Il covo, costruito con strutture in metallo in un costone nel territorio tra Melicucco e Rizziconi, era dotato di ogni confort. All'interno un arsenale di armi con pistole, fucili mitragliatori e a pompa
di ALESSIA CANDITOda: http://www.repubblica.it/cronaca/2016/01/29/news/_ndrangheta_arrestati_superlatitanti_ferraro_e_crea_erano_nascosti_in_un_bunker-132267305/?ref=HREC1-10REGGIO CALABRIA - Si nascondevano nel cuore di una delle colline che dalla Piana di Gioia Tauro si arrampicano verso l’Aspromonte, i due superlatitanti della ‘ndrangheta Giuseppe Ferraro e Giuseppe Crea, catturati questa mattina all’alba dagli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria, agli ordini di Francesco Rattà, con il supporto della prima sezione dello Sco, guidata da Andrea Grassi. Crea, reggente dell’omonimo clan, inseguito da quattro diversi mandati d’arresto per mafia e altri reati, era ricercato da oltre dieci anni. Ferraro, condannato definitivamente all’ergastolo per un duplice omicidio, ma sospettato anche di averne commissionati altri sei, sfuggiva agli investigatori da diciotto. Due personaggi pericolosi, che durante la latitanza non hanno esitato a commettere altri crimini, che hanno sempre dimostrato di avere familiarità con le armi e non hanno mai esitato ad usarle. Per questo, l’operazione predisposta oggi per catturarli, dopo oltre un anno di indagine - basata solo intercettazioni e pedinamenti - è stata pianificata con la massima attenzione.Un manipolo di cinquanta uomini, ancor prima che l’alba spuntasse ha iniziato ad accerchiare la zona in cui i due sono stati individuati. Progressivamente, in silenzio, hanno iniziato a risalire il pendio, ma solo in dieci sono arrivati alle porte del bunker. Gli altri, rimasti indietro, si preparavano a coprire l’eventuale fuga del latitante. L’ufficiale medico, era con loro, pronto ad intervenire in caso di ferite da conflitto a fuoco. Poco prima dell’alba, è scattato il silenzio radio. Pochi minuti sembrati eterni a chi nelle retrovie temeva per i compagni incaricati dell’incursione. Rumori di una porta che viene sfondata, mobili rovesciati, urla. “Ce li abbiamo”, gridano dall’alto del pendio. Crea e Ferraro sono stati sorpresi ancora nel sonno, senza dare loro il tempo di reagire e mettere mano ai due fucili a pompa con il colpo in canna, appesi accanto al letto a castello in cui dormivano. Quando hanno aperto gli occhi, gli uomini della Mobile li avevano già accerchiati e immobilizzati. In silenzio, si sono fatti trascinare fuori e condurre alle auto, mentre nei 25 metri quadri in cui hanno trascorso la latitanza iniziava la perquisizione.
All’interno del bunker – piccolo, ma dotato anche di energia elettrica e tv – i due latitanti avevano tutto. Una cucina attrezzata, un frigorifero, una doccia con tanto di acqua calda, provviste fresche, ma anche un vero e proprio arsenale di armi lunghe e corte, fra cui un Ak-47, pronte ad essere utilizzate. Fucili e pistole non nuovi che adesso si spera possano parlare. Gli uomini della Scientifica sono già al lavoro per cercare di comprendere se quelle armi abbiano sparato e contro chi. Ad attendere le storie che quelle armi possono raccontare è la famiglia di Pasquale Inzitari, ex consigliere provinciale condannato per concorso esterno perché considerato uomo a disposizione del clan Mammoliti - Rugolo. Francesco, il figlio appena diciottenne è stato trucidato nel dicembre del 2009 con dieci colpi di pistola. Per gli inquirenti, forti anche delle dichiarazioni del pentito Bruzzese, Giuseppe Crea ha le mani sporche di quell’omicidio, ma le armi ritrovate nel bunker potrebbero aiutare a fare luce anche sui tanti delitti senza colpevoli che la storica faida fra i Ferraro Raccosta e i Mazzagatti-Bonarrigo ha fatto registrare.
“Oggi possiamo dire che nel territorio in cui i due latitanti sono stati catturati sono state ripristinate le condizioni minime della democrazia, suturando la ferita che l’azione dei Crea aveva provocato non solo alla Calabria, ma a tutta la Repubblica”, ha detto soddisfatto il procuratore aggiunto Gaetano Paci, coordinatore delle indagini della procura antimafia nel tirrenico reggino. “Speriamo che questa nuova operazione, con cui abbiamo liberato il territorio da due pericolosissimi latitanti, sia un messaggio per i cittadini. Se qualcuno iniziasse a fornirci informazioni ed elementi le cose potrebbero davvero cambiare in questo territorio, ma i primi segnali li stiamo già registrando”.
E Stilinga vedendo le immagini televisive del dirupo scosceso dove era sito il bunker, e il bunker stesso, si è chiesta: "che vita di m...a che fanno 'sti latitanti, saranno pure capi mafia, ma il ruolo è scambiato per una vita di inferno anzi all'inferno. Animali parevano. Che gusto c'è a latitare? a vivere braccati a trasformarsi in bestie? Vite sprecate e incatenate. Manco vedevano la luce del sole, non respiravano aria naturale, sempre sospettosi, sempre armati, anzi armati fino ai denti, sempre in tensione, insomma quale era il guadagno per cui hanno sacrificato la propria vita? Sanno che di vita ne hanno solo una? Boh. Grazie Sco, grazie uomini della squadra mobile di Reggio Calabria e grazie Calabria che forse stai recuperando raziocinio e ti stai liberando."