Grecia, la mossa di Tsipras: "Il 5 luglio referendum sulla proposta dei creditori"

da: http://www.repubblica.it/economia/2015/06/27/news/grecia_tsipras_il_5_luglio_referendum_sulla_proposta_dei_creditori_-117794659/?ref=HREC1-1

ATENE
 - La svolta drammatica nella crisi greca arriva a ridosso della mezzanotte. Alexis Tsipras annuncia che "il popolo sarà chiamato" domenica 5 luglio a votare il referendum sulla proposta dei creditori. 

Il premier ellenico ha detto di essere stato costretto a indire la consultazione perchè i partner dell'Eurogruppo hanno presentato un ultimatum alla Grecia che è contro i valori europei per cui "siamo obbligati a rispondere sentendo la volontà dei cittadini". 

In un discorso televisivo dai toni enfatici, afferma: "Ci hanno chiesto di accettare pesi insopportabili che avrebbero aggravato la situazione del mercato del lavoro e aumentato le tasse".

Per Tsipras l'obiettivo di alcuni dei partner europei è proprio l'umiliazione dell'intero popolo greco. 

L'annuncio alla nazione dopo una riunione di emergenza, nella notte, del governo. Durissimo il ministro dello Sviluppo, Panayiotis Lafazanis, che ha chiesto alla nazione di votare contro il piano internazionale voluto dai creditori. 

Stessa posizione espressa anche dal portavoce di Syriza in Parlamento. Un altro dei protagonisti di questi drammatici mesi di trattativa, il ministro dell'Economia Yanis Varoufakis, interviene invece con un tweet sul filo dell'ironia ("Buffo quanto suoni radicale il concetto che sia il popolo a decidere").


L'EMERGENZA FINANZIARIA. Il vicepremier, George Katrougkalos, ha assicurato che il governo greco "non chiuderà le banche lunedì e non saranno introdotti controlli sui capitali". E ha annunciato: "Il collega Yannis Dragasakis ed il caponegoziatore Euclid Tsakalotos vedranno oggi il presidente della Bce, Mario Draghi". Il capo negoziatore greco, Euclides Tsakalotos, ha aggiunto che il premier ha parlato con Draghi e che il presidente della Bce ha dimostrato comprensione per la scelta del referendum. Nessuna dichiarazione, finora, da Francoforte.

Tsipras ha aggiunto che chiederà un'estensione di pochi giorni del programma di salvataggio della troika (Bce-Ue-Fmi), che scade il 30 giugno, per poter arrivare senza problemi a tenere il referendum del 5 luglio. Ma l'annuncio del referendum ha riaccelerato in piena notte la corsa dei greci ai bancomat. La banca Alpha ha addirittura sospeso le contrattazioni online secondo quanto riferisce lo stesso sito web dell'istituto, per impedire di spostare i soldi su altri conti.

L'OPPOSIZIONE. Tutta l'opposizione greca critica aspramente Tsipras per la scelta di ricorrere al referendum sostenendo che questa mossa porterà il Paese fuori dall'Europa. Il Pasok chiede le dimissioni del premier. I centristi di Potami rimproverano a Tsipras di non aver combattuto la sua battaglia nel cuore delle istituzioni europee. Per i conservatori di Nea Dimokratia il premier è un irresponsabile che ha portato la Grecia al totale isolamento nell'Unione.

E Stilinga pensa che finalmente il popolo greco potrà dire la sua, visto per anni hanno subito gli ordini di Bruxelles.

Oggi si apre il «club segreto» Bilderberg. Cinque italiani nella lista (c’è anche Lilli Gruber)

da: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-06-11/oggi-si-apre-club-segreto-bilderberg-quest-anno-incontro-austria-cinque-italiani-lista-115435.shtml?uuid=ABC54dwD&refresh_ce

Si apre oggi e si concluderà giovedì il nuovo incontro del gruppo Bilderberg, che riunisce ogni anno leader politici, rappresentanti dell'economia e del mondo accademico, quest'anno ha fissato la sua riunione in Austria, a Telfs-Buchen (vicino Innsbruck). Con l'obiettivo di “promuovere il dialogo tra Europa e America del Nord” sono stati invitati 140 partecipanti provenienti da 22 Paesi. Tra gli invitati politici ci sono il primo ministro del Belgio, Charles Michel, il numero uno dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il presidente dell'Austria, Heinz Fischer, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Cinque gli italiani nella lista del partecipanti. In ordine alfabetico, il manager Franco Bernabè, il presidente di Fca John Elkann, la giornalista Lilli Gruber, l'ex commissario Ue ed ex premier Mario Monti e il numero uno di Techint Gianfelice Rocca. 

A presiedere il Bilderbeg Group è Henri de Castries, patron del gruppo assicurativo francese, Axa.

(Pensiero di Stilinga in merito: "E ora è tutto più chiaro e caro: in Italia le assicurazioni sono le uniche che hanno guadagnato fior fiori di soldi, i caf si sono dovuti assicurare per il 730 precompilato - ma l'Agenzia delle Entrate a che serve se invia i moduli sbagliati? e la paghiamo pure per non fare il suo lavoro per il popolo sovrano???? - e pure i commercialisti si sono dovuti assicurare, per non parlare delle banche che col mutuo obbligano i clienti a sottoscrivere le assicurazioni. A lume di naso il governo Renzi è assoldato dalla lobby delle assicurazioni.)

L'evento è stato commentato anche dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, che alle domande dei giornalisti al termine del vertice del G7, ha risposto: «No, io non ci andrò ma auguro loro comunque buon lavoro».

Per essere il club “segreto” che (dopo il G20 e l'Assemblea annuale dell'Onu) raccoglie le persone più potenti del mondo, il Bilderberg Group - anche nell'edizione 2015 è particolarmente affollato di giornalisti e commentatori. Ma il vincolo alla riservatezza è così forte che anche quest'anno prevedibilmente non filtrerà una sola riga sui temi affrontati e le posizioni emerse nelle giornate di dibattito libero, che sono la caratteristica di questi vertici informali: come da tradizione, infatti, non c'è nessuna agenda e l'unica regola valida è quella di “Chatam House" ovvero i contenuti degli incontri possono essere utilizzati o riferiti senza però rivelare l’identità o l’appartenenza di chi li ha espressi. Ma questo basta a scatenare le fantasie dei complottisti.

(E Stilinga pensa che nonostante la segretezza, gli effetti delle stolte, idiote e miopi decisioni di questi cretini che si credono potenti sono visibili a tutti: disuguaglianze a zaffate, povertà, tassazione assurda, nessuna crescita economica, disastro ambientale, migrazione forzata, paura esasperata che potrebbe generare razzismo diffuso, guerra tra poveri, idioti al potere in quasi tutti gli stati europei, Isis che impazza, mafie di ogni genere, schiavismo diffuso, nessuna visione armoniosa sulla vita e il mondo va a rotoli)

Nello scarno sito ufficiale, peraltro, si ricorda come fino agli anni Novanta le conferenze annuali erano precedute da una conferenza stampa, ma questa prassi è stata cancellata - si legge - «per mancanza di interesse».

Una affermazione bizzarra se si considera la massa di pubblicistica (libri, articoli, servizi tv) prodotta intorno a questi incontri, che prendono il nome dall'hotel olandese dove nel 1954 si svolse il primo incontro, per iniziativa di un politico polacco in esilio, Józef Retinger, che riuscì a coinvolgere il principe Bernardo di Olanda, il premier belga Paul Van Zeeland e il capo di Unilever Paul Rijkens.

L'Italia ha ospitato tre vertici (Cernobbio nel 1965 e nel 1987 e Stresa nel 2004) mentre le delegazioni hanno incluso, nel tempo, Mario Draghi o Ignazio Visco, Romano Prodi ed Enrico Letta, Carlo De Benedetti o Gianni Agnelli, ma mai - tanto per fare un esempio - Silvio Berlusconi.

 Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/E5Xdo3

Allora cretinetti del Bilderberg cosa ci avete preparato per il prossimo futuro?

E giusto per puntualizzare: noi (tutti i cittadini) siamo di più e siamo potenti e voi potete perdere tempo a riunirvi in luoghi che rimandano ai gusti dei gerarchi  nazisti e a Hitler, e ad immaginare qualsiasi scenario, tanto poi la vita va come pare a lei e le vostre idee sono solo illusorie. Aspettatevi la grande delusione!

Monedero: “Egemonia e conflitto, le parole magiche per un nuovo inizio”

da: http://temi.repubblica.it/micromega-online/monedero-%E2%80%9Cegemonia-e-conflitto-le-parole-magiche-per-un-nuovo-inizio%E2%80%9D/

intervista a Juan Carlos Monedero di Matteo Pucciarelli
Si possono dire cose di sinistra, molto di sinistra, senza mai parlare della sinistra? Si può scrivere un saggio su cosa significhi oggi essere di sinistra – quali valori, quale tensione ideale, quali sentimenti, quali emozioni – senza nominare praticamente mai la parola “sinistra”? 

Ci riesce bene Juan Carlos Monedero, 52 anni, professore di Scienza Politica alla Complutense di Madrid, con il suo libro Corso urgente di politica per gente decente, appena uscito per Feltrinelli. Ci riesce come ci sta riuscendo Podemos, il movimento (oggi partito) di cui è stato fondatore e ideologo insieme a Pablo Iglesias un anno e mezzo fa; partito ago della bilancia della politica spagnola e capace di conquistare pochi giorni fa i comuni di Madrid e Barcellona, strappati alla destra del Partito popolare dopo decenni. 

Così, per capire come abbia fatto Podemos a sfondare ben oltre i recinti classici della sinistra radicale, bisogna ascoltare questo ex consulente del governo di Hugo Chavez appassionato di Antonio Gramsci (e anche di Marx. Ospite alla Fondazione Feltrinelli chiede e ottiene di sfogliare una delle prime copie del Manifesto del partito comunista). Tutto quanto – spiega – «ruota attorno al fare egemonia

Alla necessità di sovvertire il modello di pensiero individualista e consumista imposto dal neoliberismo. Ci hanno rubato le parole. Giocano con le parole e ad esempio la precarietà diventa “flessibilità”. Ci hanno rubato la Politica, con la democrazia che oggi è solo un esercizio di cinque minuti con la matita ogni cinque anni».
 I socialisti del Psoe hanno attaccato per mesi il neonato movimento, liquidandolo come “populista”.

«Ma non sempre il populismo è un fenomeno negativo, è un momento di crisi della democrazia rappresentativa che fa appello al popolo. A questa crisi noi rispondiamo con due parole: uguaglianza e diritti». 

Quando Monedero militava in Izquierda Unida, la storica coalizione delle sinistre radicali spagnole e che include il Partito comunista, le sue riflessioni sul come trasformare valori in emozioni capaci di mobilitare, di scatenare una reazione – cosa che i partiti classici non fanno più da anni – «vennero bollate come romanticismo, discorsi da omosessuali». E invece – ragiona – bisogna ripartire proprio da lì, dalle basi, dai comportamenti che qualificano davvero cosa è sinistra e cosa no. Ci si salva da soli oppure insieme agli altri? L’uomo per sua natura tende all’egoismo, una autoselezione della specie dove il più debole soccombe, oppure è capace di cooperare, di godere solo se può farlo anche chi ti sta a fianco? 

«Senza politica siamo un uccello migratore solitario, privo del riferimento degli altri. La politica – scrive Monedero – è autoaiuto collettivo. Il noi del nostro io. La lingua che ci permette di parlare a noi stessi ma che è nata per essere dialogo. All’inizio era un gesto, uno sguardo, una mano agitata (“aiutami”), poi divenne una parola che riassumeva il gesto, lo sguardo implorante, la mano agitata che chiamava (“aiutami!”). L’autoaiuto individuale si differenzia da quello collettivo perché presuppone un’esitazione codarda di fronte alla vita. Il coraggio è un grande apripista». 

Il successo di Podemos è figlio del movimento degli Indignados e del 15-M, riuscito a portare in piazza centinaia di migliaia di persone, spesso senza alcuna militanza alle spalle; ma pure del coraggio di rompere gli schemi e i legami con le vecchie organizzazioni, sia sindacali che di sinistra. «Scegliemmo le Europee per lanciarci perché sono considerate elezioni di serie B. E non saremmo stati accusati di voler rompere l’unità della sinistra. Prendemmo l’8 per cento a sorpresa e il giorno dopo facemmo le facce nere, tristi: “Non basta. Noi vogliamo conquistare la maggioranza”. Fu un messaggio fortissimo. Il muro del bipolarismo non si è ancora rotto. Ma è apparsa una crepa che ogni giorno diventa più grossa», continua Monedero. 

“Egemonia”, appunto, è la parola magica. L’ambizione cioè di incarnare non una nuova opzione politica; ma semmai un contenuto valoriale in antitesi rispetto “al mondo che va alla rovescia”; che va alla rovescia ma nonostante questo viene presentato come l’unico possibile

«La vittoria neoliberista è esattamente questa: aver costruito dei binari sui quali anche la sinistra per molto tempo si è piegata a correre»; così che ci fosse il centrodestra o il centrosinistra al governo cambiava poco. Privatizzazioni, “riforme” del mercato del lavoro, i mercati come entità divine intoccabili e incontrollabili, il rigore a dispetto dell’umanità, il consumo come ciò che ti rende cittadino, la libertà che si riduce alla scelta dentro uno scaffale, che sia di un supermercato che sia elettorale. Ma per ricreare una maggioranza occorre riscoprire il conflitto. 

«Politicizzare qualcosa significa portare alla coscienza delle persone il conflitto inevitabile fra gli interessi di individui e gruppi e gli interessi del resto della collettività. L’uomo – sottolinea Monedero – si muove spinto dal desiderio, che nasce a sua volta dall’imitazione, ma il desiderio può realizzarsi solo nella vita sociale. Il conflitto non può essere risolto in maniera radicale privilegiando l’uno o l’altro dei due estremi, ma solo raccogliendo poco alla volta il consenso della maggioranza. Se tutti radicalizzassimo la nostra condizione di individui ci troveremmo di fronte al minimo della politica». 

Lo studio dell’America Latina è stato fondamentale per creare Podemos, continua il professore. Perché lì, a differenza della società europea, non avevano più nulla da perdere: il neoliberismo degli anni ’80 e ’90 si era già mangiato tutto. «Mentre in Europa ci si aggrappa a ciò che si ha, timorosi di perderlo», e da qui la conservazione come attitudine mentale. Sempre da laggiù Podemos ha introiettato altre considerazioni: parlare di destra e sinistra non aveva ormai senso, molto più chiaro il basso contro l’alto; il proletariato in sé non esisteva più, così frammentato e confuso, il ruolo centrale della classe operaia è un concetto ormai passato. I partiti non bastavano, piegati su se stessi: occorreva saldarsi con i movimenti. 

Si arriva persino a parlare di cinema, a come il “sistema” infili dei messaggi ben precisi dove neanche te lo immagini. «Il popolo che reagisce è criminale. Anche se ne ha tutte le ragioni. Il popolo perbene se ne sta a casa. È Batman, con l’aiuto della polizia, che deve scendere nelle fogne per dare la caccia al movimento sociale (divenuto terrorista, ovviamente) e salvare la città». 

Quando invece si tocca l’argomento Italia, Monedero quasi scuote la testa. «Noi non abbiamo nessun rapporto politico con il vostro Paese. Peccato perché siete sempre stati un punto di riferimento culturale per molti anni… Mentre il legame con Syriza è forte. Tsipras? Muy lindo, uno a posto, la sua battaglia è la nostra». Ci sarebbe il M5S «ma in Europa ha scelto un’altra collocazione. Non basta la protesta, serve una proposta con idee chiare e a me pare che nei Cinque Stelle coesistano posizioni troppo distanti tra loro». Iglesias non è Grillo: «È più magro e anche più bello. Ma scherzi a parte, Pablo è un professore di Scienza politica che viene da una storia di sinistra. Fare paragoni è impossibile». 

La paura contro la speranza, ecco la sfida del domani. La paura che ti chiude in una stanza o la speranza che ti porta in piazza; un processo individuale oppure uno collettivo. 

L’iniquità come processo irreversibile o la lotta contro la disuguaglianza motore di una nuova comunità. 

La vera missione della nuova sinistra è una: «Costruire un immaginario allegro». 

Sembra tutto semplice e potabile. Che non lo sia lo dimostra la stessa scelta di Monedero, che da numero 2 di Podemos, eletto in direzione, si è dimesso per diventare militante semplice. «Se si perde il legame con la gente è la fine. Non basta rappresentare, occorre coinvolgere. E sentivo che stavo perdendo il contatto. Così ho le mani libere per fare ciò che so fare, confrontarmi con le persone», chiosa il professor Monedero. Verrebbe proprio da credergli, senza stare a sentire i giornali spagnoli che parlano di dissidi al vertice di Podemos che lo hanno portato a defilarsi. 

Che serva un corso urgente di politica, anche e soprattutto in Italia, è sicuramente vero. È riconoscere e riscoprirsi “gente decente” che è un po’ più complicato. 

(22 giugno 2015)