MENTRE Mario Monti ribadisce la religione del rigore, il suo esecutivo cerca di confezionare un regalo miliardario per gli enti ecclesiastici.
Un buco finanziario, ma soprattutto una voragine di ingiustizia e disuguaglianza.
E il rischio di una figuraccia in Europa.
E prima ancora in Italia visto che gli atti dicono l’esatto opposto del comunicato di Palazzo Chigi.
Ma andiamo con ordine.
Era stato il governo Berlusconi a scatenare la reazione della Commissione Europea, concependo una circolare del gennaio 2009. In questa si determinavano mille escamotage per garantire le gerarchie ecclesiastiche che poco o nulla sarebbe stato pagato. Arrivò Monti e solenne fu l’impegno: niente sconti, né privilegi.
E così per evitare la sanzione europea il Parlamento approvò una disciplina chiara quanto banale.
La Chiesa avrebbe pagato per tutti gli immobili in cui svolge attività commerciale, come definita nel nostro ordinamento in conformità alle direttive europee.
Ma il diavolo è nei dettagli.
Il governo si riserva di emettere un regolamento, apparentemente relativo alla disciplina di ipotesi marginali e residuali. E però con questa scusa ritorna sulla decisione del Parlamento per introdurre criteri grazie ai quali l’esenzione Imu per la Chiesa anche dove svolge attività commerciali diventerebbe amplissima: un rosario di eccezioni idonee quasi ad azzerare quello che il Parlamento aveva dovuto approvare per evitare la sanzione europea.
Fortunatamente i primi di ottobre il Consiglio di Stato investito dall’obbligatoria richiesta di parere ha bocciato in tronco il colpo di mano governativo, ammonendo l’esecutivo sulla procedura di infrazione europea e sui limiti delle delega che aveva ricevuto.
Per tutta risposta l’esecutivo anziché fare ammenda dello scivolone, si costruisce una legge ad hoc con un codicillo inserito nel Decreto Legge sugli enti locali. E torna a confezionare un regolamento che se venisse definitivamente approvato consentirebbe alla Chiesa rilevantissime esenzioni per la gran parte della sua attività commerciale: alberghi, sanità e scuole.
Il tentativo è sempre il medesimo di Tremonti; introdurre criteri di definizione dell’attività non commerciale diversi e ben più ampi di quelli dettati dall’ordinamento comunitario e nazionale; per farli valere soltanto per la Chiesa e per gli altri enti non profit, che invece ai fini della tassa immobiliare quando svolgono attività commerciale devono essere ovviamente trattati come chiunque altro; in difetto si avrebbe un clamoroso aiuto di stato a danno delle pubbliche casse e della corretta concorrenza.
Basti pensare che per le attività sanitarie il regolamento predisposto dall’attuale Governo proprio con le stesse parole utilizzate nella circolare Tremonti afferma che l’esenzione scatterebbe per il solo fatto della presenza di un accreditatamento con il servizio sanitario; il che però è semplicemente un modo per essere pagati dal pubblico anziché dal privato e certo non esclude ma anzi conferma la natura commerciale dell’attività. O ancora per le scuole si prevede l’esenzione se solo i costi di gestione non risultino “interamente” coperti dalle rette. Basta quindi che non lo siano per lo 0,1 per cento per far passare in cavalleria l’intera imposta; anche qui con sostanziale ripetizione di quel che aveva scritto Berlusconi.
Misure e balletti che la commissione europea ha già contestato come abusivo aiuto di stato in danno di conti pubblici, aziende e cittadini e che ora invece proprio il governo del rigore vuole riproporre in spregio agli impegni solenni di Monti e alla stessa legge approvata dal Parlamento.
Per fortuna la questione è di nuovo tornata in Consiglio di Stato che almeno su questi aspetti eclatanti non potrà non rilevare il contrasto con principi elementari che lo stesso atto del governo declama nelle sue premesse, salvo tradirli nello specifico dei criteri relativi ai campi principali dove si gioca la partita Chiesa-Imu (sanità, scuole, attività ricettiva).
I giudici pur nei limiti della loro funzione che in questo caso è solo consultiva non potranno che evidenziare la necessità che quei criteri per essere ammissibili dovranno necessariamente essere ricondotti ai parametri comunitari di definizione dell’attività commerciale da chiunque effettuata.
Solo attività veramente gratuita può essere esclusa. Altrimenti la sanzione europea sarebbe alle porte e sicuramente spietata come la relativa figuraccia internazionale e l’inaccettabile ingiustizia verso il resto del Paese, cittadini cattolici compresi.
Per non dire che le Camere con un rigurgito di dignità (ma c’è poco da sperarci) dovrebbero negare la conversione in legge di quel colpo di mano con cui il governo con un codicillo al Decreto Legge sugli enti locali si è arrogato il potere di rimettere in discussione ciò che era stato finalmente deciso.
Nel comunicato di ieri di Palazzo Chigi c’è insomma, spiace dirlo, tanto bluff nel metodo e nel merito.
Nel metodo perché è stato proprio un blitz quello con cui l’esecutivo si è auto ampliato la delega per poter rimettere in discussione ciò che il Parlamento aveva finalmente deciso.
Nel merito perché basta leggere lo schema di regolamento che l’esecutivo ha confezionato per verificare che nei tre settori fondamentali la volontà del governo è proprio quella di ampliare a dismisura l’ambito di esenzione Imu in favore della Chiesa.
Il documento è lì, basta leggerlo.
É un fatto e contro i fatti è inutile polemizzare.
Da La Repubblica del 13/11/2012