IL FATTO che il governo francese, e addirittura il commissario Moscovici, abbiano preso decisamente l’iniziativa di sostenere la Grecia e di favorire una rapida chiusura di questo interminabile negoziato, mi sembra un’ottima notizia. Era un’iniziativa attesa da moltissimo tempo, ed era diventata se non dovuta almeno realisticamente auspicabile vista, se non altro, l’affinità ideologica fra il governo di Parigi e quello di Atene.
Finalmente ci si ricorda cosa vuol dire essere socialisti e democratici nel senso più profondo e migliore del termine. Troppe volte questo stesso governo era scivolato su un terreno conservatore in economia, con il trionfo del libero mercato senza controlli, per non parlare del sostegno alle linee tedesche del rigore a tutti i costi, che lasciava molto perplessi. Ora si è recuperata la giusta direzione, al punto che Tsipras e Hollande mi risulta che si parlino al telefono molto più spesso di quanto si ritiene, e che la squadra di tecnici del ministero delle Finanze inviata ad Atene per collaborare con i greci abbia fatto un ottimo lavoro. L’Europa, si dice, è a trazione franco-tedesca, ma negli ultimi anni questa “trazione” mi sembra che si sia basata su una serie di compromessi in cui ha sempre prevalso la Germania. Mi sorprende l’assenza in questa fase dell’Italia, che era sembrata sul punto di prendere un’iniziativa analoga un paio di mesi fa, ma che poi è sparita nel nulla.
Il senso del messaggio che Hollande ha mandato alla Germania è semplice: non esagerare. I tedeschi si ritengono gli unici depositari della verità quanto a ricette economiche, e vogliono imporla, se necessario con la forza, a tutti. Così, con la schematica e dogmatica ossessione del raggiungimento degli obiettivi che loro stessi hanno fissato, e nei tempi che loro impongono, rischiano solo di mandare in frantumi l’Europa. Può essere che sia questo il loro vero obiettivo, o almeno di alcune frange oltranziste del governo, ma allora ha fatto ancora meglio la Francia a tentare di fermarli in questa deriva.
È un rischio geopolitico che assolutamente non deve essere corso. Non è l’Europa che sognavamo questa, è tutt’al più un’Europa disegnata su misura dei Paesi del nord e forse dell’est, e questo non ci sta bene. L’Europa comprende a pieno titolo anche il sud, e spero che non riaffiorino più da parte tedesca idee come la creazione di un doppio euro con la mortificazione di quello meridionale.
La Grecia in questi cinque anni di cura-troika ha fatto conquiste importanti, e il fatto che ci sia stato uno sbandamento adesso non le cancella. Ora malgrado i risultati del referendum, Tsipras si è addossato la responsaiblità politica di andare contro il risultato del voto e riproporre sostanzialmente il piano Juncker. Che altro deve fare? I greci si riavvieranno sul cammino delle riforme e le completeranno, e potranno farlo se sarà loro sottratto questo giogo dell’austerity e del rigore portati oltre ogni ragionevole e realistico limite. Ci riusciranno, e la Germania deve prestare loro fiducia, altrimenti porterà la responsabilità pesantissima di aver disintegrato l’unione europea. La miglior garanzia sta proprio nel referendum: i greci hanno dimostrato di aver fiducia in Tsipras, e quindi egli potrà portare avanti gli impegni che in queste ore a Bruxelles sta prendendo.
Già la cura dell’austerity ha fatto parecchi danni: ha affondato la Grecia, ha mandato in recessione altri Paesi, soprattutto ha creato il terreno di coltura in cui si stanno sviluppando e crescendo i tanti movimenti politici anti-europei, dal Front National a Podemosa, dalla Lega Nord agli antieuropeisti dei Paesi nordici.
Ora bisogna al più presto chiudere questa esulcerante trattativa, e poi portare senza esitazione la macchina europea in officina per un tagliando urgente e radicale. Deve, senza che si perda più un minuto dopo quest’immane dissipazione di energie intorno a questo negoziato, ripartire il cammino dell’integrazione, delle istituzioni comuni, della solidarietà nella crescita. Serve un’Europa dei Paesi che tutti uniti, compresa la Grecia, si siedano serenamente intorno a un tavolo ed elaborino le strategie migliori per valorizzare le immense risorse del continente e far sì che finalmente l’Unione, e l’euro, siano un vantaggio e un’occasione straordinaria. Se buttiamo via la Grecia, che credibilità resta all’Europa?