Se è solo Berlino a dettare legge alla Grecia e all’Eurozona

da: http://www.limesonline.com/rubrica/se-e-solo-berlino-a-dettare-legge-alla-grecia-e-alleurozona


L’Europa tedesca è altrettanto realistica dell’acqua secca o del legno ferroso. Lo conferma la tragedia greca, di cui stiamo sperimentando solo le prime battute.

Pur di preservare la sua stabilità la Germania ha esportato instabilità nel resto d’Europa, a cominciare dalla periferia mediterranea. Sotto il profilo economico e monetario, propugnando una ricetta unica – la propria – per contesti radicalmente diversi, sicché senza le pressioni americane e ilpragmatismo di Mario Draghi l’Eurozona sarebbe già saltata da tempo sotto i colpi dell’austerità.

Sotto il profilo geopolitico, rifiutandosi di assumere ogni responsabilità nelle crisi del Mediterraneo e lasciando che lo scontro sull’Ucraina fosse appaltato ai baltici, per i quali la distruzione della Russia è obiettivo appetibile. E adesso lasciando andare Atene alla deriva.

Smottamento economico, sociale e geopolitico che infragilisce l’euro e completa la destabilizzazione delle nostre frontiere mediterranee dopo la disintegrazione della Jugoslavia (incentivata dalla coppia austro-tedesca) e della Libia (follia franco-britannica), per tacere del Levante in fiamme e delsolipsismo turco.

Certo, il cuore tedesco del Vecchio Continente tiene. Ma al prezzo della liquidazione dell’idea stessa di Europa. Perché questo è il verdetto della crisi greca, qualunque sia il suo esito. Ci siamo scoperti tutti avvinghiati al presunto interesse particolare. Con la massima potenza economica continentale incapace di dirimere la più acuta crisi mai vissuta dalla scoppiatissima famiglia comunitaria. E nemmeno tanto desiderosa di farlo, nell’illusione che la Grexit sia faccenda greca, destinata a risolversi da sola incentivando l’autoesclusione di Atene dall’Eurozona. Dopo di che la vita continuerà come prima, meglio di prima. Ma poi, fino a quando Berlino potrà considerarsi immune dalle crisi che ha contribuito a suscitare, non fosse che per neghittosità?

Molti in Germania ambiscono a trasformarsi in Grande Svizzera, con i ponti levatoi alzati. Fisicamente e mentalmente. Si sentono protetti dalle alte mura della propria invidiabile fortezza, che esporta deflazione e importa liquidità grazie alla potenza commerciale, surrogando gli stagnanti mercati europei con la Cina. Già la Svizzera non è più un’isola felice, figuriamoci se può diventarlo la Germania.

La galoppante deriva europea nasce da un equivoco. Caduto il Muro, francesi, italiani ed altri soci comunitari si convinsero che l’ora dell’Europa americana (e sovietica) fosse finita: toccava finalmente all’Europa europea. Per questo convincemmo i più che riluttanti tedeschi a scambiare il marco con l’euro e a diluire la Bundesbank nella Banca centrale europea, in cambio della nostra altrettanto insincera benedizione all’unificazione delle due Germanie.

Nel giro di pochi anni, la forza economica della Germania e la somma delle debolezze altrui finirono per germanizzare l’euro. Ma l’egemonia tedesca si è fermata alla politica economica e monetaria. Anche qui mostrando la corda delle sue fissazioni ordoliberiste. Nella tempesta scatenata 7 anni fa dalle dissennatezze della finanza privata americana, Berlino ha reagito infliggendo ai partner lezioni di ortodossia rigoristica dal forte retrosapore ideologico. L’austerità come bene in sé, sempre e dovunque. Come scrive Hans Kundnani, direttore delle ricerche all’European Council on Foreign Relations, nel suo The Paradox of German Power di prossima pubblicazione presso Mondadori, l’instabilità diffusa dalla Germania in Europa è figlia di «una nuova forma di nazionalismo tedesco, basato sulle esportazioni, sull’idea di ‘pace’ e sul rinnovato sentimento della ‘missione’ germanica».

Testimoniato dalle acrobazie geopolitiche di Angela Merkel, che l’hanno vista talvolta allinearsi con Pechino, Mosca, Brasilia e Pretoria, oltre che dal montante antiamericanismo nella società tedesca. Con ciò mettendo in discussione la stessa appartenenza della Bundesrepublik a ciò che resta dell’Occidente.

Qui emergono anche le nostre responsabilità. Dalla paura della strapotenza tedesca che obnubilava François Mitterrand, Margaret Thatcher e Giulio Andreotti, siamo scivolati verso una sterile corrività verso il presunto egemone. Sterile perché abbiamo pensato che ai tedeschi bastasse qualche scappellamento retorico per considerare le “cicale” mediterranee degne di appartenere all’Euronucleo – la moneta delle “formiche” evocata da Wolfgang Schaeuble nel 1994, cui l’attuale superministro delle Finanze non ha mai cessato di pensare.

Insieme, restiamo sufficientemente corrivi da rinunciare a ridisegnare l’unione monetaria in nome di un’idea politica di Europa, così condannandoci alla marginalità nel farraginoso processo decisionale comunitario. Francia compresa, perché fin troppo consapevole della sua vulnerabilità sui mercati finanziari, nel momento in cui osasse smarcarsi dall’ombra lunga della Germania.

Sui funesti errori che hanno portato la Grecia nel burrone dal quale difficilmente potrà riemergere nei prossimi anni, inutile diffonderci. Troppi,troppo evidenti, troppo ripetuti. Purché questo non diventi un alibi per accomodarci alla deriva greca (e cipriota) verso lidi mediorientali o russo-ortodossi. L’impresa sarà improbabile, ma vale la pena tentarla.

Aiutare Atene a non affogare, dismettere i panni del moralismo e della facile censura, per sporcarsi le mani con quel solidale pragmatismo che può almeno alleviare la vita quotidiana di un popolo alla disperazione.

La risalita dell’Europa passa per la salvezza della Grecia. Con il contributo di tutti, italiani in testa, in quanto prima grande nazione europea esposta alla risacca ellenica.

Non per peloso “umanitarismo”, come stizzosamente suggerito da qualche politico nordico. Per puro senso di responsabilità nazionale ed europea.

La Corte dei Conti: "Ora meno tasse l'emergenza è finita"

ROBERTO PETRINI
da: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/06/12/la-corte-dei-conti-ora-meno-tasse-lemergenza-e-finita31.html

ROMA . Messa alle spalle la recessione, evitate manovre restrittive nel corso del 2014 e sostanzialmente consolidato il rispetto del limite del 3 per cento, è ora di «riportare la discussione sui veri nodi strutturali della finanza pubblica italiana» e per farlo ci vuole un nuovo «patto sociale » volto a riscrivere il Welfare State e «riorganizzare i servizi ». 

Mentre il paese si trova ancora una volta in un clima di impasse, la Corte dei Conti si assume la responsabilità di lanciare un messaggio politico al governo e al Parlamento. Nel corposo e dettagliato «Rapporto sulla finanza pubblica 2015», illustrato ieri dal presidente Raffaele Squittieri in Senato, la magistratura contabile sollecita, finita l'emergenza, l'esigenza di riportare in prima linea l'iniziativa su conti pubblici, tasse e riforme strutturali.

Le manovre della crisi, dal 2009 al 2014, dice la Corte, sono state conseguite soprattutto sul lato delle entrate: l'aumento del gettito è stato di 55 miliardi, mentre la spesa attribuibile sostanzialmente a Welfare e prestazioni sociali è continuata ad aumentare totalizzando una crescita di 16 miliardi. L'effetto di riduzione c'è stato invece sul resto della spesa primaria corrente (dagli investimenti, ai beni e servizi e agli stipendi) che è precipitata di 21 miliardi.
Una situazione che deve essere corretta: per riprendere la crescita sarà necessario un «effettivo allentamento della pressione fiscale» processo che al momento sembra ostacolato dalle «incertezze» e dalle «difficoltà » che riguardano la piena attuazione della spending review e dal «permanere di un elevato grado di rigidità nella dinamica delle prestazioni sociali». 

Senza contare che per assicurare la sostenibilità futura dei conti pubblici è necessario prevedere per l'Italia un tasso di crescita pari all'1,5 per cento annuo di Pil e un ritorno della disoccupazione al 7 per cento. Obiettivi che , dice chiaramente la Corte dei Conti, necessitano di «interventi profondi», maggiore produttività e «ritorno della centralità » del tema delle riforme strutturali.

L'elenco di criticità sulle politiche economiche e di bilancio offerto dalla Corte dei Conti è ampio e comincia dal "fallimento" del processo di autonomia di spesa e tassazione da parte dei livelli locali di governo previsto fin dalla fine degli Anni Novanta dal processo del federalismo.

La pressione fiscale «periferica »è raddoppiata in vent'anni, spiega la Corte, passando dall'11,4 del 1995 al 21,9 del 2014. Tutto ciò per effetto di «scelte del governo centrale» senza che l'autonomia di spesa degli enti locali sia aumentata.

Siamo in ritardo con il taglio delle agevolazioni fiscali (la maggioranza dei 202 provvedimenti varati in materia tra il 2008 e il 2014) le hanno estese. Flop della lotta ll'evasione: nello stesso periodo si attendevano 145 miliardi invece ne sono arrivati solo 64 (il44%).
La pressione fiscale "periferica" raddoppiata in vent'anni ma senza benefici per gli enti locali.

Renzi vuoi stare sereno? allora dimettiti!

Ferruccio De Bortoli contro Matteo Renzi, terzo affondo: clone di Berlusconi, meschino, opportunista e anche grasso


da: http://www.huffingtonpost.it/2015/07/02/de-bortoli-contro-renzi-e-il-clone-di-berlusconi_n_7710994.html?utm_hp_ref=italy
Ferruccio De Bortoli contro Matteo Renzi, terza puntata. L'ex direttore del Corriere della Sera lancia un altro affondo contro il presidente del Consiglio dalle pagine della rivista Linus, che torna in edicola con una nuova veste e un nuovo direttore, Giovanni Robertini.
Prima c'era stato l'editoriale sul quotidiano di via Solferino in cui De Bortoli aveva criticato duramente Renzi, la sua gestione del potere, l'ego ipertrofico, il suo voler essere uomo solo al comando, un "maleducato di talento", con un attacco anche alle ombre che circondavano il Patto del Nazareno. Poi l'editoriale sul Corriere del Ticino con il commento alle elezioni regionali che avevano fatto "abbassare un po' le penne" al premier. Quindi il nuovo affondo dalle pagine di Linus contro il "clone di Berlusconi", riportato oggi sulle pagine del Fatto Quotidiano.
De Bortoli suona un'ennesima sveglia al premier. "Parla di sé in terza persona. È fantastico. Lui pensa che per governare basti raccontare una bella storia al Paese". Il renzismo, secondo il giornalista, è "un prodotto di sintesi del berlusconismo di sinistra. È la dimostrazione di come il Pd, che ha sempre combattuto Berlusconi, sia stato conquistato da un suo clone. Ultimamente però inizia a battere qualche colpo a vuoto, tanto da sembrare in uno stato quasi confusionale". Ma il "paradosso finale", prosegue De Bortoli, è che "siamo costretti a sperare che Renzi resista e impari a governare".
(E Stilinga non è per nulla d'accordo: Renzi dimettiti!)
Renzi diventa anche "meschino" quando si parla di Roma e di Mafia capitale, in quanto reo di non aver difeso Ignazio Marino, dopo aver scelto "un chirurgo genovese che non sa nulla di politica, una sorta di Forrest Gump". 
(E Stilinga si ripete dicendo che Marino è stato votato, eletto ed è diventato sindaco, Renzi non è stato votato, si è catapultato da solo e pretende di rappresentare gli italiani? Una bella tornata elettorale sana gli farebbe di un bene!)
Marino tuttavia "è stato il candidato di Renzi alle primarie. Va perciò difeso. Non è buona norma - scrive De Bortoli - scaricare i propri candidati nel momento in cui non ti servono più. Lo trovo meschino". Questo perché "se ti limiti a scaricare chi non ti conviene più non sei uno statista, sei un'opportunista".
Meschino, opportunista e anche grasso. "L'Italicum, un mostro - scrive De Bortoli - è stato disegnato come un abito su misura per un premier con la tendenza alla pinguedine".
Infine, parole dure contro il Pd - destinato "alla scissione, a meno che prima non imploda il renzismo" - e dolci contro il Movimento 5 Stelle - "pensavo fossero destinati a sparire e invece stanno conoscendo una seconda giovinezza. Con in più che si intravede una classe dirigente".

Piketty: “Europa in agonia sono i conservatori ad averla devastata”

L’economista francese: serve una conferenza per ristrutturare i debiti più insostenibili.

di Roberto Brunelli, da Repubblica, 29 giugno 2015

da: http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-%E2%80%9Ceuropa-in-agonia-sono-i-conservatori-ad-averla-devastata%E2%80%9D/

L’Europa sta per essere distrutta. Ma non dai greci e dall’ostinazione di Tsipras e Varoufakis, ma dai “conservatori” del Vecchio Continente, in particolare quelli tedeschi. E’ un Thomas Piketty furente a dire la sua, in un’intervista alla Zeit che il settimanale tedesco pubblica non a caso con grandissimo rilievo. Perché è un j’accuse — quello dell’economista divenuto una star internazionale con il suo “Il capitale del XXI secolo” — che cade come un meteorite in fiamme sulla cronaca greca di questi giorni.

I conservatori stanno ad un passo dal devastare definitivamente l’idea europea, e lo fanno per colpa di uno spaventoso deficit di memoria storica. In particolare per quello che riguarda i debiti. Proprio la Germania di oggi dovrebbe capire il significato di quello che sta accadendo: dopo la guerra Gran Bretagna, Germania e Francia soffrirono di una situazione debitoria peggiore di quella della Grecia di oggi. La prima lezione che dovremmo trarne è che ci sono molti modi per saldare dei debiti: e non uno solo, come Berlino vorrebbe far intendere ai greci”.

Sul banco degli imputati, non è difficile immaginarlo, soprattutto Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble. “Quando sento i tedeschi dire che sono mossi solo dall’etica e che sono fermamente convinti che i debiti debbano essere pagati, penso: ma questa è una barzelletta! La Germania è esattamente il paese che non ha mai onorato i suoi debiti, né dopo la prima né dopo la seconda guerra mondiale”. Niente a che vedere con “l’accezione comune di ordine e giustizia: perché se la Germania nel secondo dopoguerra realizzò il boom, fu proprio grazie del fatto che i suoi debiti furono abbattuti, cosa che oggi neghiamo con ferocia ai greci”.

Quello che propone Piketty è chiaro: una grande conferenza europea sul tema dei debiti. Qualcosa di paragonabile, come dimensione strategica, al Piano Marshall. Ma niente del genere è all’orizzonte, anzi. “La verità è che una ristrutturazione dei debiti è inevitabile in molti paesi europei, non soltanto in Grecia. E invece abbiamo appena perso inutilmente sei mesi di tempo a causa di trattative tutt’altro che trasparenti con Atene”. 

Non solo. A Schaeuble, che sostiene che una eventuale Grexit addirittura favorirebbe una rinnovata compattazione europea, Piketty risponde con uno scenario opposto: se non cambia passo, l’Unione europea affronterà una crisi di fiducia ancora più grave. “Sarà l’inizio di una lenta agonia, nella quale sacrificheremo all’altare di una politica debitoria irrazionale il modello sociale europeo, persino in termini di democrazia e civilizzazione”. L’ultimo pensiero, e non poteva essere altrimenti, è per la cancelliera tedesca Angela Merkel: “Se vuole assicurarsi un posto nella storia, come Kohl con la riunificazione tedesca, deve avere il coraggio di un nuovo inizio. Chi invece oggi insiste nel voler cacciare la Grecia dall’eurozona finirà nella pattumiera della storia”.

(29 giugno 2015)

Grecia: il discorso di Tsipras che proclama il referendum (in Italiano)

da: http://cambiailmondo.org/2015/06/27/grecia-il-discorso-di-tsipras-che-proclama-il-referendum-in-italiano/


Tsipras10Il testo in italiano del proclama di Tsipras per il referendum.
Venerdì notte 26 giugno 2015
 
Greche e greci,
da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di
asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.
In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.

Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi  e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.

La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia.

Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.

Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.
 
Greche e greci,
in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.
Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.

Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.
 
Greche e greci,
a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza  prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. 

All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.

La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.

E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.

E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.

In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. 

Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. 

La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. 

Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.

Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.
Alexis Tsipras

Scuola, la riforma di destra (fatta da Renzi che dice di essere il presidente del PD, ex partito di sinistra, o meglio partito dalla sinistra ed andato a destra)

di Amalia Signorelli
da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/26/scuola-la-riforma-di-destra/1819530/
A mio modo di vedere la cosiddetta riforma della scuola è, tra le ‘belle’ innovazioni partorite da Renzi e dal suo governo, la più carica di conseguenze nefaste per l’Italia. Due premesse: al di là delle rituali giaculatorie sull’importanza della scuola, rimane il fatto che l’istruzione di massa è il più potente strumento di autoriproduzione o di automodifica non cruenta che una società moderna possiede. E’ a scuola che ciascuno di noi ha imparato a ragionare (o a mal ragionare) e ha imparato i contenuti e i modi del suo ragionare, che per altro porterà con sé per tutta la vita. (Non sottovaluto la famiglia, ma qui sto tentando un altro discorso).
Ma – seconda premessa – proprio per questo suo potere riproduttivo o innovativo, la scuola ‘buona’ o ’bella’ non esiste. Non esiste in sé. Esistono solo modelli specifici di istruzione buoni per riprodurre una determinata società o per modificarne un’altra in una determinata direzione. E non si tratta solo di contenuti (più matematica o più musica): si tratta di valori. Scuola autoritaria o permissiva, meritocratico-competitiva o cooperativa, conformizzante o diversificante, scuola che incoraggia le parità di genere o ignora il problema. E così via.
E’ per questo, per essere sempre la realizzazione di un progetto, che comunque la scuola, ogni scuola, è sempre anche il frutto di scelte e decisioni politiche. Non esiste la scuola neutra.
Di queste due premesse la sinistra italiana non ha mai tenuto molto conto: dimenticando Gramsci, ha sempre ritenuto che il Ministero del Lavoro fosse più strategico di quello della Pubblica Istruzione.
Tuttavia l’Italia repubblicana ha avuto un modello di scuola coerente con il suo modello di società: è quello tracciato nella Costituzione. E’ una scuola tesa al massimo verso un modello di cittadinanza egualitaria e libera. E’ una scuola laica, nettamente non confessionale, aperta a tutti; è obbligatoria e gratuita fino al massimo livello di età che lo Stato ritiene di poter garantire a tutti; e coloro che, senza mezzi, dimostrano capacità e impegno, avranno sostegni per andare oltre.
Gli insegnanti sono selezionati attraverso concorsi; il relativamente alto grado di autonomia di cui gode[va]no nell’esercizio delle loro funzioni nasce[va] dal convincimento del Costituente che la professione dell’insegnante sia di quelle che possono essere regolate solo dalla scienza e coscienza da chi le esercita.
La scuola deve essere dunque un potente strumento di uguaglianza, di acquisizione uguale per tutti degli strumenti di base della partecipazione sociale, civile, economica e politica alla vita del proprio paese
Pertanto l’omogeneità degli ordinamenti e dei programmi non è un’imposizione autoritaria, ma uno strumento di produzione di uguaglianza. Questa bella scuola poteva essere fatta crescere, come dimostrò la istituzione della Scuola media unica (1961).
Ma poiché a scuola impariamo a ragionare, in questa scuola si ragionava troppo perché potesse piacere a quei gruppi di potere che aspirano al controllo monopolistico sul ragionamento dei cittadini. 
Avanti allora a distruggere la scuola pubblica: diminuzione relativa progressiva dei salari e perdita di prestigio di una professione femminilizzata e mal pagata; diminuzione relativa progressiva dei fondi per le attrezzature e per l’edilizia; piccole riforme , il cui unico scopo era l’introduzione progressiva di elementi confessionali nel sistema- scuola d’Italia; fino ai trionfi morattiani e gelminiani.
In verità Renzi, con questa “riforma di destra” (Schifani dixit) ha portato avanti il lavoro ‘sporco': ha introdotto tra i compiti della scuola quello di produrre per le aziende un poco addestrato ma permanente esercito di riserva, il cui compito non è tenere bassi i salari, ma dimostrare che non necessariamente il salario è un diritto di chi lavora. Quanto agli insegnanti, la loro scienza e coscienza è una moneta che non ha più corso. Fannulloni e inconcludenti, un sistema di bastone e carota provvederà a rimetterli in carreggiata, mentre i più disponibili e volonterosi diverranno i/le favoriti/e dell’ormai celebre preside sceriffo. E saranno esempi virtuosi per i loro alunni.
Ma non è tutto questo il peggio, anche se, lo confesso, centinaia di migliaia di docenti in piazza mi aveva fatto sperare che andasse un po’ meglio.
No, la cosa per me agghiacciante, è il doppio ricatto con il quale la ‘riforma’ è stata portata a compimento. Ai docenti: o fate come dico io o dite addio alle immissioni in ruolo. E ai parlamentari del Pd: o fate come dico io o dite addio alla poltrona. Con una differenza: i docenti continuano a dire di no; i parlamentari hanno scoperto di avere un altissimo senso della responsabilità che impedisce loro di provocare una crisi di governo “che in questo momento l’Italia non può permettersi”. Gli “irresponsabili” sono stati quattro, ai quali va la mia stima.
Visto che il Parlamento serve sempre a meno, a quando la sua trasformazione in Assemblea dei parlamentari muti?
P.S. Cara ministra Boschi, se le fa piacere, può anche dirmi che houn’allucinazione.

Il tempo è ora, anzi siamo già oltre

Il tempo è ora


da: http://listatsipras.eu/blog/item/2997-il-tempo-e-ora-documento-politico-approvato-dal-comitato-nazionale-del-21-giugno-2015.html

Domenica scorsa, 21 giugno, si è tenuta a Roma una riunione del Comitato nazionale de L’Altra Europa con Tsipras, conclusasi con l’approvazione di un documento in cui viene riproposto il tema dell’avvio di «un processo costituente» per la costruzione di una forza e di una soggettività politica nuova che «abbia l'ambizione di essere alternativa al quadro politico esistente, a quello delle larghe intese tra popolari e socialisti in Europa, e a quello italiano in cui il renzismo ha ormai cancellato non solo le figure ma il concetto stesso della tradizione di sinistra».
«Abbiamo detto già molte – troppe – volte che “il tempo è ora”. Dobbiamo dire oggi che “siamo già oltre”». Questa la convinzione dell’Altra Europa con Tsipras, che chiede a tutti i suoi interlocutori politici e sociali, anche ad importanti personalità, un «pubblico impegno», solenne, prima del mese di agosto, a dare concretamente inizio ad «un processo partecipato e democratico, ampio, includente, capace di coinvolgere la moltitudine estesa di chi non sopporta più lo stato di cose esistente e non vuole limitarsi alla testimonianza». Ciò, anche in considerazione del fatto che «l’unico antidoto in grado di resistere alla deriva fascistoide e alla mobilitazione del disumano dentro la crisi europea è l’esistenza di una sinistra forte, radicata e radicale, determinata e con chiarezza alternativa all’intero paradigma neo-liberista».
«L’adesione a tale processo di tutte le esperienze organizzate che si  muovono alla sinistra del PD - prosegue il documento - ne è la condizione necessaria, perché senza un segnale di superamento dell’attuale frammentazione non c’è credibilità. Ma non sufficiente, perché senza la costruzione di una road map fatta soprattutto di lotte e mobilitazioni, e senza un radicamento sociale, non si uscirebbe dall’ambito penitenziale della irrilevanza. Per questo il “tavolo” con cui lavorare dovrà essere ampio, molto più esteso di noi, di quello costituito dalle sole forze politiche organizzate e dei nostri tradizionali interlocutori. E non dovrà stare nel chiuso di una stanza, ma estendersi ai “luoghi della vita” e ai territori. In quella sede si definiranno le tappe e le caratteristiche del processo costituente, che non potrà ricalcare le forme verticistiche e pattizie di esperienze come "Sinistra Arcobaleno" o "Rivoluzione civile", ma riprendere l'ispirazione che ci ha unito nel progetto dell'Altra Europa con Tsipras».
In questo senso dovrà essere chiaro l’ancoraggio alla dimensione europea ed internazionale: «costruiamo questo processo in una cornice esplicitamente internazionale, nello spazio europeo in cui si muovono forze come Syriza e Podemos, con le quali giungere a esplicite dichiarazioni d’intenti comuni». Riguardo alla forma politica, l’idea è che «la casa comune dovrà tenere insieme forme diverse del fare politica, dell'agire sociale e culturale, della costruzione della rappresentanza, della democrazia diretta, della partecipazione e costruzione del conflitto e delle pratiche mutualistiche. Dunque non un partito unico ma una casa in cui stiano insieme molteplici forme di attivazione e di adesione».
«Spetta a noi - conclude il documento - che ci siamo posti fin dall’inizio il problema della rappresentanza politica come nodo cruciale della crisi  di sistema italiana, la responsabilità, grande, di lavorare per superare l’ostacolo dei molteplici progetti concorrenziali a sinistra e creare le condizioni di una coalizione politica e sociale capace di competere – come in Grecia e in Spagna - per una reale alternativa di governo».

Grecia, la mossa di Tsipras: "Il 5 luglio referendum sulla proposta dei creditori"

da: http://www.repubblica.it/economia/2015/06/27/news/grecia_tsipras_il_5_luglio_referendum_sulla_proposta_dei_creditori_-117794659/?ref=HREC1-1

ATENE
 - La svolta drammatica nella crisi greca arriva a ridosso della mezzanotte. Alexis Tsipras annuncia che "il popolo sarà chiamato" domenica 5 luglio a votare il referendum sulla proposta dei creditori. 

Il premier ellenico ha detto di essere stato costretto a indire la consultazione perchè i partner dell'Eurogruppo hanno presentato un ultimatum alla Grecia che è contro i valori europei per cui "siamo obbligati a rispondere sentendo la volontà dei cittadini". 

In un discorso televisivo dai toni enfatici, afferma: "Ci hanno chiesto di accettare pesi insopportabili che avrebbero aggravato la situazione del mercato del lavoro e aumentato le tasse".

Per Tsipras l'obiettivo di alcuni dei partner europei è proprio l'umiliazione dell'intero popolo greco. 

L'annuncio alla nazione dopo una riunione di emergenza, nella notte, del governo. Durissimo il ministro dello Sviluppo, Panayiotis Lafazanis, che ha chiesto alla nazione di votare contro il piano internazionale voluto dai creditori. 

Stessa posizione espressa anche dal portavoce di Syriza in Parlamento. Un altro dei protagonisti di questi drammatici mesi di trattativa, il ministro dell'Economia Yanis Varoufakis, interviene invece con un tweet sul filo dell'ironia ("Buffo quanto suoni radicale il concetto che sia il popolo a decidere").


L'EMERGENZA FINANZIARIA. Il vicepremier, George Katrougkalos, ha assicurato che il governo greco "non chiuderà le banche lunedì e non saranno introdotti controlli sui capitali". E ha annunciato: "Il collega Yannis Dragasakis ed il caponegoziatore Euclid Tsakalotos vedranno oggi il presidente della Bce, Mario Draghi". Il capo negoziatore greco, Euclides Tsakalotos, ha aggiunto che il premier ha parlato con Draghi e che il presidente della Bce ha dimostrato comprensione per la scelta del referendum. Nessuna dichiarazione, finora, da Francoforte.

Tsipras ha aggiunto che chiederà un'estensione di pochi giorni del programma di salvataggio della troika (Bce-Ue-Fmi), che scade il 30 giugno, per poter arrivare senza problemi a tenere il referendum del 5 luglio. Ma l'annuncio del referendum ha riaccelerato in piena notte la corsa dei greci ai bancomat. La banca Alpha ha addirittura sospeso le contrattazioni online secondo quanto riferisce lo stesso sito web dell'istituto, per impedire di spostare i soldi su altri conti.

L'OPPOSIZIONE. Tutta l'opposizione greca critica aspramente Tsipras per la scelta di ricorrere al referendum sostenendo che questa mossa porterà il Paese fuori dall'Europa. Il Pasok chiede le dimissioni del premier. I centristi di Potami rimproverano a Tsipras di non aver combattuto la sua battaglia nel cuore delle istituzioni europee. Per i conservatori di Nea Dimokratia il premier è un irresponsabile che ha portato la Grecia al totale isolamento nell'Unione.

E Stilinga pensa che finalmente il popolo greco potrà dire la sua, visto per anni hanno subito gli ordini di Bruxelles.

Oggi si apre il «club segreto» Bilderberg. Cinque italiani nella lista (c’è anche Lilli Gruber)

da: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-06-11/oggi-si-apre-club-segreto-bilderberg-quest-anno-incontro-austria-cinque-italiani-lista-115435.shtml?uuid=ABC54dwD&refresh_ce

Si apre oggi e si concluderà giovedì il nuovo incontro del gruppo Bilderberg, che riunisce ogni anno leader politici, rappresentanti dell'economia e del mondo accademico, quest'anno ha fissato la sua riunione in Austria, a Telfs-Buchen (vicino Innsbruck). Con l'obiettivo di “promuovere il dialogo tra Europa e America del Nord” sono stati invitati 140 partecipanti provenienti da 22 Paesi. Tra gli invitati politici ci sono il primo ministro del Belgio, Charles Michel, il numero uno dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il presidente dell'Austria, Heinz Fischer, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Cinque gli italiani nella lista del partecipanti. In ordine alfabetico, il manager Franco Bernabè, il presidente di Fca John Elkann, la giornalista Lilli Gruber, l'ex commissario Ue ed ex premier Mario Monti e il numero uno di Techint Gianfelice Rocca. 

A presiedere il Bilderbeg Group è Henri de Castries, patron del gruppo assicurativo francese, Axa.

(Pensiero di Stilinga in merito: "E ora è tutto più chiaro e caro: in Italia le assicurazioni sono le uniche che hanno guadagnato fior fiori di soldi, i caf si sono dovuti assicurare per il 730 precompilato - ma l'Agenzia delle Entrate a che serve se invia i moduli sbagliati? e la paghiamo pure per non fare il suo lavoro per il popolo sovrano???? - e pure i commercialisti si sono dovuti assicurare, per non parlare delle banche che col mutuo obbligano i clienti a sottoscrivere le assicurazioni. A lume di naso il governo Renzi è assoldato dalla lobby delle assicurazioni.)

L'evento è stato commentato anche dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, che alle domande dei giornalisti al termine del vertice del G7, ha risposto: «No, io non ci andrò ma auguro loro comunque buon lavoro».

Per essere il club “segreto” che (dopo il G20 e l'Assemblea annuale dell'Onu) raccoglie le persone più potenti del mondo, il Bilderberg Group - anche nell'edizione 2015 è particolarmente affollato di giornalisti e commentatori. Ma il vincolo alla riservatezza è così forte che anche quest'anno prevedibilmente non filtrerà una sola riga sui temi affrontati e le posizioni emerse nelle giornate di dibattito libero, che sono la caratteristica di questi vertici informali: come da tradizione, infatti, non c'è nessuna agenda e l'unica regola valida è quella di “Chatam House" ovvero i contenuti degli incontri possono essere utilizzati o riferiti senza però rivelare l’identità o l’appartenenza di chi li ha espressi. Ma questo basta a scatenare le fantasie dei complottisti.

(E Stilinga pensa che nonostante la segretezza, gli effetti delle stolte, idiote e miopi decisioni di questi cretini che si credono potenti sono visibili a tutti: disuguaglianze a zaffate, povertà, tassazione assurda, nessuna crescita economica, disastro ambientale, migrazione forzata, paura esasperata che potrebbe generare razzismo diffuso, guerra tra poveri, idioti al potere in quasi tutti gli stati europei, Isis che impazza, mafie di ogni genere, schiavismo diffuso, nessuna visione armoniosa sulla vita e il mondo va a rotoli)

Nello scarno sito ufficiale, peraltro, si ricorda come fino agli anni Novanta le conferenze annuali erano precedute da una conferenza stampa, ma questa prassi è stata cancellata - si legge - «per mancanza di interesse».

Una affermazione bizzarra se si considera la massa di pubblicistica (libri, articoli, servizi tv) prodotta intorno a questi incontri, che prendono il nome dall'hotel olandese dove nel 1954 si svolse il primo incontro, per iniziativa di un politico polacco in esilio, Józef Retinger, che riuscì a coinvolgere il principe Bernardo di Olanda, il premier belga Paul Van Zeeland e il capo di Unilever Paul Rijkens.

L'Italia ha ospitato tre vertici (Cernobbio nel 1965 e nel 1987 e Stresa nel 2004) mentre le delegazioni hanno incluso, nel tempo, Mario Draghi o Ignazio Visco, Romano Prodi ed Enrico Letta, Carlo De Benedetti o Gianni Agnelli, ma mai - tanto per fare un esempio - Silvio Berlusconi.

 Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/E5Xdo3

Allora cretinetti del Bilderberg cosa ci avete preparato per il prossimo futuro?

E giusto per puntualizzare: noi (tutti i cittadini) siamo di più e siamo potenti e voi potete perdere tempo a riunirvi in luoghi che rimandano ai gusti dei gerarchi  nazisti e a Hitler, e ad immaginare qualsiasi scenario, tanto poi la vita va come pare a lei e le vostre idee sono solo illusorie. Aspettatevi la grande delusione!