Quando scriviamo di previdenza su questa pagina diamo l’impressione – a torto - che alla base dei problemi pensionistici ci sia l’INPS.
A nulla valgono le dichiarazioni di consapevolezza che ad essere difettosa è la legge di riforma della previdenza che, con l’introduzione del metodo “contributivo”, ha penalizzato le future generazioni.
C’è sempre qualche amico che ci rimprovera e ci dice che noi ce la prendiamo con l’INPS.
A nostra discolpa vorremmo dire che quando parliamo di “versamenti di soldi all’INPS” o diciamo che “l’INPS ci restituisce meno di quello che versiamo” diciamo una cosa tecnicamente vera, perché i soldi sono depositati presso l’Istituto ed è l’Istituto stesso che eroga i pagamenti e calcola le rivalutazioni.
Ad ogni modo, a conferma di quanto sopra, vogliamo dichiarare qui con fermezza e a titolo definitivo che l’INPS non c’entra proprio niente. L’INPS è solo il braccio operativo e fa quello che dice la legge. Speriamo di non dover ritornare più su questo punto, se non altro perché la questione è secondaria e ci fa distrarre dal problema principale che, ripetiamo, è che l’istituzione deputata a ricevere le nostre contribuzioni previdenziali ai sensi e per gli effetti della legge 335/95 ci restituisce meno di quello che depositiamo e che, nel lungo periodo, c’è un rischio di povertà in vecchiaia dei cittadini italiani.
Vorremmo, però, fare alcune osservazioni.
La riforma previdenziale del 1995 è stata fatta per trasferire sui cittadini tutti i rischi di un andamento negativo dell’economia italiana. Sussiste il dubbio che un sistema così sofisticatamente perverso - dove si sottraggono un po’ alla volta le risorse alle generazioni future che man mano vanno in pensione con il metodo contributivo, ricevendo meno di quello che hanno versato – sia stato concepito da qualche anima semplice che si trovava lì di passaggio. Deve per forza essere il parto della mente di tecnici, peraltro non molto brillanti o comunque interessati
solo a tenere in piedi un sistema senza troppi riguardi per le conseguenze sulla vita dei cittadini. Infatti, se la riforma è stata fatta soprattutto alla luce della denatalità, come si può pensare di
continuare a tenere in piedi un sistema – quello a ripartizione, dove le pensioni si pagano con i contributi dei giovani – fondato ancora sulla contribuzione dei nuovi nati che entrano nel mercato del lavoro? Comunque è solo una coincidenza che il padre della riforma sia l’attuale presidente dell’INPS, il professor Tiziano Treu.
Un altro caso è quello della cosiddetta “busta arancione”.
La busta arancione è un estratto conto che i cittadini dovrebbero ricevere ogni anno con i dati relativi alla loro pensione, con le indicazioni su quanto hanno versato e quanto possono aspettarsi se vanno in pensione nelle diverse età in cui maturano i requisiti.
Questo è uno strumento utilissimo per aiutare il cittadino a pianificare la sua vita. L’INPS però continua a nicchiare e suscita non poco sconforto il sapere che esiste un’istituzione pubblica così noncurante che si occupa di una materia così delicata.
Altro problema.
Ormai tutti sanno che la rivalutazione del montante maturato al 31 dicembre 2013 sarà negativo. L’INPS, per bocca dei suoi massimi dirigenti, si è affrettata a dire che la rivalutazione sarà portata invece a zero.
Come fa l’INPS a fare una cosa del genere? L’INPS ha potere discrezionale sulle rivalutazioni?
No, l’INPS non c’entra proprio niente.