Befana a piazza Navona, tornano i banchi dei Tredicine. È polemica

 da: http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_novembre_21/befana-piazza-navona-tornano-tredicine-polemica-c5d2240c-907e-11e5-ac55-c4604cf0fb92.shtml

Tredicine Alfiero... Tredicine Dino... Tredicine Elio... Tredicine Tania Donatella... Ecco alcuni dei nomi che hanno vinto il bando per la Festa della Befana in piazza Navona. E con concessione decennale. L’elenco di coloro che dal 6 dicembre allestiranno il nuovo banco «tipo» per vendere dolciumi, statuine del presepe o giocattoli nella più caratteristica fiera natalizia della capitale, vede un ritorno alla «tradizione» anche negli assegnatari. Il nuovo bando che doveva portare sulla piazza banchi perfino di operatori stranieri non ha così raggiunto i risultati sperati. «Avevamo ragione quando, dopo il primo momento di contentezza, ci siamo resi conto che il bando avrebbe portato la sopravvivenza ai soliti noti fino al 2024 - afferma Viviana Piccirilli Di Capua, dell’Associazione abitanti centro storico - per questo mi auguro che coloro che possono, compreso il Commissario, rivedano questa situazione che non ha nulla di trasparente e va sicuramente a decremento di quanto era stato espresso dal I Municipio».

«L’assessore Sabella - aggiunge - ha detto che chi scrive le delibere o è ignorante o le fa pretestuosamente: qualcuno faccia tesoro di queste parole e prenda un serio provvedimento». Misurando molto le parole non nascondono del resto la loro poca soddisfazione anche la presidente del I municipio, Sabrina Alfonsi, e l’assessore municipale al Commercio, Jacopo Pescetelli: «Sicuramente - dicono - possiamo affermare di non essere soddisfatti del risultato ottenuto sotto il profilo delle garanzie per la qualità della merce in vendita. A quanto emerge da una prima lettura delle diverse graduatorie in alcuni settori, come i dolciumi, i punteggi per la certificazione della qualità della merce sembrano non essere stati assegnati, il che ha aumentato in modo preponderante il peso del requisito di anzianità. Faremo ovviamente tutte le verifiche amministrative del caso sull’esito del lavoro della Commissione per essere certi che sia stato rispettato in pieno il principio di legalità».

Ma intanto niente novità, e niente «biologico» come invece richiesto. E ai primi due posti per la vendita di dolci c’è Alfiero Tredicine: «C’è stata una riduzione del 50 per cento dei banchi di dolciumi - spiega Pescetelli - che due siano dei Tredicine è normale, vige un criterio di anzianità. Non siamo soddisfatti». Neppure per le novità nei presepi o giocattoli: per 20 postazioni ci sono state solo 16 domande e due sono stati esclusi. Ci saranno quindi solo 14 banchi. Gli altri sei? «Li rimetteremo in gara l’anno prossimo», spiega l’assessore. Per di più nella graduatoria del commercio dei giocattoli appare al numero due il «Food Store di Tredicine Alfiero». E per altre postazioni c’è chi dice che si tratti, in alcuni casi, di loro parenti.

E Stilinga pensa: ARIDATECE MARINO!
l'alternativa è boicottare piazza Navona, evitarla per tutto il periodo natalizio e asciugare economicamente il settore, monopolio dei soliti noti, in modo che la botta sui denti sia forte e chiara!

Pinotti: "Inviamo armi in Medio Oriente nel rispetto della legge''

da: http://video.repubblica.it/politica/pinotti-inviamo-armi-in-medio-oriente-nel-rispetto-della-legge/219154?ref=HREC1-3


A margine di un convegno sulla difesa a Roma, l'ad di Finmeccanica Mauro Moretti risponde alle polemiche sulla vendita di armamenti e i commerci dell'Italia con Paesi come Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, dal cui interno provengono - secondo molti analisti - finanziamenti e supporto all'Is. Dal palco dello stesso convegno, il ministro della Difesa Pinotti sottolinea che: "All'interno dei Paesi Arabi ci sono fondazioni private che finanziano i terroristi e vanno estirpate, ma dire di non fare più affari con quei Paesi è come dire che non bisognava più avere rapporti con l'Italia perchè c'era la mafia". Pinotti replica anche alle critiche per l'autorizzazione concessa alle recenti spedizioni da Cagliari verso l'Arabia Saudita di carichi di bombe assemblate in Italia, nonostante le evidenze che ordigni dello stesso tipo siano stati usati dai sauditi nei bombardamenti dello Yemen. Infine al cardinal Bagnasco, che aveva proposto un embargo planetario verso i Paesi che fanno affari e finanzano il terrore, Moretti ribatte caustico ricordando i passati da ordinario militare del cardinale.

(video di Marco Billeci e Francesco Giovannetti)



L’Africa all’Ue: smettete di sfruttarci e si fermerà l’emigrazione

da: http://www.eunews.it/2015/11/12/africa-ue-migranti-valletta/45003

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Al vertice di Valletta i Paesi africani fanno presente che se le risorse naturali venissero pagate al giusto prezzo e le multinazionali straniere non evadessero il fisco, non ci sarebbe più bisogno di aiuti allo sviluppo
Bruxelles – L’intera discussione, nemmeno ci sarebbe: se le risorse naturali dell’Africa venissero pagate al giusto prezzo e se le multinazionali che operano nel Paese non evadessero sistematicamente le tasse, molte di quelle persone che oggi tentano di raggiungere l’Europa per fuggire alla povertà, non avrebbero motivo di partire. A criticare apertamente il neo-colonialismo dell’Occidente, inclusa la stessa Europa che si presenta al summit della Valletta tra Ue e Africa nei panni del donatore buono, ci pensa il presidente del Senegal, Macky Sall. “Fino a che l’Africa non vedrà la giusta remunerazione per le sue risorse naturali sarà più o meno dipendente”, avverte durante la conferenza stampa finale del vertice, chiedendo: “È giunta l’ora di restaurare il giusto ordine delle cose”, non solo con prezzi equi per le materie prime africane ma anche spostando “la trasformazione delle risorse sul continente per creare lavoro”. Inoltre l’occidente dovrebbe impegnarsi nella “lotta contro l’evasione fiscale perché è noto che certe multinazionali che operano in Africa trovano sempre attraverso i meccanismi dei contratti che firmano con gli Stati un mezzo di scappare alla fiscalità”, denuncia ancora Sall.
Certo l’Africa non è indenne da colpe: anche “malgoverno e corruzione sono cause di povertà assoluta”, ammette il leader senegalese. Ma “l’evasione fiscale e il trasferimento fraudolento di risorse dall’Africa sono valutati più di 60 miliardi di dollari l’anno” dunque “il solo 10% di questo patrimonio permetterebbe all’Africa di essere indipendente, di fare a meno degli aiuti pubblici allo sviluppo e anche di rimborsare totalmente il suo debito”. Insomma l’Occidente che ora si lamenta dei migranti africani, dovrebbe preoccuparsi di non contribuire all’impoverimento del continente. “Questa battaglia l’abbiamo portata ovunque: al G7, al G20, alle Nazioni Unite e anche qui” al vertice con l’Europa, spiega Sall.
In ogni caso, secondo il rappresentante africano, l’Ue dovrebbe “sdrammatizzare” il suo approccio alla questione migratoria: “Da sempre quando ci sono differenze di sviluppo, le persone migrano verso i Paesi più sviluppati”, sottolinea Sall, ricordando che “fino a uno o due secoli fa era l’Europa che in massa migrava verso l’America”. Si tratta “di un fenomeno naturale, che va sdrammatizzato”, concentrandosi sulla “organizzazione della mobilità regolare e sulla lotta contro i traffici che sfruttano la povertà della popolazione africana per alimentare questo commercio ignobile che è l’immigrazione clandestina”.
Proprio questi sono due dei punti del piano di azione concordato oggi da Paesi africani e Unione europea. Una tabella di marcia ambiziosa che contiene “una serie di azioni molto concrete” da mettere in atto entro la fine del 2016, sottolinea il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Punto centrale è l’accelerazione sui rimpatri e sull’aiuto ai Paesi africani per il reinserimento delle persone rimpatriate. L’Ue si impegna anche ad aprire alcune vie di accesso legale per l’ingresso dei cittadini africani, anche se l’impegno concreto si limita per il momento a borse di studio per gli studenti e a progetti pilota per ricerca o formazione.
Nel corso della due giorni l’Ue ha anche firmato l’atto che lancia ufficialmente il trust fund (fondo fiduciario) per combattere le cause dell’immigrazione irregolare dall’Africa. Un passaggio formale che non aumenta però gli impegni concreti degli Stati, che restano limitatissimi rispetto alle attese. La Commissione europea ha messo sul piatto 1,8 miliardi di finanziamenti e altrettanto si erano impegnati a fare i Paesi Ue che per il momento, però, hanno tirato fuori soltanto 81,3 milioni di euro.

"I bambini atei sono più altruisti di quelli religiosi"

da:http://www.repubblica.it/scienze/2015/11/06/news/bambini_atei_piu_altruisti_dei_religiosi-126763069/?ref=HREC1-25

LA GENEROSITA' e l'altruismo non si imparano grazie alla fede e alla religione. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology, condotto su un campione di 1.170 bambini, d'età compresa tra i cinque e i 12 anni, di sei Paesi (Canada, Cina, Giordania, Stati Uniti, Turchia, Sudafrica). Scopo della ricerca, guidata da Jean Decety del Dipartimento di psicologia dell'Università di Chicago, era quello di misurare se e come la religione incidesse sui comportamenti cosiddetti "prosociali", ossia volti al bene degli altri senza attendersi una ricompensa.

Probabilmente la Fondazione americana John Templeton, di ispirazione cristiana, che ha finanziato lo studio, non sia aspettava un risultato del genere, che rimettesse in discussione il concetto di moralità basata sulla religione. "I dati rimettono in discussione il fatto che la religione sarebbe vitale per lo sviluppo morale" concludono i ricercatori "e supportano l'idea che la secolarizzazione del discorso morale non diminuirà il livello di  bontà umana, anzi, sarà tutto il contrario".

I bambini sono stati divisi in tre gruppi, scegliendo le due religioni dominanti nei Paesi in cui è stata condotta l'indagine: cristiani, musulmani e non credenti. Ai genitori è stato chiesto di valutare la capacità di empatia e la sensibilità all'ingiustizia dei propri figli: per i genitori cristiani e musulmani erano più alte rispetto a quanto dichiarato da quelli atei.

I ricercatori hanno poi testato questa "sensibilità" con delle prove pratiche, facendo vedere ai bambini dei video di piccola "violenza" quotidiana, con scene di coetanei che si sgambettano o si spintonano - sia intenzionalmente che involontariamente - chiedendo loro di valutare il livello di cattiveria e la relativa punizione da infliggere al "colpevole". Ebbene, i piccoli religiosi si sono dimostrati più inflessibili dei non credenti, scegliendo punizioni più pesanti. I più intransigenti sono risultati i musulmani.

L'altro aspetto analizzato dall'indagine è stato quello della generosità. Il test è stato molto semplice, basato sul "gioco del dittatore": a ognuno dei bambini è stato chiesto di scegliere dieci figurine adesive in un mazzetto di trenta, precisando che non ci sarebbe stato il tempo per distriburle a tutti gli altri. I ricercatori hanno poi chiesto loro se sarebbero stati disposti a cederne alcune ai compagni meno fortunati. Un primo dato interessante e già emerso da precedenti ricerche, è stati che il numero delle figurine regalate aumentava con l'età. L'altro è stato che i piccoli atei sono risultati i più generosi. Non solo, sono stati proprio quelli più credenti a dimostrarsi meno propensi a staccarsi dalle proprie figurine, indipendentemente dalla loro collocazione geografica.

Jean Decety, francese di nascita e americano d'adozione, sottolinea come, specialmente negli Stati Uniti, sia praticamente impossibile per chi si dichiara non credente accedere a cariche di potere, soprattutto se elettive "perché immediatamente nasce il sospetto di essere immorali o amorali". Ma stando ai risultati di questa ricerca sarebbe proprio il contrario. E cerca di dare, insieme ai colleghi, una spiegazione ai comportamenti riscontrati: è come se si creasse una sorta di alibi, una "licenza morale", per cui già il fatto di seguire i dettami di una religione sia in sé indice di bontà, autorizzando così inconsciamente i "fedeli" a un maggiore egoismo nella vita di tutti i giorni, nei piccoli gesti quotidiani, in cui il piccolo gesto di generosità e bontà non viene riconosciuto, se non dalla persona che lo riceve.

Allarme Renzi: ha il verme solitario? In 14 mesi solo per i pasti ha bruciato 481 mila euro (ovviamente a spese dei fessi Italioti) !!

DA DAGOSPIA

CHE MAGNA MAGNA! DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI RENZI HA GIA’ SPESO 1,6 MILIONI IN VIAGGI, PRANZI E CERIMONIALE – IN 14 MESI SOLO PER I PASTI CON I COLLABORATORI SONO VOLATI VIA 481 MILA EURO, OVVERO POCO PIÙ DI MILLE EURO AL GIORNO

Metà di questa somma è dovuta alle spese di cerimoniale per i suoi incontri istituzionali (877mila euro, e cioè 58.477 euro al mese dal marzo 2014), l’altra metà è dovuta alle spese base per i suoi viaggi istituzionali in Italia e all’estero – Nel conto per altro non viene considerata alcuna spesa di personale o di benzina…
Da quando è presidente del Consiglio Matteo Renzi ha messo in conto agli italiani 1,6 milioni di euro. Metà di questa somma è dovuta alle spese di cerimoniale per i suoi incontri istituzionali (877mila euro, e cioè 58.477 euro al mese dal marzo 2014), l’altra metà è dovuta alle spese base per i suoi viaggi istituzionali in Italia e all’estero.
 Nel conto per altro non viene considerata alcuna spesa di personale, e nemmeno quella della benzina utilizzata con la sua auto blu e la scorta che lo segue quando si muove sul territorio nazionale.
Ma il dato forse più impressionante che si ricava dal sito Trasparenza della presidenza del Consiglio dei ministri, è quello delle abbuffate di missione. Dal marzo 2014 al mese di maggio 2015 (è l’ultimo per cui esistono dati ufficiali), il presidente del Consiglio italiano ha speso per mangiare insieme ai suoi collaboratori la bellezza di 481.070 euro, pari a 1.068 euro al giorno, considerate anche domeniche e festivi, da quando è in carica.
È una media da pollo di Trilussa, perchè nella cifra vengono conteggiati solo i pasti consumati durante missioni internazionali o nazionali, e la maggiore parte del tempo Renzi lo dovrebbe passare a Roma (in questo caso il conto è top secret), e qualche festività o fine settimana dovrebbe essere in famiglia non più a spese dello Stato.
FORCHETTA D’ORO
Gli oltre mille euro al giorno, quindi più di 30mila euro al mese per i pasti di «missione » sono così divisi: 403,04 euro per quelli consumati sull’aereo blu di Stato, e 665 euro per quelli consumati in loco quando giunge a destinazione in Italia o all’estero. Ovvio che sulla somma astronomica conta il numero dei collaboratori che il presidente del Consiglio si porta dietro: lo staff personale e spesso qualche funzionario che gli è utile una volta a destinazione.
Sui voli aerei di Stato, dove il numero dei commensali è dichiarato, il costo a persona di quei pasti oscilla fra 70 e addirittura 150 euro a seconda dei mesi e delle forniture di catering previste. Sono prezzi da ristorante pluristellato, e quindi il servizio è molto caro e il menù dovrebbe accarezzare il palato del premier e dei suoi collaboratori.
Non è possibile quel conto a persona invece con i dati che si hanno a disposizione per le visite in Italia e all’estero, dove per altro accadrà pure qualche volta che il premier sia ospitato a pranzo o a cena a spese altrui (capi di Stato esteri, autorità istituzionali, presidenti di Regione, sindaci di comuni etc..).
Con quella media da oltre mille euro al giorno per il solo cibo però c’è da pensare che il presidente del Consiglio italiano sia piuttosto generoso anche quando si reca in case altrui: mette mano al portafoglio, e forse offre a tutti. Naturalmente coni fondi pubblici di Palazzo Chigi. I pasti non vengono compresi invece nei costi del cerimoniale del capo del governo italiano.
Da quando Renzi è in carica ha speso 39.741 euro per organizzare l’accoglienza a Palazzo Chigi, altri 233mila euro per eventi della presidenza del Consiglio sul territorio nazionale e mezzo milione di euro per quelli che si sono tenuti all’estero. Sempre esclusi i costi del personale impegnato nelle varie missioni. Ad aprile e maggio 2015 per la prima volta nella storia del cerimoniale sono spuntati anche dei costi di «conduzione dell’alloggio di palazzo Chigi» dove abita quando è a Roma il presidente del Consiglio.
 Difficile capire quali possano essere: la sicurezza del premier è a carico di altro capitolo di spesa, la manutenzione spicciola è inserita fra le commesse ordinarie della presidenza del Consiglio dei ministri, dove era già saltata all’occhio la fattura per il rinfresco delle pareti dell’appartamento alla vigilia della elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Sono spese misteriose, ma se ne conosce l’importo: 6.880 euro nei due mesi, di cui 2.259euro nell’aprile scorso e 4.621 euro nel mese successivo di maggio.
ESEQUIE DI STATO
Dopo molti anni purtroppo nel bilancio complessivo del cerimoniale di palazzo Chigi è spuntata una voce di cui si sarebbe fatto volentieri ameno: quella delle esequie di Stato. Sono relative al mese di aprile 2015 ed è il costo del funerale celebrato a Milano per il giudice Fernando Ciampi e l’avvocato Lorenzo Claris Appiani, assassinati da Claudio Giardiello nella folle sparatoria dentro il tribunale.
Ci fu anche un’altra vittima, la cui famiglia però preferì esequie private lontane dai riflettori. La fattura arrivata a palazzo Chigi per quella doppia cerimonia funebre ammonta a 18.332 euro, regolarmente registrati in uscita ilmese stesso (che non significa sia stata ancora saldata, ma solo contabilizzata).

FONTE: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/che-magna-magna-quando-palazzo-chigi-renzi-ha-gia-speso-milioni-104048.htm

In diverse chiese c'è la vera Suburra!

Roma: scandalo gay nei carmelitani, 
così è nato il dossier che turba il Papa
«In convento succede di tutto»

da: http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_ottobre_14/roma-scandalo-gay-carmelitani-cosi-corriere-ha-scoperto-d26e31bc-7277-11e5-b015-f1d3b8f071aa.shtml

La telefonata al Corriere: «Vieni, a Santa Teresa accade di tutto!». Si è saputo così dell’appello al pontefice con 110 firme e delle testimonianze di due «marchettari». Un sacerdote usava droghe, un altro si è improvvisamente spretato per cause mai chiarite

di Fabrizio Peronaci


Era lo scorso 27 agosto, ferie in Istria. Mare, sole, relax. Una telefonata da Roma: «Lo sai che l’arcivescovo polacco Wesołowski, quello pedofilo, sotto processo per abusi su minori, è stato trovato morto in Vaticano in circostanze più che dubbie?» Sì, mi è arrivata notizia sul cellulare. In un lampo la fonte, cambiando tono di voce e scandendo le parole, spostò l’attenzione. «E allora corri, occupati di Santa Teresa d’Avila, stanno facendo un repulisti nella vicina Curia. Lì lo scandalo è molto più esteso. Roba da far tremare le mura della basilica di San Pietro...”. L’inchiesta sui rapporti gay mercenari tra altri prelati dell’ordine dei carmelitani scalzi, di stanza a Roma, presso la Curia generalizia di corso d’Italia 38, attigua alla chiesa di Santa Teresa, cominciò così. Una «talpa» ben informata indicava una traccia. Da quel momento, in poco più di un mese, è emerso uno scenario che rischia di lasciare una macchia indelebile sull’ordine consacrato alla mistica spagnola, che proprio quest’anno festeggia il cinquecentenario dalla nascita.
Cardinale vicario informato
Il cardinale vicario Agostino Vallini
Il cardinale vicario Agostino Vallini
Rapporti continuativi con prostituti in azione nella vicina Villa Borghese, i «marchettari» di pasoliniana memoria che si vendono a 50 euro negli anfratti del parco o nei sottopassaggi: il primo spunto è stato questo, e si trattava di molto più di una voce. La notitia criminis (in base al codice di diritto canonico) era infatti già stata riportata - e questa è stata una prima poderosa conferma della solidità della mia fonte - in una lettera segretissima inviata il 13 luglio al gotha della gerarchia ecclesiastica: non soltanto ai vertici dei carmelitani, ma anche al cardinale vicario Agostino Vallini e, per conoscenza, al segretario di Stato Paolo Parolin e a papa Bergoglio. I massimi vertici della Santa Sede, dunque, erano informati: e questo potrebbe spiegare la velocità con cui il pontefice adesso ha assunto una pubblica posizione, chiedendo «perdono per gli scandali che ci sono stati recentemente sia a Roma che in Vaticano».

Sette trasferimenti per coprire la vergogna

Quello ambientato nella Curia generalizia dei carmelitani (oggetto di un’inchiesta in 5 puntate della Cronaca di Roma del Corriere, a partire dall’8 ottobre 2015), è emerso soprattutto in seguito a una decisione controversa: il Preposito Generale dell’ordine, Saverio Cannistrà, invece che fare chiarezza su ciò che avveniva nella Curia, prima dell’estate aveva infatti disposto il trasferimento in altre sedi di 4 padri degli stessi uffici (tra cui il «reo») e di tre religiosi della parrocchia, uno dei quali, padre Alessandro Donati, molto apprezzato dai fedeli. Apriti cielo. 

A quel punto, nella lettera spedita anche al Santo Padre in cui si faceva presente che innocenti e colpevoli erano stati posti «sullo stesso piano», i 110 firmatari hanno rotto gli indugi, raccontando i rapporti tra «un alto esponente» dei carmelitani e alcuni prostituti della vicina Villa Borghese, per l’occasione ribattezzati «adulti vulnerabili». Non solo. L’immorale condotta, sanzionabile con l’espulsione e l’abbandono forzato dell’abito talare, è stata pure al centro di un dossier consegnato al cardinale vicario, nel quale sono allegati dettagli precisi e difficilmente confutabili: dall’utilizzo di un’uscita laterale in via Aniene per le «scappatelle» notturne alla dichiarazione di due «marchettari» sui rapporti sessuali intrattenuti con l’alto prelato perlomeno per 4-5 anni (2002-2007, stando ai verbali), fino all’abuso di alcolici e sostanze vietate come il prickly poppy (la cosiddetta droga dei gay), utilizzato (tramite fialette inalate nel naso) per eccitarsi.



L’ingresso non controllato

Ma non era finita. Lo scandalo gay dei carmelitani, si è poi scoperto con il passare delle ore (e l’aumento esponenziale sul mio cellulare di telefonate, sms ed e-mail di cittadini desiderosi di ristabilire l’ordine nella parrocchia), non si limitava agli scabrosi rapporti di un solo prelato, per quanto di alto grado. Un giovane padre molto benvoluto dai ragazzi dell’oratorio, ad esempio, qualche anno fa era improvvisamente sparito, dall’oggi al domani, dopo presunte «molestie» subite dentro le sacre mura, e oggi lavora in una famosa gelateria del centro di Roma. L’ingresso-bis di via Aniene, inoltre, non si esclude sia stato utilizzato per consentire l’accesso notturno di «ospiti» mercenari e clandestini, grazie alla complicità degli addetti alla portineria. E ancora, nella ultime ore, si rincorrono voci di offese e minacce contro i sacerdoti «perbene», incapaci di far finta di nulla, che hanno osato sfidare l’omertà.

La rissa esplosa sul sagrato durante la lettura dell’appello al Papa

Si giunge così a domenica 11 ottobre, al termine della messa, quando gli stessi parrocchiani firmatari della lettera-denuncia (contestati da altri preoccupati del «fango» gettato sull’ordine) hanno letto sul sagrato un ulteriore appello a Francesco, che assume valore di antefatto: «Santo Padre, La preghiamo di intervenire per riportare serenità, giustizia e pulizia all’interno di questo benemerito Ordine, non senza permetterci di ricordarLe che i fatti sono stati dettagliatamente riportati in un documento consegnato da uno dei frati innocenti a Sua Eccellenza Vallini». Ecco, ce n’era abbastanza per non poter voltare altrove lo sguardo. E infatti oggi, passati tre giorni, all’udienza del mercoledì, Jorge Mario Bergoglio, con l’emozione e il tono accorato che gli sono propri, ha preso posizione con le pubbliche scuse per i «recenti scandali». Molto però ancora non è emerso. E chissà se, nelle prossime ore, alla richiesta di «perdono» papale non seguano provvedimenti concreti, nei confronti di chi per dieci anni (se non molti di più) ha saputo e taciuto.

E continuano a farci la predica? i preti ormai sono senza reputazione, meglio farli sposare pure con persone dello stesso sesso, forse  la moralità di persone sessualmente soddisfatte e riconosciute dalla comunità potrebbe giovare ai fedeli.

Lavoro, la ricercatrice: “Dal governo propaganda ingannevole. I nuovi contratti stabili sono pochi”

da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/13/lavoro-la-ricercatrice-dal-governo-propaganda-ingannevole-i-nuovi-contratti-stabili-sono-pochi/2121689/

Marta Fana, che per prima ha segnalato gli errori del ministero sui numeri di agosto, analizza i dati dell'Inps sui primi otto mesi: "C'è un po' di ripresa, ma non è strutturale. E il mercato del lavoro è dopato dagli sgravi: ogni nuovo contratto a tempo indeterminato è costato già 20mila euro"

Il governo farebbe bene a studiare e fare molta meno propaganda ingannevole”. Marta Fana, dottoranda in Economia a SciencesPo Paris e collaboratrice de Il Manifestocommenta così gli ultimi datiInps sui contratti di lavoro. E’ lei che per prima ha segnalato l’errore del ministero del Lavoro sui numeri relativi ai contratti stabili ad agosto. Ora è l’istituto di previdenza a dare le cifre: nei primi otto mesi del 2015 i contratti a tempo indeterminato sono aumentati di 319mila unità rispetto allo stesso periodo del 2014. Ma la ricercatrice sottolinea che, a dispetto di quanto dicono le “groupies del Pd”, la verità è che ” i nuovi contratti pseudo stabili sono pochi”.
Questi dati dimostrano davvero che c’è la ripresa, come sostiene il governo?Il governo farebbe bene a studiare e fare molta meno propaganda ingannevole che francamente non fa bene a nessuno. Esiste un po’ di ripresa, ma questa non è strutturale: nessuno sforzo in investimenti, in avanzamento tecnologico all’orizzonte. È tutta una questione di ciclo economico, e il mercato del lavoro al netto del ciclo è dopato dagli sgravi.
Eppure i numeri parlano di un aumento del tempo indeterminato rispetto all’anno scorso. Come vanno lette queste cifre?Con due miliardi regalati alle imprese è il minimo vedere un segno più, dobbiamo chiederci quanto vale questo segno più. Quello che i dati dicono è che, al netto delle cessazioni, il numero di contratti netti a tempo indeterminato è di 91.663 tra il primo gennaio e fine agosto di quest’anno e rappresenta circa il 15% dei nuovi contratti totali. Il 77% sono contratti a termine e il residuo riguarda i contratti di apprendistato. Poi ci sono le trasformazioni, cioè quelle che in gergo vengono chiamate stabilizzazioni, anche se di stabile con il contratto a tutele crescenti non c’è nulla: queste sono 331.792. Molte di più dei nuovi contratti veri e propri. Questa è indiscutibilmente la prima evidenza da tenere a mente: i nuovi contratti pseudo stabili sono pochi, e di conseguenza anche la nuova occupazione.
Ma il Partito democratico festeggia il risultato. Il capogruppo alla Camera Ettore Rosato ha commentato: “Con #riforme, più lavoro stabile e precariato nell’angolo. Su 2014, +305% posti fissi: +319mila. #italiariparte”.Più lavoro stabile è francamente un eufemismo: il governo ha svenduto i diritti dei lavoratori per una mensilità di indennizzo per anno lavorato nel caso di licenziamento senza giusta causa. Nel frattempo ha dato alle imprese quasi due miliardi in un anno per creare 90.000 posti di lavoro. Questo va detto e ripetuto costantemente. Allo stesso tempo, una cosa che non sappiamo è quanto durano questi nuovi contratti a tempo indeterminato, solo tra qualche anno potremo dire se sono mediamente stabili o meno. In ogni caso, vedere che il numero di cessazioni di contratti a tempo indeterminato è per giunta aumentato nel 2015 rispetto al 2014 ci fa capire che di stabilità al momento non c’è alcun segno se non sulla carta. Inoltre, vorrei ricordare che contratti a termine,part time involontariovouchersomministrazione sono tutti contratti precari checché se ne dica, quindi quando valutiamo lo stato del precariato dovremmo tenere tutti questi elementi in considerazione, qualcosa che le “groupies” del PD non riescono a fare.
Si parlava dei voucher. Secondo l’Inps, nel 2015 ne sono stati venduti quasi 30 milioni in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con un balzo del 71%.Il numero di voucher cresce in modo impressionante, da inizio anno sono più di 71 milioni di ore di lavoro pagate 7,50 euro e senza diritto a assegni di disoccupazione, maternità e malattia. Quindi non soltanto il precariato e lo sfruttamento, ma anche la discriminazione tra lavoratori continua ed è stata accentuata dal Jobs Act. Il rischio evidente ma su cui non ci sono informazioni è che questo strumento contrattuale sia usato per rapporti di lavoro che non sono salutari come invece dovrebbero, ma appunto sostituiscono lavoro subordinato a tutti gli effetti. Il lavoro accessorio doveva far emergere i lavoretti domestici in nero o quelli in agricoltura, ma in realtà i voucher sono usati soprattutto altrove: commercio, settori non identificati, eccetera. Nel 2014, per dare un’idea, circa 650milia nuovi individui hanno lavorato almeno un’ora tramite voucher.
Quanto hanno pesato il decreto Poletti e il bonus contributivo su questi dati?Fare un’analisi rigorosa che studi l’impatto di ciascuna di queste determinanti attualmente è impossibile, mentre si possono fare ragionamenti descrittivi per capire più o meno le tendenze. Sicuramente, dato l’incessante aumento dei contratti a termine, sappiamo che il decreto Poletti ha avuto un discreto successo, non tanto nei primissimi mesi di applicazione quanto a partire da settembre dello scorso anno. Gli sgravi pesano enormemente sul contratto a tempo indeterminato, infatti la percentuale di nuove attivazioni indeterminate era dieci punti percentuali più elevata fino a marzo rispetto al dato di agosto (43 contro 33%). Ad oggi, ci ritroviamo con un costo relativo agli sgravi intorno a 1,8 miliardi di euro, il che significa che ogni nuovo contratto a tempo indeterminato è costato 20mila euro già solo nel primo anno.
Qual è l’influenza dei fattori macroeconomici (basso pezzo del petrolio, rapporto euro/dollaro favorevole, quantitative easing) sui numeri del lavoro?Il basso prezzo del petrolio e di molte altre materie prime ha influito positivamente sull’economia di tutta l’eurozona e quindi anche sui relativi mercati del lavoro. Lo stesso vale per il cambio euro dollaro. Il quantitative easing non è una misura che spinge l’economia reale ma le banche e finora non pare abbia dato enormi frutti (sempre guardando alle risorse impiegate). Tuttavia, c’è da tenere a mente che negli ultimi due mesi l’economia mondiale ha rallentato, spinta dalla Cina ma anche dal Brasile, quindi non è detto che questi fattori macroeconomici riusciranno ancora a trainare la seppure debole ripresa italiana ed europea.

Roma, Renzi ha già deciso: "Niente primarie per il dopo-Marino. Il nome lo scelgo io"... e chi te lo vota???

da: http://www.repubblica.it/politica/2015/10/09/news/renzi_ha_gia_deciso_niente_primarie_il_nome_lo_scelgo_io_-124662736/?ref=HREA-1

ROMA -  "Ora basta. Marino se ne deve andare e senza condizioni, senza trattative, senza buonuscite". Ieri mattina la telefonata definitiva tra Matteo Renzi e Matteo Orfini, commissario del Pd a Roma, si conclude così. "È finita e forse era meglio che finisse anche prima". I due sono sulla stessa lunghezza d'onda. Insieme avevano deciso di tenere in piedi il sindaco fino alla fine del Giubileo per votare nel 2017, con una sostanziale sovrapposizione del partito e dei suoi uomini nella gestione del Campidoglio. Ma la situazione è precipitata: con le parole di Papa Francesco e con la vicenda degli scontrini di "rappresentanza".

I tempi più brevi, con il voto in primavera accanto alle consultazioni di Milano, Napoli, Torino e Bologna, ha cambiato in corso la strategia del premier e del Pd capitolino. Renzi, già da alcune settimane, ha una lista di nomi per il prossimo candidato a sindaco, però non pensava di doverla tirare fuori subito. Soprattutto in questo contesto. Si parte da una certezza: non si faranno le primarie
La linea è: abbiamo già combinato troppi pasticci, non aggiungiamone altri. "Non ci sono le condizioni politiche per andare ai gazebo. Punto", dice un renziano. Ma l'argomento pubblico, quando partirà il tormentone primarie sì-primarie no, sarà diverso. "Con il Giubileo in corso sarebbe davvero singolare fare anche una competizione interna", dicono a Palazzo Chigi. Evitare altri guai, altre tensioni è la parola d'ordine visto che sarà già difficilissimo trovare un candidato competitivo. Per il momento infatti non c'è la solita corsa a mettersi in mostra per partecipare. Il contrario semmai. Si assiste in queste ore a un fuggi-fuggi generaleRenzi si muove con due schemi. Un nome della società civile, capace di mascherare i problemi del Pd e di non farsi sfiorare dal processo di Mafia capitale che a maggio, mese del voto, sarà in pieno svolgimento con due udienze a settimane e una sfilata di politici come imputati o come testi. O un dirigente politico puro in grado di affrontare la battaglia onorevolmente anche con la prospettiva, al momento, di una sconfitta probabile.

Nel primo caso la scelta del premier è caduta da tempo sul prefetto Franco Gabrielli. Ma l'ex capo della Protezione civile ha detto di no, in maniera definitiva. E ha parecchi argomenti per motivare il rifiuto. Fino a novembre 2016 sarà il supercommissario al Giubileo e dopo si prepara a occupare la poltrona di capo della Polizia. Nel secondo caso l'uomo giusto, secondo il premier, è Roberto Giachetti. Ma il no del vicepresidente della Camera è altrettanto netto e irrevocabile.

Allora si affacciano altre soluzioni. Tra i tecnici spunta Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica, però Renzi ci pensa perché "non possiamo spostare i pilastri di un sistema". Per una partita dall'esito, come dire, incerto poi. In pista c'è anche Giovanni Malagò, attuale presidente del Coni, ma le sue chance vanno verificate e già nei prossimi giorni il Pd chiederà sondaggi a tutti per capire i margini dei nomi in ballo e del partito stesso. ConAlfio Marchini, Renzi si è incontrato in gran segreto una volta, proprio grazie alla "mediazione" di Malagò. Non è scattato un vero feeling e Marchini ha lasciato capire che il suo obiettivo è fare il candidato unitario del centrodestra con buone chance di arrivare al ballottaggio. È in campo anche Alfonso Sabella, l'ex assessore alla Legalità. E sullo sfondo l'ipotesi di un abboccamento con Luca di Montezemolo.L'altro nome politico è Paolo Gentiloni. Fare il sindaco di Roma è il suo sogno, ma risale a prima della nomina al ministero degli Esteri. Oggi agli amici Gentiloni ripete "non ci penso proprio" ma qualche elemento in più di valutazione potrebbe convincerlo a buttarsi. Matteo Orfini si chiama fuori anche perché, ha spiegato, "con Renzi siamo d'accordo, sarò io con il segretario a gestire la partita". Ma come regista. Gira il nome di Fabrizio Barca ma ha maggiori possibilità Marianna Madia. Fu la prima a denunciare il marcio del Pd romano ma oggi fa il ministro della Pubblica amministrazione e come altri non sembra felice di buttarsi in un'impresa abbastanza disperata. Se ci fossero problemi con queste scelte, sarà fatto un tentativo con Linda Lanzillotta o, cercando un candidato di sinistra che annulli problemi con gli alleati, con Walter Tocci. Senatore dissidente, duro e puro, ma molto stimato da Renzi.

Per il momento, Renzi tace. Lo fa in maniera ostentata nel suo giro in Emilia, dove è arrivato nel pomeriggio, a distanza di sicurezza dalle beghe del Campidoglio. Una scelta che ha tutto il sapore di essere voluta, cercata. E che lo tiene lontano per 24 ore dalla confusione romana.
E Stilinga pensa che la massoneria rappresentata egregiamente da Renzi ha già deciso e vuole imporre dall'alto delle sue decisioni idiote un sindaco non organico, non onesto, non scelto dalla popolazione (ormai la democrazia non esiste per lui anzi è un impiccio da cancellare), che serva a riportare la pax mafiosa e omertosa tra dx e sx in modo da mangiare come prima, più di prima in una città come Roma, che è stata martoriata da Aledanno e dai suoi compagnucci.
Ora saranno felici e contenti i vigili urbani, gli impiegati a sbafo dell'Atac e dell'Ama e tutta la destra che ha sgovernato per un lustro e rivuole sgovernare.

A sto punto facessero Carminati sindaco di Roma e Buzzi vice.

Marchionne-UAW, il sindacato americano rialza la testa

di Federico Rampini 
da:http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2015/10/05/news/farwest-124428820/

Torna la lotta sindacale in America e a farne le spese è Marchionne. 
La clamorosa bocciatura della sua ipotesi di contratto metalmeccanico è una svolta dopo anni di pace sociale. La causa scatenante: la rivolta degli operai di serie B. 
Dopo la crisi del 2008-09 che portò Chrysler e Gm alla bancarotta, venne adottato col beneplacito sindacale un doppio regime salariale. I nuovi assunti da allora guadagnano praticamente la metà rispetto ai veterani, a parità di mansione. Ora le nuove leve ritengono che quel regime iniquo vada superato, essendo finita l’emergenza. 
La bocciatura dell’accordo è una sconfessione dei vertici del sindacato accusati di essere troppo amici di Marchionne. Ma dal punto di vista macroeconomico un po’ d’inflazione salariale è esattamente quello che ci si attende, la Fed addirittura auspica che arrivi.
La storia di questo rinnovo del contratto Fiat Chrysler è seguita con attenzione negli Stati Uniti per più di un motivo. È il contratto pilota del settore: se fosse stato approvato nel referendum dalla base di Chrysler, sarebbe stato facile far digerire un accordo simile a Ford e Gm. Poi perché la questione salariale è al centro dell’attenzione della Fed da quando alla presidenza c’ è Janet Yellen. Uno dei suoi leitmotiv è la preoccupazione per il ristagno delle buste paga. In condizioni normali dopo sei anni di crescita e con un tasso di disoccupazione del 5,1% i salari dovrebbero aumentare in misura
significativa. Invece sono quasi fermi, e spesso a livelli inferiori a quelli pre-crisi (in certi settori il potere d’acquisto reale delle retribuzioni è inchiodato da 30 anni)
Me ne sono occupato in questa rubrica citando la famosa “curva di Phillips” insegnata nei manuali di economia. In passato, con una disoccupazione al 5,1% la banca centrale si sentiva obbligata ad alzare i tassi per prevenire una fiammata inflazionistica. Ma la premessa era la vivace dinamica salariale che si ripercuoteva su costi di produzione e prezzi dei beni di consumo. 
Ora manca un passaggio: il rafforzamento del potere contrattuale dei lavoratori. 
Tra le spiegazioni, la globalizzazione che permette di ricattare gli operai con le delocalizzazioni. Ma nel caso Chrysler questa minaccia non sembra aver funzionato. Marchionne ha bisogno di produrre in America per il mercato americano, e i suoi impianti locali sono già ai limiti di capacità
Forse la classe operaia – o quel che ne resta – sta davvero rialzando la testa. E questo, oltre ad essere una buona notizia in sé, paradossalmente darebbe il via libera al rialzo dei tassi d’interesse fin qui rinviato. L’ad di Fca, Sergio Marchionne: la sua bozza di contratto con la Uaw è stata rigettata dalla base e le trattative tornano in alto mare

Grazie impiegati Air France!

Grazie cari impiegati Air France, abbiamo assistito ad una sfilata parigina molto attuale: uomini con abiti sartoriali a brandelli che fuggono inseguiti da voi che intanto urlavate "Dimissioni".

Ecco il video:
http://video.repubblica.it/economia-e-finanza/tagli-air-france-dipendenti-in-rivolta-manager-fugge-a-torso-nudo/213723/212895?ref=HRER3-1&refresh_ce

Che gli impiegati italiani prendano esempio da voi, che i manager abbiano paura, che i capitalisti che gestiscono le aziende siano in allerta: il lavoro è dignità, il lavoro è necessario per essere considerati uomini e donne a livello sociale, il lavoro è progresso umano.

Tagliare, pagare poco, accorpare, svilire il lavoro produce disastri economici, umani, sociali e spirituali.

Il coraggio, la forza (anche bruta in questo caso) e la determinazione nel chiedere le dimissioni ai manager  invece di subire passivamente i  2.900 licenziamenti è la risposta che mancava a questo andazzo idiota dell'economia europea nell'era dell'austerità.

Grazie francesi, abbiamo sempre da imparare da voi!

Forse il cambiamento dal basso è la rivoluzione. Meglio le aziende guidate dai lavoratori che quelle totalitaristiche asservite al capo bastone, schiavo solo del dio denaro.

Yanis Varoufakis: "La Primavera di Atene ha messo a nudo la tirannia dell'Unione"

L'ex ministro greco ha annunciato che alle elezioni voterà per i dissidenti euroscettici di Unità popolare: "L'Europa ha perso l'integrità e l'anima"