La faccia sporca della Mela nella fabbrica-lager degli iPad

La faccia sporca della Mela nella fabbrica-lager degli iPad



da: La Repubblica del 27 gennaio 2012



Esplosioni, turni massacranti, polveri velenose: così si muore nei capannoni dove nascono i prodotti Apple..




I dirigenti del colosso americano si difendono: abbiamo un codice rigoroso che i fornitori devono rispettare




La faccia sporca della Mela nella fabbrica-lager degli iPad



di Charles Duhigg e David Barboza



Un venerdì sera del maggio scorso un’esplosione ha dilaniato l’Edificio A5. Quando le tute blu che erano a mensa sono corse fuori a guardare cosa fosse accaduto, hanno visto alzarsi fumo nero dall’area nella quale gli operai lucidavano migliaia di tavolette iPad al giorno. Due sono rimasti uccisi sul colpo e molte decine di altri hanno subito lesioni. Tra i feriti, uno pareva particolarmente grave: aveva i lineamenti del volto cancellati dalla forte esplosione. Bocca e naso erano ridotti a una poltiglia rossa e nera. «Lei è il padre di Lai Xiaodong?», ha chiesto una voce quando il telefono è squillato nella casa in cui è cresciuto Lai, e dalla quale il giovane ventiduenne si era trasferito a Chengdu, nel Sud Ovest della Cina, per diventare una delle milioni di ruote umane del grande ingranaggio che alimenta la più veloce e sofisticata catena di montaggio sulla Terra. «Suo figlio sta male. Si rechi subito in ospedale».



Negli ultimi dieci anni, Apple è diventata una delle più potenti, ricche aziende di successo al mondo. Malgrado ciò, gli operai che assemblano iPad, iPhone e altri apparecchi spesso lavorano in condizioni estreme, secondo quanto affermano i dipendenti delle fabbriche, i difensori dei lavoratori e alcuni documenti pubblicati dalle stesse aziende. I problemi vanno da ambienti di lavoro gravosi a questioni di sicurezza. Gli operai lavorano in turni lunghi, fanno molti straordinari, talvolta anche sette giorni su sette, e vivono in affollati dormitori. Alcuni stanno in piedi per così tante ore che le gambe si gonfiano al punto da non permettere loro di camminare. Operai in età minorile aiutano ad assemblare alcuni prodotti Apple, e le fabbriche che la riforniscono hanno smaltito in modo improprio rifiuti pericolosi e falsificato i registri: a sostenerlo sono alcuni rapporti aziendali e gruppi di difesa che, in Cina, sono spesso considerati affidabili.

La cosa più preoccupante, però — prosegue la denuncia del gruppo — è che le fabbriche non tengono in alcun conto la salute degli operai. Due anni fa presso uno stabilimento Apple della Cina orientale 137 operai si ammalarono gravemente dopo essere stati costretti a utilizzare una sostanza chimica tossica per lucidare gli schermi degli iPhone. Nel giro di soli sette mesi l’anno scorso due esplosioni avvenute in altrettante fabbriche di iPad—una a Chengdu —hanno fatto 4 morti e 77 feriti. L’Apple era stata avvisata delle condizioni pericolose di lavoro all’interno dell’impianto di Chengdu: così afferma il gruppo cinese che aveva reso noto l’avvertimento. «Se l’Apple era stata avvertita e non è intervenuta, è da biasimare» dice Nicholas Ashford, ex presidente del National Advisory Committee on Occupational Safety and Health, un ente che offre consulenze al Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti. L’Apple non è l’unica società di elettronica a fare affidamento su simili fabbriche e stabilimenti. Pessime condizioni di lavoro sono state documentate anche negli impianti di produzione di Dell, Hewlett-Packard, IBM, Lenovo, Motorola, Nokia, Sony, Toshiba e altri ancora.

Dirigenti ed ex dirigenti dell’Apple affermano che negli ultimi anni l’azienda ha messo a segno significativi progressi nel migliorare gli stabilimenti di produzione. L’Apple ha un codice comportamentale che gli stabilimenti dei fornitori sono tenuti a rispettare, e che precisa gli standard inerenti al lavoro, alla sicurezza, a numerose altre questioni. Apple ha anche avviato un’importante campagna di verifiche e revisioni. I problemi più significativi, però, sussistono. Si è scoperto che oltre la metà degli stabilimenti che riforniscono la Apple ha violato ogni anno e dal 2007 una almeno delle norme previste. «Alla Apple non è mai interessato altro che aumentare la qualità del prodotto e abbassare i costi di produzione», dice Li Mingqi, ex manager alla Foxconn Technology, uno dei più importanti partner della catena di produzione di Apple. Li, che ha portato in tribunale Foxconn per essere stato licenziato, ha aiutato a dirigere lo stabilimento di Chengdu dove si è verificata l’esplosione.

Lai Xiaodong sapeva che la fabbrica di Foxconn a Chengdu era particolare: gli operai costruiscono l’iPad, il prodotto della Apple più innovativo. Ottenuto un posto per riparare le apparecchiature dello stabilimento, avevano subito notato le luci, accecanti. I turni di lavoro erano anche di 24 ore al giorno e la fabbrica era illuminata notte e giorno. Alcuni avevano gambe talmente gonfie da trascinarsi a fatica. Dalle pareti i manifesti ammonivano i 120mila operai a “sgobbare sodo oggi o a sgobbare sodo domani per trovarsi un nuovo lavoro”. Il codice comportamentale della Apple per le fabbriche fornitrici prevede che, salvo eccezioni, gli operai non debbano lavorare più di 60 ore a settimana. A Foxconn, invece, alcuni lavoravano molto di più, come documentano le buste paga e alcuni sondaggi condotti da gruppi esterni. Gli operai che arrivavano in ritardo al lavoro spesso dovevano scrivere una confessione di colpevolezza e copiare citazioni. Da alcune rivelazioni risulta che c’erano “turni continui”. In alcuni dormitori della Foxconn dormono fino a 70mila persone, stipate anche in 20 in un trilocale. La Foxconn ha definito menzognere le dichiarazioni degli operai sui turni continui, gli straordinari e gli alloggi sovrappopolati.

La mattina in cui si è verificata l’esplosione, Lai si era recato al lavoro in bicicletta. L’iPad era stato appena lanciato sul mercato e gli operai avevano l’ordine di lucidarne a migliaia ogni giorno. Il lavoro nella fabbrica era frenetico. C’era polvere d’alluminio ovunque. Due ore dopo l’inizio del secondo turno di Lai si è verificata una serie di esplosioni. Alla fine il bilancio delle vittime sarebbe stato di quattro morti, e 18 feriti. Il corpo di Lai è stato straziato sul 90 per cento della superficie. La fabbrica ha fatto avere alla famiglia circa 150mila dollari. A dicembre è esplosa un’altra fabbrica di iPad, a Shanghai. Il bilancio delle vittime è stato di 59 feriti. Nel rapporto sulle proprie responsabilità, Apple ha scritto che anche se in entrambi i casi le esplosioni hanno coinvolto polvere di alluminio combustibile, le cause erano diverse, ma si è rifiutata di fornire dettagli. Per la famiglia di Lai, molte domande restano senza risposte.



New York Times-La Repubblica

Traduzione di Anna Bissanti

L’articolo fa parte di “iEconomy” una serie di inchieste sulle industrie cinesi che producono i nostri cellulari. Secondo “Fortune” otterrà il Pulitzer.

Articles in this series are examining challenges posed by increasingly globalized high-tech industries.


In China, Human Costs Are Built Into an iPad

By Charles Duhigg and David Barboza



Published: January 25, 2012




The iEconomy



How the U.S. Lost Out on iPhone Work

By Charles Duhigg and David Barboza