Riforma del lavoro, Ranci : "I veri perdenti sono ancora una volta le partite Iva" di Michael Pontrelli.
Da http://notizie.tiscali.it/articoli/interviste/12/06/intervista_ranci_partite_iva.html
Una indagine condotta da Costanzo Ranci, sociologo economico del Politecnico di Milano, ha messo in evidenza che in Italia il numero delle partite Iva individuali è pari a 5,7 milioni.
Un esercito di lavoratori di cui si parla relativamente poco se non per mettere in evidenza che si tratta di un’area caratterizzata da una forte evasione fiscale.
La realtà fatta emergere da Ranci nella sua analisi è invece molto più complessa.
Affianco ad un ristretto numero di imprenditori e liberi professionisti benestanti e privilegiati esiste un grandissimo numero di lavoratori che vivono sulla soglia della povertà e che soffrono più di qualsiasi altra categoria professionale gli effetti della crisi economica in corso.
La riforma del lavoro del governo Monti, nonostante le intenzioni sbandierate dal ministro al Welfare Elsa Fornero, anziché aiutare le partite Iva rende loro la vita ancora più difficile e stimola la tendenza al sommerso che paradossalmente lo Stato vuole combattere.
Abbiamo parlato di questi aspetti con l’autore dell’indagine.
Professore, iniziamo dalla composizione di questo esercito di lavoratori autonomi. Chi sono?
“La categoria è cambiata nel tempo. Mentre fino agli anni ’90 la metà delle partite Iva era costituita da commercianti e artigiani con bassa qualificazione oggi questa parte rappresenta solamente un terzo del totale mentre per il 50% dei casi si tratta di professionisti laureati”.
In quali settori professionali sono particolarmente diffuse?
“Si sono affermate nei servizi avanzati più recenti come il settore informatico, la grafica e la comunicazione, la consulenza, l'intermediazione finanziaria e immobiliare".
Sono persone che hanno deciso di aprire una partita Iva perché non sono riuscite a trovare un lavoro dipendente o perché hanno voluto fare questa scelta?
“Nella maggioranza dei casi si tratta di persone che hanno una vocazione precisa per il lavoro autonomo. Perciò direi che si tratta di una scelta voluta soprattutto tra le giovani generazioni. Inoltre, a differenza del passato, la crisi delle aziende non sta alimentando la nascita di nuovi lavoratori autonomi. Questo processo si è verificato in Italia nelle crisi economiche precedenti, soprattutto al Nord. L’esternalizzazione di processi da parte delle imprese ha favorito la nascita di nuove partite Iva. I dati a disposizione dimostrano invece che questo fenomeno non si sta verificando nella crisi odierna. Recentemente il numero di lavoratori autonomi si è ridotto maggiormente rispetto alla perdita di posti di lavoro dipendente, perciò questo universo produttivo non sta più svolgendo il ruolo di ammortizzatore sociale che ha svolto nel passato”.
Dal punto di vista economico come stanno?
“Si tratta di un universo polarizzato. Da un lato esiste una categoria di imprenditori e liberi professionisti benestanti e privilegiati. Si tratta, a dire il vero, di un gruppo numericamente limitato rispetto al totale complessivo. Dall'altro lato esiste poi un grandissimo numero di lavoratori autonomi che invece hanno un reddito molto vicino alla linea di povertà. I dati evidenziano che si tratta del 27% del totale. Per i lavoratori dipendenti il dato è pari invece al 14%. Inoltre all’interno delle partite Iva non tutte godono di un effettiva autonomia lavorativa. Molte di loro sono solo teoricamente indipendenti". Si riferisce a quelle che di fatto svolgono un lavoro subordinato?
“Non solo. Le false partite Iva, ovvero i lavoratori dipendenti non assunti regolarmente dai datori di lavoro, sono all’incirca 280 mila, poco meno del 5% del totale. E’ molto più diffuso invece il caso delle partite Iva mono committente. Questi lavoratori di fatto hanno vincoli e non godono di completa autonomia relativamente al luogo di lavoro e/o ai tempi di lavoro. Questa area grigia a cavallo tra il lavoro dipendente e quello autonomo è vastissima ed esclusi gli imprenditori rappresentano la metà delle restanti partite Iva, circa un terzo dei 5.7 milioni di lavoratori autonomi esistenti”.
Il ministro Fornero prima di varare la riforma del lavoro aveva promesso di migliorare il welfare dei lavoratori autonomi. Ormai la riforma è giunta al traguardo. Come sono cambiate le cose per le partite Iva?
“Nonostante i proclami del ministro la verità è che sono cambiate in peggio. La riforma prevede un aumento della contribuzione previdenziale dal 27% al 33%. L’intento è quello di aumentare l'entità dell’assegno pensionistico ma per le partite Iva questo non si traduce in un vantaggio ma in un danno”.
Perché?
“Perché i maggiori contributi non sono pagati da un datore di lavoro ma direttamente dai lavoratori autonomi e questo comporta una perdita di reddito disponibile. Per le migliaia di partite Iva che vivono sul filo della sopravvivenza potrebbe essere un colpo mortale. Inoltre i lavoratori autonomi hanno un concetto diverso della pensione rispetto ai lavoratori dipendenti. Un autonomo non pensa di smettere di lavorare raggiunta una certa età ma spera di poter lasciare l’attività a un figlio e affiancare quest’ultimo fino a quando è in grado di lavorare. Perciò la riforma del welfare introdotta dalla Fornero per gli autonomi rappresenta un danno e non un vantaggio e rischia di far crescere enormemente il sommerso che paradossalmente lo Stato vuole ridurre. Per cui da un lato si annuncia una crociata contro l’evasione fiscale dall’altra invece si prendono provvedimenti che potenzialmente la incentivano”.
Ma di quale riforma del welfare avrebbero bisogno le partite Iva?
“Il provvedimento più urgente sarebbe sicuramente l’introduzione di un reddito di cittadinanza che esiste in tutta Europa tranne che in Grecia. In Italia gli ammortizzatori sociali esistono solo per chi perde il lavoro dipendente. Una partita Iva costretta a chiudere la propria attività non gode di nessuna forma di aiuto. Il reddito di cittadinanza tutelerebbe anche i lavoratori autonomi che a causa di forza maggiore sono costretti a chiudere la loro attività”.
Una riforma del genere, pur se giustissima, avrebbe però dei costi che lo Stato italiano al momento non è in grado di sostenere.
“E’ vero. Servirebbe infatti un grande patto tra lo Stato e il mondo del lavoro autonomo. Da un lato le partite Iva dovrebbero ridurre il fenomeno dell’evasione fiscale che oggettivamente esiste, dall’altro lo Stato dovrebbe estendere anche a loro le forme di welfare oggi previste solo per il mondo del lavoro dipendente”.
This is the fashion blog of Stilinga, a fashion designer who works from home. She is from Rome, Italy and she writes about trends, things she loves to do in Rome and art. Questo è il fashion blog, e non solo, di stilinga (una stilista che lavora da casa - è una stilista-casalinga) e che spesso tra una creazione di moda e l'altra, tra ricerche e fiere, si occupa anche del suo quotidiano e del contesto in cui vive.
"L'esodato innamurato" by Fiorello
Fiorello canta "L'esodato innamorato"
Andato in onda il: 21/06/2012
Registrato con un cellulare a un evento privato a Torino e caricato su YouTube: ecco il video di Fiorello sugli esodati e la Fornero.
Le parole:
STO LONTANO DAL LAVORO A ME PENSA LA FORNERO
NIENTE VOGLIO NIENTE SPERO MO' LAVORO TUTTO QUANTO A NERO
...LA CCHIU' BELLA 'E TUTTE E BELLE LA PENSIONE MIA DOV'E'
OHI VITA OHI VITA MIA DA QUANDO C'E' LA FORNERO
NON TENGO CCHIU' DINERO MO' SENZA SOLDI PROVA A STARCI TU
OHI VITA OHI VITA MIA DA QUANDO C'E' LA FORNERO
NON TENGO MANCO UN DINERO
MO' SENZA SOLDI PROVA A STARCI TU
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-6987dca6-42c2-4dd3-b69f-85d060645347-tg1.html
Andato in onda il: 21/06/2012
Registrato con un cellulare a un evento privato a Torino e caricato su YouTube: ecco il video di Fiorello sugli esodati e la Fornero.
Le parole:
STO LONTANO DAL LAVORO A ME PENSA LA FORNERO
NIENTE VOGLIO NIENTE SPERO MO' LAVORO TUTTO QUANTO A NERO
...LA CCHIU' BELLA 'E TUTTE E BELLE LA PENSIONE MIA DOV'E'
OHI VITA OHI VITA MIA DA QUANDO C'E' LA FORNERO
NON TENGO CCHIU' DINERO MO' SENZA SOLDI PROVA A STARCI TU
OHI VITA OHI VITA MIA DA QUANDO C'E' LA FORNERO
NON TENGO MANCO UN DINERO
MO' SENZA SOLDI PROVA A STARCI TU
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Ma l'Atac di Roma che problemi ha?
Sono giorni caldi quelli che viviamo a Roma e anche essere costretti a muoversi per la città, può diventare un trauma senza soluzione: poche corse di bus, nessun riparo dal sole, casini infiniti sulla metro B e B1 ed il tutto al prezzo di 1,50€ a biglietto per tratta di 100 minuti.
Si paga per essere trattati male e per essere umiliati.
Stilinga si chiede quanto sia grave la situazione all'Atac, altrimenti la gente non aspetterebbe oltre 40 minuti il bus e non ci metterebbe più di due ore, per esempio di domenica (giornata notoriamente abbandonata dal servizio pubblico) per coprire tratti ridicolmente vicini.
Ma è proprio vero, anche prendere l'autobus a Roma è un'avventura ricca di risvolti non proprio felici.
Allora Stilinga propone un referendum, una petizione: che tutti i politici italiani usino i mezzi pubblici, quindi solo autobus, tram e metro, per muoversi e vediamo se poi le cose funzionano!
Si paga per essere trattati male e per essere umiliati.
Stilinga si chiede quanto sia grave la situazione all'Atac, altrimenti la gente non aspetterebbe oltre 40 minuti il bus e non ci metterebbe più di due ore, per esempio di domenica (giornata notoriamente abbandonata dal servizio pubblico) per coprire tratti ridicolmente vicini.
Ma è proprio vero, anche prendere l'autobus a Roma è un'avventura ricca di risvolti non proprio felici.
Allora Stilinga propone un referendum, una petizione: che tutti i politici italiani usino i mezzi pubblici, quindi solo autobus, tram e metro, per muoversi e vediamo se poi le cose funzionano!
Le Teste Calde: un marchio per copricapi d'autore
Stilinga ha intervistato le due menti de Le Teste Calde, marchio romano specializzato in copricapi realizzati a mano con i materiali più vari.
Stilinga: Le Teste Calde… che nome divertente, come è nata quest’idea?
Le Teste Calde: cercavamo un nome che avesse un “carattere” e LeTeste Calde rende l’idea, descrive la nostra personalità,ed identifica la parte del corpo che i nostri accessori vestono.
Stilinga: Chi sono le Teste Calde? E come e quando è nata la vostra passione per la moda?
LTC: Moda?? Mai interessato molto della moda! Noi non l’abbiamo mai seguita e tantomeno i suoi clichè. Piuttosto seguiamo il nostro stile, poi se la moda ci vuole seguire, faccia pure…a noi certo non dispiace.
Stilinga: come e dove vi siete incontrate?
LTC: La sartoria teatrale dove abbiamo lavorato per quasi un decennio, ci ha dato la possibilità di incontrarci, svelandoci il meraviglioso mondo dei cappelli nell’ambito teatrale e cinematografico e lì siamo divenute amiche e ora socie.
Stilinga: come create una collezione nuova? Come vi dividete il lavoro? C’è chi crea e chi produce oppure entrambi partecipate a tutte le fasi?
LTC: ci piace lavorare con materiali differenti, quasi sperimentali e il teatro, a differenza delle “collezioni del the delle cinque”, ci ha rafforzato le ossa. Non ci siamo mai divise i ruoli, entrambe partecipiamo, sia con la mente che con le mani, a qualsiasi parte di un progetto, qualsiasi esso sia.
Stilinga: siete maggiormente interessate alla moda, allo stile o al costume?
LTC: Il nostro grande amore è il costume, poterci sbizzarrire tra piume e paillettes ci entusiasma sempre, per questo prediligiamo lavorare con drag queens, e poi in ambito teatrale, cinematografico e per spettacoli di burlesque.
Stilinga: quali sono le difficoltà che avete incontrato durante il vostro percorso lavorativo?
LTC: trovare contesti dove si possa lavorare liberamente e serenamente … bisogna anche ingegnarsi a seguire le “lune” dei committenti, che spesso presi dal genio,cercano di dimenarsi tra attacchi d’ansia e crisi isteriche.
Ecco, noi ad evitarli, siamo diventate bravissime.Un’altra enorme difficoltà sono i budgets, sempre più ridotti, dovuti anche ai gravi tagli inferti allo spettacolo.
Stilinga: dove trovate l'ispirazione per creare?
LTC: come diceva Monicelli … anche quando guardiamo fuori dalla finestra, stiamo lavorando. Prendiamo ispirazione sempre e ovunque, anche dai sogni, mentre dormiamo..
Stilinga: a quale progetto state lavorando attualmente?
LTC: Il nostro progetto principale è di lavorare senza svenderci o piegarci ai dettami della moda, ma invece al contrario di portare avanti il nostro stile (anche) di vita quindi più strass e meno stress.
Stilinga: che obiettivi avete nella vostra carriera?
LTC: Non smettere mai d’imparare, riuscire a mantenere la passione e l’entusiasmo per il nostro lavoro. Continuare a sperimentare nuovi materiali e trovare nuove esperienze lavorative magari con collaborazioni stimolanti.
Stilinga: cosa pensate del fatto a mano? Credete nel ritorno al fatto su misura, su richiesta e a prodotti di alta qualità?
LTC: La massa implora la fast fashion ma per lo stile e l’alta qualità il “fatto a mano” è un dogma.
Per quanto riguarda il nostro lavoro, la scelta praticamente non c’è: la particolarità della committenza ci obbliga all’esclusività del fatto a mano.
Ci capita spesso, lavorando per il mondo dello spettacolo, di seguire bozzetti pensati e fatti su un soggetto preciso, con esigenze sceniche ben definite che determinano la scelta di un materiale piuttosto che di un altro.
Stilinga: che cosa pensate dei prodotti moda industrializzati?
LTC: …No Comment !
Stilinga: volete elencare i siti web dove il vostro marchio è presente?
LTC: Con molto piacere: http://letestecalde.jimdo.com/le-nostre-creazioni/
il nostro sito dove conoscere un po’ più di noi e dei i vari lavori fatti per vari eventi.
E il nostro shop on line su Blomming : http://www.facebook.com/pages/LeTeste-Calde/120774841387001?sk=app_144228972310103
Stilinga: Le Teste Calde… che nome divertente, come è nata quest’idea?
Le Teste Calde: cercavamo un nome che avesse un “carattere” e LeTeste Calde rende l’idea, descrive la nostra personalità,ed identifica la parte del corpo che i nostri accessori vestono.
Stilinga: Chi sono le Teste Calde? E come e quando è nata la vostra passione per la moda?
LTC: Moda?? Mai interessato molto della moda! Noi non l’abbiamo mai seguita e tantomeno i suoi clichè. Piuttosto seguiamo il nostro stile, poi se la moda ci vuole seguire, faccia pure…a noi certo non dispiace.
Stilinga: come e dove vi siete incontrate?
LTC: La sartoria teatrale dove abbiamo lavorato per quasi un decennio, ci ha dato la possibilità di incontrarci, svelandoci il meraviglioso mondo dei cappelli nell’ambito teatrale e cinematografico e lì siamo divenute amiche e ora socie.
Stilinga: come create una collezione nuova? Come vi dividete il lavoro? C’è chi crea e chi produce oppure entrambi partecipate a tutte le fasi?
LTC: ci piace lavorare con materiali differenti, quasi sperimentali e il teatro, a differenza delle “collezioni del the delle cinque”, ci ha rafforzato le ossa. Non ci siamo mai divise i ruoli, entrambe partecipiamo, sia con la mente che con le mani, a qualsiasi parte di un progetto, qualsiasi esso sia.
Stilinga: siete maggiormente interessate alla moda, allo stile o al costume?
LTC: Il nostro grande amore è il costume, poterci sbizzarrire tra piume e paillettes ci entusiasma sempre, per questo prediligiamo lavorare con drag queens, e poi in ambito teatrale, cinematografico e per spettacoli di burlesque.
Stilinga: quali sono le difficoltà che avete incontrato durante il vostro percorso lavorativo?
LTC: trovare contesti dove si possa lavorare liberamente e serenamente … bisogna anche ingegnarsi a seguire le “lune” dei committenti, che spesso presi dal genio,cercano di dimenarsi tra attacchi d’ansia e crisi isteriche.
Ecco, noi ad evitarli, siamo diventate bravissime.Un’altra enorme difficoltà sono i budgets, sempre più ridotti, dovuti anche ai gravi tagli inferti allo spettacolo.
Stilinga: dove trovate l'ispirazione per creare?
LTC: come diceva Monicelli … anche quando guardiamo fuori dalla finestra, stiamo lavorando. Prendiamo ispirazione sempre e ovunque, anche dai sogni, mentre dormiamo..
LTC: Il nostro progetto principale è di lavorare senza svenderci o piegarci ai dettami della moda, ma invece al contrario di portare avanti il nostro stile (anche) di vita quindi più strass e meno stress.
Stilinga: che obiettivi avete nella vostra carriera?
LTC: Non smettere mai d’imparare, riuscire a mantenere la passione e l’entusiasmo per il nostro lavoro. Continuare a sperimentare nuovi materiali e trovare nuove esperienze lavorative magari con collaborazioni stimolanti.
Stilinga: cosa pensate del fatto a mano? Credete nel ritorno al fatto su misura, su richiesta e a prodotti di alta qualità?
LTC: La massa implora la fast fashion ma per lo stile e l’alta qualità il “fatto a mano” è un dogma.
Per quanto riguarda il nostro lavoro, la scelta praticamente non c’è: la particolarità della committenza ci obbliga all’esclusività del fatto a mano.
Ci capita spesso, lavorando per il mondo dello spettacolo, di seguire bozzetti pensati e fatti su un soggetto preciso, con esigenze sceniche ben definite che determinano la scelta di un materiale piuttosto che di un altro.
Stilinga: che cosa pensate dei prodotti moda industrializzati?
LTC: …No Comment !
Stilinga: volete elencare i siti web dove il vostro marchio è presente?
LTC: Con molto piacere: http://letestecalde.jimdo.com/le-nostre-creazioni/
il nostro sito dove conoscere un po’ più di noi e dei i vari lavori fatti per vari eventi.
E il nostro shop on line su Blomming : http://www.facebook.com/pages/LeTeste-Calde/120774841387001?sk=app_144228972310103
Ministro Fornero e l'ossessione del lavoro manuale
L’ossessione del lavoro manuale (di Francesca Coin) da www.ilfattoquotidiano.it del 06.06.2012
IL FALSO MITO
Si dice che, qualche giorno fa, in visita alla piazza dei Mestieri, a Torino, il ministro del Welfare Elsa Fornero abbia incontrato gli studenti della scuola professionale di via Durandi nei laboratori di panetteria e pasticceria. E che, con sensibilità e partecipazione, si sia intrattenuta nelle cucine colpita dall'intraprendenza culinaria delle studenti. Certo, magari non tutti (o tutte) gradiscono l'entusiasmo del tecnico Fornero per l'agilità delle ventenni in cambusa. Fatto sta che alla fine della visita, mentre la pasta lievitava e le frittate facevano le capriole, il ministro ha incoraggiato le studenti così: “Imparare un mestiere, una professione, oggi è importante”, ha detto. “Non è detto che tutti debbano avere una laurea, magari di malavoglia” [...]. “Questa è una scuola che recupera molto in questo senso, [...] e quindi tanto di cappello” .
Era da un po' che non ascoltavamo una frase così. Come è noto la scarsa commestibilità della cultura era uno dei principali crucci del vecchio governo. Basta con le lauree inutili, ripeteva Mariastella Gelmini. I giovani hanno “l'intelligenza nelle mani”, assicurava l'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. “È meglio un carrozziere che un laureato in nulla”, continuava il sociologo Giuseppe De Rita.
“A che serve pagare uno scienziato quando facciamo le scarpe più belle del mondo?”, cantava sorridente l'ex presidente del Consiglio.
Se l'allergia all'istruzione era un tratto distintivo del vecchio governo, nessuno si sarebbe atteso dal governo dei professori la stessa freddezza.
E invece le parole del ministro Fornero esplicitano ciò che da mesi era chiaro: che vi è un'infelice continuità nelle politiche degli ultimi due governi in tema di istruzione e di investimento in ricerca e sviluppo, al punto che, a meno di un repentino cambio di rotta, il paese rischia di regredire in entrambi i settori a livello del Sud del mondo.
Facciamo un passo indietro. Basta sfogliare il rapporto Ocse Education at a Glance 2011 e l'ultimo rapporto Almalaurea per convincersi della gravità del problema.
L'Italia è uno dei paesi occidentali con il minor numero di laureati, e quei pochi che ci sono sono già troppi per il mercato italiano.
Pare una contraddizione e invece è un dato importante, perché la contrazione della quota di occupati ad alta specializzazione in un momento di crisi è non solo in controtendenza rispetto a quanto avviene negli altri paesi occidentali, ma è il sintomo di una struttura produttiva che affida la propria permanenza sul mercato esclusivamente alla compressione dei costi di lavoro.
Oggi i diciannovenni sono quasi il 40 per cento in meno del 1984, e purtuttavia solo il 20 per cento dei giovani tra i 23 e i 34 anni si laurea, contro il 37 per cento dei Paesi Ocse. Non solo, ma il numero degli immatricolati continua a scendere, mentre aumenta il numero dei laureati che emigra. Siamo forse così dinamici da poterci permettere di condannare le nuove generazioni all'esodo?
Ora, la crescente difficoltà occupazionale dei laureati non è un problema solo italiano.
Ne parla tutto il mondo, che la definisce “bolla formativa”, il fenomeno per cui la contrazione nel tasso occupazionale è andata di pari passo con la crescita diffusa della generazione più istruita della storia.
Ottima risorsa in un momento di crisi, verrebbe da dire.
Fatto sta che mentre l'unico caposaldo politico condiviso da Washington a Berlino è la necessità d'investire in istruzione come vettore della ripresa sociale, in Italia si è scelta una strada originale.
Se guardiamo ai dati Ocse rielaborati dal Ceris nel rapporto Scienza e tecnologia in cifre, vediamo, infatti, che l'Italia è penultima nella spesa per ricerca e sviluppo rispetto agli altri paesi europei, ultima quanto a personale addetto alla ricerca nelle imprese, penultima quanto a percentuale di ricercatori in rapporto al totale degli occupati, terzultima per personale ricercatore nelle università.
A fronte di una retorica sempre più asfittica di merito e innovazione, i dati Almalaurea ci dicono che nel settore privato lavora in buona parte personale che ha conseguito solo il titolo della scuola dell'obbligo, chi ha una laurea specialistica fa più fatica a trovare lavoro rispetto a chi ha una laurea triennale, e le retribuzioni reali di chi ha una laurea specialistica sono più basse rispetto alle retribuzioni reali di chi ha una laurea triennale, il contrario di ciò che la logica vorrebbe.
In tutto questo, quali sono le soluzioni? Stando alle ultime novità del ministero del Lavoro e del ministero dell'Istruzione, penso alla riforma del lavoro e alla controversa bozza di decreto sul merito, la risposta è più precarietà e meno tutele nel lavoro, più retorica e meno borse di studio nell'istruzione.
Maggiore “sinergia tra l'università e le imprese”, dunque?
Certo, ma al ribasso: minore lavoro, minori tutele e minore istruzione per tutti.
Forse la Fornero ha ragione a cantare le lodi del lavoro manuale. Spiace solo che sia l'unica prospettiva concreta che è stata in grado di offrire.
Francesca Coin (sociologa, Università di Venezia)
06 giugno 2012 - Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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IL FALSO MITO
Si dice che, qualche giorno fa, in visita alla piazza dei Mestieri, a Torino, il ministro del Welfare Elsa Fornero abbia incontrato gli studenti della scuola professionale di via Durandi nei laboratori di panetteria e pasticceria. E che, con sensibilità e partecipazione, si sia intrattenuta nelle cucine colpita dall'intraprendenza culinaria delle studenti. Certo, magari non tutti (o tutte) gradiscono l'entusiasmo del tecnico Fornero per l'agilità delle ventenni in cambusa. Fatto sta che alla fine della visita, mentre la pasta lievitava e le frittate facevano le capriole, il ministro ha incoraggiato le studenti così: “Imparare un mestiere, una professione, oggi è importante”, ha detto. “Non è detto che tutti debbano avere una laurea, magari di malavoglia” [...]. “Questa è una scuola che recupera molto in questo senso, [...] e quindi tanto di cappello” .
Era da un po' che non ascoltavamo una frase così. Come è noto la scarsa commestibilità della cultura era uno dei principali crucci del vecchio governo. Basta con le lauree inutili, ripeteva Mariastella Gelmini. I giovani hanno “l'intelligenza nelle mani”, assicurava l'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. “È meglio un carrozziere che un laureato in nulla”, continuava il sociologo Giuseppe De Rita.
“A che serve pagare uno scienziato quando facciamo le scarpe più belle del mondo?”, cantava sorridente l'ex presidente del Consiglio.
Se l'allergia all'istruzione era un tratto distintivo del vecchio governo, nessuno si sarebbe atteso dal governo dei professori la stessa freddezza.
E invece le parole del ministro Fornero esplicitano ciò che da mesi era chiaro: che vi è un'infelice continuità nelle politiche degli ultimi due governi in tema di istruzione e di investimento in ricerca e sviluppo, al punto che, a meno di un repentino cambio di rotta, il paese rischia di regredire in entrambi i settori a livello del Sud del mondo.
Facciamo un passo indietro. Basta sfogliare il rapporto Ocse Education at a Glance 2011 e l'ultimo rapporto Almalaurea per convincersi della gravità del problema.
L'Italia è uno dei paesi occidentali con il minor numero di laureati, e quei pochi che ci sono sono già troppi per il mercato italiano.
Pare una contraddizione e invece è un dato importante, perché la contrazione della quota di occupati ad alta specializzazione in un momento di crisi è non solo in controtendenza rispetto a quanto avviene negli altri paesi occidentali, ma è il sintomo di una struttura produttiva che affida la propria permanenza sul mercato esclusivamente alla compressione dei costi di lavoro.
Oggi i diciannovenni sono quasi il 40 per cento in meno del 1984, e purtuttavia solo il 20 per cento dei giovani tra i 23 e i 34 anni si laurea, contro il 37 per cento dei Paesi Ocse. Non solo, ma il numero degli immatricolati continua a scendere, mentre aumenta il numero dei laureati che emigra. Siamo forse così dinamici da poterci permettere di condannare le nuove generazioni all'esodo?
Ora, la crescente difficoltà occupazionale dei laureati non è un problema solo italiano.
Ne parla tutto il mondo, che la definisce “bolla formativa”, il fenomeno per cui la contrazione nel tasso occupazionale è andata di pari passo con la crescita diffusa della generazione più istruita della storia.
Ottima risorsa in un momento di crisi, verrebbe da dire.
Fatto sta che mentre l'unico caposaldo politico condiviso da Washington a Berlino è la necessità d'investire in istruzione come vettore della ripresa sociale, in Italia si è scelta una strada originale.
Se guardiamo ai dati Ocse rielaborati dal Ceris nel rapporto Scienza e tecnologia in cifre, vediamo, infatti, che l'Italia è penultima nella spesa per ricerca e sviluppo rispetto agli altri paesi europei, ultima quanto a personale addetto alla ricerca nelle imprese, penultima quanto a percentuale di ricercatori in rapporto al totale degli occupati, terzultima per personale ricercatore nelle università.
A fronte di una retorica sempre più asfittica di merito e innovazione, i dati Almalaurea ci dicono che nel settore privato lavora in buona parte personale che ha conseguito solo il titolo della scuola dell'obbligo, chi ha una laurea specialistica fa più fatica a trovare lavoro rispetto a chi ha una laurea triennale, e le retribuzioni reali di chi ha una laurea specialistica sono più basse rispetto alle retribuzioni reali di chi ha una laurea triennale, il contrario di ciò che la logica vorrebbe.
In tutto questo, quali sono le soluzioni? Stando alle ultime novità del ministero del Lavoro e del ministero dell'Istruzione, penso alla riforma del lavoro e alla controversa bozza di decreto sul merito, la risposta è più precarietà e meno tutele nel lavoro, più retorica e meno borse di studio nell'istruzione.
Maggiore “sinergia tra l'università e le imprese”, dunque?
Certo, ma al ribasso: minore lavoro, minori tutele e minore istruzione per tutti.
Forse la Fornero ha ragione a cantare le lodi del lavoro manuale. Spiace solo che sia l'unica prospettiva concreta che è stata in grado di offrire.
Francesca Coin (sociologa, Università di Venezia)
06 giugno 2012 - Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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Un marchio di maglieria romano molto interessante: Bumbuki's mood
Bumbuki's mood è un marchio di abbigliamento, specializzato in maglieria di qualità realizzata nel laboratorio per la moda e per il costume teatrale sito in Via Caterina Fieschi, 1/E - 00151 Roma, tel./fax 06.5343021
Stilinga ha intervistato le menti creative del marchio.
Stilinga: Bumbuki’s Mood… direi che il nome del brand è affascinante, ha un significato in particolare?
Bumbuki's mood: Sì, certo! La parola “Bumbuki” in greco moderno significa “bocciolo”, quindi “Bumbuki’s Mood” unendo greco ed inglese vuol trasmettere il concetto di “stato d’animo dello sbocciare” riferito alla nostra attività creativa ovviamente!
Stilinga: Chi sono le menti dietro Bumbuki’s mood? E come e quando è nata la vostra passione per la moda?
Bumbuki's mood: Siamo Marcello Silvestri e Luca Battaglia, Marcello ha sempre amato l’idea di poter realizzare capi di abbigliamento e lavori artistici… Luca si è accostato seriamente alla moda lasciando economia e commercio (dove studiava con scarsi risultati) e scegliendo un percorso creativo e alternativo…
Stilinga : come e dove vi siete incontrati?
Bumbuki's mood: Ci siamo conosciuti all’Accademia di Costume e di Moda di Roma dove studiavamo entrambi nel lontano 1992…
Stilinga: che tipo di formazione avete? E che esperienze?
Bumbuki's mood: Dopo la maturità abbiamo conseguito entrambi il diploma presso l’Accademia di Costume e di Moda di Roma e il diploma di modellistica (presso la stessa scuola). Lavorativamente parlando abbiamo iniziato organizzando vendite di accessori in casa e con uno stage in una in sartoria teatrale…
Stilinga: come create una collezione nuova? Come vi dividete il lavoro? C’è chi crea e chi produce oppure entrambi partecipate a tutte le fasi?
Bumbuki's mood: Lavoriamo letteralmente “a 4 mani”, ognuno dei due mette sul tavolo proposte, si discute insieme cosa va bene o come migliorare… E poi entrambi ci si dedica all’aspetto produttivo!
Stilinga: siete maggiormente interessati alla moda, allo stile o al costume?
Bumbuki's mood: Siamo a nostro agio sia nell’ambito della moda, sia nel costume teatrale!
Stilinga: quali sono le difficoltà che avete incontrato durante il vostro percorso lavorativo?
Bumbuki's mood: All’inizio farci conoscere, partendo da zero e senza contatti… Oggi la mancanza di organizzazione da parte dei committenti e lo scarso apprezzamento della qualità del lavoro nel mercato…
Stilinga: che cosa pensate della moda di massa e in particolare del fenomeno della fast fashion?
Bumbuki's mood: Ovviamente spingiamo per un discorso basato sulla qualità!
Stilinga: quindi cosa pensate del fatto a mano? Credete nel ritorno al fatto su misura, su richiesta e a prodotti di alta qualità?
Bumbuki's mood: Secondo noi sì, anche se il mercato tende a fare il contrario! A volte ci sentiamo un po’ “Don Chisciotte contro i mulini a vento” ma crediamo in un artigianato sostenibile e valido!
Stilinga: e cosa pensate dei prodotti moda industrializzati?
Bumbuki's mood: Sono utili anch’essi, purché siano realizzati con criteri “equi”, rispettando il lavoro delle persone e l’ambiente…
Stilinga: dove trovate l'ispirazione per creare?
Bumbuki's mood: Tutto ciò che è bello può essere motivo di ispirazione!
Stilinga: a quale progetto state lavorando attualmente?
Bumbuki's mood: Stiamo cercando di spingere il nostro marchio studiando un prodotto con un giusto rapporto qualità-prezzo!
Stilinga: che obiettivi avete nella vostra carriera?
Bumbuki's mood: Far conoscere il nostro marchio ad un pubblico più vasto!
Stilinga: e allora volete elencare i siti web dove il vostro marchio è presente?
Bumbuki's mood: Certo il nostro sito è il seguente http://www.bumbukismood.it/ mentre abbiamo appena aperto uno store virtuale, di vendita diretta su Blomming http://blomming.com/mm/Bumbukismood/items
Stilinga ha intervistato le menti creative del marchio.
Stilinga: Bumbuki’s Mood… direi che il nome del brand è affascinante, ha un significato in particolare?
foto di Riccardo Granaroli http://riccardo-granaroli.jimdo.com/ |
Stilinga: Chi sono le menti dietro Bumbuki’s mood? E come e quando è nata la vostra passione per la moda?
Bumbuki's mood: Siamo Marcello Silvestri e Luca Battaglia, Marcello ha sempre amato l’idea di poter realizzare capi di abbigliamento e lavori artistici… Luca si è accostato seriamente alla moda lasciando economia e commercio (dove studiava con scarsi risultati) e scegliendo un percorso creativo e alternativo…
Stilinga : come e dove vi siete incontrati?
Bumbuki's mood: Ci siamo conosciuti all’Accademia di Costume e di Moda di Roma dove studiavamo entrambi nel lontano 1992…
Stilinga: che tipo di formazione avete? E che esperienze?
Bumbuki's mood: Dopo la maturità abbiamo conseguito entrambi il diploma presso l’Accademia di Costume e di Moda di Roma e il diploma di modellistica (presso la stessa scuola). Lavorativamente parlando abbiamo iniziato organizzando vendite di accessori in casa e con uno stage in una in sartoria teatrale…
Stilinga: come create una collezione nuova? Come vi dividete il lavoro? C’è chi crea e chi produce oppure entrambi partecipate a tutte le fasi?
Bumbuki's mood: Lavoriamo letteralmente “a 4 mani”, ognuno dei due mette sul tavolo proposte, si discute insieme cosa va bene o come migliorare… E poi entrambi ci si dedica all’aspetto produttivo!
foto di Riccardo Granaroli http://riccardo-granaroli.jimdo.com/ |
Stilinga: siete maggiormente interessati alla moda, allo stile o al costume?
Bumbuki's mood: Siamo a nostro agio sia nell’ambito della moda, sia nel costume teatrale!
Stilinga: quali sono le difficoltà che avete incontrato durante il vostro percorso lavorativo?
Bumbuki's mood: All’inizio farci conoscere, partendo da zero e senza contatti… Oggi la mancanza di organizzazione da parte dei committenti e lo scarso apprezzamento della qualità del lavoro nel mercato…
Stilinga: che cosa pensate della moda di massa e in particolare del fenomeno della fast fashion?
Bumbuki's mood: Ovviamente spingiamo per un discorso basato sulla qualità!
Stilinga: quindi cosa pensate del fatto a mano? Credete nel ritorno al fatto su misura, su richiesta e a prodotti di alta qualità?
Bumbuki's mood: Secondo noi sì, anche se il mercato tende a fare il contrario! A volte ci sentiamo un po’ “Don Chisciotte contro i mulini a vento” ma crediamo in un artigianato sostenibile e valido!
Stilinga: e cosa pensate dei prodotti moda industrializzati?
Bumbuki's mood: Sono utili anch’essi, purché siano realizzati con criteri “equi”, rispettando il lavoro delle persone e l’ambiente…
Stilinga: dove trovate l'ispirazione per creare?
Bumbuki's mood: Tutto ciò che è bello può essere motivo di ispirazione!
foto di Riccardo Granaroli http://riccardo-granaroli.jimdo.com/ |
Stilinga: a quale progetto state lavorando attualmente?
Bumbuki's mood: Stiamo cercando di spingere il nostro marchio studiando un prodotto con un giusto rapporto qualità-prezzo!
Stilinga: che obiettivi avete nella vostra carriera?
Bumbuki's mood: Far conoscere il nostro marchio ad un pubblico più vasto!
Stilinga: e allora volete elencare i siti web dove il vostro marchio è presente?
Bumbuki's mood: Certo il nostro sito è il seguente http://www.bumbukismood.it/ mentre abbiamo appena aperto uno store virtuale, di vendita diretta su Blomming http://blomming.com/mm/Bumbukismood/items
Le Pensioni da fame da Gestione Separata e la pura cattiveria del ministro Elsa Fornero: senza se e senza ma
Da http://www.inps.it/bussola/visualizzadoc.aspx?iIDRassegna=19341&iDimRassegna=198582&iIddalportale=6821
provi lei a camminare per due lune nelle scarpe dei precari e forse si renderà conto di cosa significa Gestione Separata e provi lei ad ascoltare le sue direttive inquietanti su come ci si debba comportare da precari: ma siamo o no uno Stato democratico? e allora per quale ragione al mondo non riesce lei a trovare soluzioni vere che tutelino i suoi concittadini? improntate alla crescita dello Stato stesso e non al suo collasso definitivo!
Mi pare che lei apra bocca per dirigere e guai a rispondere alle istanze vere della popolazione italiana, non sia mai!
Cara Ministra Elsa Fornero,
provi lei a camminare per due lune nelle scarpe dei precari e forse si renderà conto di cosa significa Gestione Separata e provi lei ad ascoltare le sue direttive inquietanti su come ci si debba comportare da precari: ma siamo o no uno Stato democratico? e allora per quale ragione al mondo non riesce lei a trovare soluzioni vere che tutelino i suoi concittadini? improntate alla crescita dello Stato stesso e non al suo collasso definitivo!
Mi pare che lei apra bocca per dirigere e guai a rispondere alle istanze vere della popolazione italiana, non sia mai!
Percepisco (e non sono la sola) i vostri obiettivi come di stampo puramente dittatoriale, ma le ricordo che con questo suo comportamento suicida non solo distrugge fette di popolazione ma anche secoli di lotte sindacali che definirei LOTTE UMANE per uscire dall'indigenza e per godere di un minimo di dignità, proprio un concetto che lei signor ministro calpesta quotidianamente, mi auguro che non si reputi cristiana nè tanto meno equa, altrimenti potrebbe ravvisare grossi problemi di disconnessione della sua personalità.
Saluti,
Stilinga
Ordine del giorno presentato al Senato contro aumento contributi INPS
Ordine del giorno presentato al Senato contro aumento contributi INPS
Giovedì 24 maggio, in occasione della discussione al Senato del DDL lavoro (3249/2012), è stato presentato un ordine del giorno che impegna il Governo ad operare affinché a partire dal 2013 la aliquota dei professionisti iscritti alla Gestione Separata dell’INPS venga allineata a quella media degli altri professionisti.
Di seguito il testo dell’ordine del giorno, riportato sul sito del Senatore Ichino (www.pietroichino.it), che ne è stato il promotore
ORDINE DEL GIORNO
Il Senato,
considerato che
– la contribuzione previdenziale sui redditi dei liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata dell’Inps grava interamente sui medesimi;
– già oggi la detta contribuzione previdenziale grava su di essi, in rapporto al costo orario complessivo del loro lavoro, in misura superiore rispetto a a quanto essa grava sul costo orario complessivo del lavoro subordinato;
– già oggi la contribuzione previdenziale grava su di essi in misura nettamente superiore rispetto a quanto essa grava sui redditi dei liberi professionisti iscritti alle Casse pensionistiche di categoria;
impegna il Governo a operare affinché, nell’ambito di una generale armonizzazione delle aliquote di contribuzione previdenziale gravanti sui liberi professionisti, a partire dal 2013 l’aliquota gravante sui liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata dell’Inps ed effettivamente svolgenti la libera professione venga allineata a quella media delle altre categorie di liberi professionisti.
ICHINO, ASTORE, DE LUCA, NEROZZI, PASSONI, SBARBATI
Giovedì 24 maggio, in occasione della discussione al Senato del DDL lavoro (3249/2012), è stato presentato un ordine del giorno che impegna il Governo ad operare affinché a partire dal 2013 la aliquota dei professionisti iscritti alla Gestione Separata dell’INPS venga allineata a quella media degli altri professionisti.
Di seguito il testo dell’ordine del giorno, riportato sul sito del Senatore Ichino (www.pietroichino.it), che ne è stato il promotore
ORDINE DEL GIORNO
Il Senato,
considerato che
– la contribuzione previdenziale sui redditi dei liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata dell’Inps grava interamente sui medesimi;
– già oggi la detta contribuzione previdenziale grava su di essi, in rapporto al costo orario complessivo del loro lavoro, in misura superiore rispetto a a quanto essa grava sul costo orario complessivo del lavoro subordinato;
– già oggi la contribuzione previdenziale grava su di essi in misura nettamente superiore rispetto a quanto essa grava sui redditi dei liberi professionisti iscritti alle Casse pensionistiche di categoria;
impegna il Governo a operare affinché, nell’ambito di una generale armonizzazione delle aliquote di contribuzione previdenziale gravanti sui liberi professionisti, a partire dal 2013 l’aliquota gravante sui liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata dell’Inps ed effettivamente svolgenti la libera professione venga allineata a quella media delle altre categorie di liberi professionisti.
ICHINO, ASTORE, DE LUCA, NEROZZI, PASSONI, SBARBATI
Metamoda Event in Rome, this late afternoon!
Hearth/Calzarium, Bumbukis' mood, Labcostume and Le Teste Calde will be part of the event called Metamoda, this late afternoon in Via di Monte Giordano, 59 - Rome- Italy.Opening party at 18.30, do not miss it!
Senza perdere un fecondo – Il Fatto Quotidiano
Senza perdere un fecondo – Il Fatto Quotidiano
di Francesca Piccoletti
La marcia pro-life di Alemanno, Polverini e qualche divertente Associazione produttrice di manifesti horror-pulp (ogni aborto è un bambino morto) mi ha convinto.
Mi sento così toccata da voler essere propositiva: accanto all’abolizione totale della libera scelta che ogni donna desidererebbe per la propria vita, propongo una novità assoluta: l’obbligo di paternità post-coito.
Visto che incinta non sono rimasta da sola e non è che do alla luce un Koala, che me lo devo portare attaccato sulle spalle dalla nascita ai trent’anni tutta da sola soltanto perché sono nata con le ovaie, è tempo di considerare la gravidanza come divinamente paritaria.
E’ così che il Signore vuole? Allora seguiamo la natura e oltre che seminarli,questi figli dell’amore, accollateli pure tu, maschio, una volta fatto il danno, grande campione nazionale di Salto della Quaglia.
Prima della consumazione dell’atto dunque, per legge , si dovranno consegnare alla partner : chiavi della macchina, chiavi di casa, passaporto, CUD e numero di telefono dei propri genitori, se viventi, di una ex moglie, se presente, e l’indirizzo del bar dove si va di solito a fare lo sborone con gli amici la domenica a colazione.
Ovviamente non sarà possibile lasciare la regione per le cinque settimane successive al fortunato incontro ( giusto per essere sicure) mentre per i recidivi, quelli cioè che hanno già dei bambini, sarà possibile installare un sistema gps intramuscolo ( e quale lo potrà scegliere la fortunata, a seconda della soddisfazione raggiunta con la performance).
Durante la crescita, per gli alimenti, i vestiti, le scuole, i libri da leggere, le malattie, gli amici che è bene frequentare, le pene d’amore, le vacanze con gli amici e tutto il resto, ci si potrà mettere comodamente d’accordo di volta in volta, tramite chat, Skype o twitter.
Se per caso poi, come a volte capita, ci si fosse trovate coinvolte in uno stupro, una violenza domestica, una gravidanza a rischio, o semplicemente non si fosse pronte perché minorenni, perché non è il momento giusto, perché non si hanno soldi o una casa, perché si lavora con un contratto a progetto senza permesso di maternità in uno stato che non aiuta le madri single in nessun modo, beh, allora, provate a pregare il cielo, sono sicura che sarà di aiuto.
di Francesca Piccoletti
La marcia pro-life di Alemanno, Polverini e qualche divertente Associazione produttrice di manifesti horror-pulp (ogni aborto è un bambino morto) mi ha convinto.
Mi sento così toccata da voler essere propositiva: accanto all’abolizione totale della libera scelta che ogni donna desidererebbe per la propria vita, propongo una novità assoluta: l’obbligo di paternità post-coito.
Visto che incinta non sono rimasta da sola e non è che do alla luce un Koala, che me lo devo portare attaccato sulle spalle dalla nascita ai trent’anni tutta da sola soltanto perché sono nata con le ovaie, è tempo di considerare la gravidanza come divinamente paritaria.
E’ così che il Signore vuole? Allora seguiamo la natura e oltre che seminarli,questi figli dell’amore, accollateli pure tu, maschio, una volta fatto il danno, grande campione nazionale di Salto della Quaglia.
Prima della consumazione dell’atto dunque, per legge , si dovranno consegnare alla partner : chiavi della macchina, chiavi di casa, passaporto, CUD e numero di telefono dei propri genitori, se viventi, di una ex moglie, se presente, e l’indirizzo del bar dove si va di solito a fare lo sborone con gli amici la domenica a colazione.
Ovviamente non sarà possibile lasciare la regione per le cinque settimane successive al fortunato incontro ( giusto per essere sicure) mentre per i recidivi, quelli cioè che hanno già dei bambini, sarà possibile installare un sistema gps intramuscolo ( e quale lo potrà scegliere la fortunata, a seconda della soddisfazione raggiunta con la performance).
Durante la crescita, per gli alimenti, i vestiti, le scuole, i libri da leggere, le malattie, gli amici che è bene frequentare, le pene d’amore, le vacanze con gli amici e tutto il resto, ci si potrà mettere comodamente d’accordo di volta in volta, tramite chat, Skype o twitter.
Se per caso poi, come a volte capita, ci si fosse trovate coinvolte in uno stupro, una violenza domestica, una gravidanza a rischio, o semplicemente non si fosse pronte perché minorenni, perché non è il momento giusto, perché non si hanno soldi o una casa, perché si lavora con un contratto a progetto senza permesso di maternità in uno stato che non aiuta le madri single in nessun modo, beh, allora, provate a pregare il cielo, sono sicura che sarà di aiuto.
La Gestione Separata INPS e l’iniquità intergenerazionale
La Gestione Separata INPS e l’iniquità intergenerazionale
a cura di Silvestro De Falco
a cura di Silvestro De Falco
EXECUTIVE SUMMARY
Un sistema a contributi definiti è equo perché l’importo della pensione è una funzione dei contributi previdenziali versati, che sono a loro volta proporzionali ai redditi conseguiti, nel corso della vita lavorativa.
La Gestione Separata INPS è un sistema a contributi definiti e genera rendimenti bassi, non allineati ai rendimenti che si potrebbero ottenere con investimenti comparabili per rischio e scadenza, sia in fase di contribuzione da parte degli iscritti sia in fase di erogazione agli iscritti stessi.
L’iniquità della Gestione Separata è accentuata dalle elevate quote del proprio reddito che gli iscritti devono versare, privando questi ultimi della possibilità di accedere ad alternative più vantaggiose in termini di rendimenti e di agevolazioni fiscali.
A peggiorare ulteriormente le cose, la L. 214/2011 ha stabilito requisiti ancora più onerosi, poiché non si spiega perché si deve rinviare l’età pensionabile a 66 anni e si deve raggiungere un montante minimo tale che la sua conversione in rendita debba essere pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
Infatti, in un sistema a contributi definiti non c’è redistribuzione e quello versato è reddito differito dell’iscritto che, in teoria, potrebbe essere restituito sotto forma di rendita vitalizia a qualsiasi età, alla luce dell’aspettativa di vita del beneficiario.
Nel lungo periodo, i rendimenti bassi, la mancanza di quelle agevolazioni fiscali che rendono piani di pensione gestiti dai privati più interessanti e l’inflazione fanno sì che la Gestione Separata INPS sia uno strumento per trasferire sulle generazioni future i costi di un sistema, quello attuale, in cui continuano ad esistere pensioni di importo spropositato rispetto ai contributi versati.
La Gestione Separata INPS è un sistema a contributi definiti e genera rendimenti bassi, non allineati ai rendimenti che si potrebbero ottenere con investimenti comparabili per rischio e scadenza, sia in fase di contribuzione da parte degli iscritti sia in fase di erogazione agli iscritti stessi.
L’iniquità della Gestione Separata è accentuata dalle elevate quote del proprio reddito che gli iscritti devono versare, privando questi ultimi della possibilità di accedere ad alternative più vantaggiose in termini di rendimenti e di agevolazioni fiscali.
A peggiorare ulteriormente le cose, la L. 214/2011 ha stabilito requisiti ancora più onerosi, poiché non si spiega perché si deve rinviare l’età pensionabile a 66 anni e si deve raggiungere un montante minimo tale che la sua conversione in rendita debba essere pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
Infatti, in un sistema a contributi definiti non c’è redistribuzione e quello versato è reddito differito dell’iscritto che, in teoria, potrebbe essere restituito sotto forma di rendita vitalizia a qualsiasi età, alla luce dell’aspettativa di vita del beneficiario.
Nel lungo periodo, i rendimenti bassi, la mancanza di quelle agevolazioni fiscali che rendono piani di pensione gestiti dai privati più interessanti e l’inflazione fanno sì che la Gestione Separata INPS sia uno strumento per trasferire sulle generazioni future i costi di un sistema, quello attuale, in cui continuano ad esistere pensioni di importo spropositato rispetto ai contributi versati.
Caro Ministro Elsa Fornero non ci ha convinto
Caro Ministro non ci ha convinto
di Anna Soru*
Caro Ministro,
durante l’incontro organizzato giovedì dal Corriere della Sera, ci ha spiegato che il motivo per cui si è deciso di aumentare i contributi é quello di assicurarci una pensione più elevata. Perché solo a noi? Perché questa preoccupazione non riguarda tutti gli altri autonomi che versano molto di meno ovvero il 14-16% se professionisti il 21% se commercianti?
durante l’incontro organizzato giovedì dal Corriere della Sera, ci ha spiegato che il motivo per cui si è deciso di aumentare i contributi é quello di assicurarci una pensione più elevata. Perché solo a noi? Perché questa preoccupazione non riguarda tutti gli altri autonomi che versano molto di meno ovvero il 14-16% se professionisti il 21% se commercianti?
O anche i dipendenti, che versano meno, se utilizziamo la stessa base di riferimento: sia esso il costo del lavoro (25,6% contro il nostro 27%), l’imponibile Irpef (36,3% contro 37,4%) o il reddito netto (46,6% contro 50,9%), come si evince dalla tavola successiva, che confronta lo schema dei costi per un lavoratore dipendente e un professionista autonomo iscritto alla gestione separata, smentendo la vulgata secondo cui l’aumento al 33% parificherebbe la nostra contribuzione a quella dei dipendenti.
No, la spiegazione non ci convince. La verità é che la nostra contribuzione serve a sanare i deficit di altre gestioni che sono state molto generose con molti degli attuali pensionati, i cui diritti acquisiti hanno ormai tutto l’aspetto di veri e propri privilegi e che come tali andrebbero affrontati. Ma ci opponiamo al 33% soprattutto perché è del tutto sproporzionato e non possiamo pagarli. Un 33% per la sola pensione é insostenibile, una follia appunto.
Non a caso in nessun paese la contribuzione pensionistica supera il 23% e quasi sempre resta sotto il 20%. Se facciamo riferimento alla Svezia e alla Polonia, i due paesi che hanno un sistema pensionistico analogo al nostro (contributivo a ripartizione), la contribuzione pensionistica totale é pari rispettivamente a 18,5% e 19,5%, di cui una quota (rispettivamente 2 e 7%) verso fondi di investimento (il secondo pilastro appunto).
Ma il 33% non e’ giustificabile neppure in termini attuariali. Se verso il 33% dei mio fatturato per la pensione, con 2 anni di contributi dovrei coprire un anno di pensione (il mio reddito al lordo delle imposte attuale è il 66%, una pensione al lordo delle imposte pari ad esso garantirebbe lo stesso reddito netto, perché dalla pensione non vengono detratti i contributi).
Con 40 anni di versamenti dovrei quindi coprire 20 anni di pensione, molti di più della speranza di vita residua al momento del pensionamento. Se il sistema assicurasse anche solo il mantenimento del potere d’acquisto (senza alcun rendimento del capitale in termini reali), si dovrebbe percepire una pensione superiore al reddito lavorativo medio. Così non sarà perché appunto i nostri soldi servono a pagare le attuali pensioni retributive e i nuovi servizi a cui noi non accederemo (ASPI).
Caro Ministro, io La ringrazio ancora per averci incontrato e Le chiedo di ascoltare davvero le nostre ragioni, prima che sia approvata una misura iniqua, che rischia di distruggere oggi il futuro (anche pensionistico) di tanti lavoratori che hanno accettato la sfida della flessibilità, in particolare di tutti coloro che non potranno fuggire dalla gestione separata o dal nostro Paese.
*presidente Acta, Associazione Consulenti Terziario Avanzato
Gli Italiani sono troppo rassegnati!
Il popolo italiano è un popolo paziente, calmo, oserei dire pure autolesionista ed inevitabilmente rassegnato!
Dopo tutto come si potrebbe spiegare la realtà che stiamo vivendo se non con la rassegnazione?
Un numero sempre più crescente di italiani (ahimè) per uscire dalle estreme difficoltà disperanti hanno deciso di farla finita, ma avrebbero fatto bene ad urlare la loro pena e ad unirsi agli altri in sofferenza per esplicitare quanto pesi economicamente la situazione di crisi ed ingiustizia in cui il Paese si trova.
Per non parlare della situazione di assolutismo politico, ammantato da falsa democrazia, in cui versiamo nel 2012, ma la storia non insegna nulla?
E non accenniamo all'oscurantismo religioso che da sempre condiziona visibilmente la vita di chi ancora perdura nel nostro stivale ormai davvero malconcio.
C'è solo una cosa da fare: ribellarsi allo sfascio e collettivizzare le paure per scuotere i politici, l'Europa, gli economisti e trovare i veri fautori della crisi per processarli e riportare un minimo di equità su questo stivale vecchio, martoriato e rotto!
Dopo tutto come si potrebbe spiegare la realtà che stiamo vivendo se non con la rassegnazione?
Un numero sempre più crescente di italiani (ahimè) per uscire dalle estreme difficoltà disperanti hanno deciso di farla finita, ma avrebbero fatto bene ad urlare la loro pena e ad unirsi agli altri in sofferenza per esplicitare quanto pesi economicamente la situazione di crisi ed ingiustizia in cui il Paese si trova.
Per non parlare della situazione di assolutismo politico, ammantato da falsa democrazia, in cui versiamo nel 2012, ma la storia non insegna nulla?
E non accenniamo all'oscurantismo religioso che da sempre condiziona visibilmente la vita di chi ancora perdura nel nostro stivale ormai davvero malconcio.
C'è solo una cosa da fare: ribellarsi allo sfascio e collettivizzare le paure per scuotere i politici, l'Europa, gli economisti e trovare i veri fautori della crisi per processarli e riportare un minimo di equità su questo stivale vecchio, martoriato e rotto!
No I-60 a Grottaperfetta, Roma!
Cittadini per la Salvaguardia dei Beni Comuni
CONTRO UNO DEI PIU’ GRANDI PROGETTI DI EDIFICAZIONE DEGLI ULTIMI ANNI,
NOI CI SIAMO!
Cari cittadini, è stato un successo l’Assemblea del 20 Aprile, malgrado la sala non fosse idonea per contenere tanta gente, hanno assistito tutti fino alla fine anche quelli in piedi, agli interventi del Coordinamento e alla proiezione di materiale informativo, è stato presente il nostro Avvocato, il quale sta verificando gli atti che abbiamo acquisito per poter predisporre nel modo migliore tutte le azioni legali possibili, senza comunque trascurare eventuali altre opportunità.
Già sono comparsi mega cartelloni pubblicitari del costruttore Mezzaroma (che fa parte del consorzio dei costruttori dell’area I-60) in Via Grottaperfetta (rimosso) e sulla Colombo che pubblicizzano l’edificazione. Il progetto lo chiamano rinascimento 2012 lo esaltano come un modello urbano di riferimento, un perfetto compromesso fra spazi verdi e architettura urbana.
VE LO DICIAMO NOI COME E’ NELLA REALTA’
Riferimento: Comune di Roma I-60 Grottaperfetta esecutivo planovolumetrico Dicembre 2009
• 400.000 metri cubi, di cui 280.000 residenziale e 120.000 servizi e turistico-ricettivo, su uno spazio di 20 ettari
• Prima prevedevano 32 edifici con altezze fino a 8 piani (30 m).
Il nuovo programma ne prevede 15 con altezze fino a 7 piani (27 m), ma mantenendo la stessa cubatura totale, questo vuol dire che i 4 edifici più grandi vanno da un massimo di 315 metri !!!! di lunghezza ad un minimo di metri 145!!!, senza considerare uno che è più grande di un stadio di calcio (lunghezza metri 232!!! e larghezza 80 metri!!!)
• Oltre 6000 automobili in più.
• Blocco del traffico sulle strade già congestionate. Nessuna nuova infrastruttura di trasporto pubblico sostenibile sarà realizzata. Sarà possibile realizzare solo una viabilità locale interna al quartiere e 3 accessi verso il centro commerciale i Granai, Via Ballarin, e Via Berto. L'unica grande arteria possibile andrebbe verso il GRA (l'ex-asse attrezzato) e servirebbe solo ad attrarre nuovo traffico pendolare che si sommerebbe a quello dell'I-60.
• Smisurato aumento delle polveri sottili e rischio per la salute dei cittadini.
• Notevoli impatti su paesaggio, flora, acque sotterranee e superficiali, suolo, clima ed atmosfera.
Ricoperti importantissimi reperti archeologici risalenti all’Impero Romano
Partecipate tutti all’ASSEMBLEA
presso il Liceo Scientifico “PRIMO LEVI”
AULA MAGNA VIA MORANDINI N.64 (dietro Carrefour)
GIOVEDI’ 17 MAGGIO ORE 17,00 - 19,30
Sarà attiva anche una postazione per la raccolta del contributo economico assolutamente volontario e non predeterminato, sarà rilasciata regolare ricevuta, e successivamente documentazione delle spese legali e numero dei partecipanti con relative entità del contributo. Questo contributo rappresenta un investimento per il futuro nostro e dei nostri figli. Il costo del Ricorso al T.A.R. è di circa 5000 euro .
FERMIAMO le minacce alla nostra salute, alla qualità della nostra vita e alla svalutazione dei nostri appartamenti. E-mail di riferimento i60ricorso@gmail.com
Governo Italiano: un bel Tre...Monti!
Dei buoni propositi iniziali non è rimasta traccia alcuna
Personalmente non ho mai creduto nei ''salvatori della patria'' e nel professor Monti non avevo riposto soverchie speranze, anche se ritenevo che difficilmente avrebbe potuto fare peggio di chi lo aveva preceduto.
Ma i più realisti, tra i quali mi annoveravo, lo indicavano come l'uomo delle banche, come appartenente a quel sistema di interessi e di poteri forti che avevano determinato la crisi mondiale e quindi era come affidare le ''pecore al lupo''.
Ebbene, anche se era difficile crederlo, è riuscito a far peggio, decisamente peggio del Governo precedente.
Dei buoni propositi iniziali non è rimasta traccia alcuna.
Ha parlato di equità, ma la sua manovra economica è stata la più iniqua della storia repubblicana.
Ha colpito da subito le pensioni che erano state oggetto di penalizzanti riforme nel recentissimo passato.
Ma i privilegi della casta sono rimasti intonsi ed i nostri parlamentari continuano ad essere strapagati rispetto al resto d'Europa e non solo.
Della imposta patrimoniale non c'è più traccia. Ci riferiamo a quella seria, quella che avrebbe dovuto essere applicata a quel 10% di italiani che posseggono il 45% di tutta la ricchezza esistente in Italia.
La riforma agraria attuata negli anni 50 nel nostro paese costituisce un precedente importante. La legge 841/50 contro il latifondo cosa era se non una patrimoniale?
Anche grazie ad essa si avviò la ricostruzione morale, civile ed economica della giovane repubblica italiana.
In compenso, però, il professore Monti ha colpito il patrimonio di tutti con l'IMU, l'imposta municipale unica, che poi municipale non è.
Tutti pagheranno questa imposta con una sola aliquota, indipendentemente dal fatto che si abbia un appartamento, caso mai ereditato, o che si abbiano cento appartamenti.
L'art. 53 della Costituzione Italiana così recita: ''Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.''
La progressività dell'imposizione fiscale è un principio tributario fondato sulla solidarietà ed equità.
Le liberalizzazioni poi sono andate a finire così come sono andate.
I tassisti alla fine non sono stati toccati ma in fondo è un non problema).
I notai nemmeno (figura professionale istituita nel medioevo e che resiste pervicacemente solo in Italia). Anche questa volta sono passati indenni alla paventata liberalizzazione.
E' andata bene anche alle farmacie, che continueranno ad essere tramandate di padre in figlio così come avveniva una volta per i titoli nobiliari.
Ovviamente di far pagare le frequenze televisive che il precedente Capo del Governo, in un improvviso ed imprevedibile impeto di generosità verso il prossimo, aveva assegnato a se stesso, non se ne parla nemmeno (attenzione .. chi tocca i fili muore).
I centotrentuno caccia F 35 Jsf (Joint Strike Fighter) verranno acquistati lo stesso alla modica spesa di 16 miliardi di euro (volendo essere ottimistici). Ma come dicevano i latini''pacta servanda sunt''.
D' altronde hanno anche detto che pagare i caccia agli americani ed agli inglesi creerà lavoro in Italia, circa 600 posti. Ma quanti posti potremmo creare se li spendessimo tutti in Italia?
Con le banche il professor Monti è stato insuperabile. Ma come si dice dalle nostre parti ''al cuore non si comanda .....'' .
E' riuscito ad imporre ''ope legis'' l'apertura di un conto corrente o di una carta di credito anche a coloro che hanno entrate superiori ai mille euro mensili Praticamente alla stragrande maggioranza degli italiani. Ma è stato fatto solo con il nobile intento di combattere l'evasione fiscale, anche dell'accordo con la Svizzera per la tassazione dei capitali esportati colà illegalmente, non se ne sa più nulla alla Germania questo accordo frutterà ben 6 miliardi di euro).
Della Tobintax (tassa sulle transazioni finanziarie a breve termine e quindi derrente nei confronti delle speculazioni sui titoli di stato) nessuna traccia.
Per contro le banche continueranno ad imporre assicurazioni sulla vita ai richiedenti mutui e prestiti personali (mi domando: ma cosa sarà mai il rischio imprenditoriale?).
Per finire ad ottobre incombe l'ulteriore incremento dell'IVA al 23%.
Anche questa è una misura iniqua e fortemente recessiva. Iniqua perchè è un prelievo fiscale indiretto che colpirà tutti allo stesso modo (pensionati, disoccupati, indigenti), recessiva perchè deprimerà ulteriormente i consumi.
Comunque, il professor Monti ha recentemente dichiarato che ora è giunto il momento di pensare alla crescita.
In che modo pensa di farlo? Abolendo l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (Legge 300/70), a suo parere madre di tutti i problemi italiani (anche se mi permetto umilmente di far notare che i problemi ci sono anche nei paesi dove l'articolo 18 non esiste, negli USA per esempio).
Della cosa se ne occuperà il ministro Fornero (quella che piange dopo che vara i provvedimenti; a lei le lacrime a noi il sangue).
Che si rilanci l'economia ed i consumi interni, consentendo licenziamenti più facile, è un arcano. Il primo articolo della nostra Costituzione dice ''L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro''. Non sulle banche o sulle imprese. Sul lavoro.
Quindi, una eventuale abrogazione è un passo indietro in termini di civiltà giuridica ed un grosso passo nel processo di trasformazione del nostro ordinamento da stato liberale in stato liberista.
Vorrei sbagliare, ma sicuramente questo coacervo di vecchie imposte, di nuove imposte, di minori diritti, di maggiore incertezza sul futuro, non aumenterà la produzione, ma solo la recessione.
Con un decremento del PIL e quindi delle entrate complessive, anche senza l'art. 18, i conti pubblici saranno nuovamente a rischio, con la necessità di una nuova manovra fatta di tagli e sacrifici, in una spirale senza fine (Fornero piangerà sicuramente).
Per concludere un tre ... a Monti è anche troppo.
05 Maggio 2012
di Raffaele Salomone Megna
http://www.gildacentrostudi.it/news/dettaglio.php?id=33
Personalmente non ho mai creduto nei ''salvatori della patria'' e nel professor Monti non avevo riposto soverchie speranze, anche se ritenevo che difficilmente avrebbe potuto fare peggio di chi lo aveva preceduto.
Ma i più realisti, tra i quali mi annoveravo, lo indicavano come l'uomo delle banche, come appartenente a quel sistema di interessi e di poteri forti che avevano determinato la crisi mondiale e quindi era come affidare le ''pecore al lupo''.
Ebbene, anche se era difficile crederlo, è riuscito a far peggio, decisamente peggio del Governo precedente.
Dei buoni propositi iniziali non è rimasta traccia alcuna.
Ha parlato di equità, ma la sua manovra economica è stata la più iniqua della storia repubblicana.
Ha colpito da subito le pensioni che erano state oggetto di penalizzanti riforme nel recentissimo passato.
Ma i privilegi della casta sono rimasti intonsi ed i nostri parlamentari continuano ad essere strapagati rispetto al resto d'Europa e non solo.
Della imposta patrimoniale non c'è più traccia. Ci riferiamo a quella seria, quella che avrebbe dovuto essere applicata a quel 10% di italiani che posseggono il 45% di tutta la ricchezza esistente in Italia.
La riforma agraria attuata negli anni 50 nel nostro paese costituisce un precedente importante. La legge 841/50 contro il latifondo cosa era se non una patrimoniale?
Anche grazie ad essa si avviò la ricostruzione morale, civile ed economica della giovane repubblica italiana.
In compenso, però, il professore Monti ha colpito il patrimonio di tutti con l'IMU, l'imposta municipale unica, che poi municipale non è.
Tutti pagheranno questa imposta con una sola aliquota, indipendentemente dal fatto che si abbia un appartamento, caso mai ereditato, o che si abbiano cento appartamenti.
L'art. 53 della Costituzione Italiana così recita: ''Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.''
La progressività dell'imposizione fiscale è un principio tributario fondato sulla solidarietà ed equità.
Le liberalizzazioni poi sono andate a finire così come sono andate.
I tassisti alla fine non sono stati toccati ma in fondo è un non problema).
I notai nemmeno (figura professionale istituita nel medioevo e che resiste pervicacemente solo in Italia). Anche questa volta sono passati indenni alla paventata liberalizzazione.
E' andata bene anche alle farmacie, che continueranno ad essere tramandate di padre in figlio così come avveniva una volta per i titoli nobiliari.
Ovviamente di far pagare le frequenze televisive che il precedente Capo del Governo, in un improvviso ed imprevedibile impeto di generosità verso il prossimo, aveva assegnato a se stesso, non se ne parla nemmeno (attenzione .. chi tocca i fili muore).
I centotrentuno caccia F 35 Jsf (Joint Strike Fighter) verranno acquistati lo stesso alla modica spesa di 16 miliardi di euro (volendo essere ottimistici). Ma come dicevano i latini''pacta servanda sunt''.
D' altronde hanno anche detto che pagare i caccia agli americani ed agli inglesi creerà lavoro in Italia, circa 600 posti. Ma quanti posti potremmo creare se li spendessimo tutti in Italia?
Con le banche il professor Monti è stato insuperabile. Ma come si dice dalle nostre parti ''al cuore non si comanda .....'' .
E' riuscito ad imporre ''ope legis'' l'apertura di un conto corrente o di una carta di credito anche a coloro che hanno entrate superiori ai mille euro mensili Praticamente alla stragrande maggioranza degli italiani. Ma è stato fatto solo con il nobile intento di combattere l'evasione fiscale, anche dell'accordo con la Svizzera per la tassazione dei capitali esportati colà illegalmente, non se ne sa più nulla alla Germania questo accordo frutterà ben 6 miliardi di euro).
Della Tobintax (tassa sulle transazioni finanziarie a breve termine e quindi derrente nei confronti delle speculazioni sui titoli di stato) nessuna traccia.
Per contro le banche continueranno ad imporre assicurazioni sulla vita ai richiedenti mutui e prestiti personali (mi domando: ma cosa sarà mai il rischio imprenditoriale?).
Per finire ad ottobre incombe l'ulteriore incremento dell'IVA al 23%.
Anche questa è una misura iniqua e fortemente recessiva. Iniqua perchè è un prelievo fiscale indiretto che colpirà tutti allo stesso modo (pensionati, disoccupati, indigenti), recessiva perchè deprimerà ulteriormente i consumi.
Comunque, il professor Monti ha recentemente dichiarato che ora è giunto il momento di pensare alla crescita.
In che modo pensa di farlo? Abolendo l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (Legge 300/70), a suo parere madre di tutti i problemi italiani (anche se mi permetto umilmente di far notare che i problemi ci sono anche nei paesi dove l'articolo 18 non esiste, negli USA per esempio).
Della cosa se ne occuperà il ministro Fornero (quella che piange dopo che vara i provvedimenti; a lei le lacrime a noi il sangue).
Che si rilanci l'economia ed i consumi interni, consentendo licenziamenti più facile, è un arcano. Il primo articolo della nostra Costituzione dice ''L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro''. Non sulle banche o sulle imprese. Sul lavoro.
Quindi, una eventuale abrogazione è un passo indietro in termini di civiltà giuridica ed un grosso passo nel processo di trasformazione del nostro ordinamento da stato liberale in stato liberista.
Vorrei sbagliare, ma sicuramente questo coacervo di vecchie imposte, di nuove imposte, di minori diritti, di maggiore incertezza sul futuro, non aumenterà la produzione, ma solo la recessione.
Con un decremento del PIL e quindi delle entrate complessive, anche senza l'art. 18, i conti pubblici saranno nuovamente a rischio, con la necessità di una nuova manovra fatta di tagli e sacrifici, in una spirale senza fine (Fornero piangerà sicuramente).
Per concludere un tre ... a Monti è anche troppo.
05 Maggio 2012
di Raffaele Salomone Megna
http://www.gildacentrostudi.it/news/dettaglio.php?id=33
"Dica 33%..." No, grazie!
“DICA 33% …” NO GRAZIE!
I LAVORATORI AUTONOMI VOGLIONO VIVERE CON DIGNITÀ.
NO ALL’AUMENTO AL 33% DEI CONTRIBUTI ALLA GESTIONE SEPARATA DELL’INPS.
Il DDL di riforma del mercato del lavoro ha introdotto nell’articolo 36 un aumento graduale dei contributi
di 1 punto percentuale all’anno per gli iscritti alla Gestione Separata a partire dal 2013 e fino al 2018, quando raggiungeranno il 33%. La relazione tecnica al DDL, abbastanza doviziosa di particolari
sugli obiettivi e i benefici delle norme, non formula alcuna spiegazione sul perché di questa misura.
Tale piano pensione non offre alcun vantaggio agli iscritti alla Gestione Separata, obbligandoli a una
spesa annuale di migliaia di euro in più e rendendo loro economicamente impossibile il ricorso a
forme di previdenza integrativa privata, a fronte della certezza di una pensione pubblica irrisoria dopo
40 anni di contributi. Il montante contributivo – il complesso dei versamenti effettuati – si rivaluta
infatti a un tasso inferiore a quello offerto da investimenti alternativi, anche a causa delle agevolazioni
fiscali concesse a questi ultimi.
Noi chiediamo perciò la decontribuzione e la possibilità di orientarci verso schemi previdenziali
integrativi, perché è nostro diritto provare ad assicurarci una pensione dignitosa quando non potremo
più lavorare. (art. 38.2 Cost.: I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria).
SÌ ALLA SEPARAZIONE TRA CO.CO.PRO E P.IVA NELLA GS
Chiediamo che venga operata una distinzione fra co.co.pro. e professionisti indipendenti perché le esigenze
dei due gruppi sono diverse. I primi sono il più delle volte collaboratori legati da un rapporto di
parasubordinazione a un committente che versa nella Gestione Separata 2/3 dei contributi previdenziali.
Per loro si profila semmai la necessità di tutela dagli abusi nell’utilizzo del contratto a progetto,
dietro il quale molto spesso si cela un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato non tutelato.
I lavoratori autonomi con P. IVA sono invece integralmente responsabili del versamento dei propri
contributi previdenziali e si avvalgono unicamente di una rivalsa minima del 4% sul committente, alla
quale generalmente si rinuncia in caso di clientela estera per l’imbarazzo di dover spiegare la farraginosità
del sistema previdenziale italiano.
QUANDO “INDIPENDENZA” PUÒ FAR RIMA CON “MONOCOMMITTENZA”
Il DDL di riforma del mercato del lavoro si propone di combattere l’abuso dei rapporti di lavoro in regime
di partita IVA introducendo norme rigorose per scoraggiare la monocommittenza. Queste norme,
pur essendo state formulate con il lodevole intento di proteggere i lavoratori ricattabili, nella realtà
finiscono per penalizzare quei lavoratori autonomi che, pur derivando la maggior parte del proprio
fatturato da un singolo committente, operano in maniera pienamente indipendente da quest’ultimo.
Queste norme sono il portato di una distinzione forzata tra “finte” e “vere” partite IVA che, a nostro
avviso, non aiuta in alcun modo a trovare una soluzione che protegga i lavoratori più deboli ed esposti
al rischio di sfruttamento.
Una vera riforma del mercato del lavoro dovrebbe invece tutelare e valorizzare il lavoro in tutte le sue
forme, indipendente e dipendente, subordinato e autonomo.
A nostro avviso, piuttosto che insistere sulla distinzione tra “finti” e “veri” autonomi, che non può essere
risolta facilmente in via teorica e men che mai per via legislativa, ci si dovrebbe porre l’obiettivo
di individuare i lavoratori “economicamente vulnerabili” (a prescindere dall’inquadramento giuridico
del rapporto di lavoro) e predisporre adeguate forme di tutela per aiutarli a uscire dalla condizione di
vulnerabilità, lasciando gli altri liberi di lavorare e di produrre secondo le modalità che ritengono più
opportune.
SÌ ALL’EQUITÀ DI TRATTAMENTO PREVIDENZIALE TRA I LAVORATORI AUTONOMI
È auspicabile l’equiparazione previdenziale dei professionisti indipendenti con Partita IVA a quella
degli altri professionisti ordinisti che versano fino a un massimo del 15% o 20% di contributi previdenziali
nelle casse dei loro ordini.
Tale bassa contribuzione consente loro di usufruire delle agevolazioni fiscali offerte da altri schemi
previdenziali o comunque di impiegare in maniera più proficua i loro risparmi.
NO ALL’USO DELLA GESTIONE SEPARATA COME BANCOMAT DI STATO!
Come dichiarato negli stessi documenti programmatici del governo, l’aumento dei contributi a carico
dei lavoratori indipendenti iscritti alla Gestione Separata ha come principale obiettivo quello di reperire
risorse per fare fronte ai nuovi impegni previdenziali emersi a causa della crisi.
I liberi professionisti non ordinisti, pur essendo del tutto esclusi da qualsiasi forma di welfare, non
possono contare sul sostegno di potenti lobby di natura sindacale né socioeconomica: e quindi rappresentano
la categoria ideale alla quale attingere nuove risorse finanziarie.
La Gestione Separata è infatti ancora troppo giovane come cassa per erogare pensioni direttamente ai
suoi contribuenti, e viene nel frattempo utilizzata come fondo cui attingere per la Cassa Integrazione
Straordinaria delle imprese o per pagare le pensioni estremamente generose che venivano garantite dal
sistema retributivo.
Tutto questo è iniquo e alimenta un sistema malato in cui i lavoratori di oggi pagano i debiti, i privilegi
e gli errori di ieri con i soldi che in teoria dovrebbero essere la loro garanzia per il domani.
Assemblea dei lavoratori autonomi del 5 maggio a Roma, Porta Futuro
Gruppo Facebook “Contro l’aumento annunciato di 7% INPS Gestione separata”
I LAVORATORI AUTONOMI VOGLIONO VIVERE CON DIGNITÀ.
NO ALL’AUMENTO AL 33% DEI CONTRIBUTI ALLA GESTIONE SEPARATA DELL’INPS.
Il DDL di riforma del mercato del lavoro ha introdotto nell’articolo 36 un aumento graduale dei contributi
di 1 punto percentuale all’anno per gli iscritti alla Gestione Separata a partire dal 2013 e fino al 2018, quando raggiungeranno il 33%. La relazione tecnica al DDL, abbastanza doviziosa di particolari
sugli obiettivi e i benefici delle norme, non formula alcuna spiegazione sul perché di questa misura.
Tale piano pensione non offre alcun vantaggio agli iscritti alla Gestione Separata, obbligandoli a una
spesa annuale di migliaia di euro in più e rendendo loro economicamente impossibile il ricorso a
forme di previdenza integrativa privata, a fronte della certezza di una pensione pubblica irrisoria dopo
40 anni di contributi. Il montante contributivo – il complesso dei versamenti effettuati – si rivaluta
infatti a un tasso inferiore a quello offerto da investimenti alternativi, anche a causa delle agevolazioni
fiscali concesse a questi ultimi.
Noi chiediamo perciò la decontribuzione e la possibilità di orientarci verso schemi previdenziali
integrativi, perché è nostro diritto provare ad assicurarci una pensione dignitosa quando non potremo
più lavorare. (art. 38.2 Cost.: I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria).
SÌ ALLA SEPARAZIONE TRA CO.CO.PRO E P.IVA NELLA GS
Chiediamo che venga operata una distinzione fra co.co.pro. e professionisti indipendenti perché le esigenze
dei due gruppi sono diverse. I primi sono il più delle volte collaboratori legati da un rapporto di
parasubordinazione a un committente che versa nella Gestione Separata 2/3 dei contributi previdenziali.
Per loro si profila semmai la necessità di tutela dagli abusi nell’utilizzo del contratto a progetto,
dietro il quale molto spesso si cela un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato non tutelato.
I lavoratori autonomi con P. IVA sono invece integralmente responsabili del versamento dei propri
contributi previdenziali e si avvalgono unicamente di una rivalsa minima del 4% sul committente, alla
quale generalmente si rinuncia in caso di clientela estera per l’imbarazzo di dover spiegare la farraginosità
del sistema previdenziale italiano.
QUANDO “INDIPENDENZA” PUÒ FAR RIMA CON “MONOCOMMITTENZA”
Il DDL di riforma del mercato del lavoro si propone di combattere l’abuso dei rapporti di lavoro in regime
di partita IVA introducendo norme rigorose per scoraggiare la monocommittenza. Queste norme,
pur essendo state formulate con il lodevole intento di proteggere i lavoratori ricattabili, nella realtà
finiscono per penalizzare quei lavoratori autonomi che, pur derivando la maggior parte del proprio
fatturato da un singolo committente, operano in maniera pienamente indipendente da quest’ultimo.
Queste norme sono il portato di una distinzione forzata tra “finte” e “vere” partite IVA che, a nostro
avviso, non aiuta in alcun modo a trovare una soluzione che protegga i lavoratori più deboli ed esposti
al rischio di sfruttamento.
Una vera riforma del mercato del lavoro dovrebbe invece tutelare e valorizzare il lavoro in tutte le sue
forme, indipendente e dipendente, subordinato e autonomo.
A nostro avviso, piuttosto che insistere sulla distinzione tra “finti” e “veri” autonomi, che non può essere
risolta facilmente in via teorica e men che mai per via legislativa, ci si dovrebbe porre l’obiettivo
di individuare i lavoratori “economicamente vulnerabili” (a prescindere dall’inquadramento giuridico
del rapporto di lavoro) e predisporre adeguate forme di tutela per aiutarli a uscire dalla condizione di
vulnerabilità, lasciando gli altri liberi di lavorare e di produrre secondo le modalità che ritengono più
opportune.
SÌ ALL’EQUITÀ DI TRATTAMENTO PREVIDENZIALE TRA I LAVORATORI AUTONOMI
È auspicabile l’equiparazione previdenziale dei professionisti indipendenti con Partita IVA a quella
degli altri professionisti ordinisti che versano fino a un massimo del 15% o 20% di contributi previdenziali
nelle casse dei loro ordini.
Tale bassa contribuzione consente loro di usufruire delle agevolazioni fiscali offerte da altri schemi
previdenziali o comunque di impiegare in maniera più proficua i loro risparmi.
NO ALL’USO DELLA GESTIONE SEPARATA COME BANCOMAT DI STATO!
Come dichiarato negli stessi documenti programmatici del governo, l’aumento dei contributi a carico
dei lavoratori indipendenti iscritti alla Gestione Separata ha come principale obiettivo quello di reperire
risorse per fare fronte ai nuovi impegni previdenziali emersi a causa della crisi.
I liberi professionisti non ordinisti, pur essendo del tutto esclusi da qualsiasi forma di welfare, non
possono contare sul sostegno di potenti lobby di natura sindacale né socioeconomica: e quindi rappresentano
la categoria ideale alla quale attingere nuove risorse finanziarie.
La Gestione Separata è infatti ancora troppo giovane come cassa per erogare pensioni direttamente ai
suoi contribuenti, e viene nel frattempo utilizzata come fondo cui attingere per la Cassa Integrazione
Straordinaria delle imprese o per pagare le pensioni estremamente generose che venivano garantite dal
sistema retributivo.
Tutto questo è iniquo e alimenta un sistema malato in cui i lavoratori di oggi pagano i debiti, i privilegi
e gli errori di ieri con i soldi che in teoria dovrebbero essere la loro garanzia per il domani.
Assemblea dei lavoratori autonomi del 5 maggio a Roma, Porta Futuro
Gruppo Facebook “Contro l’aumento annunciato di 7% INPS Gestione separata”
No all'aumento dell'aliquota della gestione separata
Lettera aperta
Petizione
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministero dell'Economia e delle Finanze
Al Ministro dello Sviluppo Economico
Al Ministro del Lavoro
Abbiamo appreso dalla stampa la proposta di aumentare l’aliquota della Gestione Separata dell’INPS al 27,72%, aliquota che ha già registrato l’aumento di quasi 17 punti percentuali dal 1996 ad oggi .
Alla detta Gestione non sono però iscritti solo i co.co.pro. menzionati dai media, ma anche noi professionisti autonomi senza albo.
A differenza dei collaboratori, l’incremento dell’aliquota graverebbe esclusivamente sul nostro reddito, già messo a dura prova dalla difficile situazione economica che stiamo affrontando senza alcun sostegno da parte pubblica (né ammortizzatori in deroga, né incentivi).
Inoltre in questo modo il peso dei contributi previdenziali sarebbe doppio rispetto ai professionisti ordinisti con cassa privata e di fatto supererebbe anche quello dei lavoratori dipendenti (utilizzando la stessa base di computo, come dimostrato da una analisi del CERM di Roma (fonte: http://bit.ly/s0zD9K).
Chiediamo pertanto con forza che questa proposta di aumento venga ritirata.
Per firmare la petizione prego cliccare il seguente link:
http://www.petizionionline.it/petizione/no-allaumento-dellaliquota-della-gestione-separata-dellinps-al-2772/5460
Petizione
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministero dell'Economia e delle Finanze
Al Ministro dello Sviluppo Economico
Al Ministro del Lavoro
Abbiamo appreso dalla stampa la proposta di aumentare l’aliquota della Gestione Separata dell’INPS al 27,72%, aliquota che ha già registrato l’aumento di quasi 17 punti percentuali dal 1996 ad oggi .
Alla detta Gestione non sono però iscritti solo i co.co.pro. menzionati dai media, ma anche noi professionisti autonomi senza albo.
A differenza dei collaboratori, l’incremento dell’aliquota graverebbe esclusivamente sul nostro reddito, già messo a dura prova dalla difficile situazione economica che stiamo affrontando senza alcun sostegno da parte pubblica (né ammortizzatori in deroga, né incentivi).
Inoltre in questo modo il peso dei contributi previdenziali sarebbe doppio rispetto ai professionisti ordinisti con cassa privata e di fatto supererebbe anche quello dei lavoratori dipendenti (utilizzando la stessa base di computo, come dimostrato da una analisi del CERM di Roma (fonte: http://bit.ly/s0zD9K).
Chiediamo pertanto con forza che questa proposta di aumento venga ritirata.
Per firmare la petizione prego cliccare il seguente link:
http://www.petizionionline.it/petizione/no-allaumento-dellaliquota-della-gestione-separata-dellinps-al-2772/5460
news from Lineapelle
News from Lineapelle, April 2012:
empty halls, few Italian buyers, lots of Asian ones...
Stilinga has never seen such a situation in her whole career!
empty halls, few Italian buyers, lots of Asian ones...
Stilinga has never seen such a situation in her whole career!
pare che oltre 17 milioni siano disoccupati...
http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201204030914-ipp-rt10021-dramma_disoccupazione_in_italia_a_spasso_un_giovane_su_tre
Roma, 3 apr.
Un giovane su tre e' senza un lavoro e il tasso di disoccupazione a febbraio vola al 9,3%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio e di 1,2 punti su base annua. Si tratta, informa l'Istat del livello piu' alto dal gennaio 2004, inizio delle serie storiche.
Il tasso di disoccupazione tra i giovani (15-24enni) si attesta al 31,9% a febbraio, con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a gennaio e di 4,1 punti su base annua. Anche in questo caso si tratta del dato piu' elevato da gennaio 2004.
E sempre a febbraio il numero di disoccupati aumenta su base annua del 16,6%, ovvero di 335mila unita'.
In totale i disoccupati sono 2.354 mila, 45mila in piu' rispetto a gennaio. Nel quarto trimestre 2011 il tasso di disoccupazione si attesta al 9,6%, nove decimi di punto in piu' rispetto a un anno prima e ai massimi dal quarto trimestre del 1999. In totale si sono registrate 44mila donne occupate in meno rispetto a gennaio.
Tra i giovani la disoccupazione sale al 32,6% dal 29,8% del quarto trimestre 2010), con un picco del 49,2% per le giovani donne del Mezzogiorno.
Anche nell'Eurozona la disoccupazione sale al 10,8% a febbraio, raggiungendo il massimo da quasi 15 anni. A gennaio era al 10,7%. Nella Ue a 27 paesi la disoccupazione avanza dal 10,1% al 10,2%: al 23,6% in Spagna e al 21% in Grecia. Secondo Eurostat,il numero dei disoccupati a febbraio sale di 1,48 milioni di unita' rispetto a un anno fa a 17,1 milioni di unita'.
Il numero degli occupati cresce di 1,87 milioni di unita' a quota 24,55 milioni. I paesi con i tassi di disoccupazione piu' bassa sono Austria (4,2%), Olanda (4,9%), Lussemburgo (5,2%) e Germania (5,7%).
In questa situazione "e' sempre piu' importante portare avanti riforme strutturali," ha sottolineato Amadeu Altafaj, portavoce del commissario Ue per gli affari economici Olli Rehn. In Italia l'allarme sulle prospettive di lavoro resta a livelli di guardia: secondo un sondaggio Confsercenti-Ispo il 99% degli italiani, praticamente tutti, si dice preoccupato e due famiglie su dieci sono state colpite dai licenziamenti.
La Cgil metta in guardia sulla "valanga di disoccupazione" e chiede di "fermare i licenziamenti". I dati, secondo la Cisl, "danno conto di una situazione ancora molto difficile per il mercato del lavoro".
E Stilinga chiede al governo Monti, al parlamento, al senato, al capo dello stato e all'Europa:
-VOLETE OCCUPARVI DI CRESCITA E DI AUMENTARE IL LAVORO A TEMPO INDETERMINATO IN EUROLANDIA?
-VOLETE FARE UN PIANO DI RILANCIO INDUSTRIALE E PRODUTTIVO DELL'EUROPA UNITA?
OPPURE PREFERITE LA RIVOLUZIONE, CHE DA QUESTI DATI, E' ORMAI DIETRO L'ANGOLO?
Roma, 3 apr.
Un giovane su tre e' senza un lavoro e il tasso di disoccupazione a febbraio vola al 9,3%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio e di 1,2 punti su base annua. Si tratta, informa l'Istat del livello piu' alto dal gennaio 2004, inizio delle serie storiche.
Il tasso di disoccupazione tra i giovani (15-24enni) si attesta al 31,9% a febbraio, con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a gennaio e di 4,1 punti su base annua. Anche in questo caso si tratta del dato piu' elevato da gennaio 2004.
E sempre a febbraio il numero di disoccupati aumenta su base annua del 16,6%, ovvero di 335mila unita'.
In totale i disoccupati sono 2.354 mila, 45mila in piu' rispetto a gennaio. Nel quarto trimestre 2011 il tasso di disoccupazione si attesta al 9,6%, nove decimi di punto in piu' rispetto a un anno prima e ai massimi dal quarto trimestre del 1999. In totale si sono registrate 44mila donne occupate in meno rispetto a gennaio.
Tra i giovani la disoccupazione sale al 32,6% dal 29,8% del quarto trimestre 2010), con un picco del 49,2% per le giovani donne del Mezzogiorno.
Anche nell'Eurozona la disoccupazione sale al 10,8% a febbraio, raggiungendo il massimo da quasi 15 anni. A gennaio era al 10,7%. Nella Ue a 27 paesi la disoccupazione avanza dal 10,1% al 10,2%: al 23,6% in Spagna e al 21% in Grecia. Secondo Eurostat,il numero dei disoccupati a febbraio sale di 1,48 milioni di unita' rispetto a un anno fa a 17,1 milioni di unita'.
Il numero degli occupati cresce di 1,87 milioni di unita' a quota 24,55 milioni. I paesi con i tassi di disoccupazione piu' bassa sono Austria (4,2%), Olanda (4,9%), Lussemburgo (5,2%) e Germania (5,7%).
In questa situazione "e' sempre piu' importante portare avanti riforme strutturali," ha sottolineato Amadeu Altafaj, portavoce del commissario Ue per gli affari economici Olli Rehn. In Italia l'allarme sulle prospettive di lavoro resta a livelli di guardia: secondo un sondaggio Confsercenti-Ispo il 99% degli italiani, praticamente tutti, si dice preoccupato e due famiglie su dieci sono state colpite dai licenziamenti.
La Cgil metta in guardia sulla "valanga di disoccupazione" e chiede di "fermare i licenziamenti". I dati, secondo la Cisl, "danno conto di una situazione ancora molto difficile per il mercato del lavoro".
E Stilinga chiede al governo Monti, al parlamento, al senato, al capo dello stato e all'Europa:
-VOLETE OCCUPARVI DI CRESCITA E DI AUMENTARE IL LAVORO A TEMPO INDETERMINATO IN EUROLANDIA?
-VOLETE FARE UN PIANO DI RILANCIO INDUSTRIALE E PRODUTTIVO DELL'EUROPA UNITA?
OPPURE PREFERITE LA RIVOLUZIONE, CHE DA QUESTI DATI, E' ORMAI DIETRO L'ANGOLO?
L'Italia è collassata...come l'Argentina nel 2011
Stilinga ha notato che
E però gli italiani pagano più tasse che in Svezia e ricevono i servizi da terzo mondo e non hanno protezione sociale alcuna se non la famiglia, non trovano lavoro se non da schiavi e adesso manco quello, sono allo sbando, ma il governo e il parlamento ed il senato molto più di loro sbandano e sbagliano per non parlare dell'Europa, che invece di rilanciare la produzione industriale europea e di conseguenza l'occupazione, favorisce l'invasione di merci a basso costo... ma dove andiamo di questo passo?
Bel periodo, vero?
- il negozio di calzature sotto casa ha chiuso
- la tintoria sotto casa ha chiuso
- il rivenditore di pc sotto casa ha chiuso
- il negozio di elettrodomestici del centro commerciale e quello del centro di Roma hanno chiuso
- il riparatore di pc sotto casa ha chiuso
- il grande concept store di moda e altro a via del Babuino a Roma ha chiuso
- il negozio di moda fast di via del Corso ha chiuso
- i negozi di via del Tritone a Roma hanno chiuso, etc. etc.
E però gli italiani pagano più tasse che in Svezia e ricevono i servizi da terzo mondo e non hanno protezione sociale alcuna se non la famiglia, non trovano lavoro se non da schiavi e adesso manco quello, sono allo sbando, ma il governo e il parlamento ed il senato molto più di loro sbandano e sbagliano per non parlare dell'Europa, che invece di rilanciare la produzione industriale europea e di conseguenza l'occupazione, favorisce l'invasione di merci a basso costo... ma dove andiamo di questo passo?
Bel periodo, vero?
"Ora sì che sembrate l’Argentina" di Horacio Verbitsky
"Ora sì che sembrate l’Argentina" di Horacio Verbitsky*
Le polemiche italiane sull’articolo 18 hanno per gli argentini uno sgradevole sapore di déjà vu e lo stesso dicasi per le reazioni nei confronti del governo tecnico di Mario Monti.
Se la nostra esperienza può servire a qualcosa eccone un breve resoconto.
Il presidente Carlos Menem (1989-1999) abolì le leggi a tutela dei lavoratori che garantivano diritti ottenuti dopo decenni di lotte sociali, cosa questa che non aveva osato fare nemmeno la dittatura militare (1976-1983).
Il tecnico che preparò la riforma del mercato del lavoro fu Domingo Cavallo, incaricato di porre fine al “populismo peronista”.
In Italia settori che si considerano progressisti o comunque facenti parte di una delle anime della sinistra, hanno accolto con sollievo il rappresentante delle banche e di quel mitologico personaggio che va sotto il nome di “Merkozy”.
Dicono sia un uomo serio, che gode di notevole prestigio in Europa e che ora non bisogna più vergognarsi di essere italiani.
LA SITUAZIONE ha qualche analogia con l’Argentina di 20 anni fa anche se in Argentina il problema non era il bunga bunga, ma la superinflazione.
Stabilendo il rapporto di parità tra dollaro americano e peso argentino, Cavallo fece calare immediatamente l’inflazione e avviò un programma di riforme il cui scopo era quello di migliorare la competitività dell’economia.
La brusca stabilizzazione così ottenuta permise a Menem, che somigliava più a Berlusconi che a Mario Monti, di vincere le elezioni successive e di portare avanti un programma di smantellamento delle conquiste sociali, di liberalizzazione finanziaria, di deregulation e di privatizzazioni che causò indebitamento con l’estero per sostenere la finzione secondo cui un peso valeva quanto un dollaro, deindustrializzazione e dismissione delle industrie pubbliche.
La flessibilità del lavoro fu una delle pietre angolari di questo modello. La perdita di stabilità del lavoro e la legalizzazione dei contratti a tempo determinato o a salario ridotto o senza benefici sociali per i nuovi lavoratori ridussero il costo del lavoro e fecero lievitare i profitti delle imprese il cui contributo al sistema pensionistico subì una drastica riduzione.
Di conseguenza il sistema pensionistico venne privatizzato e i fondi pensione gestiti dalle grandi banche.
Anche Cavallo era un uomo rispettato negli ambienti finanziari internazionali e Menem prometteva che con questa politica l’Argentina sarebbe diventata un Paese del primo mondo, realizzando una vecchia ossessione argentina.
Avvenne l’esatto contrario.
Invece di registrare aumenti di produttività, il settore industriale entrò in crisi profonda.
La chiusura di moltissime attività produttive, che non potevano competere con le importazioni a prezzi molto bassi, fece lievitare la disoccupazione fino a livelli mai toccati in Argentina.
Quando Fernando De la Rua successe a Menem (1999-2001), al salvatore tecnico, Domingo Cavallo, fu affidato il ministero dell’Economia. Il modello economico collassò definitivamente nel dicembre 2001.
IL TASSO di disoccupazione toccò il 25%, le banche confiscarono i depositi dei correntisti, i prestiti del Fmi furono utilizzati per finanziare il salvataggio dei grandi capitalisti che riuscirono a far uscire dal Paese migliaia di milioni di dollari prima che il sistema bancario presentasse il conto ai comuni cittadini.
Quando venivano licenziati, i lavoratori smettevano di versare i contributi al loro fondo pensione e i loro conti correnti andavano in rosso anche per le esose commissioni delle banche.
LE BANCHE, disponendo di una elevata liquidità, cominciarono a prestare denaro a tassi molto alti allo Stato che si era svenato trasferendo risorse al sistema pensionistico.
Circa tre milioni di lavoratori che avevano raggiunto l’età della pensione rimasero senza lavoro e senza pensione.
Nestor Kirchner disse molte volte che era stato eletto presidente con un numero di voti (alle elezioni del 2003 ottenne il 22% al primo turno e Menem si ritirò prima del secondo turno prevedendo una clamorosa sconfitta) inferiore al numero di disoccupati.
Il programma suo e della sua vedova Cristina Fernandez de Kirchner che governerà dal 2007 e verrà rieletta nel 2011 con il 54% dei voti, consisteva nell’abolire poco alla volta tutte le riforme introdotte dal governo tecnico di Cavallo: i diritti dei lavoratori furono ripristinati, le pensioni, che erano state congelate nel decennio precedente, furono incrementate due volte l’anno in misura superiore all’inflazione, il sistema pensionistico divenne nuovamente pubblico e vennero reintegrati i lavoratori che erano stati esclusi dal mondo del lavoro.
Mentre nel decennio precedente solo il 50% dei lavoratori che arrivavano all’età della pensione riuscivano a ottenere un assegno pensionistico, oggi tale percentuale è superiore al 90%.
I salari dei lavoratori sono i più alti dell’America Latina e il costo del lavoro per unità di prodotto è inferiore rispetto al 2001 in quanto sono aumentati la produttività e i profitti delle imprese.
Questa sorprendente realtà coincide con quella tedesca: sono gli alti salari a stimolare gli investimenti e la produttività.
(*scrittore e giornalista, dirige il Centro Studi Giuridici e Sociali di Buenos Aires)
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Da Il Fatto Quotidiano del 31.03.2012
Lavoro 2012: abolizione art. 18 e nuovo schiavismo
In Italia il lavoro manca, sono circa 35 anni che Stilinga se lo sente ripetere, non solo per tutto questo tempo codesto motivetto è stato ripetuto a cantilena, ma anche è diventato la base per promuovere il lavoro nero, il lavoro precario, quello non tutelato, etc. etc..
Ora, Elsa Fornero deve (le è stato imposto dai burocrati europei) eliminare e/o modificare l'art. 18.
E lo fa giustificando tale azione in nome della crescita italiana.
Cioè: il lavoro non c'è e allora per farlo ripartire, si tagliano le tutele? e non ci si pone la seguente semplice domanda: come mai il lavoro in Italia latita? e come mai latita pure in Europa (almeno in quella meridionale)?
La risposta è altrettanto ovvia: il lavoro non latita, nè in Italia nè in Europa, latita la voglia di pagare contributi, stipendi degni di questo nome, tasse, etc. anche perchè oggi i capitalisti senza cuore e senza senno auspicano di attuare il metodo cinese in Europa: lo schiavismo.
Allora i capi Europei invece di riportare tutti i loro concittadini indietro di secoli, in nome della falsa produttività, farebbero bene ad associarsi tra loro per fare pressioni su chi invece ha distrutto il nostro mercato: i capitalisti sfruttatori e gli speculatori di borsa che vogliono tagliare welfare, diritti e prospettive in nome del loro profitto. A breve, medio e lungo termine questa ideologia pazza porta alla rivolta e poi alla rivoluzione.
Ne saranno consci costoro? o è meglio buttare il tutto in "caciara" e ci si culla sull'art.18? è questo articolo la causa della recessione? davvero? Ma alzare i dazi ai prodotti extraeuropei? e lottare contro lo sfruttamento dei popoli? e fare pagare in solido chi ha martoriato le finanze di paesi come la Grecia? no?
Ora, Elsa Fornero deve (le è stato imposto dai burocrati europei) eliminare e/o modificare l'art. 18.
E lo fa giustificando tale azione in nome della crescita italiana.
Cioè: il lavoro non c'è e allora per farlo ripartire, si tagliano le tutele? e non ci si pone la seguente semplice domanda: come mai il lavoro in Italia latita? e come mai latita pure in Europa (almeno in quella meridionale)?
La risposta è altrettanto ovvia: il lavoro non latita, nè in Italia nè in Europa, latita la voglia di pagare contributi, stipendi degni di questo nome, tasse, etc. anche perchè oggi i capitalisti senza cuore e senza senno auspicano di attuare il metodo cinese in Europa: lo schiavismo.
Allora i capi Europei invece di riportare tutti i loro concittadini indietro di secoli, in nome della falsa produttività, farebbero bene ad associarsi tra loro per fare pressioni su chi invece ha distrutto il nostro mercato: i capitalisti sfruttatori e gli speculatori di borsa che vogliono tagliare welfare, diritti e prospettive in nome del loro profitto. A breve, medio e lungo termine questa ideologia pazza porta alla rivolta e poi alla rivoluzione.
Ne saranno consci costoro? o è meglio buttare il tutto in "caciara" e ci si culla sull'art.18? è questo articolo la causa della recessione? davvero? Ma alzare i dazi ai prodotti extraeuropei? e lottare contro lo sfruttamento dei popoli? e fare pagare in solido chi ha martoriato le finanze di paesi come la Grecia? no?
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