VI PIACE VESTIRE ZARA, GAP E H&M? PRODUCONO IN BANGLADESH, PAGANDO I LAVORATORI 56 EURO AL MESE

da http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/vi-piace-vestire-zara-gap-sappiate-che-questi-marchi-producono-138431.htm

Ci sono i nomi di marchi notissimi come Zara, Gap e H&M tra i clienti delle manifatture di Ashulia, centro del tessile in Bangladesh per il quale lavorano migliaia di persone e di recente al centro delle cronache per uno sciopero che ha portato molti di loro a incrociare le braccia, in protesta contro condizioni salariali che ritengono inaccettabili.
UNA FABBRICA ABUSIVA VICINO A DHAKA
In decine di migliaia hanno imbracciato bandiere e cartelli con gli slogan, dopo un primo licenziamento di 121 lavoratori, da cui è scaturita una protesta di massa per quei solo circa 56 euro che ognuno di loro riceve ogni mese per produrre capi che poi finiscono negli store di marchi molti noti del mercato occidentale.
UNA FABBRICA LEGALE DEL BANGLADESH
Manifestazioni di grande portata, con almeno dieci feriti, quando la polizia ha aperto il fuoco con proiettili di gomma e che hanno portato alla chiusura temporanea di almeno cinquanta impianti, ma anche a conseguenze ben più spiacevoli.
Secondo quanto riporta il Guardian sarebbero almeno 1.500 i lavoratori che sono stati lasciati a casa dai rispettivi datori di lavoro dopo le proteste, per uno stipendio che, secondo gli attivisti, vale un quinto della cifra necessaria per mantenere condizioni vita accettabili, pure in un Paese non di certo ricco come il Bangladesh.
UN BAMBINO E LA SUA MACCHINA DA CUCIRE


E Stilinga pensa che si definisce Globalizzazione quello che è solo puro SFRUTTAMENTO.
E BASTA!

Follia Pura: Roma, Atac sull'orlo del crac liquida premi e arretrati: 2 milioni a 50 manager

In arrivo incentivi di produzione fino al 2018 e arretrati dal 2012 al 2016. Previsti anche scatti per gli adeguamenti di contratto. Il piano di Fantasia

In Italia gli stipendi più bassi dell’Europa occidentale

da:https://it.businessinsider.com/in-italia-gli-stipendi-piu-bassi-delleuropa-occidentale/?ref=HREC1-5

Se la ripresa non decolla la colpa è anche degli stipendi che in Italia restano i più bassi dell’Europa occidentale. 

Peggio fanno solo Spagna e Portogallo che però si possono consolare con un maggior potere d’acquisto. A mettere i numeri nero su bianco è Eurostat, l’istituto di statistica dell’Unione europea, che in un recente report ha fatto il punto sulle retribuzione del Vecchio continente. 

La paga media oraria in Italia si ferma a 12,5 euro con un potere d’acquisto pari a 12,3 euro: all’interno dell’Unione europea la media si attesa a 13,2 euro l’ora, ma il dato è condizionato dai bassi salari dei Paesi dell’est entrati nella Ue dopo il 2004. Basti pensare, per esempio, che in Bulgaria il salario orario si ferma a 1,7 euro e in Romania arriva a 2 euro: in entrambi i Paesi, però, il potere d’acquisto è più alto.

Insomma l’Italia resta il fanalino di coda del Vecchio continente condannata a guardare da lontana la ricca Germania, i paesi scandinavi e persino la vicina Francia dove gli stipendi medi arrivano a 14,9 euro. 

E’ quindi solo una magra consolazione il fatto che lungo la Penisola gli stipendi bassi non siano così tanti rispetto alla media. Sempre secondo Eurostat i lavoratori italiani a basso reddito sono “solo” il 9,4%: si tratta dei dipendenti con un salario orario inferiore ai due terzi della paga oraria. 
La percentuale italiana è la più bassa della zona euro dopo Francia (8,8%), Finlandia (5,3%) e Belgio (3,8%), mentre la media continentale è al 17,2%.

Il semplice dato può anche sembrare positivo lasciando intendere che in Italia non ci siano troppe disuguaglianze sul fronte degli stipendi. 

Il problema, tuttavia, c’è ed è evidente: la soglia del basso reddito lungo la Penisola è inferiore a tutte le altre economie comparabili: siamo a 8,3 euro all’ora in Italia, 10 euro in Francia, 10,5 euro in Germania, 13,4 in Irlanda, 9,9 nel Regno Unito, 10,7 in Olanda e 17 in Danimarca. 

Si scende a 6,6 euro in Spagna, poi è bassissima in Bulgaria (1,1) euro, Romania (1,4 euro), Portogallo (3,4), Slovacchia (2,9), Lettonia e Lituania (2,2), ma sono tutti Paesi che vantano un più alto potere d’acquisto.
A livello assoluto, invece, rimangono profonde differenze: il 21,1% delle donne è a basso reddito, contro il 13,5% degli uomini. Inoltre, quasi un uno su tre (30,1%) degli under-30 rientra nella categoria, mentre tra 30 e 59 anni vi ricadono solo quattordici dipendenti su cento.

Istat 2016, uno su quattro a rischio povertà

da: http://www.quotidiano.net/cronaca/istat-poverta-1.2733848

Il dato è sostanzialmente stabile rispetto al 2014, ma peggiorano le condizioni delle famiglie con almeno 5 componenti

Roma, 6 dicembre 2016 - La fotografia scattata dall'istat sulla povertà in Italia è impietosa: oltre uno su quattro è a rischio, con dati drammatici al Sud del Paese, dove la percentuale si avvicina a metà della popolazione. Di più, la diseguaglianza tra i redditi dei ricchi e dei poveri è tra le maggiori in Europa. Il 'metro' per misurare  la situazione è la definizione adottata nell'ambito della Strategia Europa 2020, ovvero deve verificarsi almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro
I DATI - Nel 2015 si stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale. La quota è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%) a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%); resta invece invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%). 
Si rilevano segnali di peggioramento tra chi vive in famiglie con almeno cinque componenti (dal 40,2% al 43,7%) e, in particolare, tra chi vive in coppia con almeno tre figli (da 39,4% a 48,3%, pari a circa 2.200.000 individui). Tale peggioramento è associato ad un incremento sia del rischio di povertà (+7,1%) sia della grave deprivazione materiale (+3%). Per gli stessi individui si osserva, invece, un miglioramento per la bassa intensità lavorativa (che passa dal 14,6% al 12,4% tra gli individui delle famiglie numerose e dal 14,1% all'11,4% tra le coppie con almeno tre figli).
Il peggioramento del rischio di povertà o esclusione sociale interessa soprattutto i residenti del Centro (da 22,1% a 24%) per i quali cresce la deprivazione materiale e, in misura minore, le persone che risiedono al Sud e nelle Isole (dal 45,6% al 46,4%), dove tale rischio rimane in generale piu diffuso e prossimo a coinvolgere il 50% delle persone residenti.
Si aggrava il rischio di povertà o esclusione sociale anche per coloro che vivono prevalentemente di reddito da lavoro, in concomitanza all'incremento della bassa intensità lavorativa (+0,6% per il reddito da lavoro dipendente e +0,7% per il reddito da lavoro autonomo). Al contrario, tra coloro il cui reddito principale familiare è costituito da pensioni o trasferimenti pubblici l'esposizione al rischio di povertà o esclusione sociale rimane stabile, pur in presenza di una diminuzione dell'indicatore di bassa intensita' lavorativa (da 50,7% a 47,1%). 
La grave deprivazione materiale si mantiene sostanzialmente stabile fra il 2014 e il 2015 (rispettivamente 11,6% e 11,5%) ma gli andamenti sono differenziati per i singoli indicatori: diminuisce la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter permettersi una settimana di vacanzalontano da casa (da 49,5% a 47,3%), di non riuscire a fare un pasto adeguato (cioè con proteine della carne o pesce o equivalente vegetariano) almeno ogni due giorni (da 12,6% a 11,8%) e di non poter riscaldare adeguatamente l'abitazione (da 18% a 17%) Aumenta, invece, la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere una spesa imprevista di 800 euro (da 38,8% a 39,9%) e di avere avuto arretrati per mutuo, affitto, bollette o altri debiti (da 14,3% a 14,9%).
Peggioramenti più marcati si osservano in particolare per gli individui in coppie con almeno tre figli: la quota di chi dichiara di non poter sostenere una spesa imprevista di 800 euro passa dal 48,1% al 52,8% e quella di chi ha avuto arretrati per mutuo, affitto, bollette o altri debiti dal 21,7% al 30,4%.
REGIONE PER REGIONE - Quasi la metà dei residenti nel Sud e nelle Isole(46,4%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 24% del Centro e il 17,4% del Nord. I livelli sono superiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno, con valori più elevati in Sicilia (55,4%), Puglia (47,8%) e Campania (46,1%).
Viceversa, i valori più contenuti si riscontrano nella provincia autonoma di Bolzano (13,7%), in Friuli-Venezia Giulia (14,5%) e in Emilia-Romagna (15,4%). Peggioramenti significativi si rilevano in Puglia (+7,5%), Umbria (+6,6%), nella provincia autonoma di Bolzano (+4%), nelle Marche (+3,4%) e nel Lazio (+2,3%), mentre l'indicatore migliora per Campania e Molise. 
DIVARIO RECORD - In Italia la diseguaglianza tra redditi e tra le maggiori in Europa: "Una delle misure principali utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l'indice di Gini. In Italia esso assume un valore pari a 0,324, sopra la media europea di 0,310, ma stabile rispetto all'anno precedente", si legge nel rapporto, "nella graduatoria dei Paesi dell'Ue l'Italia occupa la sedicesima posizione assieme al Regno Unito". 
Distribuzioni del reddito più diseguali rispetto all'Italia si rilevano in altri Paesi dell'area mediterranea quali Cipro (0,336), Portogallo (0,340), Grecia (0,342) e Spagna (0,346). Il campo di variazione dell'indice è molto ampio: dai valori più alti di Lituania (0,379) e Romania (0,374) dove la distribuzione dei redditi è fortemente diseguale, a quelli più bassi di Slovenia (0,236) e Slovacchia (0,237), che invece hanno distribuzioni del reddito più eque. 

Censis, l'Italia bloccata non investe più. Giovani più poveri dei loro nonni

da: http://www.repubblica.it/economia/2016/12/02/news/censis_l_italia_bloccata_che_non_investe_piu_torna_a_tuffarsi_nel_sommerso-153253818/?ref=HREC1-6
Il cinquantesimo Rapporto Annuale parla di un Paese che siede su una montagna di risparmi, 114 miliardi di euro di liquidità aggiuntiva accumulati negli anni della crisi, ma non li spende per paura. E' l'Italia rentier, dove i giovani sono sempre più poveri e intrappolati nel giro infernale dei lavoretti a basso costo e bassa produttività. Si taglia su tutto ma è boom degli acquisti di computer e soprattutto di smartphone

Aethon Ulyse Debuts Goddess-Worthy Footwear At FFANY



Aethon Ulyse Debuts Goddess-Worthy Footwear At FFANY

November 14, 2016
Aethon Ulyse Logo
Affordable luxury continues to make strides in the footwear industry, as seen in Aethon Ulyse, a new brand showing in the Emerging Designers area at FFANY Nov. 30-Dec. 2.
Scorpion zipper pulls and a hammered gold motif are just a few of the signature designs featured in Aethon Ulyse’s Spring ’17 collection, which glistens with ancient Greek influences.
The women’s footwear brand takes the roots of its ancient Greek name to heart. ‘Aethon’ is an ancient Greek word meaning ‘blazing’ or ‘shining,’ which is the feeling founder and CEO Payden Sewell says he want clients to feel as soon as they put on the brand’s shoes.
Other Greek influences can be found throughout the line, including architectural shapes, the use of metallic color and delicate handcrafted embroidery. Even the brand’s initials, AU, symbolize gold on the periodic table.
The collection spans stilettos draped with chains, mesh shoeties, metallic and mesh pumps and wedges with cork heels. Standout styles include the Selene cutout sandal and the Erato lace-up bootie, which Sewell says clients have been going crazy over.
Aethon Ulyse was founded in 2012 as a custom shoe brand. The spring line marks the brand’s first full ready-to-wear collection—a move Sewell says was edged on from feedback from the industry.
“Also, my private clients were ready to get their hands on the collection,” he quipped.
Sewell’s clients expressed frustration over the lack of high quality footwear that was edgy and below the $1,000 threshold. The Spring ’17 collection wholesales for $160-$360.
“Through our Italian factory partnerships, we can produce a unique and high quality product at a price point that is more accessible,” he said.
The brand currently sells direct to consumers online, however, Sewell is hoping to find the right buyer mix for the brand at FFANY.
“We are looking to receive additional buyer feedback as well as expose the brand to those who are not yet familiar.”
Exhibiting at FFANY Nov 30 – Dec 2:  Booth 1125, Americas Hall I, Hilton
LEARN MORE AT : AETHONULYSE.COM

Se questo è un autobus...

Roma, 27.11.16 Cronache da Marte

Oggi che la metro B era chiusa e si sapeva quindi che bisognava rinforzare la frequenza degli autobus, è accaduto il finimondo che solo a Roma i dirigenti Atac sanno realizzare: autobus latitanti da 45/50 minuti che quando arrivano sono naturalmente presi d'assalto dalle  tantissime persone che li aspettavano inferociti, trasformandosi in carri bestiami.

Il disservizio è stato ben servito. 

L'Atac dovrebbe definirsi: azienda per l'immobilità delle cittadine e dei cittadini!

La questione è  alquanto pericolosa perchè la popolazione è invecchiata e si è rischiato di avere malesseri, anche perchè nella scatola da sardine non circolava aria e la pressione dei corpi uno sull'altro non favoriva affatto il minimo di igiene. 

Roba da protezione civile.

Inoltre, il bus (preso da Stilinga) alle fermate apriva le porte solo per consuetudine, in quanto nessuno poteva scendere e quindi nessuno poteva accedere. 

Tale bus imbottito di esseri umani, stanchi di combattere contro le inefficienze della Azienda dei Non Trasporti, è stato pure fotografato dagli astanti che alle fermate non sono potuti salire. 

L'Atac non solo pregiudica la città e l'incolumità dei cittadini e delle cittadine, ma è un disservizio vero e proprio che i romani e le romane non meritano.