MILANO - La Grecia minaccia di sequestrare il Goethe Institut di Atene per rivalersi dei danni di guerra dell'era nazista. All'alba di oggi, il governo Tsipras ha approvato la creazione di un Comitato per domandare a Berlino il risarcimento per l'invasione tedesca durante la seconda guerra mondiale. Il ministro alla giustizia Nikos Paraskevopoulos ha confermato subito dopo di essere pronto in qualsiasi momento a firmare un decreto per sbloccare una decisione dell'Alta corte ellenica del 2000 che dava il via libera alla confisca di proprietà della Germania sul suolo nazionale. Nel mirino, secondo fonti vicine al dicastero, ci sarebbero appunto la sede del Goethe Institut ad Atene e Salonicco e la scuola tedesca della capitale.
"La Germania usa tutti i trucchi legali possibili per non onorare i suoi debiti legati al secondo conflitto mondiale - ha detto in Parlamento il premier Alexis Tsipras -. E' una questione delicata, lo sappiamo, ma è nostro dovere affrontarla per il rispetto di tutti i greci e di tutti gli Europei che hanno dato la vita per combattere il nazismo". Berlino sostiene da anni di aver saldato tutti i conti "economici" contratti con le invasioni del terzo reich con i risarcimenti garantiti nel 1960. Trasformati in saldi "tombali" grazie a un accordo del '90 dopo la riunificazione. "Per noi la questione è politicamente e giuridicamente chiusa", ha ribadito oggi il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert, in conferenza stampa a Berlino, rispondendo alle domande sulle rivendicazioni di Alexis Tsipras.
Atene dice il contrario, ribattendo in punta di diritto che non si tratta di intese definitive e una Commissione ha fissato nel 2013 in 162 miliardi il saldo che i tedeschi dovrebbero versare alla Grecia. Quanto basterebbe per cancellare metà del debito. Polemiche che in questi giorni, visto il clima sull'asse tra i due paese, sono ancor più roventi.
L'Alta Corte del Partenone aveva stabilito nel 2000 che gli eredi delle vittime dell'eccidio di Distomo (dove le truppe naziste hanno trucidato 218 civili nel 1944) avevano diritto a un risarcimento di 28 milioni. Nel 2000 l'allora ministro della Giustizia aveva firmato un decreto immediato per mettere le mani sui beni tedeschi in Grecia. Ma due giorni dopo, appena Berlino dette l'ok all'ingresso del paese nell'euro, fece una rapida retromarcia. Il tema dei risarcimenti di guerra torna ora a essere utilizzato come strumento negoziale su un tavolo dove gli interessi, in realtà, sono altri. "Malgrado gli evidenti ostacoli io sono pronto a mettere la mia firma di nuovo sulla decisione dei tribunali - ha detto Paraskevopoulos -. Capisco che dovremo parlare con la Germania della cosa, ma vado avanti"
da:
http://www.repubblica.it/economia/2015/03/11/news/la_grecia_pronta_a_sequestrare_i_beni_tedeschi_non_paga_i_danni_di_guerra_-109271057/?ref=HREC1-1
E li pagasse questi maledetti danni di guerra!
This is the fashion blog of Stilinga, a fashion designer who works from home. She is from Rome, Italy and she writes about trends, things she loves to do in Rome and art. Questo è il fashion blog, e non solo, di stilinga (una stilista che lavora da casa - è una stilista-casalinga) e che spesso tra una creazione di moda e l'altra, tra ricerche e fiere, si occupa anche del suo quotidiano e del contesto in cui vive.
L’Italia accusa la Germania di opporsi al “Made in”
da:http://it.fashionmag.com/news/L-Italia-accusa-la-Germania-di-opporsi-al-Made-in-,470312.html#utm_source=newsletter&utm_medium=email
Dopo dieci anni di battaglie infruttuose e vane, la moda italiana dà sfogo al suo risentimento sul delicato tema del “Made in”. In occasione della presentazione del bilancio 2014 per il comparto del tessile-abbigliamento, Claudio Marenzi, il presidente di SMI-Sistema Moda Italia, l'associazione degli imprenditori del settore, ha espresso la sua amarezza alla stampa, accusando la Germania di bloccare ogni tentativo volto a rendere obbligatoria l'etichettatura d'origine per i prodotti commercializzati nel mercato dell'Unione Europea.“E' da più di un mese che cerco disperatamente di ottenere un appuntamento con la mia omologa tedesca (Ingeborg Neumann, che dirige la Gesamtverband, ndr.) per discutere di questo tema, ma lei continua a posticipare il nostro incontro”, critica Claudio Marenzi.
L’Europa è la sola regione in cui l'etichettatura d'origine non è obbligatoria, mentre lo è nei principali mercati concorrenti dell'UE. Stati Uniti e Cina, per esempio, già da molto tempo applicano sul proprio territorio una norma che stabilisce la denominazione di origine per i prodotti manufatti provenienti dall'estero. L'Unione Europea, invece, non offre questa garanzia ai consumatori. E sono in particolare la Germania e i Paesi del Nord Europa ad opporsi all'adozione di tale regolamento.
“Il settore del tessile-abbigliamento in Italia ha perso 96.000 posti di lavoro tra il 2008 e il 2013, un terzo dei quali direttamente a causa di questa situazione, vale a dire circa 30.000 impieghi che potrebbero essere ricreati se il regolamento del “Made in” fosse reso obbligatorio in Italia e in Europa”, stima il presidente di SMI, che è anche il proprietario del marchio di piumini Herno.
“Io applico già questa regola nella mia azienda, distinguendo bene, sulle etichette del mio brand, il 70% di prodotti Made in Italy e il 30% Made in Romania che realizzo. Il mercato non mi ha mai penalizzato per questo. Al contrario, questa trasparenza mi ha dato credibilità. Se si vuole avere un prezzo competitivo su alcuni prodotti, non si può fare a meno di produrre altrove, i clienti lo capiscono. Tutto questo oggi rientra nell'ambito della normalità”, spiega.
Alla fine, la delusione più grande per i produttori italiani del mondo della moda è venuta soprattutto dall'attuale governo, che accusano di non averli adeguatamente e sufficientemente sostenuti in questa battaglia (vedi lo sterile semestre italiano di presidenza europea della seconda metà del 2014, che non ha portato nessun risultato veramente apprezzabile e degno di questo nome).
Dopo dieci anni di battaglie infruttuose e vane, la moda italiana dà sfogo al suo risentimento sul delicato tema del “Made in”. In occasione della presentazione del bilancio 2014 per il comparto del tessile-abbigliamento, Claudio Marenzi, il presidente di SMI-Sistema Moda Italia, l'associazione degli imprenditori del settore, ha espresso la sua amarezza alla stampa, accusando la Germania di bloccare ogni tentativo volto a rendere obbligatoria l'etichettatura d'origine per i prodotti commercializzati nel mercato dell'Unione Europea.“E' da più di un mese che cerco disperatamente di ottenere un appuntamento con la mia omologa tedesca (Ingeborg Neumann, che dirige la Gesamtverband, ndr.) per discutere di questo tema, ma lei continua a posticipare il nostro incontro”, critica Claudio Marenzi.
L’Europa è la sola regione in cui l'etichettatura d'origine non è obbligatoria, mentre lo è nei principali mercati concorrenti dell'UE. Stati Uniti e Cina, per esempio, già da molto tempo applicano sul proprio territorio una norma che stabilisce la denominazione di origine per i prodotti manufatti provenienti dall'estero. L'Unione Europea, invece, non offre questa garanzia ai consumatori. E sono in particolare la Germania e i Paesi del Nord Europa ad opporsi all'adozione di tale regolamento.
“Il settore del tessile-abbigliamento in Italia ha perso 96.000 posti di lavoro tra il 2008 e il 2013, un terzo dei quali direttamente a causa di questa situazione, vale a dire circa 30.000 impieghi che potrebbero essere ricreati se il regolamento del “Made in” fosse reso obbligatorio in Italia e in Europa”, stima il presidente di SMI, che è anche il proprietario del marchio di piumini Herno.
“Io applico già questa regola nella mia azienda, distinguendo bene, sulle etichette del mio brand, il 70% di prodotti Made in Italy e il 30% Made in Romania che realizzo. Il mercato non mi ha mai penalizzato per questo. Al contrario, questa trasparenza mi ha dato credibilità. Se si vuole avere un prezzo competitivo su alcuni prodotti, non si può fare a meno di produrre altrove, i clienti lo capiscono. Tutto questo oggi rientra nell'ambito della normalità”, spiega.
Alla fine, la delusione più grande per i produttori italiani del mondo della moda è venuta soprattutto dall'attuale governo, che accusano di non averli adeguatamente e sufficientemente sostenuti in questa battaglia (vedi lo sterile semestre italiano di presidenza europea della seconda metà del 2014, che non ha portato nessun risultato veramente apprezzabile e degno di questo nome).
Allarme di Lagarde: "Sessismo sul lavoro c’è un complotto contro le donne"
La direttrice del Fondo monetario: “In troppi paesi le restrizioni legali cospirano per impedirci di essere economicamente attive”
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPININEW YORK. Una delle donne più potenti del mondo, Christine Lagarde, alla guida del Fondo monetario internazionale, usa un linguaggio battagliero: "C'è una cospirazione contro le donne". Dall'alto della più potente organizzazione economica internazionale, quell'Fmi che fa tremare governi indebitati di mezzo mondo, la sua direttrice generale rivela un animo femminista, più radicale di quanto si credesse. "In troppi Paesi - scrive la Lagarde nel suo blog - le restrizioni legali cospirano contro le donne per impedirci di essere economicamente attive. In un mondo che ha tanto bisogno di crescita, le donne possono dare un contributo, se solo hanno di fronte a sé delle pari opportunità, invece di una insidiosa congiura". Parole pesanti: cospirazione, congiura, che altre volte sono state usate in ben altro contesto, e spesso a proposito dell'Fmi.Dai paesi del Terzo mondo costretti negli anni Ottanta a digerire amare terapie di austerity, fino alla Grecia di oggi, spesso le teorie del complotto sono state applicate proprio agli interventi dell'Fmi. In quanto a Lagarde, che fu ministro dell'Economia in Francia sotto la presidenza Sarkozy, deve il suo posto attuale a un'altra "presunta congiura", quella che secondo alcuni socialisti silurò Dominique Strauss-Kahn da quel posto. Complotti o meno, DSK è diventato un simbolo di arroganza maschile, di sete del potere che si accompagna ad appetiti sessuali smisurati. Lagarde ha portato nell'austera istituzione di Washington un nuovo stile, elegante e sobrio. Uno stile che include piccoli gesti simbolici, come quel suo esibire orgogliosamente i capelli bianchissimi. Niente tinta, una donna non deve essere schiava delle apparenze e dei diktat d'immagine.
Poche ora prima, un'altra donna, Patricia Arquette, ha pronunciato il discorso più politico nella notte degli Oscar, in difesa di tutte le donne. Arquette ha ricevuto il premio per il suo ruolo in Boyhood dove recita una madre single, impegnata a educare i propri figli tra mille difficoltà, anche economiche.L'appello di Patricia è stato vibrante di passione. "Ad ogni donna che ha partorito un figlio, a ogni mamma-contribuente, e cittadina: abbiamo lottato per la parità di diritti di tutti gli altri. Ora tocca a noi. È ora di ottenere la parità dei salari una volta per tutte, per le donne americane".
L'ultima uscita della Lagarde è motivata da uno studio importante. Il Fmi ha appena sfornato un'imponente ricerca sui danni del sessismo. "In più di 40 nazioni, tra cui molte ricche e avanzate, si perde più del 15% della ricchezza potenziale, per effetto delle discriminazioni contro le donne", sentenzia la ricerca. Si va dal 5% di Pil "perduto" negli Stati Uniti, al 9% in Giappone, fino a punte del 34% in Egitto. L'Italia? Si colloca in una fascia alta... cioè arretrata. Il 15% del Pil potenziale non viene realizzato in Italia, a causa delle discriminazioni contro le donne. Il triplo del danno economico americano, è quello provocato dalle discriminazioni contro le italiane.
Le conclusioni dell'Fmi vengono a corroborare altri studi, tra i quali spicca il lavoro del premio Nobel per l'economia Amartya Sen: uno dei più tenaci nel denunciare il fatto che il sessismo "ci impoverisce tutti". Come sostiene Lagarde, i paesi che privano le donne di opportunità s'impoveriscono, rinunciano a dinamismo e benessere. I casi estremi sono quelle nazioni dove legislazioni arcaiche vietano alle donne alcune professioni, le escludono dai diritti di proprietà, subordinano le loro decisioni economiche al consenso dei mariti o dei padri. Ma anche l'Occidente industrializzato soffre di un divario persistente. Non abbiamo così tante donne imprenditrici o scienziate, quante potrebbero essercene se "il campo di gioco" fosse orizzontale, livellato, uguale per tutti.
Novemila miliardi di dollari all'anno, è la ricchezza non realizzata per effetto di tutte quelle donne e ragazze che devono accontentarsi di un piano B, di una soluzione di ripiego, rispetto al loro talento. Paesi avanzati come gli Stati Uniti continuano a registrare un divario retributivo sistematico: a parità di competenza e di qualifica, di mansione e di responsabilità, una donna guadagna l'85% del suo collega maschio. Un test americano recente ha dimostrato che il capo del personale di un'azienda, di fronte al curriculum, vitae di due candidati, "premia" automaticamente il maschio. Lagarde oltre alla denuncia ha fatto una previsione e un augurio: "Il 2016 sarà l'anno di una donna presidente degli Stati Uniti". Hillary più Angela più Christine, sarebbe un G-3 capace di cambiare gli equilibri?
Renzi annulla il primo autogol! Bloccato aumento inps!
da: http://www.actainrete.it/2015/02/renzi-annulla-il-primo-autogol-bloccato-aumento-inps-gs/
Renzi annulla il primo autogol: bloccato aumento INPS GS!
È stata dura, ma alla fine il Governo ha dovuto fare marcia indietro. Nel decreto mille proroghe questa mattina alle 5 è passato un emendamento che per i professionisti iscritti alla gestione separata riporta la contribuzione INPS al 27,72%. Lo hanno annunciato via Twitter Chiara Gribaudo e Antonio Misiani, due parlamentari che si sono impegnati per questo.
La nostra azione è stata fondamentale per imporre un cambio di direzione. Il Governo Renzi, a differenza dei due governi precedenti, non era intervenuto per impedire l'aumento della contribuzione. La disponibilità nei nostri confronti era una disponibilità a costo zero. Ma grazie alle nostre iniziative sui media e sui social media siamo riusciti a portare le nostre questioni al centro dell'attenzione politica. E si è attivata la ricerca di fondi che ha portato all'approvazione del blocco, nonostante le forti resistenze del Ministero dell'Economia.
Insomma abbiamo vinto una prima battaglia!
Un grande ringraziamento a tutti voi che ci avete sostenuto!
Ora il nostro impegno si concentrerà sulle tante altre questioni ancora in sospeso: regime dei minimi, equità fiscale, malattia, pensione...e naturalmente a bloccare in maniera definitiva l'aumento dei contributi INPS
Abbiamo bisogno del sostegno di tutti i freelance. Questa è la dimostrazione che uniti siamo più forti.
Il mitico, sbrindellato ministro Varoufakis arriva in moto e sfratta la Troika
Lo diceva pure Gad Lerner che Varoufakis è di tendenza:
http://www.gadlerner.it/2015/01/30/il-mitico-sbrindellato-ministro-varoufakis-arriva-in-moto-e-sfratta-la-troika
Il mitico, sbrindellato ministro Varoufakis arriva in moto e sfratta la Troika
A volte il confronto estetico esprime già una differenza di contenuti sostanziale. Inappuntabile nella sua grisaglia d’ordinanza, oggi a Atene il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem è disceso da una berlina blu, scortata da un’altra berlina blu, per incontrare il nuovo ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis. Che nel frattempo arrivava all’appuntamento a bordo della sua motocicletta, con zainetto in spalla, e la solita camicia fuori dai pantaloni.
Lo sbrindellato ministro Varoufakis “fa figo” e inaugura una nuova tendenza perchè è autentico: si capisce che la sua non è una posa costruita. Gli viene naturale, e così trasmette un messaggio che appare dirompente proprio perchè è dirompente nella sostanza: d’ora in poi la Grecia non tratterà più con la Troika, cioè con l’organismo formato da Commissione europea, Banca Centrale europea e Fondo monetario internazionale, che di fatto l’ha commissariata negli ultimi quattro anni. Brruuum, brruum! Quando Varoufakis lo ha ripetuto davanti alle telecamere, il compassato Dijsselbloem pareva decisamente irritato. Due concezioni opposte dell’economia entrano in rotta di collisione. Con cortesia, ma senza neanche infilare la camicia nei pantaloni. Mitico Varoufakis!
Novità dalle sfilate di moda uomo? ma meglio il nuovo mondo uomo che viene da...
Dopo le sfilate di moda uomo, discutibili assai in quanto a novità e a rappresentazione della contemporaneità, vediamo, anzi siamo illuminati da un'intuizione forte, semplice e chiara: il nuovo mondo uomo viene dalla Grecia.
Basta dare un'occhiata al carisma di Yanis Varoufakis:
http://www.repubblica.it/economia/2015/02/03/foto/ministro_delle_finanze_greco_varoufakis_arrivato_a_roma-106435459/1/?ref=HREC1-8#1
I veri uomini non portano la cravatta e la camicia la portano di fuori. E diciamo finalmente! Troppo obsoleto l'oggetto cravatta, da troppi anni al collo dei maschi, era ora!
Hanno sguardi importanti che colpiscono, profumano di realtà e se decidono di sfidare la troika lo fanno presentandosi in moto con giacca di pelle e scarpe non proprio nuove, ma vissute.
Soprattutto quanto hanno in testa e come ottenere quello che vogliono per il loro popolo fa la differenza: è carattere e personalità e le mode li seguiranno, eccome se li seguiranno.
Basta dare un'occhiata al carisma di Yanis Varoufakis:
http://www.repubblica.it/economia/2015/02/03/foto/ministro_delle_finanze_greco_varoufakis_arrivato_a_roma-106435459/1/?ref=HREC1-8#1
I veri uomini non portano la cravatta e la camicia la portano di fuori. E diciamo finalmente! Troppo obsoleto l'oggetto cravatta, da troppi anni al collo dei maschi, era ora!
Hanno sguardi importanti che colpiscono, profumano di realtà e se decidono di sfidare la troika lo fanno presentandosi in moto con giacca di pelle e scarpe non proprio nuove, ma vissute.
Soprattutto quanto hanno in testa e come ottenere quello che vogliono per il loro popolo fa la differenza: è carattere e personalità e le mode li seguiranno, eccome se li seguiranno.
Lo scempio che lo Stato Italiano fa dell'Inps!
Le pensioni : ancora silenzio!!
Ieri sera è andata in onda l’ennesima puntata di inchiesta sull’iniquità del sistema pensionistico italiano, una puntata di PRESA DIRETTA su Rai TRE in prima serata dal titolo inequivocabile “Il buco delle pensioni”, nella quale si sono ancora una volta messe in evidenza le storture, gli sprechi e i privilegi, le difficoltà dell’INPS e la sua cattiva gestione, le politiche cieche e assolutamente incongruenti dei Governi passati e dell’immobilismo del Governo attuale, spargendo qua e là informazioni sul futuro “povero” pensionistico dei cittadini italiani soprattutto di tutti coloro che andranno in pensione con il “puro sistema contributivo”!
Una puntata che al solito ha dato la parola ad esperti, a politici e a tecnici, che ha lasciato sfogare i cittadini colpiti dalla impietosa macchina dell’INPS, stretti fra Durc ed Equitalia, e che fra l’altro ha messo in onda una recente intervista rilasciata dal prof. Tito Boeri prima di essere nominato Presidente dell’Inps, nella quale egli stesso si scaglia contro l’insostenibilità dell’intero sistema previdenziale italiano soprattutto nella ingiustizia degli importi pensionistici maturati con i vecchi sistemi: insomma anche ieri è stato lanciato l’ennesimo allarme sulla drammaticità del futuro pensionistico!
Sono state ricordate inoltre le scellerate gestioni dell’INPS in merito al suo patrimonio (si pagano affitti per le sedi Inps per 50 milioni all’anno, quando gli stessi immobili erano dello stesso….INPS!) e le mirabolanti scelte sulle rendite vitalizie dei politici e quelle dei manager con punte di pensioni lorde pari a circa 90.000 euro mese!
Inoltre è stata sottolineata la scelta “strategica” del Governo Monti di far confluire l’INPDAP (settore Pubblico) all’interno dell’INPS portandosi dietro l’enorme debito accumulato negli anni, cui i cittadini sono stati chiamati a ricoprire!
Una scellerata gestione dell’Ente nato per i dipendenti pubblici nel quale lo Stato è “datore di lavoro” e quindi tenuto ad assolvere per legge al suo compito primario: versare i contributi dei propri dipendenti, cosa chiaramente non avvenuta negli anni e così alla fine pur di “truccare” conti e bilanci questo buco enorme, è stato consegnato all’INPS!!
Come infine non essere sconvolti dall’ennesima e chiara dimostrazione di “follia” tipicamente italiana quella per la quale sono i più poveri e i più deboli a sopportare oggi con i propri contributi il peso di tutto ciò (le partite iva, i precari, i cococo, gli stranieri ecc.) con la promessa di vedersi restituire……nulla in futuro!!
La domanda infine sorge spontanea : ma la politica cosa fa? Come interviene? Perché resta “muta”? Perché non agisce?
Ormai da tempo come “laboratorio” ci stiamo battendo duramente per porre la questione previdenziale al centro della scena politica, stiamo “urlando nel deserto” e continueremo a farlo finchè avremo voce, dentro e fuori dal nostro stesso partito, perché la “questione previdenziale” non è una questione di partito o schieramento politico o ideologica e non possiamo più permetterci di affrontarla “domani”, nel futuro, ma è una questione d’oggi, del presente, è una questione che non può più essere procastinata e dev’essere affrontata con estrema urgenza!!!!
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