e Bertone vive in 700 mq!



da:http://www.repubblica.it/esteri/2014/04/20/news/l_ira_di_francesco_per_il_mega-attico_del_cardinal_bertone-84053412/?ref=HREC1-32

L'ira di Francesco per il mega-attico del cardinale Bertone

L'ex segretario di Stato abiterà in 700 metri quadri nel palazzo di fianco alla modesta residenza del Papa. I lavori di ristrutturazione per unire due appartamenti saranno ultimati entro l'estate





CITTÀ DEL VATICANO - Papa Francesco abita a Casa Santa Marta in un bilocale di circa 70 metri quadrati. Il cardinale Tarcisio Bertone, da 6 mesi non più Segretario di Stato, inaugurerà presto il suo attico a Palazzo San Carlo, la cui ampiezza viene data di poco inferiore ai 700 metri quadrati. Circa 10 volte in più, comunque, di Sua Santità.

In Vaticano, entrando dalla Porta del Perugino, la Domus Sanctae Marthae e il Palazzo San Carlo sono edifici vicini. La prima di dimensioni ridotte, il secondo imponente. Quando Bergoglio, dopo aver osservato i complessi lavori di ristrutturazione nella struttura a fianco, è stato informato su chi sarebbe stato il suo vicino di casa, si è arrabbiato non poco. Ora non può certo cacciare di casa l'inquilino. Ma la sua ira su chi in Curia ancora resiste al suo titanico tentativo di cambiamento non è passata inosservata il Giovedì santo prima di Pasqua quando, davanti al clero riunito in San Pietro, si è scagliato contro i preti "untuosi, sontuosi e presuntuosi", che devono avere invece "come sorella la povertà".

La casa dove presto, prima dell'estate, il cardinale Bertone si trasferirà, ha dimensioni sontuose perché unisce due appartamenti: quello un tempo assegnato a Camillo Cibin, capo della Gendarmeria per tutto il pontificato di Karol Wojtyla, fra i 300 e i 400 metri, da cui è stata infine sloggiata la vedova; e quello di monsignor Bruno Bertagna, vicepresidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, deceduto alla fine del 2013, di metratura intorno ai 200. A questi metri interni vanno però aggiunti circa 100 di terrazzo.

In epoca ante Francesco l'assegnazione di alloggi di tutto rispetto per i prìncipi della Chiesa era una prassi consueta. Molti ricordano quando Bertone fu scelto come Segretario di Stato da Benedetto XVI, e dovette attendere quasi un anno prima che il suo predecessore, il cardinal Sodano, piccato per la rimozione, gli lasciasse l'appartamento nella Prima loggia del Palazzo Apostolico, dovendosi così l'altro accomodare nella Torre di San Giovanni. Sodano si trasferì poi in una casa di vaste proporzioni al Collegio Etiopico. Lì, il cardinale americano Szoka, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, dimessosi dall'incarico lo stesso giorno di Sodano (15 settembre 2006), ottenne guarda caso l'appartamento gemello di quest'ultimo sempre al Collegio.

Così quando Bertone, nel vortice delle polemiche su Vatileaks e la seguente rinuncia di Benedetto XVI al pontificato, fu in odore di lasciare la Segreteria di Stato - proposito realizzato solo dopo l'arrivo di Bergoglio - e si cominciò a parlare di dove si sarebbe trasferito lasciando la casa nella Prima loggia, furono avviate le pratiche per l'assegnazione di un altro appartamento. L'éra di Francesco è cominciata solo dopo. Ora, nella maxi casa, il cardinale non vivrà comunque solo: con lui abiteranno le tre suore che lo seguono da quando aveva assunto l'incarico di Segretario di Stato. Il suo successore, il neo cardinale Pietro Parolin, si è conformato al nuovo corso di Bergoglio, andando ad abitare come il Papa in un bilocale nella Domus Sanctae Marthae.

L'assegnazione di appartamenti di ampia metratura agli ex Segretari di Stato, tuttavia, mostra con evidenza come in Vaticano il nuovo fatichi ancora ad avanzare, e il vecchio resista. Facile capire dunque il disappunto di Francesco, e l'opposizione di una Curia lenta a spogliarsi degli antichi privilegi. A meno che il Papa "venuto dalla fine del mondo" non prenda posizione, oltre le parole già pronunciate contro "i preti sontuosi". 

E Stilinga pensa che se è vero che lo stato vaticano è assolutista allora non si capisce per quale favore o ragione Bertone non sia declassato a semplice prete da papa Francesco e l'immensa casa non sia usata per scopi più normali e nobili. Comunque la curia romana ora deve rivoluzionarsi in quanto se continua a comportarsi da aristocratica, la pianta cattolica secca, incenerisce.  I tempi e i privilegi sono cambiati.

Strasburgo: l’Europarlamento approva il 'Made in'

Da: http://it.fashionmag.com/news/Strasburgo-l-Europarlamento-approva-il-Made-in-,400026.html#.U0-PYvmqnas

Strasburgo: l’Europarlamento approva il 'Made in'

Con 485 voti a favore, 130 contrari e 27 astensioni, la plenaria del Parlamento europeo ha chiesto il 15 aprile a Strasburgo che sia resa obbligatoria l'indicazione del "Made in" per i prodotti non alimentari venduti sul mercato comunitario.


Una prima vittoria per il Made in Italy

Gli eurodeputati hanno approvato in prima lettura la proposta di regolamento della Commissione di rendere obbligatorio il marchio del Paese d'origine, sostituendo così l'attuale sistema volontario. L'obiettivo delle etichette "Made in" è di migliorare la tracciabilità delle merci e di rafforzare la tutela dei consumatori. A oggi, circa il 10% dei beni presi in esame dal sistema UE di allerta rapido 'Rapex' per i prodotti non alimentari non è riconducibile al produttore.

Le nuove norme mirano a una maggiore protezione dei consumatori attraverso il rafforzamento della sorveglianza e dei criteri di sicurezza dei prodotti. L'Europarlamento ha inoltre chiesto pene più severe per le imprese che non rispettano le norme di sicurezza e vendono prodotti potenzialmente pericolosi.

"Questo è un grande passo avanti per la trasparenza della catena di fornitura di un prodotto, e questo è un bene per i consumatori", ha affermato la relatrice sulla sicurezza dei prodotti Christel Schaldemose (socialdemocratica danese). La relatrice ha anche criticato gli Stati membri per non essere stati in grado di concordare una posizione comune sulla questione in Consiglio UE, bloccando cosi i negoziati sul regolamento nel suo complesso, a scapito della sicurezza dei consumatori in Europa.

Per gli eurodeputati, l'etichetta "Made in" dovrebbe essere obbligatoriamente utilizzata per tutti i prodotti non alimentari venduti nell'UE, con alcune eccezioni come i medicinali. Secondo la proposta approvata, i produttori UE potranno scegliere se mettere sull'etichetta la dicitura "Made in EU" oppure direttamente il nome del loro Paese.

Per le merci prodotte in luoghi diversi, il "Paese di origine" sarebbe quello in cui c'è stata "l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata", che si sia conclusa con la "fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione" (come definito nel codice doganale UE).

L'Europarlamento chiede anche che le sanzioni per le imprese che violano queste regole siano "proporzionate e dissuasive" e che tengano conto della gravità, della durata e del carattere intenzionale o ricorrente della violazione, nonché della dimensione della società. Questa richiesta è stata sostenuta con un'altra relazione, riguardante una proposta di regolamento per la sorveglianza del mercato, che è stata adottata con 573 voti a favore, 18 contrari e 52 astensoni.

I due testi sono stati approvati in prima lettura per garantire che il lavoro svolto nel corso di questa legislatura possa essere ripreso dal nuovo Parlamento Europeo, dopo le elezioni di fine maggio, e utilizzato come base per ulteriori negoziati con gli Stati membri in Consiglio UE.

Se Berlusconi è perseguitato, allora tutti gli italiani hanno quattro gambe!


Se questa è persecuzione



QUATTRO ore a settimana in un centro anziani a due passi da Villa San Martino. Cioè sedici ore al mese. Cioè centosessantotto ore totali, l’equivalente di una settimana, spalmate su dieci mesi e mezzo. Eccolo qui, il risultato della «persecuzione giudiziaria » che la «magistratura politicizzata, metastasi della democrazia », ha osato infliggere all’Unto del Signore. Eccolo qui, l’esito della «guerra dei vent’anni» che le odiate «toghe rosse», al servizio dei comunisti, hanno condotto contro lo Statista di Arcore. L’affidamento ai servizi sociali, definitivamente irrogato nei confronti del pregiudicato Berlusconi Silvio, è una pena ridicola. Non è una critica verso i giudici che l’hanno decretata. I modi e i tempi di esecuzione della «misura restrittiva» rispettano la norma del Codice penale, e riflettono la prassi del Tribunale di sorveglianza. Ma se si pensa a come ci si è arrivati, non si può non restare colpiti. Nell’agosto 2013 l’ex Cavaliere è stato giudicato colpevole in via definitiva, come «ideatore iniziale» ed «utilizzatore finale», per una frode tributaria gigantesca. Oltre 7 milioni di euro sottratti al Fisco, su un totale di 370 milioni che tre corti hanno dichiarato parte di una «provvista» in nero, lucrata sui diritti tv gonfiati da Mediaset ed usata per pagare tangenti a magistrati, pubblici ufficiali e politici.

La condanna prevedeva quattro anni di carcere. Grazie all’indulto i quattro anni sono diventati uno. Grazie agli sconti premiali un anno è diventato 10 mesi e 15 giorni. Grazie al beneficio delle «misure alternative» il carcere è diventato affidamento ai servizi sociali. 
Dunque, un pomeriggio a settimana alla Sacra Famiglia. Ecco cosa rimane, di tanto scempio delle leggi dello Stato. Constatare questa banale evidenza non significa affatto rammaricarsi per non aver visto Berlusconi «finalmente dietro le sbarre», «liquidato per via giudiziaria ».

 Non lo abbiamo mai sperato, anche se abbiamo sempre invocato il principio di legalità, che vuole tutti i cittadini uguali davanti alla legge.

Non c’è alcun compiacimento giustizialista, nel vedere un essere umano varcare la soglia di una prigione. Ma il fatto che questo non sia accaduto, pur in presenza di un reato grave accertato «al di là di ogni ragionevole dubbio», significa almeno riconoscere che l’intera «narrazione» propinata dall’ex Cavaliere nel Ventennio è stata scandalosamente falsa. Berlusconi non è stato «vittima » di nessuna «caccia all’uomo », ma solo dei suoi vizi pubblici e privati. Non ha mai patito alcun «martirio», ma ha sempre beneficiato di un trattamento favorevole da parte della magistratura giudicante, costretta ad applicare le almeno 12 leggi ad personam dal ‘94 in poi. Non ha mai rischiato «l’arresto immediato », come ha ripetuto ossessivamente, per alimentare la leggenda del Terrore ordito ai suoi danni dai Robespierre in toga sparsi per la Penisola.

La verità è che il capo della populista ha potuto godere di uno status particolare, meta-politico e pre-giuridico. Questo status non lo ha reso del tutto legibus solutus, ma gli ha conferito una «specialità » sconosciuta a qualunque altro cittadino comune. La costituzionalizzazione della gigantesca anomalia di cui è portatore (e che ha più volte provato a far introiettare al sistema) non gli è per fortuna riuscita. Ma lo «stato di eccezione permanente», al dunque, ha fatto breccia. Qualcosa, di quel virus micidiale auto-prodotto nel laboratorio di Arcore, alla fine è pur filtrato nel corpo sfibrato delle istituzioni, se è vero che oggi la pena per le sue malefatte non è poi così «afflittiva », e appare quasi una «formalità ».

I giudici della Sorveglianza riconoscono «l’insofferenza del colpevole alle regole dello Stato». Ma poi aggiungono che «ha pagato le spese processuali e il risarcimento danni », e si è messo «a disposizione dell’Uepe per l’attività rieducativa ». Sarebbe questo ad evidenziare la sua «volontà di recupero di valori morali perseguiti dall’ordinamento». Ora i suoi comportamenti «dovranno mantenersi nell’ambito delle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni». E questo è tutto, secondo gli standard dei tribunali di sorveglianza. Ma sembra davvero poco, se si confronta la pena «iniziale» stabilita ad agosto e quella «finale» eseguita oggi. Rimane la sensazione di una «denegata giustizia». Altro che Aung San Suu Kyi, secondo il paragone usato da Brunetta con il consueto sprezzo del ridicolo.

In vista del voto europeo, e con Forza Italia ridotta a un cumulo di macerie, Berlusconi potrà ora tentare la «rimonta ». Potrà andare a Roma, potrà tenere comizi, potrà rilasciare interviste, potrà usare le sue bocche di fuoco televisive. La famosa «agibilità politica », che ha reclamato impunemente dal Quirinale, è tutto sommato garantita. Del resto, non poteva essere altrimenti, nel momento in cui gli è concesso un posto da «padre della Patria» al tavolo delle riforme. 

Una scelta complicata ma quasi obbligata per Renzi, che per fare quelle riforme non ha un’altra maggioranza possibile, ferma restando la «fuga sui tetti» dei grillini.

Reggerà, adesso, questo patto? La risposta è nella testa del pregiudicato. Probabilmente non romperà, ma alternerà strappi e ricuciture. Per lui l’«abbraccio» con Renzi (descritto da Toti alla Gelmini nel noto fuorionda) è «mortale » perché lo tiene inchiodato ad una linea di responsabilità che gli è aliena, tanto più in una campagna elettorale. Ma è anche «vitale», perché lo tiene agganciato a un circuito costituente al quale non avrebbe alcun titolo per partecipare. Solo finché dura questo abbraccio Berlusconi può dire, al Palazzo e al Paese: mi avete condannato, mi avete fatto decadere da senatore, mi avete interdetto dai pubblici uffici, mi avete affidato ai servizi sociali, ma senza di me non potete riscrivere la legge elettorale, né votare il Senato federale. Per il Cavaliere è una polizza vita, che gli deve durare un anno. Per il premier è una cambiale in bianco, che gli può costare cara.


E Stilinga pensa che è ora di andare a votare il prima possibile per togliere dall'imbarazzo il catapultato Matteo Renzi e per riprenderci la vita e fare tornare la giustizia in Italia, uguale per tutti, non per i cittadini ricchi e famosi e poi per gli altri. Inoltre, si DEVE VOTARE CON  LE PREFERENZE, giusto per ricordarci cosa significa essere una DEMOCRAZIA vera in quanto questo gusto della libertà ormai non ce lo ricordiamo quasi, ma ne abbiamo tanto bisogno, soprattutto per riacquistare orgoglio, dignità e voglia di fare!