Banche, il rigore non vale in Germania i salvataggi di Sparkasse e Landesbanken



da: http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2014/12/08/news/banche_il_rigore_non_vale_in_germania_i_salvataggi_di_sparkasse_e_landesbanken-102378650/

ANALISTI E OSSERVATORI RILEVANO UN TRATTAMENTO PRIVILEGIATO PER LE TEDESCHE. GRAN PARTE DEGLI ISTITUTI REGIONALI E LOCALI SONO SFUGGITI AGLI STRESS TEST, MENTRE SUI PARAMETRI ADOTTATI DALLA VIGILANZA HANNO PESATO IN MANIERA LIEVE DERIVATI E TITOLI STRUTTURATI



L' ultimo scandalo in ordine cronologico è stato piccante e galeotto, di natura sessuale. Walter Kleine, 55 anni, ha dovuto gettare la spugna dopo aver molestato per mesi alcune dipendenti giovani e carine. Può succedere ovunque. Ma il caso di Herr Kleine, numero uno appena dimessosi della Sparkasse di Hannover è solo la punta dell'iceberg. Di un iceberg visibile, anzi: Sparkassen e Landesbanken sono un mondo opaco. L e Sparkassen sono le casse di risparmio, le Landesbanken sono le banche che appartengono in comproprietà ad alcuni dei sedici Bundeslaender, cioè gli Stati che compongono la Repubblica federale. Lobbyismo, complicità, amicizie e favori con i poteri politici locali e federali, perdite per miliardi, affari illeciti. Se la trojka fosse stata incaricata di indagare su Sparkassen e Landesbanken con la durezza con cui ha posto sotto esame la Grecia, la Bundesrepublik ne sarebbe uscita male. Ma non è stato così: solo sei Landesbanken sono state sottoposte agli stress test e poi alla vigilanza unica della Banca Centrale Europea, e hanno passato l’esame. Le altre Landesbanken, e le Sparkassen, no. Ma è il sistema bancario tedesco nel suo complesso, che sembra essere sempre un po’ “più uguale degli altri”. Come ha detto Ignazio Angeloni, membro del supervisory board della vigilanza bancaria europea, i criteri di discrezionalità nazionali utilizzati in occasione dei due test di stress e sulla qualità degli attivi sono stati ben 103.
 E hanno pesato molto nel risultato finale, finendo per gonfiare di 126 miliardi la patrimonializzazione del campione esaminato. Parlando di singoli paesi, Angeloni ha notato che le banche tedesche hanno beneficiato di filtri prudenziali e altri tipi di deroghe per oltre 30 miliardi, quelle spagnole circa 25 miliardi, mentre per le italiane l’ammontare delle eccezioni è attorno ai 15 miliardi. 
«Ci vorrebbe più trasparenza su queste esenzioni, e in generale più certezza nelle misure di gestione e aumento di capitale, le quali non dovrebbero essere dipendenti da discrezionalità nazionali», ha dichiarato Angeloni all’agenzia Bloomberg. 

Ecco tre esempi di trattamento dispari: i crediti ristrutturati in Germania possono diventare immediatamente «buoni», mentre in Italia per almeno due anni le partite ristrutturate devono permanere tra i crediti deteriorati. Oppure i criteri di calcolo del valore delle garanzie: sempre a fair value al di qua delle Alpi, al valore nominale se si tratta di garanzie immobiliari tedesche. O infine gli avviamenti, che in Germania sono inclusi nel patrimonio, una possibilità che la Banca d’Italia non concede. Ci sono poi le asimmetrie risultanti dal modo in cui le verifiche sugli attivi svolte dalla Bce (i cosiddetti Aqr) hanno ponderato diversi tipi di rischi.
 Mentre i crediti sono stati falcidiati, l’Eurotower ha usato la mano leggera per derivati e strutture finanziarie complesse, quelle per cui la contabilizzazione è delegata a sistemi interni agli istituti. Le quattro banche europee più esposte su questi attivi, chiamati «di terzo livello», sono Bnp Paribas, Crédit Agricole, Bpce e Deutsche Bank, che a fine 2013 ne detenevano per 74 miliardi di euro. Ma in seguito agli Aqr le rettifiche complessive sono state di appena 1,2 miliardi di euro, l’1,6 per cento del valore di quegli attivi. E Deutsche Bank, che ne è un po’ la regina — nel 2013 aveva attivi level 3 pari al 70 per cento del patrimonio netto tangibile — le rettifiche sono state di 94 milioni, lo 0,32 per cento; fortuna che si parla di strumenti ad alto rischio e prezzi incerti. Ma si sa, ovunque un meccanismo collettivo veda la presenza dominante d’una potenza egemone, se tutti sono uguali alcuni sono più uguali degli altri. Per cui ad esempio gli aumenti di capitale sostenuti dalla mano pubblica per le banche. 
I dati ufficiali dell’Unione Europea parlano chiaro: tra il 2008 e il 2012 la Germania ha rimpolpato con 64 miliardi di euro il suo sistema bancario malato, che all’inizio della crisi dei subprime si fece trovare zeppo (circa 500 miliardi) di mutui immobiliari statunitensi di basso valore e alto rendimento, e quando scoppiò la crisi sovrana si rivelò il primo investitore dei debiti di Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna (altri 535 miliardi). Per questo la mano pubblica tedesca ha dovuto pagare forte, un assegno pari al 2,4% del Pil.

E qui si sorvola sul doppio gioco politico, perché è ormai una verità storica che la severità dei tedeschi nelle istituzioni comunitarie nei confronti dei paesi cicala è servita anche a proteggere l’esposizione e il rientro in emissioni periferiche delle banche teutoniche. 

In Italia, invece, gli aiuti di Stato sono stati quasi assenti: 6 miliardi nei quattro anni neri, uno 0,5% del Pil tricolore e quasi tutti restituiti con gli interessi (resta solo un miliardo di bond convertibili al Monte dei Paschi).
 E qui parliamo delle sole banche semipubbliche o locali che sono state ‘visitate’ dagli stress test: chissà quanto hanno intascato le altre, esentate a seguito del vittorioso pressing del potere il cui volto è inevitabilmente, sulla scena globale, quello di Angela Merkel. 
Le Landesbanken che sono state sottoposte allo stress test sono solo una parte, le Sparkassen si sono salvate.
 E anche questo non è stato un vantaggio da poco, per Berlino. Quando ai primi di settembre la Bce pubblicò l’elenco delle 120 banche che sarebbero finite sotto la lente della vigilanza unica, emerse rumorosamente l’assenza di mezza Germania bancaria: ben 1.697 banche su 3.532 tedesche non superavano la soglia sistemica, quindi sarebbero rimaste sotto l’ombrello grigio delle vigilanze locali. 
Tra queste tutte le Sparkassen, tutte le cooperative (Volksbanken o Raiffeisenbanken), che costituiscono l’ossatura finanziaria di imprese e politica locali in tutto il paese. L’autorevole pensatoio bruxellese Bruegel mise a nudo la cosa, negoziata al Consiglio Ecofin nove mesi prima: «L’eccezione fu introdotta durante il negoziato al Consiglio, apparentemente dopo la forte insistenza della Germania — ha detto l’economista Nicolas Véron — le conseguenze sulla struttura dell’Unione bancaria sono asimmetriche. Bisogna vedere se genereranno, o meno, tensioni politiche in futuro ». 
Ma parliamo delle sei Landesbanken, tutte promosse agli esami della Bce. 
Bayerische Landesbank, 10 miliardi bruciati per affari oscuri con la Alpe-Adria e con l’allora governo dello Stato austriaco di Carinzia ai tempi di Joerg Haider, il leader fondatore della nuova destra euroscettica austriaca, che poi morì guidando in eccesso di velocità sotto effetto di alcol e droghe dopo un party omosessuale. 
Hsh, la banca pubblica del Nord, uscita malissimo nei media per un’inchiesta. 
Landesbank Baden-Wuerttemberg; Landesbank Berlin della capitale iperindebitata che non riesce neanche a costruirsi un aeroporto moderno, decente e sicuro; la Landesbank che unisce l’Assia (lo Stato di Francoforte) e la Turingia, Stato-pilota dell’ex Est tedesco. 
Davvero sono tutte più sane e credibili delle banche italiane o di altri Stati dell’Europa meridionale bocciate negli stress test? 
E davvero non andrebbero esaminate, in nome di un settore bancario sano nell’Unione Europea, anche le Sparkassen? 
Le risposte dei massimi economisti tedeschi tendono a essere prudenti e quasi assolutorie, eppure qua e là ammettono o lasciano capire che qualcosa non va. «Le Sparkassen si sono rivelate un fattore di stabilità durante la crisi finanziaria internazionale», dice la professoressa Dorothea Schaefer, massima esperta in materia del Diw, forse il più indipendente tra i grandi istituti di analisi economica qui. E aggiunge: «Non è un problema di situazioni tipo ‘too big to fail, le Sparkassen hanno i loro affari tradizionali con clienti tradizionali, cioè depositi di risparmio e crediti ad aziende locali». Ma sulle Landesbanken già il giudizio di Schaefer si fa più differenziato: «Sono state fortemente coinvolte nella crisi, e una, la Westdeutsche Landesbank, è stata chiusa». E poi ancora: «I bilanci delle Landesbanken si sono molto rimpiccioliti, forse le Landesbanken sono ancora troppe, sebbene gli sviluppi degli ultimi anni vadano nella direzione giusta. In tema responsabilità c’è ancora molta strada da fare». 
Allora, continuare a chiudere? E come peserebbe ciò sul rating della potenza egemone d’Europa? Qui le risposte si fanno più possibiliste e vaghe. «Visto che la maggioranza delle banche tedesche hanno superato gli stress test, ciò riguarda sicuramente anche le Landesbanken esaminate», continua Dorothea Schaefer, e aggiunge: «E verosimilmente l’avrebbero superato anche la maggioranza delle Sparkassen. I loro affari sono soprattutto locali e vista la stabile situazione economica non hanno tanti crediti in sofferenza». Verità ufficiali, verità parziali. 
Le perdite delle Landesbanken negli ultimi anni ammontano a miliardi di euro, per crediti e affari dubbi decisi e conclusi con l’intesa dei poteri politici locali
Dalla Baviera, dove si parla appunto di 10 miliardi in rosso per lo scandalo dell’appoggio ad Alpe-Adria ai tempi di Haider, fino alla LBBW, la Landesbank del ricchissimo Baden-Wuerttemberg, i cui dirigenti sono stati oggetto di indagini della magistratura per sospetto di malversazione. O al caso limite della WestLb, Westdeutsche Landesbank, quella che appunto è stata costretta a chiudere dopo aver parcheggiato i propri affari più sofferenti e sporchi in una bad bank appoggiata dal potere pubblico locale. Il problema, dice Rolf Hess del sito investigativo Jungle World, è anche la confusione giuridica: le Landesbanken sono ‘istituzioni di diritto pubblico’, che però con le spalle coperte dai poteri politici si presentano sui mercati come banche d’affari. E insieme ai Bundeslaender, i loro proprietari o azionisti di riferimento sono le Sparkassen. Coesistenza d’affari e interessi diversi, perché appunto le Sparkassen vivono di piccola clientela prima di tutto, le Landesbanken appoggiano le grandi medie e piccole aziende locali. Con quali controlli, con quali garanzie di rigore? La HSH Nordbank, la banca semipubblica dei Bundeslaender di Amburgo e Schleswig Holstein, si è salvata di recente solo con aiuti per diversi miliardi di denaro dei contribuenti, dopo anni di pratiche finanziarie disinvolte e di retribuzioni spaventosamente alte dei suoi dirigenti. La WestLB è stata chiusa, come scrivevamo, ma solo per il pressing — un’eccezione — delle autorità di Bruxelles. 
I miliardi di perdite alla fine erano diventati troppi: 1,2 miliardi di perdite dopo la restituzione alle autorità di 1,4 miliardi di aiuti ritenuti illeciti dalla Ue nel 2004, poi 3,4 miliardi di altri aiuti illeciti denunciati e bocciati da Bruxelles nel 2010, alla fine (2013) perdite totali per 18 miliardi di euro. Dieci almeno, sempre secondo i media liberal tedeschi, sono i miliardi bruciati dalla Bayerische Landesbank con Alpe Adria ma anche, denuncia la Sueddeutsche, col controverso Bernie Ecclestone. E sospetti — nati in Austria sul conto della Bayerische Landesbank — di falso in bilancio. 

E Stilinga ha subito creato un nesso con la metodologia usata dalla Germania con l'epidemia di E.Coli e i cetrioli spagnoli: la colpa da trovare era fuori dalla Germania e quindi si è passati a distruggere economicamente i produttori di cetrioli spagnoli e italiani  e non si è visto in casa propria dove invece nasceva l'epidemia. 

Questo modus operandi pare un must tedesco: la colpa è di altri, mai nostra! 

E così facendo i tedeschi, da una parte, arrivano ad avere un enorme vantaggio economico e dall'altra, nascondono al mondo, preservando la loro reputazione di paese civile (de che?) che le magagne le hanno create loro! 
E con le banche hanno fatto uguale uguale! 
La cosa assurda è che continuano a dettare le regole e ancora più assurdo è vedere come nessuno dell'Europa faccia la voce grossa contro la follia tedesca!

 E per ricordarci cosa accadde nel 2011 ecco di seguito un report:

da http://www.ilfattoalimentare.it/storia-errori-epidemia-escherichia-coli-o104h4.htmlda: 

1 maggio 2011
In Germania nella città di Amburgo e nell’area limitrofa si registrano i primi casi di intossicazione causati dal batterio denominato  Escherichia coli. 
22 maggio 2011
Gli  ospedali registrano un numero abnorme di persone intossicate da Escherichia coli (come emerge dai documenti ufficiali dell’istituto  Robert Koch Institute (Rki) responsabile della sorveglianza sanitaria in Germania), ma le autorità sanitarie cittadine solo dopo 3 settimane segnalano il caso al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Edcd).  
Questi 21 giorni sono considerati il primo grave errore, visto che le autorità sanitarie della Sassonia abitualmente una volta alla settimana inviano agli uffici centrali un report sulla situazione, e che questi a loro volta riferiscono al Robert Koch Institute ogni 7 giorni. 
26 maggio 2011
Quando ormai si contano centinaia di ricoveri ospedalieri e diversi morti, inizia la seconda fase della crisi, caratterizzata da comunicati stampa precipitosi e inesatti, con  risvolti sanitari ed economici gravissimi.Con una certa superficialità Prüfer-Cornelia Storck – responsabile sanitaria di Amburgo – dichiara di avere forti sospetti su alcune partite di cetrioli biologici importati dalla Spagna, sui quali sono state trovate  tracce di Escherichia coli.
In  poche ore il panico si diffonde e  i tedeschi  smettono di mangiare cetrioli e verdure,  mentre in Europa  le importazioni di legumi e ortaggi dalla Spagna crollano vertiginosamente. Purtroppo la notizia è priva di fondamento tanto che i  ricoveri ospedalieri non si riducono e i morti aumentano.

31 maggio
Cornelia Prüfer-Storcks cambia versione “esprime dubbi sulla responsabilità dei cetrioli spagnoli” e sostiene che “la fonte dell’avvelenamento non è stata ancora identificata”. A supporto di questa nuova tesi cita i risultati del team di Helge Karch (uno dei più eminenti studiosi del settore dell’Università di Münster), che  48 ore dopo avere ricevuto l’incarico di esaminare il caso, identifica nell’Escherichia coli  O104: H4, il ceppo di microrganismi responsabile dell’avvelenamento (diverso da quello trovato sui cetrioli spagnoli).
Siamo di fronte al secondo errore delle autorità tedesche. Cornelia Prüfer-Storcks ha scatenato il panico in Europa basandosi su dati analitici incompleti e imprecisi, adducendo come motivo il numero elevato di morti che hanno spinto a  diffondere notizie incomplete per cercare di arginare l’epidemia. Pur comprendendo la criticità della situazione, il rigore scientifico è un requisito indispensabile ed è comunque difficile giustificare una simile leggerezza.
I misteri del questionario
Il questionario fatto compilare dalla maggior parte dei pazienti per  individuare la causa dell’intossicazione (che gli esperti chiamano scheda epidemiologica caso-controllo),  non conteneva tra le categorie sospette da indicare la parola germogli. 
Secondo la rivista Agriculture & Environnement i germogli erano presenti nel primo questionario, datato 20 maggio e inviato ai primi pazienti. La categoria è stata cancellata in un secondo tempo perché nella fase di ricerca iniziale, solo una parte degli intervistati aveva dichiarato di aver consumato i germogli nei giorni precedenti. A questo punto si è  focalizzata l’attenzione su  insalata, cetrioli e pomodori consumati dal 95% delle persone colpite.
5 giugno 2011
Il 36° giorno di crisi,  quando si contano 23 morti e 2.000 ricoveri ospedalieri, il mistero dell’epidemia viene finalmente risolto: le autorità sanitarie tedesche individuano come  responsabili  germogli di semi mangiati crudi.
Le autorità giungono a questa conclusione dopo aver mobilitano 150 persone (molte delle quali dipendenti dall’istituto Rki) e aver riesaminato le schede epidemiologiche caso–controllo compilate dai pazienti.  In questo modo si è focalizzata l’attenzione  su alcuni ristoranti dove avevano mangiato diciassette pazienti.
In questi 36 giorni mentre cetrioli, pomodori e lattuga erano banditi dalle tavole, i cittadini hanno continuato a consumare germogli e ad ammalarsi. A livello agricolo il danno è stato molto grave perchè 6.000 tonnellate di cetrioli, più di 3.500 tonnellate di pomodori e 1.300 ettari di terreno coltivato a  lattuga  sono stati inutilmente distrutti, con perdite economiche pari a circa  mezzo miliardo di euro.
10 giugno 2011
Le autorità sanitarie individuano la fattoria biologica di Klaus Verbeck di Amburgo come l’azienda agricola che ha distribuito i germogli contaminati in cinque regioni e stabiliscono l’immediata sospensione dell’attività. Nei giorni successivi si assiste alla graduale riduzione  dei ricoveri. Per dovere di cronaca va detto che i servizi sanitari tedeschi durante il sopralluogo in azienda hanno  esaminato l’impianto idrico e di ventilazione e le aree di lavoro senza riscontrare tracce dell’Escherichia coli E104: H4. L’unico riscontro interessante è che il germe viene isolato in alcuni dipendenti dell’azienda che avevano consumato i germogli e sviluppato la malattia.
La pista dei germogli della fattoria biologica di Klaus Verbeck spiega perchè l’epidemia risulta circoscritta in un’area limitata e anche il  protrarsi dell’infezione, probabilmente dovuto all’impiego dello stesso lotto di semi contaminato per produrre nuovi germogli. Anche l’elevato numero di donne colpite e la scarsa  presenza di bambini si può giustificare considerando la propensione delle donne  a consumare più di frequente insalate con semi.
L’ipotesi dei germogli trascurata all’inizio è invece più che plausibile alla luce delle epidemie che questo tipo di cibo ha  provocato negli ultimi anni. Basta ricordare quella del 1992 a Sakai City  in Giappone ( dove  l’ Escherichia  coli O157: H7  nei semi di ravanello  provocò 7.000 vittime). Anche negli Stati Uniti e in Canada, nel periodo che va dal 1995 al 2003 si  registrano più di 20 episodi di avvelenamento causati da germogli contaminati. Il rischio è correlato alla procedura di  germinazione , che richiede un ambiente caldo-umido considerato ideale per la crescita di microrganismi patogeni eventualmente presenti sulla superficie.
24 giugno 2011
In Francia viene segnalato un focolaio di diarrea emorragica che colpisce 16 persone (di cui 8 con Seu) , dovuto a un ceppo di Escherichia coli O104:H4 simile a quello isolato in Germania. Vittime sono persone  che nel corso di una festa scolastica hanno mangiato germogli crudi di semi di fieno greco, di rucola e di senape, coltivati dai bambini. Di fronte a questo episodio l’ipotesi dei germogli come fonte del focolaio diventa quasi una certezza, anche se mancano riscontri analitici sul prodotto .
Le cause 
Come ha fatto l’Escherichia coli ad introdursi nel sistema produttivo dell’azienda agricola Klaus Verbeck. Le ipotesi sono diverse: l’uso di acqua contaminata, un livello igienico inadeguato,  un inquinamento causato dal personale, l’uso di  sementi contaminate all’origine fatte poi germogliare. La maggior parte degli episodi riportati in letteratura di epidemia da Coli focalizzano l’attenzione sull’utilizzo di semi contaminati durante le pratiche agricole di coltivazione, di fertilizzazione, di raccolta o di  stoccaggio. Il contatto con i batteri può avvenire anche durante la preparazione dei germogli, a causa di pratiche igieniche scorrette da parte degli operatori, che potrebbero a loro volta essere portatori dei microrganismi patogeni.

Per individuare la causa in modo certo bisognerebbe avere eseguito test e analisi microbiologiche su ogni lotto di semi e di germogli (controllo non previsto dalla normativa e quindi non realizzato dalla Klaus Verbeck). Va però detto che, secondo il sopralluogo condotto  in azienda dopo circa un mese, l’azienda  presenta una situazione di assoluta regolarità per quanto riguarda le norme igieniche e si è anche scoperto che nella struttura  non  si usano fertilizzanti organici e non si  allevano animali.
Premesso ciò,  l’ipotesi dei semi contaminati all’origine risulta comunque credibile per i riscontri epidemiologici rilevati in Germania e anche in Francia,.
Le indagini condotte in seguito congiuntamentedall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dal CEPCM  hanno individuato il fornitore dei semi di fieno biologici contaminati la società egiziana Aga Saat che ha fornito lotti nel 2009 e nel  2010. Anche i questo caso però non ci sono riscontri analitici  sulla presenza dell’Escherichia coli in questi semi e quindi non si può sostenere con certezza l’origine di tutte le tossinfezioni.
I microbiologi non escludono l’ipotesi di una contaminazione causata dall’uomo,  visto che il serbatoio naturale del ceppo di Escherichia coli O104: H4 è l’intestino umano e non quello degli animali. Il ceppo è stato trovato la prima volta nel 2001 negli esseri umani e anche di recente in modo sporadico. E’ lecito ipotizzare che nell’intestino di cittadini europei classificati come portatori sani ci sia il ceppo di Escherichia coli O104: H4 .
Il motivo per cui solo nel maggio 2011 è scoppiata l’epidemia è che la trasmissione del batterio da uomo a uomo è complicata e quindi difficilmente realizzabile. Se però  nello schema subentra un vettore esterno come i germogli che contaminati  riproducono sulla loro superficie un elevata carica di Escherichia coli  e questi vengono  consumati crudi allora l’ipotesi della trasmissione diventa realistica.
Di fronte alla recente  epidemia causata da germogli di semi,  sarebbe opportuno introdurre nuove regole e nuove procedure per la vendita di semi destinati ad essere consumati crudi. La cosa più logica sarebbe quella di obbligare i produttori ad una preventiva sterilizzazione di tutti i semi. E’ troppo rischioso affidare ai consumatori la germinazione, senza informarli sulle precauzioni da adottate. Sino ad ora però le etichette dei prodotti non sono cambiate ( Secondo il Canadian Food Inspection la soluzione migliore per evitare  problemi è di sterilizzare i semi  prima della germinazione con acqua clorata oppure con l’irradiazione; un’alternativa l’immersione in aceto o in acqua calda a 70°C per pochi minuti).
In Italia le metodiche per la ricerca di VTEC O104:H4 negli alimenti e i relativi materiali di riferimento sono stati distribuiti agli Istituti Zooprofilattici Sperimentali. I test di laboratorio condotti su varie matrici alimentari e su semi di specie varie destinati alla produzione di germogli hanno sempre dato esito negativo. Sono state anche condotte indagini di laboratorio su casi umani sospetti per sintomatologia e/o anamnesi ma sempre con esito negativo.
Roberto La Pira

Referenze
- Epidemia di panico in Europa, Natura, 7 giugno 2011.
- La Germania, forse il ruolo di cetrioli spagnolo, AFP, 31 maggio 2011.
-  Enteroemorragica Escherichia coli (EHEC), l’OMS, Foglio n. 125, maggio 2005.
-  E. coli: le autorità tedesche hanno messo la morte in nome della “sfortuna”, EurActiv, 14 giugno 2011.
- Valutazione dei rischi per la sicurezza degli alimenti di origine vegetale, Direzione per le ispezioni alimentari del Canada, nel dicembre 2002.
-  Semi germinati: Bio si scaglia, Le Nouvel Observateur, 13 giugno 2011.
Foto:Photos.com
-  Come ha Germogli tedesco contaminati?, Gretchen Goetche, www.foodsafetynews.com, 14 giugno 2011.
Ultimo commento di Stilinga: anche i tedeschi sono brutti, sporchi e cattivi, oltre che pezzenti, proprio come gli abitanti del resto d'Europa e del mondo! Non sono superiori a nessuno neanche nelle epidemie e nei casini economici e sono pure pasticcioni e truffatori!