Il governo Renzi sa come farsi odiare...

Il governo Renzi sa davvero come darsi la zappa sui piedi e farsi lungamente odiare e disprezzare: dalla questione delle Banche (Etruria in primis e le altre) al papocchio incasinato delle assunzioni dei precari della scuola si apprezza il totale cinismo impastato di cattiveria distillata e gratuita che non solo il capo ma anche tutti i suoi ministri esprimono contro il popolo italiano.

E ci risiamo!

Odiare i cittadini e conterranei porta a ricevere altrettanto odio e desertificazione alle elezioni (il Pd ancora non lo scarica? aspetta l'eutanasia politica?).

Poi se Renzi fosse il portavoce dei poteri occulti (tipo massoneria) allora si deve proprio dirlo: i massoni sono INCAPACI. E si capisce il flop della classe politica al governo del paese.

Ma su tutta la linea: idioti, presuntuosi e ignoranti. Abbagliati solo dalla propria grettezza e avidità.

Meglio che sparisca lui e i suoi sodali, i ministri che sostengono l'insostenibile con arguta vacuità, ammantata di saper fare ma sostanzialmente si  capisce lontano km che non sono all'altezza della situazione.

Pare comunque che la cosa stia disintegrandosi da sola: a breve non parleremo più nè di Matteo nè dei renziani e già  per questo ringraziamo il cielo! Davvero!

Assocalzaturifici: “La Cina non è un’economia di mercato”

da: http://it.fashionmag.com/news/Assocalzaturifici-La-Cina-non-e-un-economia-di-mercato-,715539.html#utm_source=newsletter&utm_medium=email

Assocalzaturifici, l’associazione dei calzaturieri italiani, dice “no” allo Status di Economia di Mercato (MES) alla Cina, che vanificherebbe le difese antidumping dell’Europa. È quanto ribadisce il presidente dell’Associazione, Annarita Pilotti, alla vigilia della riunione a Bruxelles del Collegio dei Commissari dell’Unione. Il vertice, presieduto dal presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, fa seguito al recente Summit bilaterale UE-Cina avvenuto a Pechino e rappresenta un passaggio fondamentale in vista dell’ormai prossima presentazione in sede europea della proposta legislativa che porterà a una decisione definitiva entro dicembre.


“Il rischio per il settore calzaturiero”, ha affermato Annarita Pilotti, che ha inviato una lettera alla Commissione europea e al Consiglio, “è di non potersi più tutelare in modo efficace perché la concessione dello status di economia di mercato alla Cina avrebbe un impatto immediato sull’efficacia degli strumenti europei di difesa commerciale. Un cambiamento di metodologia che accettasse i prezzi e costi cinesi, palesemente distorti data la pesante ingerenza dello stato nell’economia, renderebbe il sistema antidumping dell’Unione europea inefficace a contrastare le pratiche commerciali sleali della Cina”.

“Assocalzaturifici ha partecipato attivamente all’inchiesta condotta a Bruxelles dalla CEC, Confederazione Europea della Calzatura, che ha portato nel 2006 all’approvazione del Consiglio dei Ministri UE di misure antidumping contro le importazioni sottocosto da Cina e Vietnam; misure mantenute in vigore sino al 2011”, ha continuato Pilotti. “Con un diverso regolamento non sarebbe stato possibile adottare dazi efficaci. La Commissione deve prendere una posizione chiara contro il riconoscimento del MES al Paese, difendendo la produzione industriale europea e italiana. Ciò anche in considerazione del fatto che la Cina rispetta attualmente solo uno dei cinque criteri economici stabiliti dalla UE per il riconoscimento dello status di economia di mercato”.

Il Parlamento europeo, lo scorso 12 maggio, si è espresso contro il riconoscimento di economia di mercato a Pechino, in una risoluzione approvata a larga maggioranza e dalle principali forze politiche europee.

La posta in gioco, per un settore che si confronta con una domanda interna in calo da otto anni e che fatica a uscire dalla crisi iniziata nel 2008, è molto elevata. In termini di paia di calzature la Cina ha pesato per il 40% del totale delle importazioni italiane nel 2014 e per il 39% nel 2015. Aegis Europe, un’alleanza di oltre 30 associazioni manifatturiere europee, stima la perdita di oltre 300mila posti di lavoro, qualora il mercato comunitario venisse nuovamente inondato di prodotti cinesi sottocosto. L’Italia, oltretutto, sarebbe il paese
più colpito.



Di Laura Galbiati