Spagnolo inventa lampadina che dura 100 anni ma viene minacciato di morte

da: http://pianetablunews.wordpress.com/2013/12/02/spagnolo-inventa-lampadina-che-dura-100-anni-ma-viene-minacciato-di-morte/

Spagnolo inventa lampadina che dura 100 anni ma viene minacciato di morte

la lampadina di Benito Muros
Guardate la foto qui sopra. Nell’immagine è evidenziata apparentemente una semplice e comune lampadina. Ma questa lampadina ha una particolarità che la rende praticamente “immortale”: è stata sviluppata con una tecnologia (per il momento non nota) che, al contrario delle normali lampadine, non è sottoposta al fenomeno dell’obsolescenza programmata”. Cosa significa questo termine? Solitamente tutto ciò che troviamo in commercio ha una scadenza propria, una fine “programmata” che permette alle industrie di immettere sul mercato mondiale prodotti tecnologicamente sempre più avanzati e di livello superiore, a scapito di quelli già presenti.
Benito Muros
Questo avviene nell’economia industriale, soprattutto per prodotti di origine elettrica (come appunto le lampadine) o elettronica. In pratica le industrie produttrici utilizzano appositamente materiali di qualità inferiore o componenti facilmente deteriorabili che accorciano la vita del prodotto rendendolo obsoleto o inutilizzabile dopo un certo periodo di tempo, spesso in prossimità dell’uscita sul mercato di prodotti simili ma tecnologicamente più aggiornati.
Tutto questo, ovviamente, serve esclusivamente ad aumentare i fatturati commerciali. Ora però questa torbida tattica industriale sta per essere messa a rischio dall’invenzione di un giovane impiegato, Benito Muros, che lavora presso l’OEP Electrics come responsabile di un programma appositamente ideato per combattere l’obsolescenza pianificata. In pratica l’uomo ha ideato un tipo di lampadina che arriva a risparmiare dal 70% al 95% dell’energia normalmente utilizzata da una normale lampadina. Ciò vuol dire che sei voi utilizzaste una di queste lampadine per la vostra camera da letto essa sopravvivrebbe anche alla vostra dipartita, continuando a funzionare nel tempo. In più (e non è cosa da poco) essa possiede anche la caratteristica di non scottare al tatto e di non bruciarsi se sottoposta a ripetute accensioni. Un’intervista a Benito Muros:
La notizia, ovviamente positiva per tutti noi, non lo è stato però interamente per il giovane inventore spagnolo che avrebbe subito serie ma prevedibili minacce di morte per se e per i suoi familiari qualora avesse introdotto sul mercato questa nuova tecnologia. Nonostante le minacce ricevute l’uomo ha però coraggiosamente denunciato il fatto alle autorità locali dichiarando che continuerà a difendere il programma per il quale sta ancora attualmente lavorando.
Vi siete mai chiesti perché certi giocattoli si rompono subito? Perché è così faticoso trovare pezzi di ricambio per un elettrodomestico? Perché il computer che avete in casa dopo pochi mesi è già diventato un pezzo da museo? La risposta è più semplice di quanto, forse, immaginate e si racchiude in appena due parole: obsolescenza programmata. Significa che vi sono prodotti che vengono progettati e costruiti per durare poco, rompersi in fretta ed essere così continuamente sostituiti. Il ragionamento è impietoso ma chiaro: sembra che il sistemo economico-monetario che regola la nostra società stia in piedi solo se si continua a “consumare” senza sosta e per avere la certezza che ciò avvenga occorre creare il “bisogno”, la “necessità”. Quindi, cosa c’è di più efficace del mettere a disposizione dei consumatori oggetti pensati e realizzati per durare poco, in modo che vengano costantemente ricomprati? Un video che tratta l’argomento:
Per completezza d’informazione, vi informiamo che esiste anche un’intervista a tale Leon, un presunto ex socio di Muros che cerca di denigrare l’invenzione in questione spiegando che la lampadina ideata da Muros non sarebbe “infinita” ma facilmente riparabile a basso costo. Inoltre si allude a spostamenti finanziari non poco chiari da parte dell’ideatore del progetto. Non sappiamo se queste dichiarazioni corrispondano al vero ma la cosa curiosa è che questa seconda intervista è stata fatta dallo stesso sito web che ha intervistato Muros circa un mese prima. Ecco il link:
www.vice.com/es/read/entrevista-ferran-leon-benito-muros
Ad ogni modo esiste un sito ufficiale del prodotto disponibile al seguente indirizzo: www.oepelectrics.es

ACTA con Daniela: il tumore non è uguale per tutti.

da: http://www.actainrete.it/2013/12/acta-con-daniela-il-tumore-non-e-uguale-per-tutti/

ACTA con Daniela: il tumore non è uguale per tutti.

| 13 DICEMBRE 2013 | LETTO: 741 VOLTE | 5 COMMENTI | AUTORE: ACTA | SHORT URL |



  
nastro rosaACTA ha deciso di condividere la battaglia di Daniela Fregosi, freelance ammalata di tumore al seno, ancora senza indennità di malattia ma obbligata a versare gli anticipi INPS!
Stiamo raccogliendo informazioni, materiali e testimonianze per capire come intervenire per aiutarla in questa lotta, che poi è la lotta di tutti noi.
Se hai informazioni o esperienze da raccontare segnalacele!
Stiamo organizzando una campagna per rivendicare il diritto dei freelance gravemente malati a vedere riconosciute le tutele di cui dovrebbero godere. Chiederemo la deroga degli anticipi INPS in caso di malattia grave, una revisione delle sanzioni per il ritardato pagamento e tempi certi per l’erogazione delle indennità di malattia. Vorremmo anche maggiore attenzione da parte dell’INPS nella corretta informazione ai lavoratori autonomi malati, per consentire loro di accedere più facilmente alle prestazioni di cui hanno diritto.
A Daniela abbiamo chiesto di raccontare qui la sua storia.
Ammalarsi seriamente è un’esperienza spiacevole per chiunque, ma quando succede a un lavoratore autonomo inizia un doppio calvario. Se poi sei donna e il malaccio è un tumore al seno, hai proprio fatto bingo.
Fin dal momento della diagnosi, intuendo le difficoltà che mi aspettavano, ho cominciato a mettere in atto una serie di strategie di adattamento alla mia nuova condizione. In questo un lavoratore autonomo è un grande esperto perché la flessibilità è il suo pane quotidiano. Ma per quanto tu riesca ad accogliere e gestire il cambiamento, un tumore rimane un tumore e non è un’influenza che, massimo 10 giorni, te la levi di torno. Ho iniziato a informarmi su quali potessero essere gli “ammortizzatori sociali” a cui avevo diritto. Nessuno sapeva nulla. Nonostante dicessi che non ero al pari di una lavoratrice dipendente, che può tranquillamente continuare a contare sul suo stipendio (io sin dal primo mese sono stata costretta a fermarmi), nessun consiglio mi arrivava dai medici e dal commercialista. Un far west terrificante nei patronati, code interminabili di utenti in cerca di informazioni, il call center dell’Inps a cui ho dovuto spiegare io l’ultima circolare del maggio 2013 riguardante i lavoratori autonomi a gestione separata (!). Insomma, meno male che il tumore mi è arrivato alla tetta e non al cervello e che sono molto brava nella navigazione internet, altrimenti ero fritta.

C’è poi da difendersi dalla classica domanda: “Ma come, non hai un’assicurazione privata?” Una cosa così la chiedono solo ai liberi professionisti, tutti convinti che, siccome ce la spassiamo alla grande a non aver padroni, a evadere di brutto e ad arricchirci alla faccia degli altri, il minimo è che cacciamo i soldi per le assicurazioni private e non rompiamo troppo le scatole all’Inps, anche se abbiamo un tumore.
Ho letto innumerevoli guide e libretti informativi per pazienti oncologici, dove venivano descritti i diritti dei lavoratori, dipendenti però. Di noi neppure un cenno. Come se in Italia non ci fosse il popolo delle P.Iva. Come se nessun lavoratore autonomo statisticamente si ammalasse mai seriamente o avesse diritto di ammalarsi come gli altri.
Eppure la malattia per gli autonomi è un problema diffuso, ma se ne parla poco perchè gli interessati sono i primi a nascondersi, temendo ripercussioni lavorative. Già si sono ammalati e hanno pochi diritti; cercano almeno di non bruciarsi un mercato (pure in crisi) fatto di clienti poco propensi ad assoldare professionisti meno efficienti e performanti.
Ma un paziente oncologico non è un paziente oncologico e basta? Evidentemente no.
Noi siamo malati di cancro di serie B e per noi gli art. 32 e 38 della Costituzione, che riguardano rispettivamente il diritto alla salute e il diritto agli aiuti in caso di impossibilità di lavorare, sono opzionali.Perché?
Un lavoratore autonomo con gestione separata ha diritto a un massimo di 61 giorni di malattia in un intero anno solare. E se fai un bel ciclo di chemio per 6 mesi? Beh, puoi sperare di star talmente male da avere diritto all’assegno ordinario di invalidità (una misura temporanea con cifre da fame) oppure puntare sull’invalidità civile. Occhio però che anche lì per ottenere il diritto a un aiuto economico devi stare proprio male e in ogni caso vanno a vedere il tuo reddito nell’anno precedente, quando eri sano, e ti aiutano solo se già da prima avevi un reddito da fame. Uno non sa se augurarsi le metastasi o la miseria. In quel caso incappi comunque in altri sbarramenti, quelli del numero minimo di mesi contributivi versati.
Ho reso l’idea del gran casino che si trova davanti una donna che ha appena scoperto di avere un tumore al seno?
I pochi spiccioli a cui avrei poi diritto me li devo conquistare, tra funzionari che non sono informati, portale INPS che è inadeguato, tempi lunghi di attesa.
E nel frattempo arrivano le scadenze, tra cui il pagamento degli anticipi. Ma come, mi si chiede di pagare INPS e IRPEF in anticipo mentre non ho ancora ricevuto le scarsissime indennità che mi spettano?
Il commercialista mi avvisa che devo provvedere, soprattutto devo versare gli anticipi INPS, perché in caso di ritardo le sanzioni sono pesanti, e, a differenza dell’IRPEF, non è previsto il “ravvedimento operoso”. L’INPS non ammette ritardi, neppure in caso di decesso!
Mentre sei lì tra interventi chirurgici (io ne ho fatto già 2 e si spera di fermarsi lì, perché con un tumore di certezze non ce ne stanno), visite, esami, terapie e riabilitazione, questo è il modo con cui Stato e Inps ti ripagano di anni di tasse versate e contributi. Sapete tutto questo come mi fa sentire? Un bancomat. Un bancomat con un tumore al seno. Non è il massimo.
Chissà, forse dobbiamo espiare qualche colpa. Un’amica libera professionista ha la sua teoria in merito.“In una società conformista, giudicante, che annienta le diversità, il motivo per dare contro a chi pensa, vive e lavora in modo autonomo è che questi soggetti sono di fatto un pericolo per il sistema”. Forse non ha tutti i torti. Io sono più cinica (con un tumore me lo posso permettere) e credo che il motivo sia che dietro ai lavoratori autonomi a gestione separata semplicemente manca un potere forte, un sindacato, un ordine professionale, per cui diventano facilmente oggetto di comportamenti predatori, perché per definizione sono soggetti deboli sul mercato.
Per tutti questi motivi, oltre a denunciare la condizione dei lavoratori autonomi che si ammalano seriamente,ho deciso di fare un gesto concreto. Ho iniziato la mia disobbedienza civile rifiutandomi di pagare l’acconto delle tasse per il 2013.
Caro Thoreau, padre della lotta allo Stato e al potere, oltreché emblema della disobbedienza civile e della resistenza fiscale, aiutami tu. Sostienimi e incoraggiami con le tue parole sagge e non farmi sentire sola: “Tutti gli esseri umani riconoscono il diritto alla rivoluzione; vale a dire, il diritto di rifiutare obbedienza e di resistere al governo quando la sua tirannia o la sua inefficienza sono grandi e intollerabili. Ma quasi tutti dicono che attualmente non ci troviamo in questa situazione……”.
Se sarò sola in questa lotta è perchè il nostro Paese ha ormai perso la capacità di indignarsi, ci hanno lentamente abituato a essere calpestati e, pur lamentandoci moltissimo, non sentiamo più un vero dolore.
Io però sono in una condizione diversa. Come sosteneva Tiziano Terzani prima di morire, un tumore ti concede una sorta di free pass, una carta premio con la quale puoi permetterti di dire e fare cose altrimenti impensabili.
Perchè un tumore o ti schiaccia o ti dà il coraggio di batterti per te stessa e per un mondo più giusto per tutti.
Daniela

Crisi: dal 2009 chiuse 1,6 mln di aziende

da: http://it.fashionmag.com/news/Crisi-dal-2009-chiuse-1-6-mln-di-aziende,373283.html#.UqWr-dLuKSM

Crisi: dal 2009 chiuse 1,6 mln di aziende

La crisi ha portato alla chiusura di oltre un milione e mezzo di aziende in Italia negli ultimi quattro anni, mentre è cresciuto contemporaneamente nel Paese il fenomeno delle imprese di proprietà di immigrati che rappresentano ormai circa l'11% del totale.

"La recessione ha portato alla cessazione di più di un 1,6 milioni di imprese tra il 2009 e oggi", si legge nel rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese, mentre "il commercio ambulante è cresciuto di quasi l'8% (da 168.000 operatori a quasi 181.000)" e così quello online aumentato nello stesso periodo del 20%.

"L'impresa immigrata è ormai una realtà vasta e significativa nel nostro Paese" con 379.584 i imprenditori stranieri che lavorano in Italia: +16,5% tra il 2009 e il 2012, +4,4% solo nell'ultimo anno, secondo il rapporto.

L'imprenditoria straniera si concentra in particolare nelle costruzioni (il 21,2% del totale) e nel commercio al dettaglio: un negozio su 5 è in mano ad immigrati.

Di fronte alla crisi che sta colpendo i negozi italiani - che dal 2009 sono diminuiti del 3,3% - gli stranieri sono invece cresciuti del 21,3% nel comparto al dettaglio (dove gli esercizi commerciali a titolarità straniera sono 120.626) e del 9,1% nel settore dell'ingrosso (21.440).

Quanto alla nazionalità dei proprietari, oltre 40.000 negozi sono gestiti da marocchini e più di 12.000 da cinesi. Sono 85.000 gli stranieri che lavorano in proprio. Si tratta per lo più di giovani artigiani con dipendenti italiani e stranieri. Negli ultimi quattro anni, mentre gli italiani diminuivano del 3,6%, sono aumentati del 14,3%.
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Dario Fo contro la delocalizzazione: "Così ci sfracelliamo al suolo, serve una legge" - Il Fatto Quotidiano

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Schiaffo Censis: I politici usano la crisi per salvare le poltrone

di Carlo Di Foggia
dal www.ilfattoquotidiano.it
 Il colpo più forte lo assesta il presidente, Giuseppe De Rita, alla politica tutta: “Una classe dirigente che tende a ricercare la sua legittimazione nell’impegno a dare stabilità al sistema”. 

Un insieme di annunci drammatici, decreti salvifici e complicate manovre che “hanno la sola motivazione e il solo effetto di farla restare la sola titolare della gestione della crisi”. Tradotto, con la scusa del caos, la classe politica usa i problemi economici per legittimare la sua sopravvivenza.

 L’immagine di una elite che preserva se stessa e “non può e non vuole uscire dall’implicita e ambigua scelta di drammatizzare le difficoltà del Paese per gestirle” si specchia nella metafora del mare calmo: “L’idea che navigheremmo tutti più tranquilli è una stupidaggine, si sottovalutano le correnti sottomarine che provocano i maremoti e le tempeste”. 

L’instabilità come mezzo

 Il rapporto 2013 del Censis, presentato ieri a Roma, è un elogio dell’instabilità proprio mentre tutto il sistema politico ed economico l’allontana come un virus. 
“Non bisogna averne paura – spiega De Rita – esistono forme legate al conflitto sociale e politico che vanno lasciate a se stesse e alla loro ordinaria dinamica”. Imbrigliandole, non si illumina la realtà sociale, anzi, la “coazione alla stabilità” è la principale responsabile della fuga degli italiani dalla politica (oltre un quarto se ne è completamente allontanato), che rimane “avvitata su se stessa”mentre agita come un mantra il tema delle riforme: “Negli ultimi dodici mesi – si legge nello studio – i governi che si sono avvicendati alla fine della scorsa Legislatura e all’inizio della nuova hanno emanato oltre 660 provvedimenti di attuazione delle riforme. Ma la quota di quelli effettivamente adottati è stata pari ad un terzo”. Una paralisi anche percettiva. 

Più si moltiplicano gli interventi a tutti i costi, più cresce la sensazione della loro insufficenza rispetto alla spirale innescata dalla crisi: “Non è con continue chiamate all’affano e proposte di rigore che si costruisce una classe dirigente. Così il cambiamento è impensabile”.

Il declino in cifre 

Ma lo studio è anche un profluvio di dati drammatici, che dipingono un paese che arranca, una società senza più ossigeno, ‘sciapa’ e infelice “dove circola troppa accidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale, disinteresse per le tematiche di governo del sistema, passiva accettazione della impressiva comunicazione di massa”

Lavoro e fuga all’estero

 Il versante peggiore è quello delle famiglie. I consumi, segnalano i ricercatori, sono tornati ai livelli di 10 anni fa, mentre una su quattro fatica a pagare tasse e bollette, complice anche la crescita di altre voci, come quella per i ticket sui farmaci, aumentata in quattro anni del 114 per cento. Cresce la quota di quante si troverebbero in difficoltà in caso di spese impreviste. E il 2013 “si chiude con la sensazione di una dilagante incertezza”. Prima fra tutte, il lavoro. Oltre ai dati sulla disoccupazione (arrivata al 20 per cento al sud), ci sono sei milioni di lavoratori che si trovano in condizione di precarietà, un quarto della forza lavoro. Crescono contratti a termine, occasionali, collaboratori e finte partite Iva. E così tra il 2011 e il 2012, l’esodo degli italiani all’estero è aumentato del 28,8 per cento.

 Il dramma scuola 

Per quanto incredibile, i ricercatori del Censis spiegano che un quarto degli italiani possiede al massimo la licenza elementare. Il dato la dice lunga sullo squilibrio demografico del paese. Pur essendo concentrate nella fascia di età più avanzata, le criticità riguardano anche i giovani: il 17 per cento ha infatti al massimo la terza media e il tasso di abbandono scolastico al primo anno delle superiori supera il 10 per cento. Dulcis in fundo, nell’ ultimo anno, solo un italiano su due ha letto almeno un libro. 

Odiati stranieri 

A fronte di “un’impresa immigrata, ormai realtà vasta e significativa nel Paese” (gli imprenditori stranieri sono ormai l’11 per cento del totale), il rapporto dipinge una società impaurita. Interpellati dai sodaggisti del Centro studi, quattro italiani su cinque si sono infatti dichiarati ostili o diffidenti nei confronti degli immigrati.

More Italians are marrying foreigners


da: http://www.thelocal.it/20131114/more-italians-are-marrying-foreigners?utm_source=outbrain&utm_campaign=Italy_Launch&utm_medium=cpc

More Italians are marrying foreigners


Marriages between Italians and foreigners are fuelling a rise in weddings in Italy, according to figures from Istat, the national statistics agency.
    In 2012, there were 30,724 weddings between an Italian and a foreigner, an increase of 4,000 from the previous year. The figure represents 15 percent of a total 207,138 marriages that place in Italy in 2012, a rise of 2,308 from 2011.
    The majority of weddings between an Italian and a foreigner took place in northern and central Italy, where one in five married couples include a foreign spouse.
    There were also more civil ceremonies in 2012 (84,841) compared to 2011 (80,341), mainly among couples getting married for the second or third time.
    But there was also a 5.7 percent rise in the number of first marriages taking place outside of the church between 2008 and 2012.
    People are also marrying later in life compared to the seventies, with the average age of a groom being 34 and 31 for a bride.
    The marriage rate has been steady declining since 1972, falling an average 1.2 percent until 2007 and 4.8 percent between that year and 2011. 
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    The Local (news@thelocal.it)



    who cares? why are people so interested in Italian ways of living? And this is no news: Italy is the center of Mediterannean sea, so guess what? We are a mixture of cultures! Welcome to know who we are! And please study a little of history!

    La BASTARDISSIMA Gestione Separata Inps!

    da: http://www.sconfini.eu/Economia/la-trappola-dei-padri-la-gestione-separata-inps.html

    Un odio intergenerazionale sempre più diffuso accompagna i ragionamenti che si possono sentire in seminari, corsi universitari, analisi sociodemografiche, discorsi da bar.

     Nell'Italia che si affaccia nel terzo millennio, la generazione dei figli ha iniziato a detestare la generazione dei padri. Perché? Cosa è successo? Qual è la radice di questo impasse generazionale, di questa incomunicabilità assoluta? La chiave di volta per comprendere il peccato originale che ha creato questo smottamento emotivo ha una data di nascita ben precisa: il 1995.

    E ha un responsabile identificabile in Lamberto Dini e nella sua riforma previdenziale.

     L'Italia lavorativa da quel momento è stata separata in due tronconi principali, con qualche sfumatura in via di esaurimento nel mezzo, che nel tempo hanno visto acuire notevolmente le proprie differenze.
     1) Chi aveva iniziato a lavorare entro il 1978 sarebbe andato in pensione con il sistema retributivo (praticamente con la paga dell'ultimo periodo lavorativo, spesso gonfiatasi a dismisura negli ultimi mesi di lavoro e pertando senza aver versato i congrui contributi) e dopo aver lavorato tra i 20 e i 35 anni (ma anche meno in caso di pensionati baby).
     2) Quelli che avevano iniziato a lavorare tra il '78 e il '95 avrebbero goduto di un sistema "misto" (dopo 30/40 anni di lavoro) tanto più favorevole tanto prima si fosse iniziato a lavorare.
     3) Quelli che iniziarono a lavorare dal 1996 in poi sarebbero ricaduti nel sistema contributivo: in pratica la pensione (dopo oltre 42 anni di contributi) corrisponderà a circa il 40% dell'ultimo stipendio.

    Si badi bene: nel migliore dei casi! Accanto a questa trappola che sarebbe scattata troppo in là per scatenare rivoluzioni di massa (che arriveranno a tempo debito, quando i responsabili saranno sotto terra), la riforma Dini inventò la Gestione Separata Inps, il fondo pensionistico riservato a lavoratori con contratti di collaborazione a progetto, titolari di borse di studio per dottorati di ricerca, lavoratori autonomi di ordini professionali senza specifiche casse previdenziali. In pratica i precari di oggi, gli schiavi moderni, che non a caso non esistevano nell'Italia prima di quegli anni.
    Essendo una gestione "nuova" che incassa miliardi di euro ogni anno e non eroga pensioni, è una cassa che è da sempre in attivo di molti miliardi. Penserete: bene, quei soldi finiranno per premiare i precari quando sarà il loro momento. Sbagliato, la Gestione Separata non erogherà che pochissime pensioni degne di questo nome perché molti precari non raggiungeranno mai i requisiti minimi per accedere alla pensione.

    Tutti questi miliardi frutto spesso di lavori degradanti, umilianti, vissuti sempre sotto il ricatto di un mancato rinnovo, senza tutele, malattia, TFR, ore di permesso, servono invece a pagare le pensioni di chi è venuto prima. Di chi sta godendo di trattamenti pensionistici immeritati, in primis i dirigenti del settore pubblico che avevano una cassa praticamente fallita (Inpdap) e che Monti ha infilato nell'Inps con tutto il suo disavanzo.

     E senza togliere loro un solo euro. Il tutto mentre l'iniziale aliquota del 19,5% a carico dei precari ha superato il 26%. Siamo quindi arrivati al corto circuito finale: i figli mantengono con lavori non dignitosi i padri e i nonnni spesso baby pensionati che a loro volta aiutano come possono i figli. Arriverà il momento in cui la catena della solidarietà si spezzerà per motivi anagrafici (leggi morte di nonni e genitori) e allora saranno guai per davvero. L'unica sacrosanta via d'uscita sarebbe una legge, anche di un solo articolo che contenga una frase simile: Viene istituito il principio dell'equa valorizzazione dei contributi previdenziali, secondo cui tutti i contributi dei lavoratori hanno lo stesso valore. Già perché quella che sembra un'ovvietà nell'Italia di oggi non lo è. I 500 euro che versa un precario valgono oggi meno dei 500 euro che versa un dipendente pubblico.

    E Stilinga pensa che le cose sono così inique ed ingiuste, che se il governo non ci mette una pezza subito, qua succede una rivoluzione!

    TEDxEQCHCH - Helena Norberg-Hodge - The Economics of Happiness

    The economics of happiness



    Economic globalization has led to a massive expansion in the scale and power of big business and banking. It has also worsened nearly every problem we face: fundamentalism and ethnic conflict; climate chaos and species extinction; financial instability and unemployment. There are personal costs too. For the majority of people on the planet, life is becoming increasingly stressful. We have less time for friends and family and we face mounting pressures at work.
    The Economics of Happiness describes a world moving simultaneously in two opposing directions. On the one hand, an unholy alliance of governments and big business continues to promote globalization and the consolidation of corporate power. At the same time, people all over the world are resisting those policies, demanding a re-regulation of trade and finance—and, far from the old institutions of power, they’re starting to forge a very different future. Communities are coming together to re-build more human scale, ecological economies based on a new paradigm – an economics oflocalization.
    The film shows how globalization breeds cultural self-rejection, competition and divisiveness; how it structurally promotes the growth of slums and urban sprawl; how it is decimating democracy. We learn about the obscene waste that results from trade for the sake of trade: apples sent from the UK to South Africa to be washed and waxed, then shipped back to British supermarkets; tuna caught off the coast of America, flown to Japan to be processed, then flown back to the US. We hear about the suicides of Indian farmers; about the demise of land-based cultures in every corner of the world.
    The second half of The Economics of Happiness provides not only inspiration, but practical solutions. Arguing that economic localization is a strategic solution multiplier that can solve our most serious problems, the film spells out the policy changes needed to enable local businesses to survive and prosper. We are introduced to community initiatives that are moving the localization agenda forward, including urban gardens in Detroit, Michigan and the Transition Town movement in Totnes, UK. We see the benefits of an expanding local food movement that is restoring biological diversity, communities and local economies worldwide. And we are introduced to Via Campesina, the largest social movement in the world, with more than 400 million members.
    We hear from a chorus of voices from six continents, including Vandana Shiva, Bill McKibben, David Korten, Samdhong Rinpoche, Helena Norberg-Hodge, Michael Shuman, Zac Goldsmith and Keibo Oiwa. They tell us that climate change and peak oil give us little choice: we need to localize, to bring the economy home. The good news is that as we move in this direction we will begin not only to heal the earth but also to restore our own sense of well-being. The Economics of Happiness challenges us to restore our faith in humanity, challenges us to believe that it is possible to build a better world.

    La crisi non esiste per gli euroburocrati!

    ‘Quale crisi?’. Se l’Europa nega l’emergenza per salvare la casta

    La crisi c’è, la crisi non c’è. Quando la Commissione europea deve discutere con i Paesi membri, a cominciare dall’Italia, le misure di rigore, è perfettamente consapevole della gravità del momento. Ma quando si tratta di proteggere gli stipendi dei suoi funzionari, l’esecutivo europeo di José Barroso arriva a scrivere in documenti ufficiali che in Europa non c’è alcun “deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale”.

    I guardiani dell’austerità diventano incredibilmente ottimisti per difendere i salari di Bruxelles dal Consiglio europeo, l’organo che riunisce i capi di governo dei Paesi membri. La storia è ricostruita nella sentenza della Corte di Giustizia europea relativa alla causa C-63/12, del 19 novembre scorso. La Commissione, affiancata dal Parlamento europeo, aveva presentato un ricorso contro il Consiglio sostenuto alcuni Paesi (Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Spagna, Olanda e Gran Bretagna). Secondo il trattato sul Funzionamento dell’Unione, ogni anno il Consiglio decide “prima della fine di ogni anno in merito all’adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni proposto dalla Commissione”. Nel dicembre 2010 il Consiglio ha deciso di far scattare la “clausola di eccezione”, ha ritenuto cioè che l’Europa fosse di fronte a un “deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione”. E quindi ha chiesto alla Commissione di presentare “adeguate proposte”. Tradotto: visto che c’è la crisi in tutto il continente e si annunciano anni terribili, gli euro-burocrati diano il loro esempio riducendosi lo stipendio.
    Il 13 luglio del 2011 la Commissione di Barroso presenta una relazione in cui “gli indicatori mostravano che nell’Unione la ripresa economica continuava a progredire” e quindi “non vi era un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione nel periodo di riferimento tra il primo luglio 2010, data di effetto dell’ultimo adeguamento annuale delle retribuzioni, e la metà di maggio 2011, momento in cui sono stati resi disponibili i dati più aggiornati, si legge nella sentenza”. Niente crisi, niente tagli.
    Eppure l’estate 2011 era quella in cui l’Italia era a un passo dal default, con la Banca centrale europea costretta a comprare Btp perché nessuno li voleva più, la Grecia era sprofondata nel baratro, il Portogallo e l’Irlanda avevano già firmato per avere gli aiuti di emergenza e le riforme traumatiche della troika, e l’esistenza stessa della moneta unica, e dunque di tutta l’Unione, cominciava a sembrare non scontata. La Commissione, nel suo contenzioso giuridico con il Consiglio, ammette i numeri “evidenziano un peggioramento per il 2011 rispetto alle previsioni pubblicate in primavera”, ma non c’è alcuna emergenza che faccia scattare la clausola di eccezione. La battaglia davanti alla Corte di Giustizia si sviluppa in un labirinto di dettagli procedurali, maggioranze qualificate e cavilli bruxellesi, si aggiungono due ulteriori ricorsi, con altri Paesi coinvolti. La Corte boccia i ricorsi della Commissione e la condanna a pagare le spese, ma non si pronuncia nel merito. Gli stipendi dei funzionari di Bruxelles sembrano rimanere al riparo dai tagli. Eppure, anche solo come misura simbolica, potrebbero subire una limatura senza traumi per gli interessati.
    Secondo il sito della Commissione, i funzionari hanno un salario d’ingresso da 2.300 euro al mese, ma dopo quattro anni possono arrivare a 16.000 cui si aggiungono varie voci (come un’indennità di dislocazione del 16 per cento per chi lavora lontano dal Paese d’origine, cioè quasi tutti), poi assegni per i figli a carico, una “indennità scolastica” e una prescolastica e così via. Vanno in pensione a 63 anni con la pensione di anzianità, ma possono ottenere un prepensionamento a 55 anni o decidere di rimanere in servizio fino a 67. E la pensione è calcolata, ovviamente, con il sistema retributivo, può arrivare al 70 per cento dell’ultimo stipendio base. Trattamenti così generosi non li avevano neppure in Grecia prima della troika. 
    Ma ogni sacrificio è vietato, la crisi non esiste, per la Commissione.

    E Stilinga si chiede: ma a che serve la UE? agli euroburocrati! Sarebbe sano mandarli a casa ed eleggere politici europei che lavorino come volontari non stipendiati! Vediamo poi se la crisi c'è oppure no!
    Questa UE fatta così male è una iattura. Meglio sgonfiarla e rifarla che continuare con questa macchina spremisoldi! Necessitiamo di vera Europa! E che cribbio!

    L'Italia ha il tasso di contributi previdenziali più alti nell'area Ocse, dopo l'Ungheria.

    Ocse, in Italia salari più bassi della media. Record per contributi previdenziali. I precari di oggi saranno i poveri di domani
    inps personell tasso di contributi è al 33% del reddito lordo, alle spalle della sola Ungheria, e pesa sul datore di lavoro per 23,8 punti. Il tasso di sostituzione è al 71,2%, tra i più generosi. In media, i trasferimenti complessivi per pensionato sono di 335mila euro per gli uomini e 382mila per le donne, tra i più generosi. Rischio difficoltà economiche per chi entra ora nel mercato del lavoro. I salari sotto la media. L'Italia ha il tasso di contributi previdenziali più alti nell'area Ocse, dopo l'Ungheria. Ma le cose sono cambiate rapidamente e gli attuali precari rischiano di pagar caro i privilegi del passato e ritrovarsi in netta difficoltà quando sarà il loro turno di uscire dal mondo del lavoro. E' quanto emerge dallo studio "Pensions at a glance" diffuso oggi dall'Organizzazione parigina, che mette in luce anche come i salari italiani sono al di sotto della media Ocse.
    In media in Italia nel 2012 un lavoratore percepisce 28.900 euro, pari a 38.100 dolari, al di sotto dei 42.700 dollari medi dell'Ocse, sui quali pesano i 94.900 dollari degli svizzeri, i 91 mila dollari dei norvegesi, i 76.400 dollari degli australiani, i 59 mila dollari dei tedeschi e i 58.300 dollari degli inglesi, superiore ai 47.600 dollari degli statunitensi. Ai livelli più bassi i messicani con 7.300 dollari e i 12.500 dollari degli ungheresi.
    Pensioni d'oro. Il tasso italiano nel 2012 era infatti pari al 33% del reddito lordo, in aumento dal 28,3% del 1994, contro una media Ocse del 19,6%. Solo l'Ungheria, con il 34% ha un tasso più elevato e la media Ocse è pari al 19,6%. I contributi sono a carico per 9,2 punti del lavoratore e per 23,8 del datore di lavoro. Attualmente il tasso di sostituzione lorda delle pensioni rispetto al reddito in Italia è pari al 71,2%, contro il 57,9% medio Ocse, ed è l'ottavo più generoso tra i Paesi industrializzati. Il tasso netto è
    dell'82% contro una media del 69,1%.

    Come già segnalato dall'Ocse, per altro, il salario medio in Italia è di 28.900 euro, tra i più bassi dell'area, inferiore alla media che è pari a 32.400 euro.

    Il flusso lordo di ricchezza pensionistica (ovvero quello che viene ricevuto complessivamente negli anni della pensione) è pari a 11,9 volte il salario medio annuale per gli uomini e a 13,7 volte per le donne, di riflesso alla maggiore attesa di vita, contro medie Ocse di 9,3 e 10,6 volte rispettivamente.
    A livello armonizzato, la ricchezza pensionistica in Italia, ovvero il valore corrente dei trasferimenti complessivi promessi a un singolo pensionato in base all'attuale sistema, ponderato sulla base delle attese di vita e delle indicizzazioni, ammonta in media a 454mila dollari per gli uomini (circa 335mila euro al cambio attuale) e a 518mila dollari per le donne (382mila euro), contro 423mila e 483mila Ocse. I pensionati più ricchi stanno in Lussemburgo e in Olanda, dove la ricchezza media supera il milione di dollari, ma anche in Svizzera e Danimarca, dove si avvicina al milione di dollari. I pensionati che più devono tirare la cinghia sono in Messico (42mila dollari) e in Polonia (88mila).
    Pensioni, la spesa più alta in Liguria
    Le riforme e il sistema in sicurezza. "Con una spesa pubblica per pensioni di vecchiaia e superstiti pari a 15.4% del reddito nazionale (rispetto a una media Ocse del 7,8 %), l'Italia aveva nel 2009 il sistema pensionistico più costoso. Ma con la riforma globale del sistema pensionistico adottata nel dicembre 2011, l'Italia ha realizzato un passo importante per garantirne la sostenibilità finanziaria", dice l'Organizzazione pensando alla Fornero. "L'aumento dell'età pensionabile", ammoniscono però gli economisti, "non è sufficiente per garantire che le persone rimangano sul mercato del lavoro, soprattutto se esistono meccanismi che consentono ai lavoratori di lasciare il mercato del lavoro in anticipo". In Italia, per altro, resta "relativamente bassa" l'età effettiva alla quale uomini e donne lasciano il mercato del lavoro: 61,1 anni per gli uomini e 60,5 per le donne, contro una media Ocse di 64,2 e 63,1 anni.
    Precario oggi, povero domani. A valle di questi dati che figurano un sistema generoso, sempre l'Ocse sottolinea poi che "l'adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema" per le generazioni future, e "i lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti sono più vulnerabili al rischio di povertà" durante la vecchiaia". Ciò si accompagna all'accusa verso il "metodo contributivo" e l'assenza di pensioni sociali. L'Organizzazione prende atto del fatto che chi entra oggi nel mercato del lavoro dovrà aspettarsi una pensione più bassa rispetto agli standard attuali, con un autentico rischio povertà per i precari. "Lavorare più a lungo potrebbe aiutare a compensare parte delle riduzioni", si legge nel rapporto, "ma, in generale, ogni anno di contributi produce benefici inferiori rispetto al periodo precedente tali riforme", sebbene "la maggior parte dei paesi abbia protetto dai tagli i redditi più bassi".
    Anziani protetti. Dal rapporto emerge anche che il tasso di povertà tra gli anziani italiani è in calo, anche se la rilevazione si ferma agli albori della crisi economica. Nel 2010 gli over 65 poveri sono l'11%, contro il 14,5% del 2007 e contro il 13% del tasso di povertà medio nazionale. Nei paesi Ocse il tasso di povertà degli over 65 è del 12,8% nel 2010, contro il 15,1% del 2007 e l'11,3% del tasso di povertà medio. L'11% dell'Italia è in linea con quello del Belgio, il 10,5% della Germania e peggio del 5,2% della Francia.
    da Repubblica – 26 novembre 2013

    E Stilinga pensa che 'sti politici debbano cacciare Mastrapasqua che ricopre 60 incarichi e lo sostituiscano con una dirigente donna, capace e aperta a raddrizzare le storture allucinanti in cui l'Inps versa e con lei la povera patria.

    Made in Piigs: nasce un brand a sostegno del made in Europe

    Made in Piigs: nasce un brand a sostegno del made in Europe

    E’ stato presentato a Parigi lo scorso 14 novembre ed è un nuovo brand che vuole sostenere l’abbigliamento europeo. Si tratta di “Made in Piigs”, start up fondata a fine 2012 da Francois Pogodalla, ingegnere franco-polacco e proprietario del marchio, spalleggiato da Bruno Stucchi, italianissimo owner presso la Dinamo Milano e responsabile dello styling.

    http://madeinpiigs.eu/

    Un nome, un grande programma: “Piigs” è infatti l’acronimo dispregiativo utilizzato da economisti e finanzieri per indicare Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, i paesi che fanno parte dell’Unione Europea e che sono stati colpiti più duramente dalla crisi.

    La missione del progetto è quella di ridare credibilità all’economia di questi paesi sviluppando forza lavoro all’interno degli stessi: la produzione infatti avviene quasi interamente in Italia, per la precisione a Polverara (PD), presso un azienda che si chiama OTS (specializzata nella produzione di T-Shirt); per la linea basica, invece, il marchio si appoggia ad una società in Portogallo, specializzata nel trattare materiali organici ed ecosostenibili. Il progetto nasce quindi dalla volontà di credere nella competitività Europea, con una linea di abbigliamento per uomo e donna che lancia lo stile “Vintage Europe” ispirato all’iconografia e ai valori della “old industry” e prodotta interamente in Europa.

    Per il momento, la vendita delle collezioni avverrà solo attravero il sito e-commerce (www.madeinpiigs.eu) ma nei progetti del fondatore c’è l’apertura di uno showroom, probabilmente in Italia, e di pop-up shop.

    Economist Caution: Prepare For 'Massive Wealth Destruction'


    Take immediate steps to protect your wealth . . . NOW!

    That’s exactly what many well-respected economists, billionaires, and noted authors are telling you to do — experts such as Marc Faber, Peter Schiff, Donald Trump, and Robert Wiedemer. According to them, we are on the verge of another recession, and this one will be far worse than what we experienced during the last financial crisis.

    Marc Faber, the noted Swiss economist and investor, has voiced his concerns for the U.S. economy numerous times during recent media appearances, stating, “I think somewhere down the line we will have a massive wealth destruction. I would say that well-to-do people may lose up to 50 percent of their total wealth.”

    When he was asked what sort of odds he put on a global recession happening, the economist famous for his ominous predictions quickly answered . . . “100 percent.”

    Faber points out that this bleak outlook stems directly from Federal Reserve Chairman Ben Bernanke’s policy decisions, and the continuous printing of new money, referred to as “quantitative easing” in the media.

    Faber’s pessimism is matched by well-respected economist and investor Peter Schiff, the CEO of Euro Pacific Capital. Schiff remarks that the stock market collapse we experienced in 2008 “wasn’t the real crash. The real crash is coming.”

    Schiff didn’t stop there. Most alarming is his belief that daily life will get dramatically worse for U.S. citizens.

    “If we keep doing this policy of stimulus and growing government, it’s just going to get worse for the average American. Our standard of living is going to fall . . . People who are expecting Social Security can’t get all that money. People expecting government pensions can’t get all their money . . . We simply can’t afford to pay them.”

    Equally critical of the current government and our nation’s economy is real estate mogul and entrepreneur Donald Trump, who is warning that the United States could soon become a large-scale Spain or Greece, teetering on the edge of financial ruin.

    Trump doesn’t hesitate to point out America’s unhealthy dependence on China. “When you’re not rich, you have to go out and borrow money. We’re borrowing from the Chinese and others.”

    It is this massive debt that worries Trump the most.

    “We are going up to $16 trillion [in debt] very soon, and it’s going to be a lot higher than that before he gets finished,” Trump says, referring to President Barack Obama. “When you have [debt] in the $21-$22 trillion [range], you are talking about a [credit] downgrade no matter how you cut it.”

    In a recent appearance, Trump went to so far as to say the dollar is “going to hell.”

    Where Trump, Faber, and Schiff see rising debt, a falling dollar, and a plunging stock market, investment adviser and author Robert Wiedemer sees much more widespread economic destruction.

    In a recent interview to talk about his New York Times best-seller Aftershock, Wiedemer says, “The data is clear, 50 percent unemployment, a 90 percent stock market drop, and 100 percent annual inflation… starting in 2013.”

    Editor’s NoteWatch the disturbing interview with Wiedemer.

    Before you dismiss Wiedemer’s claims as impossible or unrealistic, consider this: In 2006, Wiedemer and a team of economists accurately predicted the collapse of the U.S. housing market, equity markets, and consumer spending that almost sank the United States. They published their research in the book America’s Bubble Economy.

    When the interview host questioned Wiedemer’s latest data, the author unapologetically displayed shocking charts backing up his allegations, and then ended his argument with, “You see, the medicine will become the poison.”

    The interview has become a wake-up call for those unprepared (or unwilling) to acknowledge an ugly truth: The country’s financial “rescue” devised in Washington has failed miserably.

    The blame lies squarely on those whose job it was to avoid the exact situation we find ourselves in, including Bernanke and former Fed Chairman Alan Greenspan, tasked with preventing financial meltdowns and keeping the nation’s economy strong through monetary and credit policies.

    Shocking Footage
    See the eerie chart that exposes the ‘unthinkable.’

    At one point, Wiedemer even calls out Bernanke, saying that his “money from heaven will be the path to hell.”

    But it’s not just the grim predictions that are causing the sensation in Wiedemer’s video interview. Rather, it’s his comprehensive blueprint for economic survival that’s really commanding global attention.

    The interview offers realistic, step-by-step solutions that the average hard-working American can easily follow.

    The video was initially screened for a relatively small, private audience. But the overwhelming amount of feedback from viewers who felt the interview should be widely publicized came with consequences, as various online networks repeatedly shut it down and affiliates refused to house the content.

    Bernanke and Greenspan certainly would not support Wiedemer publicly, and it soon became apparent mainstream media would not either.

    “People were sitting up and taking notice, and they begged us to make the interview public so they could easily share it,” said Newsmax Financial Publisher Aaron DeHoog. “But unfortunately, it kept getting pulled.”

    “Our real concern,” DeHoog added, “is the effect even if only half of Wiedemer’s predictions come true.

    “That’s a scary thought for sure. But we want the average American to be prepared, and that is why we will continue to push this video to as many outlets as we can. We want the word to spread.”

    Editor’s NoteFor a limited time, Newsmax is showing the Wiedemer interview and supplying viewers with copies of the new, updated Aftershock book including the final, unpublished chapter. Go here to view it now. 


    Se la notizia è vera allora annamo proprio bene! se invece serve per colpire Obama, ammazza!

    Celebrities are out

    Celebrities are over: they do not represent anyone, but themselves and they are obsolete as the new values are raising interests in people's mind.
    Moreover new concepts as sustenabilty and respect for mother nature are in need of new testimonials among normal persons.
    No Lady Gaga, no Miley Cyrus, no Madonna, no Britney Spears can influence my brain.
    No Lenny Kravitz, no Justin Biber, no Bruno Mars, no Brad Pitt, none of the great actors or rockstars can give me an idea for buying new products or for behaving.

    The world has changed and celebrities belong to the past of marketing.

    The new Mrs and Mr Anonymous are the testimonials to look at: life is too short and complicated not to follow yourself and your originality.

    Luxury Kitsch: no comment|

    Louis Vuitton: super valigia sulla Piazza Rossa

    Ha scatenato l'ironia della blogosfera, l'indignazione del partito comunista e critiche di difensori del patrimonio storico russo, l'enorme baule griffato Louis Vuitton realizzato in questi giorni al centro della Piazza Rossa a Mosca. La struttura è stata montata per ospitare dal 2 al 19 dicembre la mostra ''L'anima del viaggiatore'', con l'esposizione delle valigie della nota casa francese usate da alcune celebrità a cavallo tra XX e XXI secolo (sono previste anche 12 video installazioni di artisti contemporanei).

    Il gigantesco padiglione a forma di baule Louis Vuitton sulla Piazza Rossa di Mosca

    Il ricavato andrà in beneficenza, ha assicurato Mikhail Kusnirovich, titolare del Bosco dei Ciliegi e gestore degli storici magazzini Gum, che hanno organizzato l'evento. Ma il baule, un padiglione lungo 30 metri, largo 9 metri e alto altrettanto, avvolto dal tricolore russo, ha suscitato l'ilarità dei blogger e l'ira dei comunisti nostalgici, che hanno denunciato la 'profanazione' della piazza, dove sorge il mausoleo di Lenin e dove sono sepolti i personaggi illustri della storia sovietica, sotto le mura del Cremlino.

    'ndrangheta e religione? blah

    PAPA FRANCESCO A RISCHIO ATTENTATO. LA DENUNCIA DEL PROCURATORE GRATTERI: "PULIZIA IN VATICANO, 'NDRANGHETA NERVOSA"
     da Il Fatto Quotidiano, del 13/11/2013

     “La chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio”, scriveva Leonardo Sciascia ne Il giorno della Civetta. Accantonati scandali e anatemi, il cattolicesimo ha consolidato nei secoli la più improbabile delle alleanze: quella coi mafiosi, affezionati frequentatori di parrocchie e confessionali, che accanto ai kalashnikov conservano la Bibbia e dai cui comodini pendono rosari dai grossi grani rossi. “Dio, proteggi me e questo bunker”, è la scritta che, tra un santino di Padre Pio e un bassorilievo raffigurante il volto di Gesù Cristo, i carabinieri del Ros hanno scovato nel rifugio del boss Gregorio Bellocco, nelle campagne calabresi di Anoia. “Faccio il magistrato da 26 anni e non trovo covo dove manchi un’immagine della Madonna di Polsi o di San Michele Arcangelo. Non c’è rito di affiliazione che non richiami la religione. ’ndrangheta e Chiesa camminano per mano”, dice il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Che assieme allo storico Antonio Nicaso ha raccontato in un libro (Acqua Santissima, Mondadori, 204 pagine, 17,50 euro) l’incontro di due mondi che dovrebbero interagire come l’acqua e l’olio. E che invece si mescolano di continuo. “Però le cose stanno cambiando”, giura il pm.

     È diventato ottimista, Gratteri?

    Questo Papa è sulla strada giusta. Ha da subito lanciato segnali importanti: indossa il crocifisso in ferro, rema contro il lusso. È coerente, credibile. E punta a fare pulizia totale.

      E la mafia è preoccupata da questi comportamenti? 

    Quella finanziaria sì, eccome. Chi finora si è nutrito del potere e della ricchezza che derivano direttamente dalla Chiesa, è nervoso, agitato. Papa Bergoglio sta smontando centri di potere economico in Vaticano. Se i boss potessero fargli uno sgambetto non esiterebbero.

    Crede davvero che il papa sia a rischio?    

    Non so se la criminalità organizzata sia nella condizione di fare qualcosa, ma di certo ci sta riflettendo. Può essere pericoloso.

      Cosa intende quando parla di mafia finanziaria? 

    I padrini con la coppola non esistono più: sono morti oppure in carcere al 41-bis. Ma il mafioso che investe, che ricicla denaro, che dunque ha potere vero, è proprio quello che per anni si è nutrito delle connivenze con la Chiesa. Sono questi i soggetti che si stanno innervosendo.

      D’abitudine qual è l’atteggiamento della Chiesa verso le organizzazioni criminali? 

    Un paio di esempi: il vescovo di Reggio Calabria, anche dopo la condanna in Cassazione di un capobastone, ha detto che non poteva schierarsi perché magari si trattava di un errore giudiziario. Il vescovo di Locri ha sì scomunicato i mafiosi, ma solamente dopo che avevano danneggiato le piantine di frutti di bosco della comunità ecclesiastica di Platì. Solo che prima di quell’episodio, i boss avevano ammazzato migliaia di persone.

    Bisogna aspettare le piantine perché i prelati si sveglino? Che altro? 

    Qualche anno fa la figlia di Condello il Supremo si è sposata nel duomo di Reggio Calabria. È arrivata pure la benedizione papale. A Roma potevano non conoscere il clan, ma in Calabria tutti sanno chi sono i Condello. Eppure nessuno ha fiatato. I preti, poi, vanno di continuo a casa dei boss a bere il caffè, regalando loro forza e legittimazione popolare.

      E perché ci vanno?

    Alcuni dicono che frequentano i mafiosi perché devono redimere tutte le anime, senza discriminare. Capirei se la Chiesa accogliesse chi si pente davvero, ma così è troppo facile: continui a uccidere, a importare cocaina, a tenere soggiogata la gente e io, prete, ti do pure una mano.

    Quindi i boss sono religiosi solo per convenienza? 

    No, c’è anche una vocazione autentica. Abbiamo fatto un sondaggio in carcere: l’88 per cento dei mafiosi intervistati si dichiara religioso. Prima di ammazzare, un ‘ndranghetista prega. Si rivolge alla Madonna per avere protezione.

      Pensa di essere nel giusto?

    Lo è, dal suo punto di vista. Mettiamo il caso in cui un tizio decide di aprire un bar senza chiedere il permesso al boss locale, e dunque senza rivolgersi alla sua impresa per fare gli scavi, per comprare il bancone o le bibite. Il mafioso che fa? Gli spara alle serrande, poi alle gambe e così via per convincerlo a sottomettersi. Se però il tizio rifiuta, il mafioso è “costretto” a ucciderlo. Se non hai scelta, non commetti peccato.

     Che importanza hanno invece i matrimoni?

    Sono centrali. Suggellano alleanze, sanciscono tregue, e al margine delle cerimonie ci sono i riti di affiliazione. Rifiutarsi di partecipare a un matrimonio può essere considerato una dichiarazione di guerra. E non essere invitati è un pessimo segno. Il boss Novelli, trapiantato in Lombardia, ha cominciato ad allarmarsi quando non l’hanno invitato a un importante matrimonio calabrese. Poco dopo, infatti, l’hanno ammazzato.

     (da “Il Fatto Quotidiano”)

    E Stilinga pensa che i 10 comandamenti gli 'ndranghetusi manco se li ricordano, quindi possono rinfrescarsi la memoria al seguente link: http://it.wikipedia.org/wiki/Dieci_comandamenti

    Inoltre, se credono di essere protetti dalla Madonna di Polsi, allora questa Madonna è luciferina, affatto buona e per nulla umana, non è la madre di Cristo e non è santa. Come del resto la fama di Riina, legata al nome è un abbaglio enorme: schiavo dei demoni e mafioso senza cuore, un animale.
    E poi si dicono pure cattolici? Ma forse sono drogati! E con loro pure il clero che li segue e li sostiene, per non parlare dei politici che usano la mafia, la SCU e la 'ndrangheta per propri fini. Orribile umanità! Che si vergognino!

    Il miglior discorso del mondo del Presidente dell'Uruguay Josè "Pepe" Mu...

    http://www.youtube.com/v/7QvVNkC7XE8?autohide=1&version=3&showinfo=1&attribution_tag=FbrIXnt4kC15-oRS48BX3w&autohide=1&autoplay=1&feature=share

    Il papa contro la corruzione! almeno lui nell'universo!



    Quasi quasi chiediamo asilo a Santa Marta

    Qui sotto da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/08/papa-contro-francesco-contro-la-corruzione-condanna-la-dea-tangente/770486/

    Papa Francesco contro la corruzione, condanna la “dea tangente”

    Bergoglio nell'omelia della Messa mattutina celebrata a Santa Marta: "Si comincia con una piccola bustarella, ma è come la droga". E prega per i tanti giovani che ricevono dai genitori "pane sporco"

    Papa Francesco contro la “dea tangente” e gli amministratori pubblici di aziende e del governo che vivono la “mondanità”. Affondo durissimo di Bergoglio, nell’omelia della Messa mattutina celebrata a Santa Marta, nella quale il Papa ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori “pane sporco”, guadagni frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità.
    Francesco, meditando sull’amministratore disonesto del brano evangelico, ha sottolineato che “l’atmosfera, lo stile di vita che piace tanto al demonio è questa mondanità: vivere secondo i valori, fra virgolette, del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi – ha aggiunto il Papa – potrà dire: ‘Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!’. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo… Forse non sono tanti. Ma è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita”. 
    Il Papa ha condannato duramente ”l’abitudine della tangente che è un’abitudine mondana efortemente peccatrice. È un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, l’amministratore disonesto del Vangelo, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà come pasto sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo – ha sottolineato il Papa – è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!”.
    Bergoglio ha ricordato che “l’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c’è una furbizia mondana c’è anche una furbizia cristiana, di fare le cose un po’ svelte … non con lo spirito del mondo, ma onestamente. È ciò che dice Gesù quando invita a essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni è una grazia dello Spirito Santo, un dono che dobbiamo chiedere”.
    Infine, il Papa ha voluto pregare “per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto. E poi finirei come quell’altro del Vangelo che aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne: ‘Questa notte dovrai morire’, ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti – ha concluso il Papa – soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!”.