai vertici dei carmelitani, ma anche al cardinale vicario Agostino Vallini e, per conoscenza, al segretario di Stato Paolo Parolin e a papa Bergoglio. I massimi vertici della Santa Sede, dunque, erano informati: e questo potrebbe spiegare la velocità con cui il pontefice adesso ha assunto una pubblica posizione, chiedendo «perdono per gli scandali che ci sono stati recentemente sia a Roma che in Vaticano».

    Sette trasferimenti per coprire la vergogna

    Quello ambientato nella Curia generalizia dei carmelitani (oggetto di un’inchiesta in 5 puntate della Cronaca di Roma del Corriere, a partire dall’8 ottobre 2015), è emerso soprattutto in seguito a una decisione controversa: il Preposito Generale dell’ordine, Saverio Cannistrà, invece che fare chiarezza su ciò che avveniva nella Curia, prima dell’estate aveva infatti disposto il trasferimento in altre sedi di 4 padri degli stessi uffici (tra cui il «reo») e di tre religiosi della parrocchia, uno dei quali, padre Alessandro Donati, molto apprezzato dai fedeli. Apriti cielo. 

    A quel punto, nella lettera spedita anche al Santo Padre in cui si faceva presente che innocenti e colpevoli erano stati posti «sullo stesso piano», i 110 firmatari hanno rotto gli indugi, raccontando i rapporti tra «un alto esponente» dei carmelitani e alcuni prostituti della vicina Villa Borghese, per l’occasione ribattezzati «adulti vulnerabili». Non solo. L’immorale condotta, sanzionabile con l’espulsione e l’abbandono forzato dell’abito talare, è stata pure al centro di un dossier consegnato al cardinale vicario, nel quale sono allegati dettagli precisi e difficilmente confutabili: dall’utilizzo di un’uscita laterale in via Aniene per le «scappatelle» notturne alla dichiarazione di due «marchettari» sui rapporti sessuali intrattenuti con l’alto prelato perlomeno per 4-5 anni (2002-2007, stando ai verbali), fino all’abuso di alcolici e sostanze vietate come il prickly poppy (la cosiddetta droga dei gay), utilizzato (tramite fialette inalate nel naso) per eccitarsi.



    L’ingresso non controllato

    Ma non era finita. Lo scandalo gay dei carmelitani, si è poi scoperto con il passare delle ore (e l’aumento esponenziale sul mio cellulare di telefonate, sms ed e-mail di cittadini desiderosi di ristabilire l’ordine nella parrocchia), non si limitava agli scabrosi rapporti di un solo prelato, per quanto di alto grado. Un giovane padre molto benvoluto dai ragazzi dell’oratorio, ad esempio, qualche anno fa era improvvisamente sparito, dall’oggi al domani, dopo presunte «molestie» subite dentro le sacre mura, e oggi lavora in una famosa gelateria del centro di Roma. L’ingresso-bis di via Aniene, inoltre, non si esclude sia stato utilizzato per consentire l’accesso notturno di «ospiti» mercenari e clandestini, grazie alla complicità degli addetti alla portineria. E ancora, nella ultime ore, si rincorrono voci di offese e minacce contro i sacerdoti «perbene», incapaci di far finta di nulla, che hanno osato sfidare l’omertà.

    La rissa esplosa sul sagrato durante la lettura dell’appello al Papa

    Si giunge così a domenica 11 ottobre, al termine della messa, quando gli stessi parrocchiani firmatari della lettera-denuncia (contestati da altri preoccupati del «fango» gettato sull’ordine) hanno letto sul sagrato un ulteriore appello a Francesco, che assume valore di antefatto: «Santo Padre, La preghiamo di intervenire per riportare serenità, giustizia e pulizia all’interno di questo benemerito Ordine, non senza permetterci di ricordarLe che i fatti sono stati dettagliatamente riportati in un documento consegnato da uno dei frati innocenti a Sua Eccellenza Vallini». Ecco, ce n’era abbastanza per non poter voltare altrove lo sguardo. E infatti oggi, passati tre giorni, all’udienza del mercoledì, Jorge Mario Bergoglio, con l’emozione e il tono accorato che gli sono propri, ha preso posizione con le pubbliche scuse per i «recenti scandali». Molto però ancora non è emerso. E chissà se, nelle prossime ore, alla richiesta di «perdono» papale non seguano provvedimenti concreti, nei confronti di chi per dieci anni (se non molti di più) ha saputo e taciuto.

    E continuano a farci la predica? i preti ormai sono senza reputazione, meglio farli sposare pure con persone dello stesso sesso, forse  la moralità di persone sessualmente soddisfatte e riconosciute dalla comunità potrebbe giovare ai fedeli.

    Lavoro, la ricercatrice: “Dal governo propaganda ingannevole. I nuovi contratti stabili sono pochi”

    da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/13/lavoro-la-ricercatrice-dal-governo-propaganda-ingannevole-i-nuovi-contratti-stabili-sono-pochi/2121689/

    Marta Fana, che per prima ha segnalato gli errori del ministero sui numeri di agosto, analizza i dati dell'Inps sui primi otto mesi: "C'è un po' di ripresa, ma non è strutturale. E il mercato del lavoro è dopato dagli sgravi: ogni nuovo contratto a tempo indeterminato è costato già 20mila euro"

    Il governo farebbe bene a studiare e fare molta meno propaganda ingannevole”. Marta Fana, dottoranda in Economia a SciencesPo Paris e collaboratrice de Il Manifestocommenta così gli ultimi datiInps sui contratti di lavoro. E’ lei che per prima ha segnalato l’errore del ministero del Lavoro sui numeri relativi ai contratti stabili ad agosto. Ora è l’istituto di previdenza a dare le cifre: nei primi otto mesi del 2015 i contratti a tempo indeterminato sono aumentati di 319mila unità rispetto allo stesso periodo del 2014. Ma la ricercatrice sottolinea che, a dispetto di quanto dicono le “groupies del Pd”, la verità è che ” i nuovi contratti pseudo stabili sono pochi”.
    Questi dati dimostrano davvero che c’è la ripresa, come sostiene il governo?Il governo farebbe bene a studiare e fare molta meno propaganda ingannevole che francamente non fa bene a nessuno. Esiste un po’ di ripresa, ma questa non è strutturale: nessuno sforzo in investimenti, in avanzamento tecnologico all’orizzonte. È tutta una questione di ciclo economico, e il mercato del lavoro al netto del ciclo è dopato dagli sgravi.
    Eppure i numeri parlano di un aumento del tempo indeterminato rispetto all’anno scorso. Come vanno lette queste cifre?Con due miliardi regalati alle imprese è il minimo vedere un segno più, dobbiamo chiederci quanto vale questo segno più. Quello che i dati dicono è che, al netto delle cessazioni, il numero di contratti netti a tempo indeterminato è di 91.663 tra il primo gennaio e fine agosto di quest’anno e rappresenta circa il 15% dei nuovi contratti totali. Il 77% sono contratti a termine e il residuo riguarda i contratti di apprendistato. Poi ci sono le trasformazioni, cioè quelle che in gergo vengono chiamate stabilizzazioni, anche se di stabile con il contratto a tutele crescenti non c’è nulla: queste sono 331.792. Molte di più dei nuovi contratti veri e propri. Questa è indiscutibilmente la prima evidenza da tenere a mente: i nuovi contratti pseudo stabili sono pochi, e di conseguenza anche la nuova occupazione.
    Ma il Partito democratico festeggia il risultato. Il capogruppo alla Camera Ettore Rosato ha commentato: “Con #riforme, più lavoro stabile e precariato nell’angolo. Su 2014, +305% posti fissi: +319mila. #italiariparte”.Più lavoro stabile è francamente un eufemismo: il governo ha svenduto i diritti dei lavoratori per una mensilità di indennizzo per anno lavorato nel caso di licenziamento senza giusta causa. Nel frattempo ha dato alle imprese quasi due miliardi in un anno per creare 90.000 posti di lavoro. Questo va detto e ripetuto costantemente. Allo stesso tempo, una cosa che non sappiamo è quanto durano questi nuovi contratti a tempo indeterminato, solo tra qualche anno potremo dire se sono mediamente stabili o meno. In ogni caso, vedere che il numero di cessazioni di contratti a tempo indeterminato è per giunta aumentato nel 2015 rispetto al 2014 ci fa capire che di stabilità al momento non c’è alcun segno se non sulla carta. Inoltre, vorrei ricordare che contratti a termine,part time involontariovouchersomministrazione sono tutti contratti precari checché se ne dica, quindi quando valutiamo lo stato del precariato dovremmo tenere tutti questi elementi in considerazione, qualcosa che le “groupies” del PD non riescono a fare.
    Si parlava dei voucher. Secondo l’Inps, nel 2015 ne sono stati venduti quasi 30 milioni in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con un balzo del 71%.Il numero di voucher cresce in modo impressionante, da inizio anno sono più di 71 milioni di ore di lavoro pagate 7,50 euro e senza diritto a assegni di disoccupazione, maternità e malattia. Quindi non soltanto il precariato e lo sfruttamento, ma anche la discriminazione tra lavoratori continua ed è stata accentuata dal Jobs Act. Il rischio evidente ma su cui non ci sono informazioni è che questo strumento contrattuale sia usato per rapporti di lavoro che non sono salutari come invece dovrebbero, ma appunto sostituiscono lavoro subordinato a tutti gli effetti. Il lavoro accessorio doveva far emergere i lavoretti domestici in nero o quelli in agricoltura, ma in realtà i voucher sono usati soprattutto altrove: commercio, settori non identificati, eccetera. Nel 2014, per dare un’idea, circa 650milia nuovi individui hanno lavorato almeno un’ora tramite voucher.
    Quanto hanno pesato il decreto Poletti e il bonus contributivo su questi dati?Fare un’analisi rigorosa che studi l’impatto di ciascuna di queste determinanti attualmente è impossibile, mentre si possono fare ragionamenti descrittivi per capire più o meno le tendenze. Sicuramente, dato l’incessante aumento dei contratti a termine, sappiamo che il decreto Poletti ha avuto un discreto successo, non tanto nei primissimi mesi di applicazione quanto a partire da settembre dello scorso anno. Gli sgravi pesano enormemente sul contratto a tempo indeterminato, infatti la percentuale di nuove attivazioni indeterminate era dieci punti percentuali più elevata fino a marzo rispetto al dato di agosto (43 contro 33%). Ad oggi, ci ritroviamo con un costo relativo agli sgravi intorno a 1,8 miliardi di euro, il che significa che ogni nuovo contratto a tempo indeterminato è costato 20mila euro già solo nel primo anno.
    Qual è l’influenza dei fattori macroeconomici (basso pezzo del petrolio, rapporto euro/dollaro favorevole, quantitative easing) sui numeri del lavoro?Il basso prezzo del petrolio e di molte altre materie prime ha influito positivamente sull’economia di tutta l’eurozona e quindi anche sui relativi mercati del lavoro. Lo stesso vale per il cambio euro dollaro. Il quantitative easing non è una misura che spinge l’economia reale ma le banche e finora non pare abbia dato enormi frutti (sempre guardando alle risorse impiegate). Tuttavia, c’è da tenere a mente che negli ultimi due mesi l’economia mondiale ha rallentato, spinta dalla Cina ma anche dal Brasile, quindi non è detto che questi fattori macroeconomici riusciranno ancora a trainare la seppure debole ripresa italiana ed europea.

    Roma, Renzi ha già deciso: "Niente primarie per il dopo-Marino. Il nome lo scelgo io"... e chi te lo vota???

    da: http://www.repubblica.it/politica/2015/10/09/news/renzi_ha_gia_deciso_niente_primarie_il_nome_lo_scelgo_io_-124662736/?ref=HREA-1

    ROMA -  "Ora basta. Marino se ne deve andare e senza condizioni, senza trattative, senza buonuscite". Ieri mattina la telefonata definitiva tra Matteo Renzi e Matteo Orfini, commissario del Pd a Roma, si conclude così. "È finita e forse era meglio che finisse anche prima". I due sono sulla stessa lunghezza d'onda. Insieme avevano deciso di tenere in piedi il sindaco fino alla fine del Giubileo per votare nel 2017, con una sostanziale sovrapposizione del partito e dei suoi uomini nella gestione del Campidoglio. Ma la situazione è precipitata: con le parole di Papa Francesco e con la vicenda degli scontrini di "rappresentanza".

    I tempi più brevi, con il voto in primavera accanto alle consultazioni di Milano, Napoli, Torino e Bologna, ha cambiato in corso la strategia del premier e del Pd capitolino. Renzi, già da alcune settimane, ha una lista di nomi per il prossimo candidato a sindaco, però non pensava di doverla tirare fuori subito. Soprattutto in questo contesto. Si parte da una certezza: non si faranno le primarie
    La linea è: abbiamo già combinato troppi pasticci, non aggiungiamone altri. "Non ci sono le condizioni politiche per andare ai gazebo. Punto", dice un renziano. Ma l'argomento pubblico, quando partirà il tormentone primarie sì-primarie no, sarà diverso. "Con il Giubileo in corso sarebbe davvero singolare fare anche una competizione interna", dicono a Palazzo Chigi. Evitare altri guai, altre tensioni è la parola d'ordine visto che sarà già difficilissimo trovare un candidato competitivo. Per il momento infatti non c'è la solita corsa a mettersi in mostra per partecipare. Il contrario semmai. Si assiste in queste ore a un fuggi-fuggi generaleRenzi si muove con due schemi. Un nome della società civile, capace di mascherare i problemi del Pd e di non farsi sfiorare dal processo di Mafia capitale che a maggio, mese del voto, sarà in pieno svolgimento con due udienze a settimane e una sfilata di politici come imputati o come testi. O un dirigente politico puro in grado di affrontare la battaglia onorevolmente anche con la prospettiva, al momento, di una sconfitta probabile.

    Nel primo caso la scelta del premier è caduta da tempo sul prefetto Franco Gabrielli. Ma l'ex capo della Protezione civile ha detto di no, in maniera definitiva. E ha parecchi argomenti per motivare il rifiuto. Fino a novembre 2016 sarà il supercommissario al Giubileo e dopo si prepara a occupare la poltrona di capo della Polizia. Nel secondo caso l'uomo giusto, secondo il premier, è Roberto Giachetti. Ma il no del vicepresidente della Camera è altrettanto netto e irrevocabile.

    Allora si affacciano altre soluzioni. Tra i tecnici spunta Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica, però Renzi ci pensa perché "non possiamo spostare i pilastri di un sistema". Per una partita dall'esito, come dire, incerto poi. In pista c'è anche Giovanni Malagò, attuale presidente del Coni, ma le sue chance vanno verificate e già nei prossimi giorni il Pd chiederà sondaggi a tutti per capire i margini dei nomi in ballo e del partito stesso. ConAlfio Marchini, Renzi si è incontrato in gran segreto una volta, proprio grazie alla "mediazione" di Malagò. Non è scattato un vero feeling e Marchini ha lasciato capire che il suo obiettivo è fare il candidato unitario del centrodestra con buone chance di arrivare al ballottaggio. È in campo anche Alfonso Sabella, l'ex assessore alla Legalità. E sullo sfondo l'ipotesi di un abboccamento con Luca di Montezemolo.L'altro nome politico è Paolo Gentiloni. Fare il sindaco di Roma è il suo sogno, ma risale a prima della nomina al ministero degli Esteri. Oggi agli amici Gentiloni ripete "non ci penso proprio" ma qualche elemento in più di valutazione potrebbe convincerlo a buttarsi. Matteo Orfini si chiama fuori anche perché, ha spiegato, "con Renzi siamo d'accordo, sarò io con il segretario a gestire la partita". Ma come regista. Gira il nome di Fabrizio Barca ma ha maggiori possibilità Marianna Madia. Fu la prima a denunciare il marcio del Pd romano ma oggi fa il ministro della Pubblica amministrazione e come altri non sembra felice di buttarsi in un'impresa abbastanza disperata. Se ci fossero problemi con queste scelte, sarà fatto un tentativo con Linda Lanzillotta o, cercando un candidato di sinistra che annulli problemi con gli alleati, con Walter Tocci. Senatore dissidente, duro e puro, ma molto stimato da Renzi.

    Per il momento, Renzi tace. Lo fa in maniera ostentata nel suo giro in Emilia, dove è arrivato nel pomeriggio, a distanza di sicurezza dalle beghe del Campidoglio. Una scelta che ha tutto il sapore di essere voluta, cercata. E che lo tiene lontano per 24 ore dalla confusione romana.
    E Stilinga pensa che la massoneria rappresentata egregiamente da Renzi ha già deciso e vuole imporre dall'alto delle sue decisioni idiote un sindaco non organico, non onesto, non scelto dalla popolazione (ormai la democrazia non esiste per lui anzi è un impiccio da cancellare), che serva a riportare la pax mafiosa e omertosa tra dx e sx in modo da mangiare come prima, più di prima in una città come Roma, che è stata martoriata da Aledanno e dai suoi compagnucci.
    Ora saranno felici e contenti i vigili urbani, gli impiegati a sbafo dell'Atac e dell'Ama e tutta la destra che ha sgovernato per un lustro e rivuole sgovernare.

    A sto punto facessero Carminati sindaco di Roma e Buzzi vice.