La crisi non esiste per gli euroburocrati!

‘Quale crisi?’. Se l’Europa nega l’emergenza per salvare la casta

La crisi c’è, la crisi non c’è. Quando la Commissione europea deve discutere con i Paesi membri, a cominciare dall’Italia, le misure di rigore, è perfettamente consapevole della gravità del momento. Ma quando si tratta di proteggere gli stipendi dei suoi funzionari, l’esecutivo europeo di José Barroso arriva a scrivere in documenti ufficiali che in Europa non c’è alcun “deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale”.

I guardiani dell’austerità diventano incredibilmente ottimisti per difendere i salari di Bruxelles dal Consiglio europeo, l’organo che riunisce i capi di governo dei Paesi membri. La storia è ricostruita nella sentenza della Corte di Giustizia europea relativa alla causa C-63/12, del 19 novembre scorso. La Commissione, affiancata dal Parlamento europeo, aveva presentato un ricorso contro il Consiglio sostenuto alcuni Paesi (Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Spagna, Olanda e Gran Bretagna). Secondo il trattato sul Funzionamento dell’Unione, ogni anno il Consiglio decide “prima della fine di ogni anno in merito all’adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni proposto dalla Commissione”. Nel dicembre 2010 il Consiglio ha deciso di far scattare la “clausola di eccezione”, ha ritenuto cioè che l’Europa fosse di fronte a un “deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione”. E quindi ha chiesto alla Commissione di presentare “adeguate proposte”. Tradotto: visto che c’è la crisi in tutto il continente e si annunciano anni terribili, gli euro-burocrati diano il loro esempio riducendosi lo stipendio.
Il 13 luglio del 2011 la Commissione di Barroso presenta una relazione in cui “gli indicatori mostravano che nell’Unione la ripresa economica continuava a progredire” e quindi “non vi era un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione nel periodo di riferimento tra il primo luglio 2010, data di effetto dell’ultimo adeguamento annuale delle retribuzioni, e la metà di maggio 2011, momento in cui sono stati resi disponibili i dati più aggiornati, si legge nella sentenza”. Niente crisi, niente tagli.
Eppure l’estate 2011 era quella in cui l’Italia era a un passo dal default, con la Banca centrale europea costretta a comprare Btp perché nessuno li voleva più, la Grecia era sprofondata nel baratro, il Portogallo e l’Irlanda avevano già firmato per avere gli aiuti di emergenza e le riforme traumatiche della troika, e l’esistenza stessa della moneta unica, e dunque di tutta l’Unione, cominciava a sembrare non scontata. La Commissione, nel suo contenzioso giuridico con il Consiglio, ammette i numeri “evidenziano un peggioramento per il 2011 rispetto alle previsioni pubblicate in primavera”, ma non c’è alcuna emergenza che faccia scattare la clausola di eccezione. La battaglia davanti alla Corte di Giustizia si sviluppa in un labirinto di dettagli procedurali, maggioranze qualificate e cavilli bruxellesi, si aggiungono due ulteriori ricorsi, con altri Paesi coinvolti. La Corte boccia i ricorsi della Commissione e la condanna a pagare le spese, ma non si pronuncia nel merito. Gli stipendi dei funzionari di Bruxelles sembrano rimanere al riparo dai tagli. Eppure, anche solo come misura simbolica, potrebbero subire una limatura senza traumi per gli interessati.
Secondo il sito della Commissione, i funzionari hanno un salario d’ingresso da 2.300 euro al mese, ma dopo quattro anni possono arrivare a 16.000 cui si aggiungono varie voci (come un’indennità di dislocazione del 16 per cento per chi lavora lontano dal Paese d’origine, cioè quasi tutti), poi assegni per i figli a carico, una “indennità scolastica” e una prescolastica e così via. Vanno in pensione a 63 anni con la pensione di anzianità, ma possono ottenere un prepensionamento a 55 anni o decidere di rimanere in servizio fino a 67. E la pensione è calcolata, ovviamente, con il sistema retributivo, può arrivare al 70 per cento dell’ultimo stipendio base. Trattamenti così generosi non li avevano neppure in Grecia prima della troika. 
Ma ogni sacrificio è vietato, la crisi non esiste, per la Commissione.

E Stilinga si chiede: ma a che serve la UE? agli euroburocrati! Sarebbe sano mandarli a casa ed eleggere politici europei che lavorino come volontari non stipendiati! Vediamo poi se la crisi c'è oppure no!
Questa UE fatta così male è una iattura. Meglio sgonfiarla e rifarla che continuare con questa macchina spremisoldi! Necessitiamo di vera Europa! E che cribbio!

L'Italia ha il tasso di contributi previdenziali più alti nell'area Ocse, dopo l'Ungheria.

Ocse, in Italia salari più bassi della media. Record per contributi previdenziali. I precari di oggi saranno i poveri di domani
inps personell tasso di contributi è al 33% del reddito lordo, alle spalle della sola Ungheria, e pesa sul datore di lavoro per 23,8 punti. Il tasso di sostituzione è al 71,2%, tra i più generosi. In media, i trasferimenti complessivi per pensionato sono di 335mila euro per gli uomini e 382mila per le donne, tra i più generosi. Rischio difficoltà economiche per chi entra ora nel mercato del lavoro. I salari sotto la media. L'Italia ha il tasso di contributi previdenziali più alti nell'area Ocse, dopo l'Ungheria. Ma le cose sono cambiate rapidamente e gli attuali precari rischiano di pagar caro i privilegi del passato e ritrovarsi in netta difficoltà quando sarà il loro turno di uscire dal mondo del lavoro. E' quanto emerge dallo studio "Pensions at a glance" diffuso oggi dall'Organizzazione parigina, che mette in luce anche come i salari italiani sono al di sotto della media Ocse.
In media in Italia nel 2012 un lavoratore percepisce 28.900 euro, pari a 38.100 dolari, al di sotto dei 42.700 dollari medi dell'Ocse, sui quali pesano i 94.900 dollari degli svizzeri, i 91 mila dollari dei norvegesi, i 76.400 dollari degli australiani, i 59 mila dollari dei tedeschi e i 58.300 dollari degli inglesi, superiore ai 47.600 dollari degli statunitensi. Ai livelli più bassi i messicani con 7.300 dollari e i 12.500 dollari degli ungheresi.
Pensioni d'oro. Il tasso italiano nel 2012 era infatti pari al 33% del reddito lordo, in aumento dal 28,3% del 1994, contro una media Ocse del 19,6%. Solo l'Ungheria, con il 34% ha un tasso più elevato e la media Ocse è pari al 19,6%. I contributi sono a carico per 9,2 punti del lavoratore e per 23,8 del datore di lavoro. Attualmente il tasso di sostituzione lorda delle pensioni rispetto al reddito in Italia è pari al 71,2%, contro il 57,9% medio Ocse, ed è l'ottavo più generoso tra i Paesi industrializzati. Il tasso netto è
dell'82% contro una media del 69,1%.

Come già segnalato dall'Ocse, per altro, il salario medio in Italia è di 28.900 euro, tra i più bassi dell'area, inferiore alla media che è pari a 32.400 euro.

Il flusso lordo di ricchezza pensionistica (ovvero quello che viene ricevuto complessivamente negli anni della pensione) è pari a 11,9 volte il salario medio annuale per gli uomini e a 13,7 volte per le donne, di riflesso alla maggiore attesa di vita, contro medie Ocse di 9,3 e 10,6 volte rispettivamente.
A livello armonizzato, la ricchezza pensionistica in Italia, ovvero il valore corrente dei trasferimenti complessivi promessi a un singolo pensionato in base all'attuale sistema, ponderato sulla base delle attese di vita e delle indicizzazioni, ammonta in media a 454mila dollari per gli uomini (circa 335mila euro al cambio attuale) e a 518mila dollari per le donne (382mila euro), contro 423mila e 483mila Ocse. I pensionati più ricchi stanno in Lussemburgo e in Olanda, dove la ricchezza media supera il milione di dollari, ma anche in Svizzera e Danimarca, dove si avvicina al milione di dollari. I pensionati che più devono tirare la cinghia sono in Messico (42mila dollari) e in Polonia (88mila).
Pensioni, la spesa più alta in Liguria
Le riforme e il sistema in sicurezza. "Con una spesa pubblica per pensioni di vecchiaia e superstiti pari a 15.4% del reddito nazionale (rispetto a una media Ocse del 7,8 %), l'Italia aveva nel 2009 il sistema pensionistico più costoso. Ma con la riforma globale del sistema pensionistico adottata nel dicembre 2011, l'Italia ha realizzato un passo importante per garantirne la sostenibilità finanziaria", dice l'Organizzazione pensando alla Fornero. "L'aumento dell'età pensionabile", ammoniscono però gli economisti, "non è sufficiente per garantire che le persone rimangano sul mercato del lavoro, soprattutto se esistono meccanismi che consentono ai lavoratori di lasciare il mercato del lavoro in anticipo". In Italia, per altro, resta "relativamente bassa" l'età effettiva alla quale uomini e donne lasciano il mercato del lavoro: 61,1 anni per gli uomini e 60,5 per le donne, contro una media Ocse di 64,2 e 63,1 anni.
Precario oggi, povero domani. A valle di questi dati che figurano un sistema generoso, sempre l'Ocse sottolinea poi che "l'adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema" per le generazioni future, e "i lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti sono più vulnerabili al rischio di povertà" durante la vecchiaia". Ciò si accompagna all'accusa verso il "metodo contributivo" e l'assenza di pensioni sociali. L'Organizzazione prende atto del fatto che chi entra oggi nel mercato del lavoro dovrà aspettarsi una pensione più bassa rispetto agli standard attuali, con un autentico rischio povertà per i precari. "Lavorare più a lungo potrebbe aiutare a compensare parte delle riduzioni", si legge nel rapporto, "ma, in generale, ogni anno di contributi produce benefici inferiori rispetto al periodo precedente tali riforme", sebbene "la maggior parte dei paesi abbia protetto dai tagli i redditi più bassi".
Anziani protetti. Dal rapporto emerge anche che il tasso di povertà tra gli anziani italiani è in calo, anche se la rilevazione si ferma agli albori della crisi economica. Nel 2010 gli over 65 poveri sono l'11%, contro il 14,5% del 2007 e contro il 13% del tasso di povertà medio nazionale. Nei paesi Ocse il tasso di povertà degli over 65 è del 12,8% nel 2010, contro il 15,1% del 2007 e l'11,3% del tasso di povertà medio. L'11% dell'Italia è in linea con quello del Belgio, il 10,5% della Germania e peggio del 5,2% della Francia.
da Repubblica – 26 novembre 2013

E Stilinga pensa che 'sti politici debbano cacciare Mastrapasqua che ricopre 60 incarichi e lo sostituiscano con una dirigente donna, capace e aperta a raddrizzare le storture allucinanti in cui l'Inps versa e con lei la povera patria.

Made in Piigs: nasce un brand a sostegno del made in Europe

Made in Piigs: nasce un brand a sostegno del made in Europe

E’ stato presentato a Parigi lo scorso 14 novembre ed è un nuovo brand che vuole sostenere l’abbigliamento europeo. Si tratta di “Made in Piigs”, start up fondata a fine 2012 da Francois Pogodalla, ingegnere franco-polacco e proprietario del marchio, spalleggiato da Bruno Stucchi, italianissimo owner presso la Dinamo Milano e responsabile dello styling.

http://madeinpiigs.eu/

Un nome, un grande programma: “Piigs” è infatti l’acronimo dispregiativo utilizzato da economisti e finanzieri per indicare Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, i paesi che fanno parte dell’Unione Europea e che sono stati colpiti più duramente dalla crisi.

La missione del progetto è quella di ridare credibilità all’economia di questi paesi sviluppando forza lavoro all’interno degli stessi: la produzione infatti avviene quasi interamente in Italia, per la precisione a Polverara (PD), presso un azienda che si chiama OTS (specializzata nella produzione di T-Shirt); per la linea basica, invece, il marchio si appoggia ad una società in Portogallo, specializzata nel trattare materiali organici ed ecosostenibili. Il progetto nasce quindi dalla volontà di credere nella competitività Europea, con una linea di abbigliamento per uomo e donna che lancia lo stile “Vintage Europe” ispirato all’iconografia e ai valori della “old industry” e prodotta interamente in Europa.

Per il momento, la vendita delle collezioni avverrà solo attravero il sito e-commerce (www.madeinpiigs.eu) ma nei progetti del fondatore c’è l’apertura di uno showroom, probabilmente in Italia, e di pop-up shop.

Economist Caution: Prepare For 'Massive Wealth Destruction'


Take immediate steps to protect your wealth . . . NOW!

That’s exactly what many well-respected economists, billionaires, and noted authors are telling you to do — experts such as Marc Faber, Peter Schiff, Donald Trump, and Robert Wiedemer. According to them, we are on the verge of another recession, and this one will be far worse than what we experienced during the last financial crisis.

Marc Faber, the noted Swiss economist and investor, has voiced his concerns for the U.S. economy numerous times during recent media appearances, stating, “I think somewhere down the line we will have a massive wealth destruction. I would say that well-to-do people may lose up to 50 percent of their total wealth.”

When he was asked what sort of odds he put on a global recession happening, the economist famous for his ominous predictions quickly answered . . . “100 percent.”

Faber points out that this bleak outlook stems directly from Federal Reserve Chairman Ben Bernanke’s policy decisions, and the continuous printing of new money, referred to as “quantitative easing” in the media.

Faber’s pessimism is matched by well-respected economist and investor Peter Schiff, the CEO of Euro Pacific Capital. Schiff remarks that the stock market collapse we experienced in 2008 “wasn’t the real crash. The real crash is coming.”

Schiff didn’t stop there. Most alarming is his belief that daily life will get dramatically worse for U.S. citizens.

“If we keep doing this policy of stimulus and growing government, it’s just going to get worse for the average American. Our standard of living is going to fall . . . People who are expecting Social Security can’t get all that money. People expecting government pensions can’t get all their money . . . We simply can’t afford to pay them.”

Equally critical of the current government and our nation’s economy is real estate mogul and entrepreneur Donald Trump, who is warning that the United States could soon become a large-scale Spain or Greece, teetering on the edge of financial ruin.

Trump doesn’t hesitate to point out America’s unhealthy dependence on China. “When you’re not rich, you have to go out and borrow money. We’re borrowing from the Chinese and others.”

It is this massive debt that worries Trump the most.

“We are going up to $16 trillion [in debt] very soon, and it’s going to be a lot higher than that before he gets finished,” Trump says, referring to President Barack Obama. “When you have [debt] in the $21-$22 trillion [range], you are talking about a [credit] downgrade no matter how you cut it.”

In a recent appearance, Trump went to so far as to say the dollar is “going to hell.”

Where Trump, Faber, and Schiff see rising debt, a falling dollar, and a plunging stock market, investment adviser and author Robert Wiedemer sees much more widespread economic destruction.

In a recent interview to talk about his New York Times best-seller Aftershock, Wiedemer says, “The data is clear, 50 percent unemployment, a 90 percent stock market drop, and 100 percent annual inflation… starting in 2013.”

Editor’s NoteWatch the disturbing interview with Wiedemer.

Before you dismiss Wiedemer’s claims as impossible or unrealistic, consider this: In 2006, Wiedemer and a team of economists accurately predicted the collapse of the U.S. housing market, equity markets, and consumer spending that almost sank the United States. They published their research in the book America’s Bubble Economy.

When the interview host questioned Wiedemer’s latest data, the author unapologetically displayed shocking charts backing up his allegations, and then ended his argument with, “You see, the medicine will become the poison.”

The interview has become a wake-up call for those unprepared (or unwilling) to acknowledge an ugly truth: The country’s financial “rescue” devised in Washington has failed miserably.

The blame lies squarely on those whose job it was to avoid the exact situation we find ourselves in, including Bernanke and former Fed Chairman Alan Greenspan, tasked with preventing financial meltdowns and keeping the nation’s economy strong through monetary and credit policies.

Shocking Footage
See the eerie chart that exposes the ‘unthinkable.’

At one point, Wiedemer even calls out Bernanke, saying that his “money from heaven will be the path to hell.”

But it’s not just the grim predictions that are causing the sensation in Wiedemer’s video interview. Rather, it’s his comprehensive blueprint for economic survival that’s really commanding global attention.

The interview offers realistic, step-by-step solutions that the average hard-working American can easily follow.

The video was initially screened for a relatively small, private audience. But the overwhelming amount of feedback from viewers who felt the interview should be widely publicized came with consequences, as various online networks repeatedly shut it down and affiliates refused to house the content.

Bernanke and Greenspan certainly would not support Wiedemer publicly, and it soon became apparent mainstream media would not either.

“People were sitting up and taking notice, and they begged us to make the interview public so they could easily share it,” said Newsmax Financial Publisher Aaron DeHoog. “But unfortunately, it kept getting pulled.”

“Our real concern,” DeHoog added, “is the effect even if only half of Wiedemer’s predictions come true.

“That’s a scary thought for sure. But we want the average American to be prepared, and that is why we will continue to push this video to as many outlets as we can. We want the word to spread.”

Editor’s NoteFor a limited time, Newsmax is showing the Wiedemer interview and supplying viewers with copies of the new, updated Aftershock book including the final, unpublished chapter. Go here to view it now. 


Se la notizia è vera allora annamo proprio bene! se invece serve per colpire Obama, ammazza!

Celebrities are out

Celebrities are over: they do not represent anyone, but themselves and they are obsolete as the new values are raising interests in people's mind.
Moreover new concepts as sustenabilty and respect for mother nature are in need of new testimonials among normal persons.
No Lady Gaga, no Miley Cyrus, no Madonna, no Britney Spears can influence my brain.
No Lenny Kravitz, no Justin Biber, no Bruno Mars, no Brad Pitt, none of the great actors or rockstars can give me an idea for buying new products or for behaving.

The world has changed and celebrities belong to the past of marketing.

The new Mrs and Mr Anonymous are the testimonials to look at: life is too short and complicated not to follow yourself and your originality.

Luxury Kitsch: no comment|

Louis Vuitton: super valigia sulla Piazza Rossa

Ha scatenato l'ironia della blogosfera, l'indignazione del partito comunista e critiche di difensori del patrimonio storico russo, l'enorme baule griffato Louis Vuitton realizzato in questi giorni al centro della Piazza Rossa a Mosca. La struttura è stata montata per ospitare dal 2 al 19 dicembre la mostra ''L'anima del viaggiatore'', con l'esposizione delle valigie della nota casa francese usate da alcune celebrità a cavallo tra XX e XXI secolo (sono previste anche 12 video installazioni di artisti contemporanei).

Il gigantesco padiglione a forma di baule Louis Vuitton sulla Piazza Rossa di Mosca

Il ricavato andrà in beneficenza, ha assicurato Mikhail Kusnirovich, titolare del Bosco dei Ciliegi e gestore degli storici magazzini Gum, che hanno organizzato l'evento. Ma il baule, un padiglione lungo 30 metri, largo 9 metri e alto altrettanto, avvolto dal tricolore russo, ha suscitato l'ilarità dei blogger e l'ira dei comunisti nostalgici, che hanno denunciato la 'profanazione' della piazza, dove sorge il mausoleo di Lenin e dove sono sepolti i personaggi illustri della storia sovietica, sotto le mura del Cremlino.

'ndrangheta e religione? blah

PAPA FRANCESCO A RISCHIO ATTENTATO. LA DENUNCIA DEL PROCURATORE GRATTERI: "PULIZIA IN VATICANO, 'NDRANGHETA NERVOSA"
 da Il Fatto Quotidiano, del 13/11/2013

 “La chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio”, scriveva Leonardo Sciascia ne Il giorno della Civetta. Accantonati scandali e anatemi, il cattolicesimo ha consolidato nei secoli la più improbabile delle alleanze: quella coi mafiosi, affezionati frequentatori di parrocchie e confessionali, che accanto ai kalashnikov conservano la Bibbia e dai cui comodini pendono rosari dai grossi grani rossi. “Dio, proteggi me e questo bunker”, è la scritta che, tra un santino di Padre Pio e un bassorilievo raffigurante il volto di Gesù Cristo, i carabinieri del Ros hanno scovato nel rifugio del boss Gregorio Bellocco, nelle campagne calabresi di Anoia. “Faccio il magistrato da 26 anni e non trovo covo dove manchi un’immagine della Madonna di Polsi o di San Michele Arcangelo. Non c’è rito di affiliazione che non richiami la religione. ’ndrangheta e Chiesa camminano per mano”, dice il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Che assieme allo storico Antonio Nicaso ha raccontato in un libro (Acqua Santissima, Mondadori, 204 pagine, 17,50 euro) l’incontro di due mondi che dovrebbero interagire come l’acqua e l’olio. E che invece si mescolano di continuo. “Però le cose stanno cambiando”, giura il pm.

 È diventato ottimista, Gratteri?

Questo Papa è sulla strada giusta. Ha da subito lanciato segnali importanti: indossa il crocifisso in ferro, rema contro il lusso. È coerente, credibile. E punta a fare pulizia totale.

  E la mafia è preoccupata da questi comportamenti? 

Quella finanziaria sì, eccome. Chi finora si è nutrito del potere e della ricchezza che derivano direttamente dalla Chiesa, è nervoso, agitato. Papa Bergoglio sta smontando centri di potere economico in Vaticano. Se i boss potessero fargli uno sgambetto non esiterebbero.

Crede davvero che il papa sia a rischio?    

Non so se la criminalità organizzata sia nella condizione di fare qualcosa, ma di certo ci sta riflettendo. Può essere pericoloso.

  Cosa intende quando parla di mafia finanziaria? 

I padrini con la coppola non esistono più: sono morti oppure in carcere al 41-bis. Ma il mafioso che investe, che ricicla denaro, che dunque ha potere vero, è proprio quello che per anni si è nutrito delle connivenze con la Chiesa. Sono questi i soggetti che si stanno innervosendo.

  D’abitudine qual è l’atteggiamento della Chiesa verso le organizzazioni criminali? 

Un paio di esempi: il vescovo di Reggio Calabria, anche dopo la condanna in Cassazione di un capobastone, ha detto che non poteva schierarsi perché magari si trattava di un errore giudiziario. Il vescovo di Locri ha sì scomunicato i mafiosi, ma solamente dopo che avevano danneggiato le piantine di frutti di bosco della comunità ecclesiastica di Platì. Solo che prima di quell’episodio, i boss avevano ammazzato migliaia di persone.

Bisogna aspettare le piantine perché i prelati si sveglino? Che altro? 

Qualche anno fa la figlia di Condello il Supremo si è sposata nel duomo di Reggio Calabria. È arrivata pure la benedizione papale. A Roma potevano non conoscere il clan, ma in Calabria tutti sanno chi sono i Condello. Eppure nessuno ha fiatato. I preti, poi, vanno di continuo a casa dei boss a bere il caffè, regalando loro forza e legittimazione popolare.

  E perché ci vanno?

Alcuni dicono che frequentano i mafiosi perché devono redimere tutte le anime, senza discriminare. Capirei se la Chiesa accogliesse chi si pente davvero, ma così è troppo facile: continui a uccidere, a importare cocaina, a tenere soggiogata la gente e io, prete, ti do pure una mano.

Quindi i boss sono religiosi solo per convenienza? 

No, c’è anche una vocazione autentica. Abbiamo fatto un sondaggio in carcere: l’88 per cento dei mafiosi intervistati si dichiara religioso. Prima di ammazzare, un ‘ndranghetista prega. Si rivolge alla Madonna per avere protezione.

  Pensa di essere nel giusto?

Lo è, dal suo punto di vista. Mettiamo il caso in cui un tizio decide di aprire un bar senza chiedere il permesso al boss locale, e dunque senza rivolgersi alla sua impresa per fare gli scavi, per comprare il bancone o le bibite. Il mafioso che fa? Gli spara alle serrande, poi alle gambe e così via per convincerlo a sottomettersi. Se però il tizio rifiuta, il mafioso è “costretto” a ucciderlo. Se non hai scelta, non commetti peccato.

 Che importanza hanno invece i matrimoni?

Sono centrali. Suggellano alleanze, sanciscono tregue, e al margine delle cerimonie ci sono i riti di affiliazione. Rifiutarsi di partecipare a un matrimonio può essere considerato una dichiarazione di guerra. E non essere invitati è un pessimo segno. Il boss Novelli, trapiantato in Lombardia, ha cominciato ad allarmarsi quando non l’hanno invitato a un importante matrimonio calabrese. Poco dopo, infatti, l’hanno ammazzato.

 (da “Il Fatto Quotidiano”)

E Stilinga pensa che i 10 comandamenti gli 'ndranghetusi manco se li ricordano, quindi possono rinfrescarsi la memoria al seguente link: http://it.wikipedia.org/wiki/Dieci_comandamenti

Inoltre, se credono di essere protetti dalla Madonna di Polsi, allora questa Madonna è luciferina, affatto buona e per nulla umana, non è la madre di Cristo e non è santa. Come del resto la fama di Riina, legata al nome è un abbaglio enorme: schiavo dei demoni e mafioso senza cuore, un animale.
E poi si dicono pure cattolici? Ma forse sono drogati! E con loro pure il clero che li segue e li sostiene, per non parlare dei politici che usano la mafia, la SCU e la 'ndrangheta per propri fini. Orribile umanità! Che si vergognino!