I re dormienti d’Europa - micromega-online - micromega

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Di Barbara Spinelli

Raggruppati in un'Unione che non ha niente da dire in politica estera – né sulle proprie marche di confine a Est o nel Mediterraneo, né sull'alleanza con gli Stati Uniti, né sulla democrazia che intendono rappresentare – i governi europei s'aggirano sul palcoscenico del mondo come inebetiti, lo sguardo svogliato, le idee sparpagliate e soprattutto incostanti. Si atteggiano a sovrani, ma hanno dimenticato cosa sia una corona, e cosa uno scettro.

L'ossessione è fare affari, e dei mercati continuano a ignorare le incapacità, pur avendole toccate con mano. S'aggrappano a un'Alleanza atlantica per nulla paritaria, dominata da una superpotenza che è in declino e che proprio per questo tende a riprodurre in Europa il vecchio ordine bipolare, russo-americano, lascito della guerra fredda.

Sono anni che gli Europei dormono, ignari di un mondo che attorno a loro muta. 

Non c'è evento, non c'è trattativa internazionale che li veda protagonisti, pronti a unirsi per dire quello che vogliono fare. A volte alzano la voce per difendere posizioni autonome, ma la voce presto scema, s'insabbia. Lo si vede in Ucraina: marca di confine incandescente sia per l'Unione, sia per la Russia. Lo si vede nel negoziato euro-americano che darà vita a un patto economico destinato ad affiancare quello militare: il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip). Lo si vede nella battaglia indolente, e infruttuosa, contro i piani di sorveglianza dell'Agenzia Usa per la sicurezza nazionale (Nsa), disvelati da Edward Snowden nel 2013. Sono tre prove essenziali, e l'Unione le sta fallendo tutte.

Le sta fallendo in Ucraina, perché l'Europa non ha ancora ripensato i rapporti con la Russia. Non sa nulla di quel che si muove e bolle in quel mondo enorme e opaco. Non sa valutare le paure e gli interessi moscoviti, né i pericoli della riaccesa volontà di potenza che Putin incarna. Non capisce come mai Putin sia popolare in patria, e anche in tante regioni ex sovietiche che appartengono ormai a altri Stati e includono vaste e declassate comunità russe. Non sapendo parlare con Mosca, gli Europei lasciano che siano gli Stati Uniti, ancora una volta, a fronteggiare il caos inasprendolo. È Washington a promettere garanzie al governo ucraino, a diffidare Mosca da annessioni, ad allarmarla minacciando di spostare il perimetro Nato a est. 

L'Europa sta a guardare, persuasa che bastino i piani di austerità proposti da Fondo Monetario e Commissione europea, se Kiev entrerà nella sua orbita. Questo è infatti lo scettro, l'unico che l'Unione sappia oggi impugnare: non una politica estera, ma un ricettario economico liberista misto a formule moraleggianti sul debito, scrive lo storico russo Dmitri Trenin che dirige a Mosca il Carnegie Endowment for International Peace. Quasi che il dramma degli Stati fallimentari, nel mondo, fosse soltanto finanziario.

La risposta politica a tali fallimenti è affidata a Obama, e per forza gli sbagli commessi dagli Europei si ripetono (basti ricordare l'errore madornale di Kohl, quando disse negli anni '90 che la Slovenia "meritava l'indipendenza", essendo "etnicamente omogenea"). Depoliticizzata, l'Europa subisce il ritorno anacronistico del duopolio russo-americano. È Washington a decidere se Kiev debba essere il nuovo scudo orientale della Nato, nonostante il popolo ucraino preferisca evidentemente la neutralità. Per quasi mezzo secolo l'avamposto fu la Germania Ovest, poi sostituita dalla Polonia: ora Varsavia spera che al proprio posto s'erga un'Ucraina occidentalizzata d'imperio, frantumabile come lo fu la Jugoslavia. Mosca chiede che il paese diventi una Federazione, anziché un agglomerato babelico di risentimenti nazionalisti. Strano che non sia l'Europa, con le sue esperienze, a domandarlo.

La seconda prova è il patto commerciale con gli Usa: una trattativa colma di agguati, perché molte conquiste normative dell'Europa rischiano d'esser spazzate via. Non a caso le multinazionali negoziano in segreto, lontano da controlli democratici. Sono sotto attacco leggi sedimentate, diritti per cui l'Unione s'è battuta per decenni: tra questi il diritto alla salute, la cura dell'ambiente, le multe a imprese inquinanti. I sistemi sanitari saranno aperti al libero mercato, che sulle esigenze sociali farà prevalere il profitto. Emblematico: l'assalto delle grandi case farmaceutiche ai medicinali generici low cost.

Sono in pericolo anche tasse cui l'Europa pare tenere, sia per aumentare il magro bilancio comune sia per frenare operazioni speculative e degrado climatico: la tassa sulle transazioni finanziarie, e sulle emissioni di anidride carbonica. Una controffensiva UE contro il trattato commerciale ancora non c'è. Nell'incontro a Roma con Obama, Renzi ha auspicato l'accelerazione del negoziato senza chiedere alcunché, né per noi né per l'Europa.

Numerose mezze verità circolano sul patto. Alcuni assicurano che quando sarà pienamente in funzione, nel 2027, il reddito degli europei crescerà sensibilmente (545 euro all'anno per una famiglia di quattro persone), con un beneficio di 120 miliardi annui per l'Unione e di 95 per gli Usa. Altri calcoli sono meno ottimisti. L'istituto Prometeia, pur favorevole all'accordo, sostiene che i guadagni non supererebbero lo 0,5% di Pil in caso di liberalizzazione totale. L'istituto austriaco Öfse (Ricerca per lo sviluppo internazionale) prevede addirittura un aumento dei disoccupati nel periodo di transizione, a causa della riorganizzazione dei mercati di lavoro imposta dal Partenariato. Non meno grave: le controversie commerciali si risolverebbero non attraverso giudizi in tribunali ordinari, ma in speciali corti extraterritoriali. Saranno le multinazionali a trascinare in giudizio governi, aziende, servizi pubblici ritenuti non competitivi, e a esigere compensazioni per i mancati guadagni dovuti a diritti del lavoro troppo vincolanti, a leggi ambientali o costituzionali troppo severe.

Tutto questo in nome della "semplificazione burocratica": parola d'ordine che Renzi predilige, virtuosa e al tempo stesso insidiosa. Nel contesto del Partenariato transatlantico, semplificare vuol dire abbattere le cosiddette "barriere non tariffarie", un termine criptico che indica parametri europei faticosamente elaborati: regole sanitarie a tutela della salute, canoni di sicurezza delle automobili, procedure di approvazione dei farmaci, e molto altro ancora. 

Non per ultimo, la terza prova: il caso Snowden, l'informatico dei servizi Usa che portò alla luce un sistema di sorveglianza tentacolare, predisposto dai servizi americani con la scusa di prevenire attentati terroristici. Grazie a Snowden si è saputo che erano intercettati perfino i cellulari di leader europei (tra cui Angela Merkel), non si sa per quali ragioni di sicurezza. I governi dell'Unione hanno protestato, ma ciascuno per conto suo e sempre più flebilmente. In un messaggio al Parlamento europeo, il 7 marzo, Snowden ha ironizzato sulle sovranità presunte dei singoli Stati, spiegando come sia assurdo il compiacimento di governi che immaginano di poter fermare il Datagate senza mobilitare l'Unione intera.

La vicenda Snowden è anche questione di civiltà democratica. L'esistenza di smascheratori di misfatti - non spie ma whistleblower, denunziatori di reati commessi dalla propria organizzazione - potenzia la democrazia. È un bruttissimo segno e paradossale che i giornalisti implicati nel Datagate a fianco di Snowden abbiano ricevuto il Premio Pulitzer (uno schiaffo per Obama), e che lui stesso, il soffiatore di fischietto, abbia trovato riparo non in un'Europa che promette nella sua Carta la "libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera", ma nella Russia di Putin. 

(23 aprile 2014)

Crisi, Istat: "In Italia oltre un milione di famiglie sono senza reddito da lavoro" - Il Fatto Quotidiano

Crisi, Istat: "In Italia oltre un milione di famiglie sono senza reddito da lavoro" - Il Fatto Quotidiano

e Bertone vive in 700 mq!



da:http://www.repubblica.it/esteri/2014/04/20/news/l_ira_di_francesco_per_il_mega-attico_del_cardinal_bertone-84053412/?ref=HREC1-32

L'ira di Francesco per il mega-attico del cardinale Bertone

L'ex segretario di Stato abiterà in 700 metri quadri nel palazzo di fianco alla modesta residenza del Papa. I lavori di ristrutturazione per unire due appartamenti saranno ultimati entro l'estate





CITTÀ DEL VATICANO - Papa Francesco abita a Casa Santa Marta in un bilocale di circa 70 metri quadrati. Il cardinale Tarcisio Bertone, da 6 mesi non più Segretario di Stato, inaugurerà presto il suo attico a Palazzo San Carlo, la cui ampiezza viene data di poco inferiore ai 700 metri quadrati. Circa 10 volte in più, comunque, di Sua Santità.

In Vaticano, entrando dalla Porta del Perugino, la Domus Sanctae Marthae e il Palazzo San Carlo sono edifici vicini. La prima di dimensioni ridotte, il secondo imponente. Quando Bergoglio, dopo aver osservato i complessi lavori di ristrutturazione nella struttura a fianco, è stato informato su chi sarebbe stato il suo vicino di casa, si è arrabbiato non poco. Ora non può certo cacciare di casa l'inquilino. Ma la sua ira su chi in Curia ancora resiste al suo titanico tentativo di cambiamento non è passata inosservata il Giovedì santo prima di Pasqua quando, davanti al clero riunito in San Pietro, si è scagliato contro i preti "untuosi, sontuosi e presuntuosi", che devono avere invece "come sorella la povertà".

La casa dove presto, prima dell'estate, il cardinale Bertone si trasferirà, ha dimensioni sontuose perché unisce due appartamenti: quello un tempo assegnato a Camillo Cibin, capo della Gendarmeria per tutto il pontificato di Karol Wojtyla, fra i 300 e i 400 metri, da cui è stata infine sloggiata la vedova; e quello di monsignor Bruno Bertagna, vicepresidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, deceduto alla fine del 2013, di metratura intorno ai 200. A questi metri interni vanno però aggiunti circa 100 di terrazzo.

In epoca ante Francesco l'assegnazione di alloggi di tutto rispetto per i prìncipi della Chiesa era una prassi consueta. Molti ricordano quando Bertone fu scelto come Segretario di Stato da Benedetto XVI, e dovette attendere quasi un anno prima che il suo predecessore, il cardinal Sodano, piccato per la rimozione, gli lasciasse l'appartamento nella Prima loggia del Palazzo Apostolico, dovendosi così l'altro accomodare nella Torre di San Giovanni. Sodano si trasferì poi in una casa di vaste proporzioni al Collegio Etiopico. Lì, il cardinale americano Szoka, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, dimessosi dall'incarico lo stesso giorno di Sodano (15 settembre 2006), ottenne guarda caso l'appartamento gemello di quest'ultimo sempre al Collegio.

Così quando Bertone, nel vortice delle polemiche su Vatileaks e la seguente rinuncia di Benedetto XVI al pontificato, fu in odore di lasciare la Segreteria di Stato - proposito realizzato solo dopo l'arrivo di Bergoglio - e si cominciò a parlare di dove si sarebbe trasferito lasciando la casa nella Prima loggia, furono avviate le pratiche per l'assegnazione di un altro appartamento. L'éra di Francesco è cominciata solo dopo. Ora, nella maxi casa, il cardinale non vivrà comunque solo: con lui abiteranno le tre suore che lo seguono da quando aveva assunto l'incarico di Segretario di Stato. Il suo successore, il neo cardinale Pietro Parolin, si è conformato al nuovo corso di Bergoglio, andando ad abitare come il Papa in un bilocale nella Domus Sanctae Marthae.

L'assegnazione di appartamenti di ampia metratura agli ex Segretari di Stato, tuttavia, mostra con evidenza come in Vaticano il nuovo fatichi ancora ad avanzare, e il vecchio resista. Facile capire dunque il disappunto di Francesco, e l'opposizione di una Curia lenta a spogliarsi degli antichi privilegi. A meno che il Papa "venuto dalla fine del mondo" non prenda posizione, oltre le parole già pronunciate contro "i preti sontuosi". 

E Stilinga pensa che se è vero che lo stato vaticano è assolutista allora non si capisce per quale favore o ragione Bertone non sia declassato a semplice prete da papa Francesco e l'immensa casa non sia usata per scopi più normali e nobili. Comunque la curia romana ora deve rivoluzionarsi in quanto se continua a comportarsi da aristocratica, la pianta cattolica secca, incenerisce.  I tempi e i privilegi sono cambiati.

Strasburgo: l’Europarlamento approva il 'Made in'

Da: http://it.fashionmag.com/news/Strasburgo-l-Europarlamento-approva-il-Made-in-,400026.html#.U0-PYvmqnas

Strasburgo: l’Europarlamento approva il 'Made in'

Con 485 voti a favore, 130 contrari e 27 astensioni, la plenaria del Parlamento europeo ha chiesto il 15 aprile a Strasburgo che sia resa obbligatoria l'indicazione del "Made in" per i prodotti non alimentari venduti sul mercato comunitario.


Una prima vittoria per il Made in Italy

Gli eurodeputati hanno approvato in prima lettura la proposta di regolamento della Commissione di rendere obbligatorio il marchio del Paese d'origine, sostituendo così l'attuale sistema volontario. L'obiettivo delle etichette "Made in" è di migliorare la tracciabilità delle merci e di rafforzare la tutela dei consumatori. A oggi, circa il 10% dei beni presi in esame dal sistema UE di allerta rapido 'Rapex' per i prodotti non alimentari non è riconducibile al produttore.

Le nuove norme mirano a una maggiore protezione dei consumatori attraverso il rafforzamento della sorveglianza e dei criteri di sicurezza dei prodotti. L'Europarlamento ha inoltre chiesto pene più severe per le imprese che non rispettano le norme di sicurezza e vendono prodotti potenzialmente pericolosi.

"Questo è un grande passo avanti per la trasparenza della catena di fornitura di un prodotto, e questo è un bene per i consumatori", ha affermato la relatrice sulla sicurezza dei prodotti Christel Schaldemose (socialdemocratica danese). La relatrice ha anche criticato gli Stati membri per non essere stati in grado di concordare una posizione comune sulla questione in Consiglio UE, bloccando cosi i negoziati sul regolamento nel suo complesso, a scapito della sicurezza dei consumatori in Europa.

Per gli eurodeputati, l'etichetta "Made in" dovrebbe essere obbligatoriamente utilizzata per tutti i prodotti non alimentari venduti nell'UE, con alcune eccezioni come i medicinali. Secondo la proposta approvata, i produttori UE potranno scegliere se mettere sull'etichetta la dicitura "Made in EU" oppure direttamente il nome del loro Paese.

Per le merci prodotte in luoghi diversi, il "Paese di origine" sarebbe quello in cui c'è stata "l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata", che si sia conclusa con la "fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione" (come definito nel codice doganale UE).

L'Europarlamento chiede anche che le sanzioni per le imprese che violano queste regole siano "proporzionate e dissuasive" e che tengano conto della gravità, della durata e del carattere intenzionale o ricorrente della violazione, nonché della dimensione della società. Questa richiesta è stata sostenuta con un'altra relazione, riguardante una proposta di regolamento per la sorveglianza del mercato, che è stata adottata con 573 voti a favore, 18 contrari e 52 astensoni.

I due testi sono stati approvati in prima lettura per garantire che il lavoro svolto nel corso di questa legislatura possa essere ripreso dal nuovo Parlamento Europeo, dopo le elezioni di fine maggio, e utilizzato come base per ulteriori negoziati con gli Stati membri in Consiglio UE.

Se Berlusconi è perseguitato, allora tutti gli italiani hanno quattro gambe!


Se questa è persecuzione



QUATTRO ore a settimana in un centro anziani a due passi da Villa San Martino. Cioè sedici ore al mese. Cioè centosessantotto ore totali, l’equivalente di una settimana, spalmate su dieci mesi e mezzo. Eccolo qui, il risultato della «persecuzione giudiziaria » che la «magistratura politicizzata, metastasi della democrazia », ha osato infliggere all’Unto del Signore. Eccolo qui, l’esito della «guerra dei vent’anni» che le odiate «toghe rosse», al servizio dei comunisti, hanno condotto contro lo Statista di Arcore. L’affidamento ai servizi sociali, definitivamente irrogato nei confronti del pregiudicato Berlusconi Silvio, è una pena ridicola. Non è una critica verso i giudici che l’hanno decretata. I modi e i tempi di esecuzione della «misura restrittiva» rispettano la norma del Codice penale, e riflettono la prassi del Tribunale di sorveglianza. Ma se si pensa a come ci si è arrivati, non si può non restare colpiti. Nell’agosto 2013 l’ex Cavaliere è stato giudicato colpevole in via definitiva, come «ideatore iniziale» ed «utilizzatore finale», per una frode tributaria gigantesca. Oltre 7 milioni di euro sottratti al Fisco, su un totale di 370 milioni che tre corti hanno dichiarato parte di una «provvista» in nero, lucrata sui diritti tv gonfiati da Mediaset ed usata per pagare tangenti a magistrati, pubblici ufficiali e politici.

La condanna prevedeva quattro anni di carcere. Grazie all’indulto i quattro anni sono diventati uno. Grazie agli sconti premiali un anno è diventato 10 mesi e 15 giorni. Grazie al beneficio delle «misure alternative» il carcere è diventato affidamento ai servizi sociali. 
Dunque, un pomeriggio a settimana alla Sacra Famiglia. Ecco cosa rimane, di tanto scempio delle leggi dello Stato. Constatare questa banale evidenza non significa affatto rammaricarsi per non aver visto Berlusconi «finalmente dietro le sbarre», «liquidato per via giudiziaria ».

 Non lo abbiamo mai sperato, anche se abbiamo sempre invocato il principio di legalità, che vuole tutti i cittadini uguali davanti alla legge.

Non c’è alcun compiacimento giustizialista, nel vedere un essere umano varcare la soglia di una prigione. Ma il fatto che questo non sia accaduto, pur in presenza di un reato grave accertato «al di là di ogni ragionevole dubbio», significa almeno riconoscere che l’intera «narrazione» propinata dall’ex Cavaliere nel Ventennio è stata scandalosamente falsa. Berlusconi non è stato «vittima » di nessuna «caccia all’uomo », ma solo dei suoi vizi pubblici e privati. Non ha mai patito alcun «martirio», ma ha sempre beneficiato di un trattamento favorevole da parte della magistratura giudicante, costretta ad applicare le almeno 12 leggi ad personam dal ‘94 in poi. Non ha mai rischiato «l’arresto immediato », come ha ripetuto ossessivamente, per alimentare la leggenda del Terrore ordito ai suoi danni dai Robespierre in toga sparsi per la Penisola.

La verità è che il capo della populista ha potuto godere di uno status particolare, meta-politico e pre-giuridico. Questo status non lo ha reso del tutto legibus solutus, ma gli ha conferito una «specialità » sconosciuta a qualunque altro cittadino comune. La costituzionalizzazione della gigantesca anomalia di cui è portatore (e che ha più volte provato a far introiettare al sistema) non gli è per fortuna riuscita. Ma lo «stato di eccezione permanente», al dunque, ha fatto breccia. Qualcosa, di quel virus micidiale auto-prodotto nel laboratorio di Arcore, alla fine è pur filtrato nel corpo sfibrato delle istituzioni, se è vero che oggi la pena per le sue malefatte non è poi così «afflittiva », e appare quasi una «formalità ».

I giudici della Sorveglianza riconoscono «l’insofferenza del colpevole alle regole dello Stato». Ma poi aggiungono che «ha pagato le spese processuali e il risarcimento danni », e si è messo «a disposizione dell’Uepe per l’attività rieducativa ». Sarebbe questo ad evidenziare la sua «volontà di recupero di valori morali perseguiti dall’ordinamento». Ora i suoi comportamenti «dovranno mantenersi nell’ambito delle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni». E questo è tutto, secondo gli standard dei tribunali di sorveglianza. Ma sembra davvero poco, se si confronta la pena «iniziale» stabilita ad agosto e quella «finale» eseguita oggi. Rimane la sensazione di una «denegata giustizia». Altro che Aung San Suu Kyi, secondo il paragone usato da Brunetta con il consueto sprezzo del ridicolo.

In vista del voto europeo, e con Forza Italia ridotta a un cumulo di macerie, Berlusconi potrà ora tentare la «rimonta ». Potrà andare a Roma, potrà tenere comizi, potrà rilasciare interviste, potrà usare le sue bocche di fuoco televisive. La famosa «agibilità politica », che ha reclamato impunemente dal Quirinale, è tutto sommato garantita. Del resto, non poteva essere altrimenti, nel momento in cui gli è concesso un posto da «padre della Patria» al tavolo delle riforme. 

Una scelta complicata ma quasi obbligata per Renzi, che per fare quelle riforme non ha un’altra maggioranza possibile, ferma restando la «fuga sui tetti» dei grillini.

Reggerà, adesso, questo patto? La risposta è nella testa del pregiudicato. Probabilmente non romperà, ma alternerà strappi e ricuciture. Per lui l’«abbraccio» con Renzi (descritto da Toti alla Gelmini nel noto fuorionda) è «mortale » perché lo tiene inchiodato ad una linea di responsabilità che gli è aliena, tanto più in una campagna elettorale. Ma è anche «vitale», perché lo tiene agganciato a un circuito costituente al quale non avrebbe alcun titolo per partecipare. Solo finché dura questo abbraccio Berlusconi può dire, al Palazzo e al Paese: mi avete condannato, mi avete fatto decadere da senatore, mi avete interdetto dai pubblici uffici, mi avete affidato ai servizi sociali, ma senza di me non potete riscrivere la legge elettorale, né votare il Senato federale. Per il Cavaliere è una polizza vita, che gli deve durare un anno. Per il premier è una cambiale in bianco, che gli può costare cara.


E Stilinga pensa che è ora di andare a votare il prima possibile per togliere dall'imbarazzo il catapultato Matteo Renzi e per riprenderci la vita e fare tornare la giustizia in Italia, uguale per tutti, non per i cittadini ricchi e famosi e poi per gli altri. Inoltre, si DEVE VOTARE CON  LE PREFERENZE, giusto per ricordarci cosa significa essere una DEMOCRAZIA vera in quanto questo gusto della libertà ormai non ce lo ricordiamo quasi, ma ne abbiamo tanto bisogno, soprattutto per riacquistare orgoglio, dignità e voglia di fare!

Le sneakers si fermano, colossi in crisi

da: http://it.fashionmag.com/news/Le-sneakers-si-fermano-colossi-in-crisi,399673.html#.U051z_l_tYI

Le sneakers si fermano, colossi in crisi

Migliaia di lavoratori di una delle più grande fabbriche di scarpe della Cina sono dal 14 aprile in sciopero a Dongguan, nel sud del paese, contro condizioni di lavoro precarie. I lavoratori della Yue Yuen (gruppo che produce scarpe per Nike, Crocs, Adidas, Reebok, Asics, New Balance, Puma, Timberland), erano già scesi in piazza lo scorso 5 aprile e dal 14, poiché sono stati bloccati i negoziati con i vertici dell'azienda che impiega oltre 60.000 dipendenti nella città del Guangdong, hanno ripreso con più vigore le proteste.

Foto: Ansa

Allarmate le grandi aziende clienti, che temono di non poter sopperire alle richieste dei compratori finali. Una delle richieste disattese, oltre alle condizioni di lavoro migliori, è il pagamento delle assicurazioni e previdenza sociale, oltre che degli aiuti sull'immobiliare.

I lavoratori, infatti, sono per la maggior parte immigrati da altre province e in base alla legge cinese non possono portare nell'altra provincia la loro assicurazione sociale statale co-pagata dai lavoratori e dall'azienda, a meno che non sia pagata una supplementare. Ma l'azienda non ne vuole sapere di aiutare i lavoratori in questo e da qui le proteste delle migliaia di dipendenti di questi giorni, che vanno a sommarsi a quelle di tanti altri operai sparsi nel paese per questioni legate alle condizioni di lavoro e ai contratti.

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sei a Roma se

Se per fare 12 km (periferia- periferia oltre il raccordo) coi mezzi ci metti 2 ore, allora sei a Roma!

Se per ritirare una raccomandata alle poste impieghi almeno 1 ora, allora sei a Roma!

Se per andare in centro con due autobus (da quartieri leggermente periferici) impieghi 1 ora e passa, allora sei a Roma!

Se guidano contro mano, se invadono la carreggiata senza poterlo fare e ti vengono contro, dandoti pure torto, allora sei a Roma!

Se la metro si rompe una volta sì e pure l'altra, allora sei a Roma!

Se ad ogni incrocio c'è la staffetta dei lavavetri, dei portatori di servizi creativi, dei questuanti indomiti, allora sei a Roma!

Se ogni cassonetto della monnezza è pieno e puzza, ma viene controllato ogni 15 minuti da chi cerca roba da rivendere, allora sei a Roma!

Se alla stazione dei treni, homeless vivono sulle banchine tra i binari, allora sei a Roma!

Se quando piove si fanno buche, piscine e laghi per le strade, allora sei a Roma!

Se incontri politici goderecci e nullafacenti, ma accompagnati da escort ad ogni angolo del centro storico, allora sei proprio a Roma!

Se vedi torpedoni in fila, ma tanti, e se sei circondata da tutto il mondo e l'unica che parla la tua lingua sei tu, allora sei a Roma!

Se vedi milioni di gambe nude, bianche come il latte, a metà aprile in pieno centro, vesti inconsistenti, orde di ciabattine infilate da piedi gelidi allora sei a Roma!

Se le piazze sono coperte da tavoli e sedie e non riesci neanche a capire come muoverti, è proprio Roma!

Se incroci donne robuste con fazzoletti sul capo da cui spuntano treccione lunghe che ricadono sul petto, donnone abbigliate con floreali improbabili e con vesti assurde nella foggia e nelle lunghezze, donne quasi mascoline con baffi e volti tostati, esseri umani volontari del servizio di nettezza urbana, allora sei proprio a Roma!

La vera DIETA MEDITERRANEA!

DA: http://www.la-dieta-di-eva.com/index.php/articoli-extra/104-italia-sveglia-la-favola-della-dieta-mediterranea-made-in-usa


Italia sveglia! Come la favola della dieta mediterranea made in USA sta rovinandoci la salute

 

Dalle Veneri di Milo alle Veneri di Willendorf; Dai bronzi di Riace agli Obelix con reggiseno: chi ci ha ridotti in questo stato?

L’Italia è una Repubblica fondata sui carboidrati.
O così perlomeno a giudicare dalla nostra piramide alimentare.
Nella realtà, per quanta  colpa si dia agli  zuccheri per tutti i nostri mali,  l’Italia di oggi è una Repubblica FONDATA SUI GRASSI, con i quali tutti i nostri cereali ormai vengono abbondantemente accompagnati.
Panini col salame. Panini col prosciutto. Pizza ai frutti di mare. Piadine con la mozzarella. Focacce con lo strutto. Brioche e torte con uova e burro. Corn-flakes del mattino inzuppati nel latte o nello yogurt. Pasta con il ragù di carne, pasta con il tonno, pasta con formaggio grattugiato, pasta con uova e pancetta, pasta con la panna o la besciamella. Polenta ai 4 formaggi… Serve andare avanti? 
Forse l’unico cereale a restare magro è solo il riso in bianco... ma è sempre più raro.

 Italia: Paese di obesi, santi e diabetici
 La nostra non è più la terra delle 3 P  storiche (pesche, piselli e pane) ma sta sempre più diventando la terra di altre 3 P: prosciutto, pecorino  e pesce.
 Nonostante la sua rinomata dieta Mediterranea, l’Italia ha tassi di diabete, di malattie cardiache e di obesità infantile molto alti e in continuo aumento. 
 All’estero le donne e gli uomini italiani sono sempre stati invidiati come esempio di bellezza e salute. Com’ è  possibile che ora lasciamo che ci prendano in giro perché abbiamo i bambini tra i più obesi d’Europa? 
 Seguire la dieta mediterranea non dovrebbe farci bene?
  Ci farebbe benissimo in effetti, se solo seguissimo la VERA dieta mediterranea! 
 Cosa che quasi nessuno ormai sta più  facendo, perché siamo tutti sotto l’incantesimo della dieta Mediterranea made in USA…

 Dieta Mediterranea: tutti ne parlano ma nessuno sa cosa sia !
 La storia della piramide della Dieta Mediterranea è molto affascinante.  
 Intanto perché non è ambientata in Italia o in Grecia ma negli Stati Uniti…
 E già qui, partiamo male.
 Siamo alla fine della seconda guerra mondiale.
 Pensate a un medico militare americano esperto e appassionato di problemi cardiaci, Ancel Keys, che si trova stazionato vicino a Napoli per motivi di lavoro.
 Keys osserva che gli uomini meridionali hanno meno problemi cardiaci degli americani della stessa età e nota che hanno un colesterolo molto più basso, inferiore a  160mg/dL.
 Differenza principale tra i due gruppi?
  La dieta: molto più povera di prodotti animali la nostra rispetto a quella americana.
 Keys ritorna in America e sparge la buona novella:  “Ridurre le morti per infarto si può: vanno tagliati carne e latticini!”
 Nel suo libro “How to eat well and stay well: the Mediterranean Way” descrive quello che aveva visto mangiare intorno a lui. 
Siamo agli inizi del 1950: gli italiani del ceto medio consumano pasta e fagioli, minestroni di verdure, molta pasta col pomodoro, molto pane mangiato da solo, grandi porzioni di verdure fresche e selvatiche, e come dessert, sempre della frutta. Porzioni piccole di carne o pesce fresco (solo due volte alla settimana), modeste quantità di olio e del vino con i pasti. 
Di latte, formaggi e burro, praticamente neanche l’ombra.
Il dessert è sempre e solo tanta buona frutta di stagione o frutta essiccata e secca.
Tutti i mass-media cominciano a parlare dell’importanza di ridurre il colesterolo e i grassi dalla dieta.   L’industria alimentare americana fiuta l’affare però. Invece di consigliare alla gente di TAGLIAREI I PRODOTTI ANIMALI,  si butta nella commercializzazione dei prodotti “low-fat” (poveri di grassi).
 I consumatori vengono spronati a sostituire “i grassi cattivi” con “i grassi buoni” ( le carni rosse con quelle bianche,  il burro con l’olio d’oliva, il latte intero con quello scremato ecc.) e nessuno capisce veramente che la lezione era quella di tagliare i grassi quasi del tutto.

 Dieta Mediterranea made in USA
La favola continua.  Passano circa dieci anni. 
 Keys torna in Italia  per avere dei dati più scientifici sul nesso tra colesterolo, grassi animali e problemi cardiaci e intervista circa un centinaio di UOMINI  tra i 40 e i 60 anni, chiedendo loro di descrivere cosa avessero mangiato e bevuto per una settimana, per poi monitorarli per qualche anno.
 Il risultato finale di questo studio epidemiologico condotto anche in altre sei nazioni (Seven Countries Study) conferma il forte nesso tra livelli alti di colesterolo e grassi saturi animali (latticini e carne in primis) e un’incidenza maggiore di malattie cardiache, soprattutto di infarti.
 Cosa mangiavano gli italiani intervistati? Qual era questa dieta miracolosa?
 Forse la stessa dieta di quando Keys era arrivato in Italia 10 anni prima?
  Assolutamente no.
 Anche Keys notò la differenza.
 Il colesterolo, nemmeno 10 anni dopo, era già salito a  circa 200mg/dL nel 1957.
 Il consumo di carne e di grassi poi era lievitato…
Siamo tra gli anni ’60 e ’70, pieno boom economico del dopoguerra. Gli italiani si stanno rifacendo di tutte le privazioni alimentari dei decenni precedenti.
 Nel giro di pochi anni il totale di grassi in Italia sale dal 10-15% al 30-35% del totale calorico, crolla il consumo di legumi secchi insieme a quello della frutta secca e in compenso aumenta di più del 200% il consumo di carne di manzo e di latticini e di più del 600% il consumo di "altra carne", in pratica di carne bianca..

 Le morti precoci per problemi cardiaci non erano più un evento raro in questa popolazione. Erano però molto più basse di quelle tra gli uomini americani della stessa età: motivo sufficiente per raccomandare questa dieta agli uomini americani...

Lo sbarco della “Dieta Mediterranea”  in Italia
 Non fu il Dottor Keys a rendere famosa questa dieta come la conosciamo noi, nella sua forma piramidale, ma il medico americano W. Willet della Scuola di Salute Pubblica di Harvard, molti anni dopo Keys.
Nel 1995 uscì uno studio scientifico dove Willet ed altri colleghi produssero una piramide basata sull’alimentazione dei greci e degli italiani dei primi anni ’60, piramide bastata anche sugli studi di Keys.
 Invece di insegnare l’importanza di tagliare i grassi animali, soprattutto latticini e carne come suggeriva Keys, questa piramide alimentare portò nel globo il messaggio che la dieta degli italiani degli anni ’60-’70 fosse “il modello da seguire”!
Quello che risultò fu una celebrazione dei cereali integrali, l’idea che l’olio d’oliva andasse fatto santo subito e consumato ogni giorno, che il pesce facesse bene al cuore  e andasse consumato più volte a settimana e che uova e latticini andassero moderati,  ma comunque ci stessero anche tutti i giorni, idem per i  formaggi (nonostante la media riportata da Keys negli anni ’60 fosse di 9 GRAMMI al giorno di formaggio tra gli uomini delle Marche!).

Passò anche forte e chiaro il messaggio che comunque si poteva e si doveva mangiare un po’ di carne bianca, del burro e da 1-4 uova tutte le settimane e che l’unico prodotto animale da ridurre veramente fosse solo la carne rossa (come se facesse la differenza in termini di ormoni, colesterolo e antibiotici, mangiare una piuttosto che l’altra).
 Qui trovate il disegno della piramide, che fu ideata insieme all’Associazione americana “Oldways”, associazione che tra le sue missioni annovera il “promuove il gusto dei piaceri della tavola”: http://sunnylandmills.com/images/product/Mediterranean_diet.jpg
Quale migliore premessa per creare un popolo di obesi che avere “il piacere” come mantra?
 Ecco come QUESTA piramide alimentare mediterranea, basata all'incirca sull'alimentazione di UOMINI in pieno boom economico e di "abbuffo",    diventò  famosa anche da noi e come sia a QUESTA dieta mediterranea che molti nutrizionisti italiani alludano, quando ci dicono che mangiare prodotti animali anche tutti i giorni faccia  bene e sia “una sana tradizione”.
  C’è un lieto fine a questa storia?
No.
 Le malattie cardiache rimangono ancora la prima causa di morte per gli uomini e le donne americane ma adesso, grazie anche a loro e a questa osannatissima piramide, lo sono diventate anche per gli uomini italiani e le donne italiane.

 Come ci hanno gabbati ?

 Molto semplice.
 La “Dieta Mediterranea” pubblicizzata dagli e agli americani non è la vera dieta mediterranea dei nostri bisnonni e trisnonni.
 I cinquantenni in salute analizzati da Keys negli anni ’60 e ’70 in Italia  avevano seguito per decenni un’altra alimentazione rispetto a quella segnata per una sola settimana durante il suo studio.
 E’ come se chiedessero a voi di descrivere la dieta che avete seguito in una settimana molto particolare della vostra vita, magari in vacanza al mare, una settimana in cui avete mangiato diversamente da tutti i 30 o 50 anni precedenti, e poi dessero il credito della vostra buona salute alla dieta di quella settimana. 
Se guardiamo i dati ISTAT sui consumi alimentari del secolo scorso, vediamo che dal 1900-1910 al 1960-70 (gli anni dove Keys selezionò i suoi campioni in tre regioni d’Italia),  il consumo di carne bovina era più che quadruplicato.
 Il consumo di frutta secca era crollato a un terzo del consumo iniziale.
 Storia simile per i legumi: gli italiani del 1900 ne consumavano letteralmente a palate.
Nel periodo dei test di Keys eravamo già scesi a meno di 5 kg per persona per anno.
(Un numero che ha continuato a scendere sempre di più fino al chilo annuo in media dei giorni nostri...).
 In compenso, oltre agli aumenti di carne suina e bovina, quintuplicarono i consumi di polli, galline, conigli ed altri animali sotto la voce “altra carne” e più che triplicò il consumo di formaggio. 
 Più che raddoppiarono in quegli anni, giusto per finire in bellezza, i consumi di burro e uova…
 Risultato totale?  
Un valore di grassi totali raddoppiato e in continuo aumento.
 (http://lipari.istat.it/digibib/Sommario%20statistiche%20storiche/TO00159260Sommario%20di%20statistiche%20storiche%20dell'Italia%201861-1975+ocr%20ottimizzato.pdf)
 Eppure il 30% di grassi sul totale calorico, il totale proposto dalla piramide alimentare mediterranea,   “può aiutare a prevenire più della metà delle morti per malattie cardiache negli Stati Uniti”. 
Il 30% di grassi...
Un'esagerazione, in base ai dati che abbiamo oggi. 
E’ almeno il doppio del massimo ritenuto salutare per il cuore da tutti i maggiori esperti cardiologi mondiali, come chi ha preso in cura Clinton facendolo passare subito a una dieta vegana, cioè senza prodotti animali (Dr. Esselstyn, Dr. Ornish etc.).
 Non stupisce però che gli americani che la seguirono correttamente videro diminuire i loro trigliceridi, la pressione alta, l’incidenza degli infarti e il colesterolo. Esistono dozzine di studi che dimostrano che la Dieta Mediterranea made in USA in effetti sia una toccasana per la salute DEGLI AMERICANI. 
Per loro si tratta infatti di scendere da un valore medio di grassi e colesterolo molto più alto (che era già sul 40% negli anni 50),  ad uno molto più basso.
 Ma per noi italiani che venivamo da una tradizione alimentare contadina povera, fondata sui prodotti frugali della terra, con massimo il 15% di grassi sul totale calorico (di cui la maggior parte di provenienza vegetale e non saturi),  questo aumento di prodotti animali consumati praticamente tutti i giorni (un consumo santificato dal nostro Stato, dagli americani e ora dall’UNESCO) e questo aumento di grasso sul totale calorico, appaiato al nostro grande consumo di carboidrati,  si è trasformato in breve tempo in un aumento dell’obesità, del diabete, del colesterolo, dei tumori ormonali e delle malattie cardiache.
 La nostra gioventù è a rischio.
Urge tornare indietro e riscoprire quale era la nostra alimentazione tradizionale...


La vera dieta mediterranea: vegana nel midollo
 Qual era la dieta che si seguiva in Italia negli anni ’40 e che Keys stesso seguì tutta la vita fino alla veneranda età di 101 anni?

Meglio ancora, quale era la dieta agli inizi del 1900, cioè la dieta che i quarantenni e cinquantenni studiati da Keys avevano seguito per quasi tutti gli anni più importanti della crescita ?
Andiamo a rivedere le tabelle Istat dei primi decenni del ‘900…
 Cosa veniva prodotto e mangiato in Italia?
 Enormità di cereali di ogni tipo, soprattutto frumento e poi a scendere, granoturco ma anche moltissima segale, orzo e risone. 
Tantissimi ortaggi e verdure a foglia verde, anche selvatiche, in quantitativi di 10 volte maggiori della carne più consumata.
 Frutta secca e legumi sia secchi che freschi in grandi quantità.
 Molta frutta fresca, soprattutto mele, agrumi e uva, ma anche frutta disidratata.
Pochissimi dessert come li intendiamo oggi (biscotti, torte, brioche, merendine ecc.).
 Quantità minuscole di carne e praticamente nulla quella di pollame, conigli,  carne ovina e caprina, tranne per i più ricchi (e meno sani) della popolazione e quantità di latticini trascurabili. Senza un frigo dove conservare latte e formaggi, burro e panna, sarebbe stata dura poterli mangiare tutti i giorni e non avevano certo tutti una stalla dietro casa o i soldi per comprarli freschi.
 E il pesce?

 “No pesce? No party!” ???
 Esaltato quasi a livelli di santità grazie alla Piramide della Dieta Mediterranea made in USA, che ne consiglia il consumo “alcune volte a settimana”, considerato un cibo “necessario” da mangiare “in quantità da basse a moderate” secondo l’Associazione per la Dieta Mediterranea (il cui Presidente del Comitato Scientifico, per inciso, è un altro americano: J. Stamler),  era veramente questo cibo il segreto della salute coronarica degli Italiani ?

 Riguardiamo i dati della Tabella Istat.
 Nel 1900 gli italiani consumavano una media di 2,5 kg di pesce fresco all’anno a testa. In alcune regioni era di più, quelle vicine al mare, ma in altre era praticamente uno sconosciuto.
 Al tempo degli studi di Keys, nel 1960, siamo già a una media di 5 kg a persona. Consumo duplicato, e continuerà ad aumentare (insieme ai grassi e ai tassi di mortalità per ischemie). 
 Ma c’è un altro dato ancora più interessante sulla poca importanza del pesce nella nostra vera dieta tradizionale.

 Gli ultracentenari più in gamba d’Italia: niente pesce  e… niente olio d’oliva!
 La zona italiana con il record di ultracentenari in salute è una parte montagnosa della Barbagia, in provincia di Nuoro, Sardegna.   Sono stati i ricercatori del progetto "The Blue Zones" a scoprire che in questo luogo è una delle 4 regioni al mondo con la concentrazione maggiore di ultracentenari.
Sono state fatte molte interviste ad alcuni di loro e i risultati sono stati pubblicati nel libro THE BLUE ZONES di Dan Buettner.
Cosa hanno scoperto questi ricercatori?
Bene o male una dieta a quella molto simile trovata anche nelle altre "zone blu" del mondo. 
 In questo posto, lontano dal mare e dalle città, il pesce fresco NON faceva parte della dieta. E nemmeno il latte ed i formaggi di mucca.
La carne poi veniva tradizionalmente mangiata solo d’inverno e soprattutto in occasione delle feste principali  o comunque non più di una volta alla settimana e in quantità ridotte perchè le famiglie erano numerose e la carne di una gallina doveva bastare per tutti  (e la carne non era praticamente mai quella di maiale, insaccati o  carne fritta e alla brace).
 Cosa si sono mangiati nell’ultimo secolo questi pastori sardi ultracentenari per restare così in forma? 
 Praticamente una dieta ancora più vegana e più povera di grassi di quella del resto d’Italia degli anni ’50.   Tanto pane carasau, moltissime verdure e ortaggi, molti minestroni,  cereali e pasta –spesso fatta in casa- molta frutta di stagione e frutta disidratata, un po’ di frutta secca, carne solo di manzo e solo in inverno ogni tanto o mai più di una volta a settimana, tanti legumi (fave in primis) e un po’ di formaggio ma di capra, ogni tanto.
  Non solo… 
 Questi pastori sardi sono arrivati ai 100 e passa anni spesso anche senza toccare olio d’oliva.
 Fu l’olio di lentisco infatti la fonte di grasso principale fino al 19° secolo in Sardegna, soprattutto per le classi povere. Solo successivamente si utilizzò l’olio d’oliva, considerato un olio “da ricchi”.

Attenzione però. Questa è la dieta con la quale questi anziani sono cresciuti e si sono fatti, letteralmente, le ossa. Se guardate la dieta di OGGI di questi anziani sardi, probabilmente sarà molto simile a quella di molti altri anziani onnivori in Italia, con quantità di prodotti animali molto più alte.  Ma è nei primi anni della vita, prima dello sviluppo, che si fondano le basi maggiori per la nostra salute. La loro dieta di oggi non è certo quella la quale sono cresciuti e si sono fatti grandi e in salute. Solo grazie a una forte e robusta costituzione di partenza potevano tollerare l'aumento di prodotti animali più avanti con l'età, senza troppi danni.

Inutile per i giovani sardi moderni  illudersi di poter arrivare in salute a 100 avendo mangiato prodotti animali fin dallo svezzamento e poi tre volte al giorno...
P.S. Prima che vi fiondiate a comprare formaggi di latte di capra nelle vostre zone, è stata studiata la composizione di questo latte e si è visto che le capre di quella zona, nel pascolare sul Gennargentu o intorno ad Arzana,  brucavano un particolare tipo di erba selvatica (elicriso o helichrysum italicum microphyllum) ricchissima di nutrienti preziosi e sostanze anti-infiammatorie, erba che a loro volta anche i contadini quindi ingerivano.   Come sempre, sarebbe meglio lasciare le capre e i loro cuccioli in pace e andare direttamente alla fonte della salute: i prodotti vivi e vegeti…

Dieta Vegetariana VS  Dieta Mediterranea  VS  Dieta "low-fat"
Esistono studi comparativi sui benefici per il cuore di queste tre diete?
Sì.
Tra una Dieta Mediterranea e una dieta tipica occidentale ma "low-fat", cioè con un consumo di prodotti scremati, carni magre, formaggi magri ecc., vince la Dieta Mediterranea.
Non ci piove.
Tra una persona che non mangia frutta e verdure e si riempie di prodotti "low-fat" credendo di tenere a bada i grassi, meglio una persona che consuma prodotti animali anche grassi ma che consuma anche molta verdura, frutta e legumi, come ha recentissimamente scoperto uno studio spagnolo a riguardo
(http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1200303?query=featured_home#t=article  Febbraio 2013)

Questo risultato ha portato i mass-media ad utilizzare titoli che parlano di come le diete "povere di grassi" facciano peggio al cuore delle diete mediterranee che invece prevedono appunto anche il 30% di grassi sul totale calorico, grazie a pesce, latticini, olio, uova e carni bianche mangiati ogni settimana.

E quindi via alla celebrazione del grasso e quindi dei prodotti animali.  Non è così però.
Ed ecco come veniamo gabbati una seconda volta...

Sono veramente "povere di grassi" le diete "low-fat"?
Si è ormai visto  che non lo sono affatto. 
DIPENDE tutto da cosa si intenda per "povere".

Comprare prodotti scremati, parzialmente scremati, carni "magre", mangiare il bianco dell'uovo e scartare il rosso, preferire formaggi "magri" piuttosto che quelli più grassi ecc.  non porta affatto a seguire una dieta veramente povera di grassi. 

 I livelli restano comunque sul 20% o più di grassi sul totale calorico.

Solo con una dieta vegana che limiti i grassi o con una dieta crudista/fruttariana si può arrivare a quel 10% massimo sul totale calorico che porta a definire realmente una dieta  "povera di grassi" e che guarda caso ci riporta al quantitativo di grassi dei nostri bis e trisnonni...

Tra queste diete vegane povere di grassi e la Dieta Mediterranea, quale fa meglio al cuore e alla salute?

Non è difficile intuire il risultato.
Le persone che seguono una dieta vegana hanno livelli di colesterolo totale, obesità e pressione alta inferiori rispetto a chi segue la Dieta Mediterranea made in USA.
I vegetariani hanno il 32% in meno di rischio di finire in ospedale o morire per problemi cardiaci, rispetto a chi segue diete onnivori tradizionali.
http://ajcn.nutrition.org/content/early/2013/01/30/ajcn.112.044073.abstract

E' stato anche visto che chi segue diete vegane povere di grassi riesce a curare sia il diabete che le malattie cardiache meglio di chi segue diete consigliate dalle Associazioni per il Diabete , e meglio delle medicine solitamente utilizzate per via orale. 

Agli americani quindi  lasciamo pure la Dieta Mediterranea o quelle "low-fat".
Di sicuro per loro è comunque un miglioramento, rispetto alla loro dieta tradizionale..-

Ma per noi è stato un peggioramento totale...
Dobbiamo recuperare la dieta dei nostri bisnonni, anzi, delle bisnonne... 


 Il cuore delle donne mediterranee
 Non tutti sanno che nelle ricerche di Keys vennero studiati SOLO uomini, ma nessuna donna, come era l’abitudine del tempo.
 Fu giusto generalizzare i risultati della ‘dieta mediterranea’ anche alle donne?
E' giusto consigliare anche a loro di bere "7 bicchieri di vino rosso a settimana"?
Assolutamente no.
 Anche se il vino bevuto moderatamente ai pasti principali viene considerato uno degli elementi della dieta mediterranea di Willet, è lui il primo ad ammettere che le donne italiane e greche degli anni ’60 non bevevano quasi nulla di alcolici.
 Ormai si sa che il corpo delle donne reagisce molto più negativamente all’assunzione di alcolici, rispetto agli uomini. Alcuni tumori femminili sono fortemente associati a un consumo anche moderato di alcolici.

Eppure la piramide alimentare non fa notare alcuna differenza di genere anche in questo campo.
 La Women’s Heart Foundation americana, una fondazione il cui obiettivo è prevenire le malattie cardiache nelle donne, sottolinea nel suo sito Internet che nella dieta mediterranea greca i grassi arrivino “al 40% del totale calorico” e nonostante questo “i Greci vivono più a lungo di qualsiasi altra popolazione al mondo” e quindi consiglia alle donne di imparare dai greci a mangiare “pesce di acqua fredda diverse volte a settimana” e seguire la dieta mediterranea ricca di grassi.
 Anche l’Associazione americana “Heart Healthy Women” ricorda alle donne nel suo sito internet che il rischio di malattie cardiovascolari diminuisce drasticamente in chi segue la Dieta Mediterranea, ma gli studi citati (Nurses’ Health study e Mediterranean diet and survival among patients with coronary heart disease in Greece) parlano di un 30% in meno di rischio e di mortalità, non certo di un 50%, 80% od altre cifre che sarebbero REALMENTE invidiabili e rassicuranti… 

E' il solito discorso. Le donne americane fanno bene a passare a una Dieta Mediterranea come illustrata dalla piramide di Willet.
Quelle che nel mediterraneo però ci sono cresciute, facevano meglio a mangiare come mangiavano le loro bisnonne o passare a una dieta vegana povera di grassi.
  Andiamo a vedere come sta realmente il cuore delle donne greche e italiane.
 Nel 2008 uno studio sulla mortalità per malattie cardiovascolari in Grecia concludeva dicendo che questa mortalità è in aumento in Grecia e che i loro livelli di obesità sono i secondi più alti d’Europa. 
 Il Ministero della Salute italiana ci informa che le malattie cardiache sono la prima causa di morte, sia per gli uomini che per le donne italiane e quelle del Sud in particolare hanno le percentuali più alte di infarti, di ictus e di angina pectoris.
 E la tendenza non è in diminuzione ma in crescita…
 Se la dieta mediterranea made in USA  fa così bene al cuore, qui nel Mediterraneo non ce ne siamo accorte…
  
 Urge un recupero del nostro status di trend-setter in campo alimentare

 In conclusione... Seguire la vera dieta mediterranea vuol dire seguire l’alimentazione non dei nostri nonni ma dei nostri bisnonni e dei centenari italiani più in salute,  cioè un’alimentazione vegetale, molto povera di grassi (10-15% massimo sul totale calorico), abbondante in carboidrati – semplici o integrali che siano purchè magri (non conditi con grassi e olii di ogni genere) - e ricca di ortaggi, frutta fresca di stagione, erbe selvatiche, legumi secchi e frutta secca e disidratata.   
 E vuol dire brindare alla salute ogni tanto con un buon bicchiere di Cannonau!  
 Se proprio vogliamo parlare di dieta mediterranea, parliamo di quella vera.
 Sta a noi recuperare le nostre più vere tradizioni… 
 L’Italia sta disperatamente cercando un suo nuovo ruolo in Europa?

 Eccolo!
 Torniamo a riprenderci la bandiera di popolo più sano del mondo e con la dieta migliore del mondo.  Torniamo a dettar legge in campo alimentare, ma con il buon esempio, non con i bambini obesi e con uomini adulti che hanno sempre più bisogno del reggiseno…
 Ritorniamo ad investire nei prodotti genuini della terra invece che dare soldi agli allevamenti di animali che oltre a fare ammalare i nostri figli, inquinano la nostra terra. 
 O perché mai la Sicilia dovrebbero diventare “un nuovo polo industriale” quando è una terra ricchissima di sole, frutta e verdure eccezionali, con possibilità anche di sviluppo di frutta esotica come mango e perchè no? forse anche di  altri frutti tropicali?
  Perché dovrebbe essere più facile trovare del pesce fresco in Alto Adige che non delle mele biologiche? Che tradizione di pescivendoli hanno gli alto-atesini?
 E’ ora di fare marcia indietro e riprendere la retta via…
Torniamo a recupere la centralità della frutta di stagione e la ricchezza e diversità degli alberi da frutto e dei legumi e la frutta secca e i cereali di qualità  di cui la nostra nazione si è pregiata nei secoli nel mondo...
 Ridiamo valore ai contadini che si sporcano le mani nella terra sotto la pioggia e sotto il sole e che non vivono dello sfruttamento di altri mammiferi senzienti.
Tramandiamo alle nostre figlie e figli fin dall’infanzia una cultura basata su un’alimentazione vegetale,  semplice, sana, pacifica e genuina.

 Basta americanate a tavola.
 Il nostro cuore e il nostro stomaco non le sopportano più.

* Aida Vittoria Éltanin   -  Autrice della Dieta di EVA
www.la-dieta-di-eva.com

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