This is the fashion blog of Stilinga, a fashion designer who works from home. She is from Rome, Italy and she writes about trends, things she loves to do in Rome and art. Questo è il fashion blog, e non solo, di stilinga (una stilista che lavora da casa - è una stilista-casalinga) e che spesso tra una creazione di moda e l'altra, tra ricerche e fiere, si occupa anche del suo quotidiano e del contesto in cui vive.
Renzi: “Dimissioni Lupi, scelta saggia. Ma sottosegretari indagati non devono lasciare.” E TE QUANDO TE NE VAI???
Il presidente del Consiglio in un'intervista a Repubblica torna sul passo indietro dell'ex ministro delle Infrastrutture, ma chiarisce che "ci si dimette per questioni politiche ed etiche, non per gli avvisi di garanzia". Di D'Alema che ha attaccato la sua gestione "leaderistica e arrogante" del partito dice: "Parole che stanno bene in bocca a una vecchia gloria del wrestling"
DA:http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/22/renzi-dimissioni-dei-sottosegretari-indagati-assolutamente-lupi-scelta-saggia/1526681/
DA:http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/22/renzi-dimissioni-dei-sottosegretari-indagati-assolutamente-lupi-scelta-saggia/1526681/
Maurizio Lupi ha deciso di dimettersi, ma questo non significa che anche gli altri sei sottosegretari del governo Renzi debbano fare la stessa scelta. Perché “ci si dimette per questioni politiche ed etiche, non per gli avvisi garanzia“. Quindi non tocca anche ai dem Barracciu, Del Basso De Caro, De Filippo, Bubbico,Faraone e a Castiglione di Nuovo centrodestra fare un passo indietro? “Assolutamente no”. A dirlo è il presidente del Consiglio che in un’intervista a Repubblica ribadisce: “Per me un cittadino è innocente finché la sentenza non passa in giudicato. Del resto, è scritto nella Costituzione“. Quindi “perché dovrebbe dimettersi un politico indagato? Le condanne si fanno nei tribunali, non sui giornali“.
Matteo Renzi respinge le accuse di ‘doppiopesismo’ tra l’ex ministro delle Infrastrutture Lupi – che ha lasciato l’incarico a seguito del coinvolgimento nell’inchiesta sulle tangenti per leGrandi Opere, anche se non è indagato – e i sottosegretari: “Ho chiesto le dimissioni a Orsoni quando, patteggiando (perfinanziamento illecito, ndr), si è dichiarato colpevole. Ho commissariato per motivi di opportunità politica il Pd di Roma (a seguito dell’inchiesta su Mafia Capitale, ndr) nonostante il segretario locale fosse estraneo alle indagini. A suo tempo avevo auspicato il passo indietro della Cancellieri (che da ministro dellaGiustizia che si era interessata alla scarcerazione di Giulia Ligresti, ndr) sempre con una motivazione strettamente politica.
Altro che due pesi e due misure: le dimissioni si danno per una motivazione politica omorale, non per un avviso di garanzia”. Renzi inoltre considera la decisione di Lupi “una valutazione giusta e saggia”, “una scelta personale e molto degna”. Il suo successore, procede, “sarà decisivo per far ripartire l’Italia“, ma specifica che “non è importante in una logica interna dipartiti“. Il governo vuole “uno bravo”, puntualizza, per cui “il colore della tessera non ci interessa”. Poi riflette anche suErcole Incalza, il superdirigente delle Grandi opere finito in carcere su richiesta della Procura di Firenze: “Indipendentemente dalle indagini – sottolinea Renzi – un eccesso di permanenza al potere negli stessi posti non è mai positivo”.
Quanto a Vincenzo De Luca – sindaco decaduto di Salerno e condannato in primo grado per abuso d’ufficio che ha vinto le primarie del Pd in Campania e che sfiderà Caldoro alle regionali– Renzi spiega che “ha fatto una scelta diversa, considera giusto chiedere il voto agli elettori e si sente forte del risultato delle primarie”. Ma sulla modifica della legge Severino, in linea con quanto già dichiarato dai ministri Orlando e Boschi, il premier ribadisce che “non è all’ordine del giorno, non è un tema in discussione”.
Nel corso dell’intervista il premier parla anche di Massimo D’Alema, che al convegno sulla sinistra nel Pd a Roma ha attaccato la sua gestione “leaderistica e arrogante” del partito. “Gli iscritti diminuiscono, si diventa centro d’attrazione per il trasformismo italiano”, ha dichiarato l’ex presidente del Consiglio, aggiungendo che “le forze che sostengono Renzi sono fuori dal Pd, non sono gli iscritti. Abbiamo un partito senza un popolo e un popolo senza partito”. Parole che, dice Renzi aRepubblica, fanno parte di “un lessico che non mi appartiene. Espressioni che stanno bene in bocca a una vecchia gloria del wrestling, più che a un ex primo ministro”. Poi scherza: “Credo fosse arrabbiato per Roma-Fiorentina: ha capito che il vero giglio magico è sceso in campo all’Olimpico… Compito del Pd è cambiare l’Italia, sia che D’Alema voglia sia che D’Alema non voglia. E noi lo faremo”.
Renzi,
attendiamo con ansia le tue dimissioni e pretendiamo di andare a votare subito!
Inoltre, l'Italicum non passerà, nè ora nè mai. Puzza proprio, anzi spuzza!
Basta con questa voglia di dittatura massonica!
Basta con la voglia di dittatura in generale e poi 'sta massoneria tutta maschile, idiota, concentrata solo sul potere... ma poi tanto, è la vita, massoni e politici sappiatelo: morite pure voi, mica vi portate il potere nell'aldilà. Siete illusi di potere, ma di fatto non contate nulla! Anzi se vi incontriamo per strada vi schifiamo come le feci canine... meglio onesti che politici e non sia mai massonici, il cascame dell'umanità!
Costa Rica record: da 75 giorni l'energia è green al 100%. Tendenza da seguire!
Il 2015 del piccolo paese dell'America Centrale è all'insegna delle rinnovabili. In tre mesi per la sua elettricità non sono state prodotte emissioni né utilizzati combustibili fossili
di ANTONIO CIANCIULLOda:http://www.repubblica.it/ambiente/2015/03/23/news/75_giorni_di_energia_solo_da_fonti_rinnovabili_e_il_record_del_costarica-110265224/?ref=HREC1-25È UN RECORD assoluto: dopo aver abolito l'esercito nel 1949, il Costa Rica si prepara ad abolire i combustibili fossili nel settore elettrico. Da 75 giorni tutte le lampadine del paese si accendono grazie alle fonti rinnovabili. Nella roccaforte della natura americana (più di un quarto del territorio nazionale è protetto) il 2015 sta scorrendo pacificamente, senza emissioni serra in un comparto energetico strategico.La notizia è stata data dall'Independent che sottolinea la congiuntura favorevole dietro questo risultato: piogge consistenti hanno riempito gli invasi degli impianti idroelettrici. Gli stessi che l'anno scorso hanno assicurato l'80% del totale dell'energia pulita, mentre il 10% è venuto dalla geotermia e il rimanente da altre fonti.I ticos, come sono soprannominati gli abitanti di questo paese che ha fatto della natura la sua carta vincente nella competizione per il turismo globale, sono pochi, meno di 5 milioni in un territorio grande un sesto dell'Italia. E questo rende indubbiamente più facile un percorso energetico dolce. Ma essere piccoli non basta: il minuscolo Lussemburgo con appena mezzo milione di abitanti dà un buon contributo al riscaldamento globale grazie al record europeo di auto pro capite.La "Svizzera dell'America centrale", partendo da una situazione non facile, ha invece scelto in modo determinato un modello di sviluppo economico che la allinea alle economie più brillanti. Ha scommesso di diventare carbon neutral nel 2021 puntando su biofuel, veicoli ibridi, fonti rinnovabili (con importanti investimenti non idroelettrici per diversificare). E su una tassazione che scoraggi l'inquinamento e premi il lavoro.Una strategia articolata, che scommette sul mantenimento e sul rafforzamento dello straordinario patrimonio forestale (un polmone che trattiene una grande quantità di carbonio rallentando l'effetto serra) e sullo sviluppo della green economy (è il secondo paese dell'America latina per la qualità della rete elettrica e delle telecomunicazioni). Rinunciando allo sfruttamento dei depositi petroliferi.
Del resto il Costa Rica non è un caso isolato. "Nel 2020 almeno un chilowattora su tre in Europa sarà generato dalle fonti rinnovabili e a metà secolo, in alcuni paesi, il 100% dell'elettricità sarà verde", scrive Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club, in un libro pubblicato il mese scorso da Edizioni Ambiente, Due gradi. "L'Uruguay dovrebbe soddisfare con le rinnovabili il 90% della domanda elettrica nel 2016".
Anche in Cina fotovoltaico ed eolico crescono velocissimi e nel 2013 hanno superato, come nuova potenza elettrica installata, il carbone. E in Italia - con le rinnovabili che ormai garantiscono un terzo della domanda - il sistema elettrico già da tre anni ha cominciato a girare, in alcuni momenti, quasi solo con energia pulita.
Il laureato emigrante: un capitale umano costato 23 miliardi che l'Italia regala all'estero
da: http://www.repubblica.it/economia/2015/03/23/news/il_laureato_emigrante_un_capitale_umano_costato_23_miliardi_che_l_italia_regala_all_estero-110242042/?ref=HREC1-13
L'inchiesta. I nostri giovani studiano nelle scuole pubbliche fin dalle elementari. Poi trovano un posto in Germania, Regno Unito, Brasile. Uno spreco enorme nell'indifferenza
di FEDERICO FUBINIROMA - L'Italia ha costruito centinaia di chilometri di rete ferroviaria ad alta velocità e ne ha fatto dono alla Gran Bretagna. Ha investito in due enormi reti Internet a fibra ottica, perché siano installate in Germania e in Svizzera. Naturalmente non è vero. Se lo fosse, la tivù mostrerebbe zuffe a Montecitorio, sindacati in piazza e forse il governo dovrebbe dimettersi. Eppure, nell'indifferenza generale, sta succedendo qualcosa del genere. Ogni giorno un'emorragia verso l'estero di risorse (anche) finanziarie di simile entità si consuma sull'infrastruttura di base di ogni Paese: i suoi abitanti.Alla più cauta della stime, dal 2008 al 2014 è emigrato all'estero un gruppo di italiani la cui istruzione nel complesso è costata allo Stato 23 miliardi di euro. Sono 23 miliardi dei contribuenti regalati ad altre economie. È una cifra pari al doppio di quanto occorre per stendere la rete Internet ad alta velocità che in questo Paese continua a mancare. È una somma pari a un terzo del costo dell'intera rete ferroviaria ad alta velocità italiana, che al chilometro è la più cara al mondo. Ma quando si tratta di laureati, diplomati o anche solo di titolari di una licenza media che se ne vanno portando con sé le proprie competenze e l'investimento che è stato fatto su di loro dagli asili d'infanzia alle aule universitarie, nessuno protesta. Di rado se ne parla. Non è uno scandalo: sembra normale, anche se nella storia dell'Italia unita non era mai successo.
Certo le migrazioni fra fine '800 e il secondo dopoguerra erano state più intense nei numeri, ma infinitamente di meno per il capitale versato nelle persone che poi se ne andavano. Molti di quei migranti erano analfabeti, non troppi avevano finito le elementari. Giorni fa invece Alberto Alemanno, 40 anni, laureato all'Università di Torino, docente di Diritto della Haute École Commerciale di Parigi e della New York University, è stato designato come Young Global Leader del World Economic Forum. Nel frattempo Alberto Quaranta (nome modificato su sua richiesta), 43 anni, laureato a Pescara, già architetto in una città pugliese, ha terminato il suo inserimento come impiegato nei magazzini dell'aeroporto di Monaco di Baviera. Il primo è riuscito ad arrivare al posto per il quale aveva studiato, il secondo no. Ma i due hanno lo stesso qualcosa in comune: entrambi sono stati oggetto di un investimento di (almeno) 163 mila euro da parte della collettività italiana per il loro percorso formativo, dall'età di tre anni fino alla laurea.
Nel rapporto "Education at a Glance 2014", l'Ocse di Parigi stima che, solo per la gestione dei luoghi d'insegnamento e gli stipendi degli insegnanti, chi si istruisce in Italia costi 6.000 dollari l'anno quando frequenta una scuola materna pubblica, 8.000 l'anno alle elementari, 9.000 alle medie e alle superiori e 10.000 all'università. Per i contribuenti il costo (di base) di produzione di un laureato in Italia è di centinaia di migliaia di euro. Ogni volta che una di queste persone lascia l'Italia, quell'investimento in sapere se ne va con lui o con lei. Negli ultimi anni le destinazioni preferite sono Gran Bretagna, Germania e Svizzera. Si tratta di un colossale sussidio implicito versato dall'Italia ad altri Paesi ogni volta che un migrante fa le valigie. Ed è ormai un fenomeno macroeconomico. Nel solo 2013 il trasferimento silente di investimenti dall'Italia al Regno Unito attraverso l'istruzione dei migranti è stato, quantomeno, di 1,5 miliardi. Quello versato alla Germania è di 650 milioni e persino un Paese lontano come il Brasile è beneficiario per oltre cento milioni. Nell'ultimo secolo un export su questa scala di investimenti pubblici in "infrastrutture" si è visto solo quando un Paese sconfitto in guerra doveva pagare riparazioni. Questo invece è auto-inflitto.
La novità negli ultimi anni è infatti duplice. La meno nota è che la quota di migranti laureati sta crescendo, e con essa il sussidio implicito dell'Italia ai Paesi dove essi vanno. Secondo l'Istat, i laureati erano il 19% degli italiani trasferitisi all'estero nel 2009, ma sono già saliti al 24% nel 2013. Il peso di coloro che se ne vanno avendo solo una licenza media è invece in calo.
L'altra caratteristica di questi anni è che l'armata degli emigranti è sempre più vasta, ma non c'è accordo fra governi europei sul loro numero. I dati dell'Istat sono probabilmente sottostimati. In base all'anagrafe italiana, come riportato dall'istituto statistico, dal 2008 al 2013 c'è stato un deflusso netto di 150 mila persone: è il saldo fra gli italiani che escono e quelli che rientrano. Il ritmo delle uscite peraltro sta accelerando. Solo due anni fa, al netto dei rientri in patria, sono state 53 mila. Alla cifra pubblica dei 150 mila, la Repubblica aggiunge altre 63 mila uscite nette nel 2014 sulla base dei dati dei primi 9 mesi ed è una stima cauta, perché presuppone una frenata delle tendenze in atto negli ultimi anni. Al valore di 23 miliardi di investimenti in istruzione "esportati" si arriva così. Negli ultimi sei anni il 48% dei migranti aveva terminato le scuole medie, il 30% le superiori e il 22% l'università: i costi sono stimati su questa base.
Il problema è che gli oneri reali sono più alti, perché i dati Istat non colgono tutta la realtà. Molti se ne vanno, ma non lo comunicano all'anagrafe. Gli italiani che nel 2013 hanno preso il "National Insurance Number" (codice fiscale) per lavorare in Gran Bretagna sono quattro volte più di quelli che ufficialmente hanno lasciato l'Italia, secondo l'Istat, per andare Oltremanica. Per il governo tedesco, gli italiani arrivati in Germania solo nella prima metà del 2014 sono più di quelli che, secondo l'Istat, lo hanno fatto in tutto il 2013. Alberto, l'architetto pugliese, non ha mai abbandonato la residenza nel Comune di origine e dunque per l'Italia è ancora qui. Intanto però ha preso domicilio vicino a Monaco per potersi appoggiare al centro per l'impiego locale, che gli ha trovato un posto.
Così l'Italia manda via qualcosa che costa e vale più delle sue autostrade o ferrovie. Lo fa nell'indifferenza dei ministri che raccomandano un figlio, degli universitari che sbarrano la strada ai bravi per favorire i servili. Giorni fa "Pensare Politico", un'associazione di Rimini, in un incontro con 150 studenti di quarta superiori ha chiesto quanti volessero migrare "dopo la laurea". Un terzo della sala ha alzato la mano. È un investimento perduto di 8 milioni, è stato detto. Nessuno degli studenti ha fiatato: a loro sembrava perfettamente logico.E Stilinga urla: smettiamo di farci del male Italiani! Svegliatevi! Stiamo regalando la ripresa alle nazioni di emigrazione dei nostri preziosissimi laureati! E qua cosa accade? crisi economica fissa???? Nooooo!
GRECIA: PRESENTATORE TV CONFESSA, TRUCCATO IL VIDEO DI VAROUFAKIS =
Berlino, 19 mar. (AdnKronos) -
Il video con il dito medio del ministro
delle Finanze greco Yanis Varoufakis alla Germania è un falso.
delle Finanze greco Yanis Varoufakis alla Germania è un falso.
A confessarlo pubblicamente è stato il presentatore del talkshow
satirico dell'emittente tedesca Zdf Neo Magazine Royale, con tanto di
scuse al diretto interessato: "Non lo faremo più".
satirico dell'emittente tedesca Zdf Neo Magazine Royale, con tanto di
scuse al diretto interessato: "Non lo faremo più".
Il presentatore Jon Böhmermann ha postato un video in cui spiega come
con il suo team siano riusciti a procurarsi le immagini e quindi a
manipolarle.
con il suo team siano riusciti a procurarsi le immagini e quindi a
manipolarle.
Il video era stato trasmesso da un altro presentatore,
Guenther Jauch, della ARD, durante un'intervista domenica sera allo
stesso Varoufakis che rispondeva alle domande da Atene.
Guenther Jauch, della ARD, durante un'intervista domenica sera allo
stesso Varoufakis che rispondeva alle domande da Atene.
Dopo lavisione del filmato il ministro aveva immediatamente preso le distanze
e denunciato che si trattava di un falso.
e denunciato che si trattava di un falso.
Ma 'sti tedeschi? no words!Ormai io non credo più ai mass media: tutto è fatto ad arte e del resto per il rispetto che porto al mio intelletto ora pretendo di non farmi sfiorare dalla pressione mediatica ma di pensare col mio cervello e di affidarmi al santissimo intuito. Questa consapevolezza della manipolazione mediatica mi allontana da sconvolgimenti inutili.
E la chiamano austerity: ma è solo per la popolazione!
da: http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamentoeuropeo/2015/03/scontri-allinauguraz.html
Scene da guerriglia a Francoforte.
Attivisti anti-austerity e forze dell'ordine si sono scontrati ripetutamente durante una manifestazione di protesta contro la nuova Eurotower.
La Bce non conosce #austerity, quella la impone solo ai cittadini.
Nonostante la crisi e i tagli imposti agli Stati europei, la Bce si è concessa una nuova faraonica sede. E' stata inaugurata oggi nell'area dei vecchi mercati generali di Francoforte, il nuovo grattacielo costato ai contribuenti europei ben 1,2 miliardi di euro.
Il grattacielo si estende per 185 metri di altezza e consiste in due edifici poligonali di 43 e 45 piani rispettivamente, dove si trovano gli uffici.
Rispetto al 2005 quando il progetto è stato approvato, il costo di realizzazione è aumentato del 41%. Da iniziali 850 milioni di euro, Mister Draghi ha speso1,2 miliardi.
Alla faccia dell'austerity.
Oggi a Francoforte la protesta del movimento Blockupy con scene da guerriglia. Sono stati incendiati alcuni cassonetti, poi si sono verificati scontri fra polizia e manifestanti con lanci di pietre, gas lacrimogeni, sit-in, sette auto della polizia bruciate e otto agenti feriti.
Fonti della Bbc dicono che la polizia tedesca avrebbe arrestato 350 manifestanti.
Per il portavoce Marco Valli, membro della Commissione per i problemi economici e finanziari, "non bisogna meravigliarsi, che la gente sia arrabbiata e protesti contro l'inaugurazione della nuova sede BCE. L'esorbitante costo dell'Eurotower è solo l'ultimo dei problemi...non bisogna dimenticare che la BCE ha erogato migliaia di miliardi di euro negli ultimi 5 anni alle banche private per stimolare l'economia, eppure di questi soldi pochissimi sono arrivati all'economia reale. I bonus dei manager son tornati alti, come i dividendi in borsa eppure non ci son mai stati tanti disoccupati in Europa. Solo con la separazione bancaria proposta dal Movimento 5 Stelle si potrà mettere fine alla speculazione".
E Stilinga è convinta che siamo solo all'inizio delle rivolte.
E' inammissibile che si siano spesi 1 miliardo e rotti di euro per una torre fallica a Francoforte, frequentata per lo più da maschi cretini.
Inoltre, il costo è aumentato del 41%: corruzione ci cova, speriamo che i magistrati indaghino.
E poi era necessaria una torre nuova per tanti economisti pazzi che fanno solo gli affari delle lobbies e non degli europei?
A chi serve 'sta specie di Europa? di fatto una Europeuccia.
A chi serve massacrare economicamente le popolazioni? Ai soliti capitalisti.
E meno male che qualcuno si è svegliato e speriamo che la sveglia sia una doccia gelata per chi ha costruito questo sistema economico basato solo sulle diseguaglianze. Sistema che deve cambiare sostanzialmente.
Così non è più possibile andare avanti (infatti siamo in recessione).
Mario Draghi dice che bisogna ascoltare la popolazione: no, la popolazione è sovrana, voi economisti della Bce, dovete servirla, non ascoltarla.
Se siete arrivati a quei livelli di altezza, evidentemente ora vi gira la testa, mentre dovreste essere ancorati al basso e lavorare alacremente per soddisfare i vostri padroni cioè LA POPOLAZIONE EUROPEA.
Quindi ben vengano le rivolte e speriamo che gli economisti della Bce si siano spaventati ben bene. Se lo meritano!
Non possono e non devono giocare con i destini degli Europei.
Questo non è potere è abominio e poi puoi pure vestire "professional" e frequentare "chi conta" ma sempre malfattore rimani e la gente lo capisce che le belle forme e le riforme e le leggi astruse sono fatte per incasinare (e fregare) la popolazione, quindi che stima si può avere per giacca e cravatta? Nessuna!
Quindi ben vengano le rivolte e speriamo che gli economisti della Bce si siano spaventati ben bene. Se lo meritano!
Non possono e non devono giocare con i destini degli Europei.
Questo non è potere è abominio e poi puoi pure vestire "professional" e frequentare "chi conta" ma sempre malfattore rimani e la gente lo capisce che le belle forme e le riforme e le leggi astruse sono fatte per incasinare (e fregare) la popolazione, quindi che stima si può avere per giacca e cravatta? Nessuna!
“Abbiamo già detto no, ci disprezzano”
Intervista di Silvia Truzzi a Lorenza Carlassare
da Il Fatto Quotidiano tramite Libertà e Giustizia
“Proviamo a essere ottimisti: nel 2005 ci fu un tentativo di riforma costituzionale: si ricorda Calderoli? Ecco, la Costituzione riscritta da un dentista fu respinta al mittente dai cittadini con il referendum dell’anno successivo. Potrebbe succedere anche questa volta”, spiega Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale a Padova.
Perché ricorda oggi la riforma di Berlusconi?
In qualunque Paese – non dico civile, ma appena appena decente – non si riproporrebbero riforme che vanno nella stessa direzione di altre bocciate qualche anno prima. La cosa che mi allarma di più è l’assenza di considerazione, per non dire il disprezzo, verso l’opinione dei cittadini. Il popolo ha già detto no a una riforma che rafforzi i poteri del governo a scapito delle istituzioni rappresentative e li concentri in un unico vertice: la legge attuale diminuisce più dell’altra il peso della volontà popolare, abbassa ancora il livello di democrazia.
Il governo esulta, il dado è tratto. O quasi.
Al premier esultante vorrei dire che la democrazia non ha bisogno di capi, ha bisogno di partecipazione. Comunque, da un punto di vista procedurale sottolineo che non è la Costituzione che impone al Senato di soffermarsi solo sulle parti emendate dalla Camera, in prima lettura. Sono i regolamenti parlamentari. In un caso così grave, dove in realtà non c’è stato un dibattito serio e approfondito, ma il testo è stato approvato – a mio avviso illegittimamente – utilizzando ‘canguri’ per eliminare dalla discussione emendamenti sgraditi e i tempi sono stati forzati con sedute notturne, impensabili in una democrazia normale, la possibilità di riconsiderare alcune norme, le più discutibili, sarebbe indispensabile. È davvero un’occasione perduta. Si poteva fare una riforma utile, invece di questo sgorbio con un Senato non elettivo cui si attribuisce il potere di decidere su materie costituzionali. Non credo che Renzi, l’innovatore, si sia reso conto del carattere profondamente conservatore di questa riforma.
Perché conservatore?
Il nuovo Senato tanto mal concepito avrà competenza in materia costituzionale e dunque anche in un eventuale iter correttivo della riforma. Il suo voto è determinante, allo stesso modo di quello della Camera dei deputati. Se domani qualcuno avesse l’idea di mettere ordine in questa riforma strampalata del Senato, magari modificandone la composizione e le modalità di elezione, i nuovi ‘senatori’ (consiglieri regionali e sindaci che si nominano fra loro!) potrebbero bloccare qualunque modifica contraria ai loro interessi. Così , anziché rinnovarsi, questo ceto politico non fa altro che auto conservarsi.
Lei ha detto più volte che il carattere non elettivo è fortemente antidemocratico.
Ma certo: una repubblica democratica non può avere una Camera alta non elettiva che esercita funzioni costituzionali! Se uniamo questa riforma alla eliminazione delle Province – che in realtà ci sono ancora, ma senza alcun organo eletto dal popolo – e una legge elettorale dove l’esito del voto è completamente alterato, si vede bene che il popolo, anziché il sovrano, è considerato un fastidio da tacitare.
Che pensa dei deputati divisi, quelli che volevano votare no e hanno votato sì per fedeltà alla ditta e viceversa?
È stato un gioco delle parti, sia in Forza Italia che nel Pd, una buffonata, come se si trattasse di una decisione di poco conto e non del delicatissimo equilibrio dei poteri che sta alla base della nostra architettura costituzionale.
C’è ancora la partita della legge elettorale.
La famosa legge truffa del 1953 che scatenò tante battaglie in Parlamento e fuori, era più democratica dell’Italicum perché il premio di maggioranza veniva attribuito alla coalizione che otteneva il 50 per cento, ossia a chi la maggioranza l’aveva già. E poi, se nessuno raggiungeva questa soglia, il premio non scattava; e infatti non scattò! Nell’Italicum invece – che ricorda la legge Acerbo del 1923 – se nessuno raggiunge il 40 per cento, il premio viene comunque attribuito dopo il ballottaggio tra le due liste più votate qualunque sia la percentuale ottenuta! Si prende tutto anche con un seguito popolare assai modesto: la minoranza governa indisturbata.
Il Fatto Quotidiano – 13 Marzo 2015
E Stilinga pensa che questi residui politici che ci governano senza essere stati legittimati dalle elezioni farebbero bene a collassare e a sparire dall'agone politico visto il male che fanno al Paese. Inoltre, non pasaran! Ci credo proprio gonzi! Ma sottovalutare il popolo è la loro fine!
IL COMUNE DI ROMA REGALA 400 MILA METRI CUBI AI SOLITI COSTRUTTORI
Una colata di cemento con vista Appia Antica
IL COMUNE DI ROMA REGALA 400 MILA METRI CUBI AI SOLITI
COSTRUTTORI PERSINO UNA NECROPOLI DEL I SECOLO D.C. SOTTO 32 EDIFICI E UNA
TANGENZIALE
di Silvia D’Onghia, "Il Fatto Quotidiano", 11 mar.
2015
Dicono che a Roma, ovunque si faccia
un buco nel terreno, si trovi qualcosa di antico. Forse è per questo che, con
una frequenza impressionante, la Soprintendenza decide di ricoprire qualsiasi
cosa venga alla luce al di fuori dal centro storico (anche perché lì è tutto
già scavato). Non ci sono i soldi, si dice ancora, per mantenere aperti i nuovi
siti. È vero. Ma forse nel caso dei ritrovamenti di Grottaperfetta, a pochi
passi dall’Appia Antica, i soldi per una volta sarebbero entrati nelle casse
del Comune e in misura molto maggiore rispetto alle uscite.
Una necropoli risalente al I-II
secolo dopo Cristo, completa di piccoli mausolei e recinti funerari, cospicue
quantità di frammenti ceramici di età medio repubblicana, una fattoria
evolutasi in villa suburbana, un lungo tratto di strada romana con rivestimento
basolato ben conservato, un tratto di acquedotto e un’antica cava. Almeno per
quello che si è scavato. Il tutto non solo beatamente ceduto al consorzio di
costruttori Grottaperfetta, perché all’interno di un’area ceduta dal Comune di
Roma in convenzione, ma altrettanto beatamente ricoperto da abbondanti strati
di terra. Né i romani né i turisti potranno mai visitare quella necropoli. In
compenso gli acquirenti dei lussuosi appartamenti nei mega-palazzoni che
sorgeranno a partire dal 2016 potranno dire di camminare sulla storia.
La vicenda dell’intervento
urbanistico n. 60 comincia nel lontano 1962, quando – nell’allora Piano
regolatore – venivano destinati 180 mila metri cubi all’edilizia, in una zona
ancora poco abitata. Siamo a pochi metri dal parco dell’Appia Antica, c’è
soltanto una strada che divide le due aree. Ed è proprio l’Appia Antica, nello
specifico la Tenuta di Tor Marancia, che determina 40 anni dopo l’ampliamento
del regalo ai “palazzinari”: non potendosi costruire in zona vincolata, il
Comune, anzi che dire “scusate, ci siamo sbagliati”, decide di “compensare”. E
così i metri cubi di Grottaperfetta passano da 180 mila a 400 mila all’inizio
del 2000. Il gruppo che si aggiudica il premio è formato da una cordata in cui
si sono alternati la famiglia Mezzaroma, Ciribelli, Calabresi, Rebecchini,
Marronaro e il Consorzio di cooperative Aic. Nomi che i romani, ma non solo
loro, conoscono bene. La convenzione con il Campidoglio viene siglata il 5
ottobre 2011 e integrata il 18 giugno 2012. I 400 mila metri cubi si traducono
in altri numeri, che danno ancora di più la dimensione dell’affare: sull’area,
che si estende per 23 ettari, si dovranno costruire 32 edifici a uso abitativo,
un centro polifunzionale, due asili, una piazza, strade interne per la
viabilità locale, parcheggi, una pista ciclabile, un sovrappasso in legno e,
tanto per non farsi mancare nulla, una tangenziale di collegamento con la via
Laurentina. L’hanno chiamata “Nuovo Rinascimento” , forse perché la popolazione
aumenterebbe di 5.000 unità. E del resto come dire di no a “piacevoli linee
architettoniche”, “ampie terrazze” e “lussuosi appartamenti” che partono dalla
modica cifra di 230 mila euro (box escluso, naturalmente)? Le vendite sono già
in corso e pullulano le inserzioni sui giornali locali, a firma Immobildream di
Roberto Carlino, quello che “non vende sogni ma solide realtà”.
Gli unici che stanno tentando di
opporsi a quest’immensa colata di cemento – in una città in cui Legambiente
stima la presenza di 250 mila alloggi sfitti – sono i cittadini e il Municipio
VIII. I primi si sono costituiti in un comitato, “Stop I-60” (che ha un proprio
sito e una pagina Facebook), e da tempo cercano con ricorsi e manifestazioni di
bloccare le ruspe. Il Municipio ha messo in campo tutte le iniziative legali
possibili. “Nel febbraio dello scorso anno – racconta il presidente Andrea
Catarci – abbiamo fermato le opere abusive di reinterro dello storico Fosso
delle Tre Fontane, intorno al quale esiste un doppio vincolo: idraulico, sul
quale abbiamo già vinto, e paesaggistico. A luglio 2014, il Gip di Roma ha
disposto il sequestro preventivo dell’area, già sottoposta a sequestro
probatorio dalla polizia giudiziaria di Roma Capitale, per consentire il
ripristino del Fosso. La legge dice, oltre tutto, che si deve costruire a 150
metri dai corsi d’acqua”.
Ma come sempre, quando ci sono di
mezzo carte e pareri (e soprattutto cemento), la soluzione non è semplice. La
giunta regionale del Lazio, su sollecitazione del Consorzio, ha approvato una
delibera che toglie il vincolo esistente al Fosso delle Tre Fontane. Contro la
giunta Zingaretti, si è espresso per ben due volte (l’ultima, a dicembre 2014)
il ministero per i Beni culturali: “Si sottolinea – ha scritto – che la
rettifica deliberata dalla Regione è motivata su un dichiarato errore di
graficizzazione. Si conferma la rilevanza paesaggistica del corso d’acqua”.
Anche l’Autorità di bacino del Tevere richiede che il Fosso venga “tutelato e
valorizzato”. Come se non bastasse, la Procura di Roma sta indagando per capire
se il re-interro del Fosso sia avvenuto attraverso “false” autorizzazioni e –
scrive il Gip – il Corpo forestale ritiene il cantiere “‘abusivo, poiché la
convenzione, e con essa i progetti delle opere di urbanizzazione ed
edificazione sono stati adottati su un presupposto falso, quale la
dichiarazione di tombinamento del fosso”.
“C’è un’altra anomalia, che se non
fosse tragica sarebbe addirittura ridicola – prosegue Catarci –: due estati fa
i sei antichi casali presenti sull’area della lottizzazione hanno deciso di
suicidarsi tutti insieme. Sono crollati, si sono auto-demoliti, così ci è stato
detto. Esiste, però, un vincolo della Soprintendenza per cui si può costruire a
50 metri dalle pre-esistenze”.
Che sarà mai, sostiene Barbara
Mezzaroma, che in una lettera alla cittadinanza parla di “argomentazioni
pretestuose e prive di fondamento”. Quisquilie, insomma. E, se proprio volete
ammirare i resti antichi, potete sempre fare un buco nel giardino di casa
(nostra).
I vescovi contro Berlusconi, Galantino: "La legge arriva fino ad un certo punto, dato morale è altro"
da: http://www.repubblica.it/politica/2015/03/12/news/i_vescovi_contro_berlusconi_-109344295/?ref=HREA-1
Il segretario della Cei è tornato sulle motivazioni della sentenza che ha visto l'assoluzione dell'ex Cav e ha sottolineato: "Tutte le volte in cui c'è un'assoluzione bisogna andare a leggere le motivazioni, se un fatto è legale non è detto che sia morale"
ROMA - Il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino si schiera con il quotidiano dei vescovi Avvenire nella vicenda processuale che ha visto l'assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby: "Avvenire ha preso una posizione coraggiosa che va sostenuta e confermata" ha detto Galantino, che poi ha aggiunto: "La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro".
Il direttore del quotidiano dei vescovi Marco Tarquinio ha scritto in un editoriale che "l'esito penale favorevole a Berlusconi non cancella il rilievo istituzionale e morale" e aggiunge che "un'assoluzione con le motivazioni sinora conosciute non coincide con un diploma di benemerenza politica e di approvazione morale". Non è la prima volta che la Cei prende posizione contro alcuni comportamenti dell'ex premier. Nel settembre 2011 l'allora segretario della Cei Angelo Bagnasco aveva parlato di "comportamenti contrari al pubblico costume e alla sobrietà richiesta dalla stessa Costituzione", riferendosi all'art. 54 della Carta che impone ai funzionari pubblici di "adempiere con disciplina e onore" a ogni pubblico ufficio. E aveva definito tali stili di vita come "difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica".
L
Il segretario della Cei è tornato sulle motivazioni della sentenza che ha visto l'assoluzione dell'ex Cav e ha sottolineato: "Tutte le volte in cui c'è un'assoluzione bisogna andare a leggere le motivazioni, se un fatto è legale non è detto che sia morale"
ROMA - Il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino si schiera con il quotidiano dei vescovi Avvenire nella vicenda processuale che ha visto l'assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby: "Avvenire ha preso una posizione coraggiosa che va sostenuta e confermata" ha detto Galantino, che poi ha aggiunto: "La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro".
Il direttore del quotidiano dei vescovi Marco Tarquinio ha scritto in un editoriale che "l'esito penale favorevole a Berlusconi non cancella il rilievo istituzionale e morale" e aggiunge che "un'assoluzione con le motivazioni sinora conosciute non coincide con un diploma di benemerenza politica e di approvazione morale". Non è la prima volta che la Cei prende posizione contro alcuni comportamenti dell'ex premier. Nel settembre 2011 l'allora segretario della Cei Angelo Bagnasco aveva parlato di "comportamenti contrari al pubblico costume e alla sobrietà richiesta dalla stessa Costituzione", riferendosi all'art. 54 della Carta che impone ai funzionari pubblici di "adempiere con disciplina e onore" a ogni pubblico ufficio. E aveva definito tali stili di vita come "difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica".
L
La Grecia pronta a sequestrare i beni tedeschi: "Non paga i danni di guerra"
MILANO - La Grecia minaccia di sequestrare il Goethe Institut di Atene per rivalersi dei danni di guerra dell'era nazista. All'alba di oggi, il governo Tsipras ha approvato la creazione di un Comitato per domandare a Berlino il risarcimento per l'invasione tedesca durante la seconda guerra mondiale. Il ministro alla giustizia Nikos Paraskevopoulos ha confermato subito dopo di essere pronto in qualsiasi momento a firmare un decreto per sbloccare una decisione dell'Alta corte ellenica del 2000 che dava il via libera alla confisca di proprietà della Germania sul suolo nazionale. Nel mirino, secondo fonti vicine al dicastero, ci sarebbero appunto la sede del Goethe Institut ad Atene e Salonicco e la scuola tedesca della capitale.
"La Germania usa tutti i trucchi legali possibili per non onorare i suoi debiti legati al secondo conflitto mondiale - ha detto in Parlamento il premier Alexis Tsipras -. E' una questione delicata, lo sappiamo, ma è nostro dovere affrontarla per il rispetto di tutti i greci e di tutti gli Europei che hanno dato la vita per combattere il nazismo". Berlino sostiene da anni di aver saldato tutti i conti "economici" contratti con le invasioni del terzo reich con i risarcimenti garantiti nel 1960. Trasformati in saldi "tombali" grazie a un accordo del '90 dopo la riunificazione. "Per noi la questione è politicamente e giuridicamente chiusa", ha ribadito oggi il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert, in conferenza stampa a Berlino, rispondendo alle domande sulle rivendicazioni di Alexis Tsipras.
Atene dice il contrario, ribattendo in punta di diritto che non si tratta di intese definitive e una Commissione ha fissato nel 2013 in 162 miliardi il saldo che i tedeschi dovrebbero versare alla Grecia. Quanto basterebbe per cancellare metà del debito. Polemiche che in questi giorni, visto il clima sull'asse tra i due paese, sono ancor più roventi.
L'Alta Corte del Partenone aveva stabilito nel 2000 che gli eredi delle vittime dell'eccidio di Distomo (dove le truppe naziste hanno trucidato 218 civili nel 1944) avevano diritto a un risarcimento di 28 milioni. Nel 2000 l'allora ministro della Giustizia aveva firmato un decreto immediato per mettere le mani sui beni tedeschi in Grecia. Ma due giorni dopo, appena Berlino dette l'ok all'ingresso del paese nell'euro, fece una rapida retromarcia. Il tema dei risarcimenti di guerra torna ora a essere utilizzato come strumento negoziale su un tavolo dove gli interessi, in realtà, sono altri. "Malgrado gli evidenti ostacoli io sono pronto a mettere la mia firma di nuovo sulla decisione dei tribunali - ha detto Paraskevopoulos -. Capisco che dovremo parlare con la Germania della cosa, ma vado avanti"
da:
http://www.repubblica.it/economia/2015/03/11/news/la_grecia_pronta_a_sequestrare_i_beni_tedeschi_non_paga_i_danni_di_guerra_-109271057/?ref=HREC1-1
E li pagasse questi maledetti danni di guerra!
"La Germania usa tutti i trucchi legali possibili per non onorare i suoi debiti legati al secondo conflitto mondiale - ha detto in Parlamento il premier Alexis Tsipras -. E' una questione delicata, lo sappiamo, ma è nostro dovere affrontarla per il rispetto di tutti i greci e di tutti gli Europei che hanno dato la vita per combattere il nazismo". Berlino sostiene da anni di aver saldato tutti i conti "economici" contratti con le invasioni del terzo reich con i risarcimenti garantiti nel 1960. Trasformati in saldi "tombali" grazie a un accordo del '90 dopo la riunificazione. "Per noi la questione è politicamente e giuridicamente chiusa", ha ribadito oggi il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert, in conferenza stampa a Berlino, rispondendo alle domande sulle rivendicazioni di Alexis Tsipras.
Atene dice il contrario, ribattendo in punta di diritto che non si tratta di intese definitive e una Commissione ha fissato nel 2013 in 162 miliardi il saldo che i tedeschi dovrebbero versare alla Grecia. Quanto basterebbe per cancellare metà del debito. Polemiche che in questi giorni, visto il clima sull'asse tra i due paese, sono ancor più roventi.
L'Alta Corte del Partenone aveva stabilito nel 2000 che gli eredi delle vittime dell'eccidio di Distomo (dove le truppe naziste hanno trucidato 218 civili nel 1944) avevano diritto a un risarcimento di 28 milioni. Nel 2000 l'allora ministro della Giustizia aveva firmato un decreto immediato per mettere le mani sui beni tedeschi in Grecia. Ma due giorni dopo, appena Berlino dette l'ok all'ingresso del paese nell'euro, fece una rapida retromarcia. Il tema dei risarcimenti di guerra torna ora a essere utilizzato come strumento negoziale su un tavolo dove gli interessi, in realtà, sono altri. "Malgrado gli evidenti ostacoli io sono pronto a mettere la mia firma di nuovo sulla decisione dei tribunali - ha detto Paraskevopoulos -. Capisco che dovremo parlare con la Germania della cosa, ma vado avanti"
da:
http://www.repubblica.it/economia/2015/03/11/news/la_grecia_pronta_a_sequestrare_i_beni_tedeschi_non_paga_i_danni_di_guerra_-109271057/?ref=HREC1-1
E li pagasse questi maledetti danni di guerra!
L’Italia accusa la Germania di opporsi al “Made in”
da:http://it.fashionmag.com/news/L-Italia-accusa-la-Germania-di-opporsi-al-Made-in-,470312.html#utm_source=newsletter&utm_medium=email
Dopo dieci anni di battaglie infruttuose e vane, la moda italiana dà sfogo al suo risentimento sul delicato tema del “Made in”. In occasione della presentazione del bilancio 2014 per il comparto del tessile-abbigliamento, Claudio Marenzi, il presidente di SMI-Sistema Moda Italia, l'associazione degli imprenditori del settore, ha espresso la sua amarezza alla stampa, accusando la Germania di bloccare ogni tentativo volto a rendere obbligatoria l'etichettatura d'origine per i prodotti commercializzati nel mercato dell'Unione Europea.“E' da più di un mese che cerco disperatamente di ottenere un appuntamento con la mia omologa tedesca (Ingeborg Neumann, che dirige la Gesamtverband, ndr.) per discutere di questo tema, ma lei continua a posticipare il nostro incontro”, critica Claudio Marenzi.
L’Europa è la sola regione in cui l'etichettatura d'origine non è obbligatoria, mentre lo è nei principali mercati concorrenti dell'UE. Stati Uniti e Cina, per esempio, già da molto tempo applicano sul proprio territorio una norma che stabilisce la denominazione di origine per i prodotti manufatti provenienti dall'estero. L'Unione Europea, invece, non offre questa garanzia ai consumatori. E sono in particolare la Germania e i Paesi del Nord Europa ad opporsi all'adozione di tale regolamento.
“Il settore del tessile-abbigliamento in Italia ha perso 96.000 posti di lavoro tra il 2008 e il 2013, un terzo dei quali direttamente a causa di questa situazione, vale a dire circa 30.000 impieghi che potrebbero essere ricreati se il regolamento del “Made in” fosse reso obbligatorio in Italia e in Europa”, stima il presidente di SMI, che è anche il proprietario del marchio di piumini Herno.
“Io applico già questa regola nella mia azienda, distinguendo bene, sulle etichette del mio brand, il 70% di prodotti Made in Italy e il 30% Made in Romania che realizzo. Il mercato non mi ha mai penalizzato per questo. Al contrario, questa trasparenza mi ha dato credibilità. Se si vuole avere un prezzo competitivo su alcuni prodotti, non si può fare a meno di produrre altrove, i clienti lo capiscono. Tutto questo oggi rientra nell'ambito della normalità”, spiega.
Alla fine, la delusione più grande per i produttori italiani del mondo della moda è venuta soprattutto dall'attuale governo, che accusano di non averli adeguatamente e sufficientemente sostenuti in questa battaglia (vedi lo sterile semestre italiano di presidenza europea della seconda metà del 2014, che non ha portato nessun risultato veramente apprezzabile e degno di questo nome).
Dopo dieci anni di battaglie infruttuose e vane, la moda italiana dà sfogo al suo risentimento sul delicato tema del “Made in”. In occasione della presentazione del bilancio 2014 per il comparto del tessile-abbigliamento, Claudio Marenzi, il presidente di SMI-Sistema Moda Italia, l'associazione degli imprenditori del settore, ha espresso la sua amarezza alla stampa, accusando la Germania di bloccare ogni tentativo volto a rendere obbligatoria l'etichettatura d'origine per i prodotti commercializzati nel mercato dell'Unione Europea.“E' da più di un mese che cerco disperatamente di ottenere un appuntamento con la mia omologa tedesca (Ingeborg Neumann, che dirige la Gesamtverband, ndr.) per discutere di questo tema, ma lei continua a posticipare il nostro incontro”, critica Claudio Marenzi.
L’Europa è la sola regione in cui l'etichettatura d'origine non è obbligatoria, mentre lo è nei principali mercati concorrenti dell'UE. Stati Uniti e Cina, per esempio, già da molto tempo applicano sul proprio territorio una norma che stabilisce la denominazione di origine per i prodotti manufatti provenienti dall'estero. L'Unione Europea, invece, non offre questa garanzia ai consumatori. E sono in particolare la Germania e i Paesi del Nord Europa ad opporsi all'adozione di tale regolamento.
“Il settore del tessile-abbigliamento in Italia ha perso 96.000 posti di lavoro tra il 2008 e il 2013, un terzo dei quali direttamente a causa di questa situazione, vale a dire circa 30.000 impieghi che potrebbero essere ricreati se il regolamento del “Made in” fosse reso obbligatorio in Italia e in Europa”, stima il presidente di SMI, che è anche il proprietario del marchio di piumini Herno.
“Io applico già questa regola nella mia azienda, distinguendo bene, sulle etichette del mio brand, il 70% di prodotti Made in Italy e il 30% Made in Romania che realizzo. Il mercato non mi ha mai penalizzato per questo. Al contrario, questa trasparenza mi ha dato credibilità. Se si vuole avere un prezzo competitivo su alcuni prodotti, non si può fare a meno di produrre altrove, i clienti lo capiscono. Tutto questo oggi rientra nell'ambito della normalità”, spiega.
Alla fine, la delusione più grande per i produttori italiani del mondo della moda è venuta soprattutto dall'attuale governo, che accusano di non averli adeguatamente e sufficientemente sostenuti in questa battaglia (vedi lo sterile semestre italiano di presidenza europea della seconda metà del 2014, che non ha portato nessun risultato veramente apprezzabile e degno di questo nome).
Allarme di Lagarde: "Sessismo sul lavoro c’è un complotto contro le donne"
La direttrice del Fondo monetario: “In troppi paesi le restrizioni legali cospirano per impedirci di essere economicamente attive”
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPININEW YORK. Una delle donne più potenti del mondo, Christine Lagarde, alla guida del Fondo monetario internazionale, usa un linguaggio battagliero: "C'è una cospirazione contro le donne". Dall'alto della più potente organizzazione economica internazionale, quell'Fmi che fa tremare governi indebitati di mezzo mondo, la sua direttrice generale rivela un animo femminista, più radicale di quanto si credesse. "In troppi Paesi - scrive la Lagarde nel suo blog - le restrizioni legali cospirano contro le donne per impedirci di essere economicamente attive. In un mondo che ha tanto bisogno di crescita, le donne possono dare un contributo, se solo hanno di fronte a sé delle pari opportunità, invece di una insidiosa congiura". Parole pesanti: cospirazione, congiura, che altre volte sono state usate in ben altro contesto, e spesso a proposito dell'Fmi.Dai paesi del Terzo mondo costretti negli anni Ottanta a digerire amare terapie di austerity, fino alla Grecia di oggi, spesso le teorie del complotto sono state applicate proprio agli interventi dell'Fmi. In quanto a Lagarde, che fu ministro dell'Economia in Francia sotto la presidenza Sarkozy, deve il suo posto attuale a un'altra "presunta congiura", quella che secondo alcuni socialisti silurò Dominique Strauss-Kahn da quel posto. Complotti o meno, DSK è diventato un simbolo di arroganza maschile, di sete del potere che si accompagna ad appetiti sessuali smisurati. Lagarde ha portato nell'austera istituzione di Washington un nuovo stile, elegante e sobrio. Uno stile che include piccoli gesti simbolici, come quel suo esibire orgogliosamente i capelli bianchissimi. Niente tinta, una donna non deve essere schiava delle apparenze e dei diktat d'immagine.
Poche ora prima, un'altra donna, Patricia Arquette, ha pronunciato il discorso più politico nella notte degli Oscar, in difesa di tutte le donne. Arquette ha ricevuto il premio per il suo ruolo in Boyhood dove recita una madre single, impegnata a educare i propri figli tra mille difficoltà, anche economiche.L'appello di Patricia è stato vibrante di passione. "Ad ogni donna che ha partorito un figlio, a ogni mamma-contribuente, e cittadina: abbiamo lottato per la parità di diritti di tutti gli altri. Ora tocca a noi. È ora di ottenere la parità dei salari una volta per tutte, per le donne americane".
L'ultima uscita della Lagarde è motivata da uno studio importante. Il Fmi ha appena sfornato un'imponente ricerca sui danni del sessismo. "In più di 40 nazioni, tra cui molte ricche e avanzate, si perde più del 15% della ricchezza potenziale, per effetto delle discriminazioni contro le donne", sentenzia la ricerca. Si va dal 5% di Pil "perduto" negli Stati Uniti, al 9% in Giappone, fino a punte del 34% in Egitto. L'Italia? Si colloca in una fascia alta... cioè arretrata. Il 15% del Pil potenziale non viene realizzato in Italia, a causa delle discriminazioni contro le donne. Il triplo del danno economico americano, è quello provocato dalle discriminazioni contro le italiane.
Le conclusioni dell'Fmi vengono a corroborare altri studi, tra i quali spicca il lavoro del premio Nobel per l'economia Amartya Sen: uno dei più tenaci nel denunciare il fatto che il sessismo "ci impoverisce tutti". Come sostiene Lagarde, i paesi che privano le donne di opportunità s'impoveriscono, rinunciano a dinamismo e benessere. I casi estremi sono quelle nazioni dove legislazioni arcaiche vietano alle donne alcune professioni, le escludono dai diritti di proprietà, subordinano le loro decisioni economiche al consenso dei mariti o dei padri. Ma anche l'Occidente industrializzato soffre di un divario persistente. Non abbiamo così tante donne imprenditrici o scienziate, quante potrebbero essercene se "il campo di gioco" fosse orizzontale, livellato, uguale per tutti.
Novemila miliardi di dollari all'anno, è la ricchezza non realizzata per effetto di tutte quelle donne e ragazze che devono accontentarsi di un piano B, di una soluzione di ripiego, rispetto al loro talento. Paesi avanzati come gli Stati Uniti continuano a registrare un divario retributivo sistematico: a parità di competenza e di qualifica, di mansione e di responsabilità, una donna guadagna l'85% del suo collega maschio. Un test americano recente ha dimostrato che il capo del personale di un'azienda, di fronte al curriculum, vitae di due candidati, "premia" automaticamente il maschio. Lagarde oltre alla denuncia ha fatto una previsione e un augurio: "Il 2016 sarà l'anno di una donna presidente degli Stati Uniti". Hillary più Angela più Christine, sarebbe un G-3 capace di cambiare gli equilibri?
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