Se ci sei batti un colpo di Marco Travaglio

di Marco Travaglio da www.ilfattoquotidiano.it


Detto senz’alcuna ironia, è una fortuna che al Quirinale sieda Mattarella al posto di Napolitano.

Re Giorgio faceva e disfaceva governi, maggioranze, partiti e riforme a suo gusto personale, con tanti saluti agli elettori, al Parlamento e alla Costituzione.

Sergio la Sfinge invece sta a guardare e lascia che ciascuno cuocia nel suo brodo, limitandosi a far sapere ciò che dovrebbe essere noto a tutti: se cade un governo, non è affatto scontato lo scioglimento delle Camere, che spetta solo a lui e solo come ultima spiaggia, non prima di aver verificato se esista su piazza un altro premier in grado di raccogliere una nuova maggioranza.

Ora però il capo dello Stato non può più restarsene alla finestra, perché quel che accade sotto è un fatto straordinario che riguarda lui e soltanto lui: il governo Renzi,almeno sulla riforma della Costituzione (titolo V e Senato), non ha più la maggioranza al Senato e ne sta cercando una diversa da quella che nel 2014 indusse Napolitano a dargli l’incarico e gli votò la fiducia.

Tralasciamo per un istante il mercato delle vacche, soavemente chiamato dalla stampa governativa “scouting renziano”, e andiamo al sodo.

Renzi divenne premier sulla base dell’intenzione dichiarata daPd,Ncd,Udc e Sc di sostenerlo con il 50% più uno in Parlamento. Altrimenti Napolitano l’incarico non gliel’avrebbe dato: dieci mesi prima Pier Luigi Bersani pretendeva un mandato pieno per poi cercarsi i voti di volta in volta a Palazzo Madama, ma correttamente il Quirinale non gli diede che un incarico esplorativo per verificare l’esistenza di una maggioranza solida, che poi non trovò.

Ora Renzi, beffardo paradosso della storia, si ritrova nelle stesse peste di Bersani, a parte il fatto che è già premier. Ma non può restarlo,secondo la regola costituzionale che Napolitano (una volta tanto) bene interpretò: senza una maggioranza chiara e precostituita a Palazzo Madama, deve dimettersi e cedere il passo a un altro; oppure ritirare la pietra dello scandalo, cioè la riforma del Senato (quella del titolo V mette d’accordo tutti e può essere stralciata e approvata già oggi).

Finora tutti i provvedimenti del suo governo hanno avuto la maggioranza in entrambe le Camere (pu col doppio ricatto decreto-fiducia). E, se Renzi&Boschi non si fossero incaponiti ad affidare al governo una materia parlamentare come la legge costituzionale, non correrebbero rischi. Invece si sono intestarditi,per affermare il proprio strapotere su tutto e tutti, e ora rischiano di mandare a sbattere non solo se stessi (cosa di cui ci faremmo tutti una ragione), ma anche il governo e la legislatura.

Intendiamoci. La partita del Senato è cruciale per i partiti e le correnti non per il contenuto della riforma e per le sorti della democrazia parlamentare (che interessano solo a una minoranza di cittadini informati, esclusi dunque i nove decimi dei parlamentari, che non sanno neppure cosa votano); ma perché è l’ultima battaglia di sopravvivenza di centinaia di peones terrorizzati dalla perdita del seggio e dalla prospettiva di doversi cercare un lavoro.

Se Renzi porta a casa, dopo l’Italicum, anche il nuovo Senato, i giochi saranno fatti per chissà quanti anni: col 30-35% dei voti, alle elezioni porterà a Montecitorio e a Palazzo Madama una maggioranza schiacciante di deputati e senatori di stretta obbedienza (i primi nominati col trucchetto dei capilista bloccati;i secondi tramite i consigli regionali, quasi tutti suoi).

Cioè farà fuori tutti i pidini che non scodinzolano come cagnolini bavosi e premierà tutti i Fantozzi del Pd e anche dell’Ncd al seguito di Alfano. L’esplosione di Ncd, molto simile alla scissione dell’atomo, dipende da questo: Renzi ha promesso ad Alfano e – pare – a Verdini e ai rispettivi fedelissimi, l’ingresso nel Partitino della Nazioncina prossimo venturo, in cambio dei voti che gli sottrarranno sulla riforma costituzionale i dissidenti del Pd. Candidature sicure sotto forma di capilista bloccati. Ma non può imbarcarli tutti. E quelli che restano col culetto al freddo nella giostra indiana, si ribellano, ben sapendo che il Senato è la loro ultima occasione per contare qualcosa. Cioè per ricattare il premier. Vuole il loro voto? Garantisca nero su bianco la loro rielezione. Sennò ciccia. Dopo, se votano Sì “gratis”, non varranno più nulla e Renzi li asfalterà a passo di carica. 

Questo è lo spettacolo inverecondo che va in scena nei corridoi del Palazzo, ovviamente ammantato di emendamenti tecnici e nobili ragioni ideali. Il Parlamento tocca il suo punto più basso degli ultimi anni proprio nel momento che dovrebbe essere il più alto della vita parlamentare: la riforma di quasi metà della Costituzione (il ddl Boschi modifica la bellezza di 70 articoli). Se Renzi, tramite i mazzieri Lotti e Verdini, riuscirà a comprarsi tanti alfaniani, verdiniani, berlusconiani, ex grillini, gruppimisti e dissenzienti pidini quanti gli servono, cambierà la Carta con uno o due voti di scarto: e sarà una vergogna; altrimenti cadrà rovinosamente, trascinandosi nella tomba governo, legislatura, Parlamento, maggioranza e due o tre partiti: e sarà un disastro

C’è solo una persona che può fermare l’autobus impazzito lanciato giù dalla scarpata da un premier Stranamore in pieno delirio di onnipotenza e da una ministra ricostituente che si crede Calamandrei e invece è solo la Boschi: si chiama Sergio Mattarella. Spetta a lui convocare al Quirinale questi analfabeti costituzionali e spiegare loro, anche con qualche disegnino, che un governo senza maggioranza non può esistere nemmeno in Italia; e che la Costituzione la cambia il Parlamento con una maggioranza ampia e libera, non il governo con un’Armata Brancaleone di ricattatori e ricattati.

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Il segreto della creatività che abbiamo dimenticato

di Salvatore Settis
da: http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-segreto-della-creativita-che-abbiamo-dimenticato/
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L’Europa è un continente rimasto senza idee": a lanciare l’allarme sul Financial Times è stato Edmund Phelps, Nobel per l’economia. Nel braccio di ferro sulle misure di austerità che hanno messo alla gogna la Grecia (e domani altri Paesi), la parola “creatività” non ricorre mai.

La stagnazione delle economie nazionali, il Pil che da anni, quando va bene, sale (come in Italia) di qualche misero decimale: in questo gioco al massacro entrano le borse, i mercati, la troika, l’invadenza tedesca, le influenze americane o asiatiche. Ma che vi sia un qualche rapporto fra creatività ed economia non viene mai in mente. Secondo Phelps, «gli italiani trovano del tutto accettabile che la loro economia sia quasi del tutto priva di innovazioni autoctone da vent’anni, e sia capace solo di reagire alle forze del mercato globale, come se una nazione non avesse bisogno di dinamismo per essere felice». 
può esserci felicità senza creatività? 
un’indagine del Pew Research Center di Washington (ottobre 2014), in Italia “l’indice di felicità” si ferma a 48 punti (Spagna 54, Grecia 37), mentre i Paesi emergenti, assai più creativi, volano alto: Messico 79, Brasile 73, Argentina 66, Cina 59.

L’Italia è fra i Paesi che Phelps sceglie a esempio di un’economia «meccanica, robotizzata, che ha per ingredienti la ricchezza, i tassi di interesse, i salari; ma ne manca uno, l’abilità e l’inventività degli esseri umani». L’efficienza (spesso sinonimo di ubbidienza) viene confusa con il dinamismo, l’alternanza ai vertici viene scambiata per innovazione, lo storytelling del successo prende il posto di ogni vero sviluppo. Una nuvola di parole occulta il destino dei cittadini e lo subordina alle decisioni, spesso incompetenti, di chi si insedia nella stanza dei bottoni.
Il pensiero unico di una scienza economica spacciata per la sola possibile (come se non ne esistessero versioni e correnti alternative) alimenta la rassegnazione fatalistica alle “forze del mercato”, che come una fede religiosa non vacilla davanti alla perpetua crisi, ai continui fallimenti.

Rimettere al centro la creatività come rimedio alla stagnazione e alla crisi è oggi più che mai necessario. 

In questo senso va la distinzione, proposta dallo stesso Phelps nel suo recente "Mass Flourishing" (2013), fra la “prosperità” dei cittadini (far bene un mestiere per ottenere migliori salari) e la loro “fioritura” (coltivare l’immaginazione, esercitare la curiosità intellettuale, praticare la creatività). Una società può esser prospera senza essere fiorente, ma una società fiorente è sempre prospera: ed è solo nei periodi di massima fioritura della comunità civica che scatta l’innovazione, come si è visto dal Rinascimento al Novecento. Solo in una società fiorente, dove la creatività è un valore riconosciuto, vi sono le condizioni-base per una vita soddisfacente; solo chi può appagare la propria curiosità e inventiva avrà pieno rispetto per se stesso e si sentirà a pieno titolo parte di una comunità. Questo e non altro è il “vivere bene” che sbandieriamo come slogan, ma senza saperlo tradurre in progetto.

La categoria-chiave di questo ragionamento, la “fioritura” (flourishing), viene dalla filosofia morale (basti ricordare Martha Nussbaum e Julia Annas), che ne ha indicato le radici nel pensiero di Aristotele. L’eudaimonia di cui parla l’antico filosofo non è felicità effimera (il “successo”), ma senso di realizzazione della propria vita, delle proprie potenzialità: un sentimento che incardina l’individuo nella comunità (polis) di cui fa parte. 
La “fioritura” degli individui e delle comunità è precondizione indispensabile per lo sviluppo della creatività ad ogni livello, e dunque componente vitale dell’economia e della società, ma anche della democrazia, dell’equità, della giustizia. 

È necessario interrompere, volando alto, il circolo vizioso di cui siamo prigionieri: l’Italia e l’Europa davvero sono a corto di idee, e perciò segnano il passo. La prosperità raggiunta (insieme al timore di perderla) produce più stagnazione che progresso: anzi, la pressione dei mercati e la concentrazione della ricchezza erodono i diritti (all’istruzione, alla salute, alla cultura, al lavoro) generando crescenti ineguaglianze. 
L’illusione della crescita si limita a qualche success story che riunisce in poche mani gli incrementi di produzione e di ricchezza; ma intanto il lavoro (dei più) diminuisce, e la produttività totale (i cui fattori sono capitale e lavoro) s’inceppa.

“Tasso di inventiva” e “tasso di felicità” sono strettamente collegati, perciò entrambi sono in calo in Italia (e in Europa). 

La scuola, devastata da riforme che puntano a educare non cittadini ma esecutori ossequienti, taglia le gambe alla creatività potenziale dei giovani, li induce ad appiattirsi sugli ideali aziendalistici di una superficiale efficienza e li spinge a reprimere il proprio talento per inseguire i mestieri e i mantra di un immutabile ordine costituito. 

La sgangherata discussione sui “conti salati degli studi umanistici”, considerati un lusso in tempo di crisi, elude il loro ruolo essenziale nella consapevolezza dei valori umani, nella capacità di esplorare criticamente il mondo e se stessi, nell’educazione a pensare fuori dal coro.

 Anche l’economia non è necessariamente perpetuazione dell’esistente, ma dev’essere sperimentazione del nuovo. 
E solo la “fioritura” degli individui e della comunità garantisce la «pari dignità sociale» dei cittadini prescritta dalla Costituzione (art.3). 

Come ha scritto uno storico inglese, David Kynaston, «se la bandiera del thatcherismo era in ultima analisi la libertà dell’individuo, allora dobbiamo ammettere che negli ultimi anni tale libertà è stata così violentemente travolta, che è venuta l’ora di far ricomparire la sua antica compagna di scena: l’eguaglianza».


(28 agosto 2015)

IMF-FMI: ancora non è stato chiuso? e perchè?

Se si legge la mission del FMI c'è da non crederci, recita così:


About the IMF

The International Monetary Fund (IMF) is an organization of 188 countries, working to foster global monetary cooperation, secure financial stability, facilitate international trade, promote high employment and sustainable economic growth, and reduce poverty around the world.
Created in 1945, the IMF is governed by and accountable to the 188 countries that make up its near-global membership.
The IMF’s fundamental mission is to ensure the stability of the international monetary system. It does so in three ways: keeping track of the global economy and the economies of member countries; lending to countries with balance of payments difficulties; and giving practical help to members.
Surveillance
The IMF oversees the international monetary system and monitors the economic and financial policies of its 188 member countries. As part of this process, which takes place both at the global level and in individual countries, the IMF highlights possible risks to stability and advises on needed policy adjustments. 
A core responsibility of the IMF is to provide loans to member countries experiencing actual or potential balance of payments problems. This financial assistance enables countries to rebuild their international reserves, stabilize their currencies, continue paying for imports, and restore conditions for strong economic growth, while undertaking policies to correct underlying problems. Unlike development banks, the IMF does not lend for specific projects.
The IMF helps its member countries design economic policies and manage their financial affairs more effectively by strengthening their human and institutional capacity through technical assistance and training. The IMF aims to exploit synergies between technical assistance and training—which it calls capacity development—to maximize their effectiveness.

C'è da ridere a leggere le bugie clamorose cono cui il FMI ammanta la politica economica nefasta che promuove. 
Parla di stabilità, di aiuti ai paesi e ai membri (appunto alle lobby). 
Mette i piedi nelle politiche delle nazioni per "sistemarle" manco fosse un aggiusta tutto, mentre è un arraffa tutto.
Davvero FMI ha prodotto la ricostruzione delle riserve internazionali dei paesi? Ha stabilizzato le monete? certo al ribasso piatto... 
Ha ristrutturato le condizioni  per la forte crescita economica? ma quando mai? AHAHAHAHAH
E poi la descrizione su cosa fa FMI, continua dicendo che rafforza la capacità umana (?) e istituzionale con assistenza tecnica e formazione per lo sviluppo efficiente (deficiente).
L'esperienza prodotta dal FMI è dolorosa, ed è chiaro a tutti gli uomini e a tutte le donne che la vivono sulla loro pelle che FMI ha prodotto forte disoccupazione, instabilità finanziaria, commerci rattrappiti e quindi decrescita economica insostenibile e aumento della povertà nel mondo.
A che serve il Fondo Miseri Internazionali?
Ai politici e alle lobby non certo alle popolazioni. 
E' arrivato il momento di scioglierlo.

Diario del Saccheggio: Argentina? o Italia?

Argentina 2001 - Il Diario Del Saccheggio ITA (Integrale)
Pubblicato il 01 lug 2015
Non fatevi ingannare dalla latitudine, i progetti del F.M.I. riguardano ora più che mai tutte le democrazie, messe in pericolo da personaggi discutibili che si arrogano il diritto di decidere chi deve vivere e chi deve morire, in nome del solito noiosissimo Dio denaro. In Argentina, nei primi anni 2000, qualcuno ha detto chiaro e forte "NO!". Questa è una testimonianza di come il popolo possa pacificamente riprendersi ciò che gli appartiene di diritto e vivere una vita degna di questo nome, con la speranza che un giorno non troppo lontano anche noi italiani potremmo tornare protagonisti del nostro tempo. Liberarsi di un giogo così insensato è un dovere per noi ed una promessa che dobbiamo fare a chi verrà dopo di noi, altrimenti cosa penseranno di noi e della nostra ignavia? Buona visione.

da: https://youtu.be/xN4a2zsuHW0

https://www.youtube.com/watch?v=xN4a2zsuHW0

El pueblo no se va

Il Senato della Boschi è disastroso ed illegittimo

Di Silvia Truzzi dal www.fattoquotidiano.it del 11.08.15

Il timore è quello di ripetersi. Eppure sembra che le numerose, accorate, obiezioni dei (tantissimi) costituzionalisti sulla riforma del Senato, non siano state ascoltate nemmeno in parte.

 Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale a Padova, comincia così: “La composizione del Senato non è solo incerta. È disastrosa:un piccolo gruppo di persone si autonomina. Oltre al caos provocato da senatori part-time che provengono dai consigli regionali, c’è un’anomalia anti democratica. Un meccanismo che non ha nulla a che vedere con quanto accade in qualunque altra democrazia”. 

Indietro non si torna, dicono. 

Perfino il presidente Mattarella,pur mantenendo quella posizione di “sereno distacco” che il suo ruolo esige, ha trovato il modo di dire che nel nostro sistema non è ammissibile un uomo solo al comando. Non si riferiva a nessuno, però l’ha voluto sottolineare.
E invece io credo sia proprio questo l’obiettivo cui tendono tutte le riforme: si sta neutralizzando il popolo, cioè la fonte che legittima il potere. Con la democrazia, poi, va a farsi benedire anche il costituzionalismo,che prevede poteri che reciprocamente si controllano e si bilanciano. Qui tutto mira a indebolire la forza degli altri poteri in favore dell’esecutivo.

Il governo che governa. 

Il governo che domina:il Senato, così com’è costruito, sarebbe controllato dalla maggioranza di governo. La Camera naturalmente lo è, grazie a quel meccanismo i-per-maggioritario, contenuto nell’Italicum, con il premio che va alla lista e non alla coalizione. 

Non votiamo più per niente: per i consigli provinciali, per il Senato… Senza dire del sistema elettorale della Camera. 

Si vuol togliere voce ai cittadini. L’ho detto tante volte, ma ripeterlo non fa male, vista l’ostinazione di questa maggioranza. Che poi, a ben guardare, è una maggioranza trovata di volta in volta, una maggioranza numerica, casuale. Non una maggioranza politica. Nelle due Camere, gli allegri transfughi sono in aumento: deputati e senatori che si fanno trovare sull’attenti quando il potere chiama. Naturalmente per avere in cambio ricompense di varia natura. 

Parlamento che poi è anche minato dalla sentenza che dichiara incostituzionale il Porcellum. 

Ecco: abbiamo non solo una maggioranza casuale, ma una maggioranza che si è formata attraverso un meccanismo dichiarato illegittimo. Dunque, la maggioranza esiste in base a un’illegittimità. È inutile che continuino a dire che“hanno i numeri”. Se non esisteva quel premio previsto dal Porcellum, la maggioranza non c’era proprio. È assolutamente paradossale che pretendano di restare al governo e pure di scassinare l’architettura costituzionale! 

Secondo lei perché il governo insiste tanto? Si può fare una prova di forza politica sulla Costituzione? 

Il presidente del Consiglio sa benissimo che se va alle elezioni perde. E poi certamente no, non si può fare una prova di forza sulla legge fondamentale. Il procedimento di revisione costituzionale è costruito sulla doppia deliberazione e su maggioranze più ampie. Perché? La finalità è non consentire che ogni maggioranza cambi a proprio piacimento la Costituzione, lo scopo è dare alla Carta una stabilità nel tempo. Il meccanismo è pensato per ottenere un consenso più ampio possibile, in modo chesiprocedaconponderazione. Che è completamente mancata, perché i tempi della discussione sono stati contingentati a suon di sedute notturne. Ma in materia costituzionale non si possono forzare i tempi: è tutto contro l’articolo 138. 

La necessità di tornarci sopra è evidente, moltissimi sono d’accordo soprattutto riguardo al nodo dell’elettività dei senatori. A parte Renzi: ma è tecnicamente possibile apportare variazioni al testo?

È assolutamente necessario che il discorso si riapra.E si arrivi a qualcosa di conforme alla Costituzione, anche nei procedimenti. Il senso dell’articolo 138 è proprio che una maggioranza – anche legittima, e questa non lo è – non possa arrivare da sola a modificare la Carta.

Ma è possibile che la Corte dichiari illegittimo anche l’Italicum?

Assolutamente sì. Ha gli stessi difetti del Porcellum. È una prova di forza pericolosa in tutti i sensi: non possiamo continuare ad avere un Parlamento eletto in base a leggi illegittime. Non dimentichiamo che nella sentenza numero 1 del 2014 la Corte è stata chiara: in tutti i suoi richiami si fa riferimento al principio di continuità dello Stato per un breve periodo. La Corte costituzionale dice che il Parlamento può continuare a lavorare fino a nuove elezioni, ma di certo non pensava – e ribadisco: è chiarissimo in più punti della sentenza – a una legislatura intera.

Sblocca Italia, nel decreto del governo 12 nuovi inceneritori in 10 regioni

da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/11/sblocca-italia-nel-decreto-del-governo-12-nuovi-inceneritori-in-10-regioni/1950788/
Si aggiungono ai 42 già in funzione e ai sei già autorizzati ma in via di costruzione. Il testo inviato ai governatori in bozza svela le intenzioni dell’esecutivo dal Piemonte alla Sicilia: verranno bruciate 2,5 milioni di tonnellate di spazzatura in più, +37% rispetto a oggi. Il ministro Galletti ha convocato una riunione tecnica per il 9 settembre: "Bisogna fare presto"
Di Marco Palombi
Forse qualcuno ha dimenticato il decreto Sblocca Italia, ma il governo no. E infatti il 29 luglio è arrivata alle Regioni la bozza didecreto legislativo che attua una delle previsioni del testo divenuto legge a novembre scorso: quella sugli inceneritori, cioè quegli impianti che bruciano immondizia e producono (a carissimo prezzo) energia. Il testo – che il Fatto Quotidiano ha letto – prevede l’autorizzazione di 12 nuovi inceneritori in dieci regioni: due in Toscana e Sicilia, uno a testa in Piemonte, Liguria, Veneto, Umbria, Marche, Campania, Abruzzo, e Puglia. Impianti che vanno ad aggiungersi ai 42 già in funzione e ai sei già autorizzati ma ancora in via di costruzione.
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“Fate presto”: il ministro ha perso la pazienza
Il dlgs partito da Palazzo Chigi è ormai alla terza riscrittura e effettivamente in ritardo rispetto ai tempi previsti dalla Sblocca Italia (entro 100 giorni dall’approvazione della legge), ma ora il governo non vuole più aspettare: la bozza è accompagnata dal caldo invito del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, a fare in fretta (“la necessità che su tale documento la Conferenza esprima il proprio parere nella prima seduta utile”) e dalla convocazione di una riunione tecnica il 9 settembre. Non sia mai che la Corte costituzionale accolga i ricorsi che le regioni hanno avanzato su questo punto e si blocchi l’iter dei nuovi impianti.
Addio differenziata, l’importante è bruciareGli inceneritori peraltro – proprio grazie allo Sblocca Italia – ora “costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di interesse nazionale”. In soldoni, autorizzazioni più veloci, meno potere alle regioni, protezione rafforzata dei siti scelti contro le proteste dei cittadini: lo stesso schema già adottato per ilTav Torino-Lione e, nello stesso decreto, per le trivellazioni petrolifere e gli impianti di stoccaggio dei gas.
Curioso che per il governo non sia “strategico” incentivare laraccolta differenziata, ma – in barba a costi, rischi ambientali e indicazioni europee – costruire più inceneritori. A oggi, ci informa il “censimento” che l’esecutivo allega alla bozza di decreto, sono attivi in Italia 42 impianti per complessive 82 linee di “produzione”: 52 al Nord, le altre divise a metà tra Centro e Sud. La parte del leone la fanno Lombardia e Emilia Romagna, in cui lavorano grosse multiutility come A2AHera e Iren.
In tutto, nel 2014, sono finite in fumo circa 6 milioni di tonnellate di rifiuti, capacità a cui aggiungere le 730 mila teoriche dei sei impianti già autorizzati (uno a Firenze, uno in Puglia, uno in Calabria e tre nel Lazio). Secondo il governo, però, non bastano: bisogna bruciare altri due milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti l’anno (+37%) e per farlo servono 12 nuovi impianti (i due in Sicilia avranno capienza da 350mila tonnellate l’uno).
Una scelta irrazionale e anti-economica
Intorno agli inceneritori, peraltro, la partita è iniziata da tempo: una settimana fa a Forlì, sempre grazie allo Sblocca Italia, l’impianto già esistente è stato autorizzato ad aumentare la sua capacità di utilizzo di diverse migliaia di tonnellate e riclassificato come “di recupero energetico”, dunque sovvenzionato come produttore di energia rinnovabile. Il Comune era contrario (l’assessore all’Ambiente Bellini si è dimesso), mentre la regione aveva appena annunciato la chiusura di un paio di inceneritori sugli otto attivi in Emilia Romagna.
Il bello è che il governo si giustifica tirando in ballo la direttiva Ue del 2008, che invece propone tutt’altro: riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata, riuso, riciclaggio e impianti Tmb (un trattamento “a freddo” che riduce ulteriormente la parte di rifiuti non riciclabile). Solo alla fine, dunque, e come “male necessario”, arrivano inceneritori e discariche, scelte più inquinanti.
Il governo Renzi, invece, ha reso l’inceneritore “strategico”: oggi autorizza impianti che saranno pronti fra 5 anni e rimarranno in funzione per 30. La scelta di bruciare i rifiuti, peraltro, è incomprensibile anche a livello economico: ai comuni, mediamente, la differenziata costa 198 euro a tonnellata, bruciarli circa 150. Solo che, aggiungendo gli incentivi energetici in bolletta, il costo è simile se non superiore: 220 euro nel 2012. Gli inceneritori, peraltro, creano poca occupazione: per il think tank Waste Strategy, incentivando separazione, compostaggio etc. si passerebbe dalle 68.300 persone impiegate oggi a 195.000 in pochi anni. Non solo: almeno il 25% del peso dell’immondizia bruciata – a non tener conto di diossine, furani e Pcb che finiscono nell’aria – si ripresenta poi sotto forma di cenere da smaltire come rifiuto speciale. Ma Renzi vuole i suoi 12 inceneritori: avrà i suoi buoni motivi.