"Un bunker segreto stampa biglietti clonati. Così l'Atac ricicla fondi neri per la politica." di Daniele Autieri e Carlo Bonini

E hanno pure aumentato il biglietto riducendo al minimo i servizi? e chi li vota a 'sti ladri???


Da: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/11/05/news/atac_bonini_e_autieri-70260424/


Nel 2008 si sigla un patto bipartisan per la pacificazione e la continuità nella gestione dei trasporti capitolini tra centrodestra e centrosinistra in una cena a casa dell'ex ad dell'Ente Eur, Riccardo Mancini, braccio destro di Alemanno. Si blinda un sistema che consente la produzione di milioni di titoli di viaggio paralleli che non sono fatturati e che producono 70 milioni di euro l'anno da spartirsi e per finanziare i partiti. L'incredibile frode denunciata in una relazione finita in Procura e confermata da un'altra indagine interna rimasta senza conseguenze. 

L'accesso alla struttura protetta consentito solo allo stesso personale presente da dieci anni. 

Il silenzio dell'attuale vertice dell'azienda

ROMA - Al cuore di una città in bancarotta - 800 milioni di euro è il deficit annuale del comune di Roma - c'è un'azienda pubblica che spiega molto, o forse tutto, di questo abisso di insolvenza. Perché in fondo ne è insieme lo specchio e una delle cause. È la più grande azienda del trasporto pubblico locale in Italia e una delle più grandi in Europa. È la peggiore. Perché, da dieci anni almeno, è la stanza di compensazione e la tasca della politica capitolina. Il perno di un Sistema. È Atac spa. Acronimo di "Azienda Tramvie ed Autobus del Comune": 12mila dipendenti, un miliardo di passeggeri nel 2012 (un terzo di quelli della "Rapt" parigina, un quarto di quelli londinesi della Transport for London), un deficit annuo di oltre 150 milioni e un debito che ha raggiunto 1 miliardo e 600 milioni.

In Atac tutto è stato possibile. Crasso clientelismo, appalti gonfiati. Ma - si scopre ora - anche digerire un audit interno che denuncia un'emorragia di liquidità da biglietti clonati che avrebbero la loro stamperia clandestina proprio dentro l'azienda. Un fiume di denaro nero, per una contabilità altrettanto nera necessaria a finanziare chi a questo carrozzone assicura la sopravvivenza. La Politica.

Per due mesi, "Repubblica" ha raccolto documenti e testimonianze che raccontano cosa è diventata Atac. Perché ne è cruciale il controllo. Ha quindi chiesto al nuovo amministratore delegato dell'azienda, Danilo Broggi, di rispondere ad alcune domande. A cominciare dalle circostanze illuminate dalla più sorprendente delle truffe - i biglietti clonati, appunto - che si consumerebbe ai danni della società con complicità interne. Ma ne ha ottenuto un cortese rifiuto via mail. Restano dunque una serie di evidenze per un racconto che ha il suo incipit nella primavera di cinque anni fa.

"L'ACCORDO"
È il 29 aprile del 2008. Ventiquattro ore prima, il voto ha consegnato il Campidoglio al nuovo sindaco Gianni Alemanno. Il senatore Pdl (e futuro vicesindaco di Roma) Mauro Cutrufo presenta un'interrogazione parlamentare ai ministri del Lavoro, dell'Interno e della Giustizia. Attacca la gestione "veltroniana" delle aziende comunali, denuncia appalti truccati, disservizi, e sprechi.

Ma la verve polemica e la voglia di pulizia ai vertici delle aziende comunali della Destra è un fuoco fatuo, che si spegne in un'estate. 

"Nel settembre del 2008  -  racconta un ex manager dei trasporti  -  partecipai ad una cena a casa di Riccardo Mancini in cui si parlò dei vertici delle aziende del trasporto pubblico". Mancini, in quel momento, è l'asso di briscola del nuovo sindaco. Ha un passato neofascista in Avanguardia Nazionale e un presente da tesoriere della campagna elettorale di Alemanno (il futuro, lo vedrà prima issato alla poltrona di ad dell'Ente Eur e quindi in galera per le tangenti degli appalti per i filobus destinati al corridoio mobilità nel quartiere Laurentino). Per la "politica dei trasporti" è dunque da lui che bisogna passare.

Ebbene, la sera di quel 29 aprile 2008, intorno al tavolo di casa Mancini, oltre al senatore Pdl Vincenzo Piso, sono seduti alcuni top manager. "Fu l'occasione  -  racconta la fonte  -  per parlare di un accordo politico bipartisan, siglato ad alti livelli, che avrebbe imposto pacificazione e continuità sulle aziende del trasporto pubblico nel passaggio dal centro-sinistra al centro-destra". 
Lo spoil system promesso da Alemanno è dunque un'operazione di facciata. Prova ne sia che la maggior parte degli alti dirigenti nominati nell'era veltroniana non viene cacciata, ma assegnata ad altre posizioni di rilievo. Ma, soprattutto, che la linea degli operativi, a partire dai direttori generali, rimane al suo posto. "Al termine della cena il messaggio era chiaro a tutti - ricorda ancora l'ex manager - Il sistema andava preservato".

LA CONTINUITA' DEL SISTEMA
Primavera 2008, estate 2013. Marino è il nuovo sindaco di Roma e, il 27 luglio, Danilo Broggi arriva in Atac come nuovo amministratore delegato. In molti, dentro e fuori l'azienda, parlano con enfasi di "rivoluzione". Perché la nomina del manager milanese (è stato ad di Consip) viene letta come segno di macroscopica discontinuità. E' così? In realtà, il povero Broggi mette piede in un'azienda che è una foresta pietrificata, dove il "patto" ha garantito continuità assoluta negli uomini. Il presidente dell'azienda, Roberto Grappelli, confermato da Marino, è stato infatti nominato da Gianni Alemanno nel dicembre del 2012. Al culmine di una parabola che lo ha visto, dal 2010 al 2012, amministratore delegato di Officine Grandi Revisioni (la società che gestisce la manutenzione dei veicoli Atac) e, prima di allora, presidente di Met.Ro. (altra società della galassia).

Antonio Cassano, il potente ex-direttore generale di Atac (oggi "a disposizione" dell'ad Broggi con uno stipendio di quasi 280mila euro), è un sopravvissuto a tre consiliature (Veltroni, Alemanno e adesso Marino) e dal 2002 ricopre cariche apicali che gli hanno consegnato la gestione operativa dell'azienda. Gioacchino Gabbuti, dopo aver guidato l'Atac dal 2005 al 2009, prima con Veltroni poi con Alemanno, viene accomodato sulla poltrona di amministratore delegato di Atac Patrimonio (società nata per vendere il patrimonio immobiliare dell'azienda ma che fino ad ora non ha concluso una sola operazione) con uno stipendio, tra indennità e bonus, di quasi 600mila euro. Il direttore acquisti, Franco Middei, nonostante le inchieste in corso su alcuni appalti sospetti, rimane saldamente ancorato alla sua poltrona, dove è arrivato nel 2008, dopo aver ricoperto incarichi di rilievo nella società Trambus, poi confluita in Atac.

"BIGLIETTI FALSI"
L'inossidabilità del Sistema Atac ha una ratio, a quanto pare. Che sembra un segreto di Pulcinella e che una fonte interna all'Azienda (di cui Repubblica conosce l'indentità e a cui ha assicurato l'anonimato) racconta con assoluta franchezza. Così: l'Atac stampa biglietti per autobus e metro. E i biglietti sono denaro. Chi ha le mani sui biglietti, ha le mani sulla cassa. E se quella cassa è in parte in chiaro e in parte in nero, perché quei biglietti sono in parte veri e in parte falsi, chi ha le mani sull'Atac ha di fatto le mani su una banca che batte moneta.

Già, "i biglietti falsi". E' una truffa che può costare all'Atac anche 70 milioni di euro l'anno, perché consente di immettere sul mercato milioni di titoli di viaggio contraffatti. E le cui dimensioni si possono intuire leggendo una semplice voce del bilancio 2012. I ricavi dalla vendita dei biglietti risultano pari a soli 249 milioni di euro, poco più del 20% del valore totale della produzione dell'azienda, che supera il miliardo. Eppure, dalle statistiche aziendali, emerge che quasi un miliardo di passeggeri prende ogni anno i mezzi gestiti dall'Atac, autobus e metropolitane.

Dunque? La Guardia di Finanza ha lavorato a lungo sulla "falsa bigliettazione Atac", arrivando alla conclusione che si tratta di "un sistema oliatissimo capace di creare una contabilità parallela" dell'azienda. Un pozzo milionario senza fondo necessario a finanziare attività di altro genere. Ma ora la fonte di Repubblica dice di più. Della truffa spiega il meccanismo (semplice), il cuore, i beneficiari. "Tutti i biglietti emessi da Atac - dice - hanno un numero. Il processo normale di bigliettazione è costruito in modo che quando il biglietto viene ceduto ai rivenditori ufficiali entra automaticamente in una white list. Una volta acquistato e obliterato lo stesso biglietto finisce invece in una black list. Così quando il ciclo si conclude, white list e black list si ricongiungono e i biglietti venduti e utilizzati vengono cancellati. Quest'ultimo passaggio nel sistema di Atac non c'è. La black list non è mai ricongiunta con la white list e un ipotetico biglietto clonato con lo stesso numero di serie può passare anche dieci volte senza che le macchinette lo riconoscano. Atac è come la Banca d'Italia: ha la carta moneta, ci scrive sopra che cifra è, vende e rendiconta. Il tutto senza segregazione di responsabilità, cioè senza alcun controllo esterno".

La frode, a quanto pare, va avanti da 13 anni. Ancora la fonte: "Tutto nasce intorno al 2000 con la gara vinta dalla società australiana Erg per la fornitura della tecnologia informatica per la bigliettazione. Nel 2003 l'allora presidente di Atac Mauro Calamante scrive all'ex-sindaco Walter Veltroni una lettera riservata personale in cui denuncia che Atac non controlla il flusso dei soldi. A quel punto viene deciso di bonificare alla Erg il debito accumulato da Atac per il pagamento del servizio, e di cominciare a internalizzare tutto. Il management Erg entra dentro Atac e continua a resistere fino ad oggi. Erg nel frattempo cambia pelle e ritorna a lavorare con Atac con il nome di Claves, una società controllata dalla stessa Erg e con una quota importante in mano a Banca Finnat, la potente fiduciaria romana. Cambiano i nomi, ma gli uomini che gestiscono il servizio sono sempre gli stessi". "In via Sondrio, dove si cono alcuni uffici Atac - prosegue la fonte - è presente da anni un'area blindata alla quale si accede solo con un badge abilitato. Quello è il nucleo di dipendenti ex-Erg che non sono mai cambiati nel tempo. Sono una ventina e in tutti questi anni non è mai stata introdotta alcuna discontinuità nel personale. Lì dentro è raccolta l'intelligenza del sistema di bigliettazione".

Quindi, la chiosa. "È un sistema che dura da anni, un tram sul quale in tanti sono saliti e scesi arricchendosi. Manager, prima di tutto, e poi la politica. I benefici di un sistema che può drenare fino a 70 milioni di euro vanno oltre le istituzioni locali, e toccano anche alcuni parlamentari. Il salto di qualità arrivò nel 2006 quando si capì che al tavolo avrebbero dovuto sedersi tutti, centrosinistra e centrodestra. Il modo migliore per assicurarsi che nessuno lo avrebbe ribaltato".

L'AUDIT INTERNO E LE "CHIESETTE"
L'Atac non ignora cosa accade con i suoi biglietti. Il 3 agosto 2012 consegna alla Procura di Roma una "Relazione tecnico investigativa sui titoli di viaggio dell'Atac spa", un report coperto da segreto cui ha lavorato un team di ingegneri, investigatori e specialisti.

"La maggior parte degli illeciti attinenti i titoli di viaggio - si legge nella Relazione - sono avvenuti a mezzo complicità interne all'azienda (...). Ciò perché il settore dei titoli di viaggio Atac è vasto e complesso, il personale impiegato è numeroso, i compartimenti sono stagni e se ciò evita le comunicazioni e le associazioni, viene favorita invece la formazione di 'chiesette' consolidate sulle quali il controllo diventa difficile (...) Il sistema di bigliettazione elettronica dell'azienda è completamente indifeso". Un secondo report, frutto del lavoro di una commissione interna di manager Atac, al contrario non è mai uscito dagli uffici di via Prenestina. Troppo, e troppo gravi, a quanto pare, le scoperte che documentava. 

Il 7 marzo scorso la Procura di Roma invia i primi avvisi di garanzia a tre alti dirigenti dell'Azienda (l'allora direttore commerciale, il responsabile della bigliettazione elettronica e il dirigente del settore informatico), ma il sasso sembra cadere in uno stagno. Perché la regola della sopravvivenza è digerire tutto, non strillare. Le "chiesette" hanno bisogno di far semplicemente dimenticare. Non fosse altro perché i biglietti non sono l'unica grana.

APPALTI GONFIATI
Negli ultimi anni, Atac e Metropolitane di Roma (Met.Ro.), azienda dedicata alla gestione dei mezzi di trasporto fusa in Atac l'8 aprile del 2010, finiscono infatti al centro di numerosi scandali sull'assegnazione degli appalti. L'altra grande voce del Sistema. Qualche esempio.

Il 31 dicembre 2009, l'amministratore delegato di Metropolitane di Roma, Antonio Marzia, firma il provvedimento 112 che prevede la fornitura di 500 dischi freno per i mezzi della linea del metro B. Valore totale della commessa: 3,3 milioni di euro. L'appalto viene affidato senza gara alla Ats, una piccola azienda con 11 dipendenti registrati nel 2008 e un capitale sociale di 100mila euro. L'8 aprile del 2010, al momento della fusione con Atac, la gestione degli appalti di Met.Ro passa quindi nelle mani dell'ad di Atac, Adalberto Bertucci. Ma invece di bloccare la commessa, la direzione tecnica dell'azienda richiede un intervento di sostituzione massiccio per il biennio 2010-2011 che prevede l'acquisto di 2.500-3.000 dischi freni per un valore previsto di oltre 13 milioni di euro, sempre da assegnare alla Ats. Ebbene, una semplice ricerca di mercato, realizzata dal membro del collegio sindacale Renato Castaldo sulle maggiori aziende mondiali del settore, dimostra che il prezzo medio per un disco freno non sono i 6.752,20 euro riconosciuti da Atac alla Ats, ma tra i 1.300 e i 1.600 euro.

Pagare le commesse fino a sei volte il prezzo di mercato sembra normale e consolidata amministrazione in Atac. L'8 aprile del 2008 la società Officine Grandi Revisioni (Ogr), costola di Met.Ro. e di Atac per la manutenzione dei veicoli, trasmette al top management delle due aziende una ricerca di mercato dedicata ai pezzi di ricambio acquistati per le "Frecce del Mare", i convogli che collegano la Capitale a Ostia. Il confronto si concentra sui vetri porte. A fronte dei due ordini approvati da Met.Ro. il 20 agosto e l'11 novembre 2008 alle ditte Angeloni srl e Vapor Europe srl, che prevedono un costo a pezzo di 98 euro per la prima e 128,52 per la seconda, le offerte pervenute dalle altre aziende contattate sono in media dieci volte più basse, e si aggirano tra i 6,48 e i 13,60 euro a pezzo. 

Non cambia la musica nel 2011. Atac assegna un appalto per i servizi di pulizia con un valore a base d'asta di 95 milioni di euro. Una gara su cui, il 22 aprile di quest'anno, accende un faro il collegio sindacale che nella relazione allegata al bilancio 2012 denuncia una maggiorazione del 30% rispetto alle gare precedenti per lo stesso servizio. Ma per Atac, evidentemente, non è un problema. I "conti" che devono tornare non sono quelli dei bilanci.

Per quale ragione andare a votare alle Europee?


Ci chiediamo che senso abbia andare a votare alle europee, Report ieri ci ha conferamto l'inutilità del pasticcio europeo (non è questa l'Europa che vogliamo), dove la solidarietà è ancora utopia:
Report Unione di fatto

10 This is Italy: German nuclear waste in Campania, Calabria, Puglia and Sicilia

da: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/10/31/Rifiuti-Schiavone-20-anni-rischiano-tutti-morire_9552371.html

Rifiuti: Schiavone, in 20 anni rischiano tutti di morire

Desecretati verbali audizione '97. Boldrini: verità è atto dovuto

31 ottobre, 21:50
Rifiuti: 'terra dei fuochi', corteo contro degrado ambientale
Rifiuti: 'terra dei fuochi', corteo contro degrado ambientale
Rifiuti: Schiavone, in 20 anni rischiano tutti di morire
Un affare da 600-700 milioni di lire al mese, che ha devastato terre nelle quali, visti i veleni sotterrati, si poteva immaginare "che nel giro di vent'anni morissero tutti". Parole che mettono i brividi quelle pronunciate nel 1997 dal pentito dei Casalesi Carmine Schiavone davanti alla Commissione ecomafie, in una audizione i cui verbali sono stati desecretati oggi. La sentenza senza appello pronunciata dall'ex boss riguardava tanti centri del Casertano, "gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via, avranno, forse, venti anni di vita".
Rifiuti radioattivi "dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi ci sono le bufale e su cui non cresce più erba", raccontava Schiavone. Fanghi nucleari, riferiva, arrivavano su camion provenienti dalla Germania. Nel business del traffico dei rifiuti, secondo il pentito, erano coinvolte diverse organizzazioni criminali - mafia, 'ndrangheta e Sacra Corona Unita - tanto da fare ipotizzare che in diverse zone di Sicilia, Calabria e Puglia, quelle cosche abbiano agito come il clan dei Casalesi.
Ma i veleni non venivano nascosti solo in provincia di Caserta: rifiuti tossici, a suo dire, sono stati interrati lungo tutto il litorale Domitio e sversati anche nel lago di Lucrino, specchio d'acqua che si trova nell'area flegrea, in provincia di Napoli. Il collaboratore di giustizia si soffermò sulle modalità di smaltimento. "Avevamo creato un sistema di tipo militare, con ragazzi incensurati muniti di regolare porto d'armi che giravano in macchina. Avevamo divise e palette dei carabinieri, della finanza e della polizia. Ognuno aveva un suo reparto prestabilito".
''Si tratta della prima volta che la presidenza della Camera - senza che questo sia richiesto dalla magistratura - decide di rendere pubblico un documento formato da Commissioni di inchiesta che in passato lo avevano classificato come segreto'', sottolinea la presidente della Camera, Laura Boldrini. ''Lo dovevamo in primo luogo ai cittadini delle zone della Campania devastate da una catastrofe ambientale cosciente e premeditata: cittadini che oggi hanno tutto il diritto di conoscere quali crimini siano stati commessi ai loro danni per poter esigere la riparazione possibile".

Maggiori info anche su http://www.laterradeifuochi.it/
E Stilinga pensa che i magistrati devono indagare sulle ditte tedesche che hanno smaltito i rifiuti nucleari in Italia e una volta accertate le colpe, che PAGHINO PER BONIFICARE I TERRITORI DEL SUD ITALIA, dove i turisti pure tedeschi vengono a fare le vacanze! e dove troppe persone piangono i morti di cancro, tranne forse quei delinquenti zotici, ignoranti, servi di diavoli che sono i camorristi, 'ndranghetusi e affiliati S.C.U.!
E non ci parlasse la Germania di fare i compiti a casa!

L’ANTIMAFIA DI AMATO? DIEDE 1,8MILIONI DI INDENNIZZO ALLA FIGLIA DI SALVO LIMA. DA QUANDO UN MAFIOSO AMMAZZATO E’ CONSIDERATO “VITTIMA DI MAFIA”?


da: http://bastacasta.altervista.org/p5844/

COSE DI CASA NOSTRA – IL VIMINALE DI AMATO RISARCÌ LA FIGLIA DI LIMA CON QUASI 2 MILIONI €! (IL DC COLLUSO CON LA MAFIA È UGUALE A FALCONE E BORSELLINO)

Nessuno può parlare sul piano formale di erogazione illegale ma suona come una beffa se poi si considera che Maroni rifiutò l’indennizzo alla moglie e al figlio di Lima – L’Ass. familiari vittime di via dei Georgofili: nessuno dei parenti dei morti di Firenze ha avuto simili risarcimenti: la vita di Lima vale più di quella di Dario Capolicchio?”…

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per “Il Fatto Quotidiano
Nell’elenco dei familiari delle vittime di mafia non è mai entrata, anche perché non ha mai chiesto di farne parte. Non ha mai percepito, quindi, quell’indennità mensile di 1.800 euro che aveva suscitato la reazione indignata del centro Pio La Torre e dell’associazione Libera.
Ma nel 2006, Susanna Lima, la figlia dell’eurodeputato Dc assassinato nel ‘92 a Palermo, ha ricevuto dallo Stato un “tesoro” assai più prezioso: la somma di un milione e 815 mila euro, incassata grazie al Fondo di rotazione che la legge 512 del ‘99 ha creato per i familiari delle vittime di mafia e terrorismo, costituiti parte civile nei processi, garantendo loro il risarcimento dei danni liquidati in sentenza.
Quasi due milioni di euro: è forse la somma più alta concessa fino a oggi a vedove, figli e parenti degli assassinati per mano mafiosa. A erogarla alla primogenita del potentissimo luogotenente di Andreotti in Sicilia (già nel ‘76 riconosciuto dalla relazione di minoranza della Commissione Antimafia come “contiguo ad ambienti mafiosi”) è il governo guidato da Romano Prodi: il Fondo di rotazione è gestito dal ministero degli Interni che nel 2006 è diretto da Giuliano Amato. Nessuno può parlare di un indennizzo illegale.
Ma l’erogazione che, sul piano formale, appare rispettosa dei requisiti richiesti dalla legge 512, suona come una beffa se si legge la sentenza della Corte d’assise di Palermo che, nel 1998, condannando gli assassini di Lima, specificava, nero su bianco, come l’eurodeputato Dc fosse stato assassinato perché non era riuscito a mantenere “l’impegno affinché l’assegnazione del ricorso per Cassazione del maxi-processo venisse affidata alla prima sezione penale”, presieduta da Corrado Carnevale, che avrebbe provveduto “secondo le aspettative di Cosa Nostra, all’assoluzione della commissione provinciale”.
Nella sentenza, insomma, i giudici consegnano il ritratto di un notabile che, pur non essendo uomo d’onore, è “vicino” ai poteri mafiosi e che viene assassinato solo quando Cosa Nostra lo ritiene responsabile di non essersi speso abbastanza per l’assoluzione degli imputati del maxi-processo.
Per questo motivo, quando il 5 maggio 2010 Giulia Maria Lo Valvo e Marcello Lima, la vedova e il figlio dell’eurodeputato Dc, bussano anch’essi a quattrini chiedendo di accedere ai benefici della legge 302 del 1990 per le vittime di mafia e terrorismo, la loro richiesta viene respinta. Dopo una rapida istruttoria, infatti, il ministro degli Interni Roberto Maroni, richiamandosi allo sbarramento previsto dalla norma che prevede come requisito fondamentale “la totale estraneità del soggetto leso ad ambienti e rapporti delinquenziali”, risponde picche.
No allo status di familiari di una vittima della mafia, dunque, ma sì al rimborso milionario: il presupposto che impone la “totale estraneità” della parte lesa agli ambienti criminali non esiste nel Fondo di rotazione, che per concedere il denaro chiede (oltre alla costituzione di parte civile, la condanna degli assassini per fatti di mafia e il pagamento delle spese processuali a loro carico) che il richiedente non abbia riportato condanne definitive e che la vittima, al momento della morte, non sia sottoposta a misura di prevenzione, procedimento penale o condanna.
Susanna Lima possiede tutti i requisiti, e suo padre – nonostante la contiguità con Cosa Nostra conclamata dalle sentenze – al momento dell’uccisione risultava incensurato. Ecco perché la figlia di Lima ha avuto quasi 2 milioni di euro dallo Stato ed ecco perché, nell’ultima udienza del processo sulla trattativa, all’avvocato che le chiedeva se avesse ottenuto il riconoscimento di familiare di vittima di mafia, la donna ha risposto di sì, per poi essere contraddetta dal marito, l’avvocato Carlo Lo Monaco, che all’Ansa ha precisato: ‘’Non è così. Mia moglie ha equivocato”.
Ossia, ha confuso i modesti emolumenti previsti per i parenti delle vittime, con la somma ingente da lei percepita grazie al Fondo di rotazione che – almeno dal punto di vista esclusivamente formale – ha posto Lima sullo stesso piano di Falcone, Borsellino e di tutti gli altri servitori dello Stato caduti per mano mafiosa.

“È TROPPO, IL DOLORE È UGUALE PER TUTTI”
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per “Il Fatto Quotidiano
Giovanna Maggiani Chelli è la presidente dell’Associazione familiari delle vittime di via dei Georgofili.
Signora Maggiani, la figlia di Salvo Lima ha incassato dallo Stato un milione e 800mila euro. Che ne pensa?
È una cifra esorbitante che ci lascia esterrefatti, nessuno dei familiari dei morti di Firenze ha avuto dalle sentenze civili risarcimenti di questa entità. Mi chiedo se la vita di Salvo Lima valga di più di quella di Dario Capolicchio, perché lui era uno studente universitario e il primo è stato un sottosegretario. Il dolore della figlia di Salvo Lima è uguale al dolore di tutti gli altri familiari.
Alla vedova Lima e a all’altro figlio il risarcimento venne negato perché il padre non è risultato totalmente “estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali”.
È una contraddizione, o tutti o nessuno della famiglia Lima avevano diritti sulla morte del congiunto. E poi per lo Stato, Lima è un mafioso o no? Perché se lo è, è grave ogni risarcimento, ma se non lo è, è grave che alcuni familiari abbiano avuto soldi e altri no. E infine lo Stato cosa fa se, ad esempio, un mafioso fa causa perché un altro mafioso gli ha ucciso il figlio? Risarcisce chi fa causa?
Al ministero degli Interni stanno studiando una proposta di variazione normativa per rafforzare la certezza di mafiosità delle vittime, prima di risarcire i familiari. Il Fondo di Rotazione della 512 va cambiato?
Il Fondo è una perla di legge. Ed è bene che non venga toccato.

Cancellieri ai Ligresti: "Contate su di me per Giulia". Alfano solidale. Ma scoppia la polemica. M5s: "Si dimetta!"

da http://www.repubblica.it/politica/2013/10/31/news/sel_grave_intervento_cancellieri_per_scarcerazione_ligresti-69925069/

ROMA - "Sono pronta a riferire in Parlamento, ove richiesta, per poter dare ogni chiarimento che si rendesse necessario". Si conclude così la lettera del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ai capigruppo di Camera e Senato sulla vicenda carceraria di Giulia Ligresti. Uno scoop di Repubblica ha rivelato che la Guardasigilli - il cui figlio lavorò in una società del costruttore - è intervenuta per favorire la scarcerazione della donna, affetta da anoressia.

Nella vicenda è comparsa anche un'intercettazione, in possesso dell'Adnkronos, datata 17 luglio scorso, a poche ore dall'arresto nei confronti di Salvatore Ligresti e dei suoi tre figli coinvolti nell'inchiesta della Procura di Torino. Il ministro si sarebbe rivolto così a Gabriella Fragni, compagna dell'Ingegnere: "Comunque guarda, qualsiasi cosa io possa fare (su Giulia Ligresti, ndr) conta su di me, non lo so cosa possa fare però guarda son veramente dispiaciuta". In un altro passaggio Fragni, commentando gli arresti, dice: "E' stata la fine del mondo". E Cancellieri risponde: "Sì, la fine del mondo, sì.

Un'intercettazione, trascritta dagli uomini della Polizia tributaria di Torino, in cui si fa riferimento anche alla conoscenza tra il ministro e Antonino Ligresti, fratello di Salvatore. Il ministro Cancellieri, sentita come persona informata sui fatti, aveva definito la conversazione "una telefonata di solidarietà sotto l'aspetto umano".

Cancellieri: "Era mio dovere". "In merito alla vicenda carceraria di Giulia Ligresti ritengo opportune alcune precisazioni", scrive il ministro Cancellieri rivolto ai capigruppo di Camera e Senato. "Tutti voi conoscete l'attenzione e l'impegno che fin dal primo giorno del mio mandato ministeriale ho riservato alle condizioni in cui versano i detenuti. Nel caso di Giulia Ligresti, non appena avuta conoscenza, per via diretta, delle condizioni psicofisiche della ragazza, era mio dovere trasferire questa notizia agli organi competenti  dell'Amministrazione Penitenziaria per invitarli a porre in essere gli interventi tesi ad impedire eventuali gesti autolesivi. Mi sono comportata, peraltro, nello stesso modo quando sono pervenute al mio Ufficio segnalazioni, da chiunque inoltrate".

"Intervenire - afferma la Cancellieri - è compito del Ministro della Giustizia. Non farlo sarebbe colpevole e si configurerebbe come una grave omissione. Non c'è stata, quindi, né poteva esserci alcuna interferenza con le decisioni degli Organi giudiziari. Nella mia comunicazione al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, non vi è stato nel modo più assoluto, alcun riferimento a possibili iniziative finalizzate alla eventuale scarcerazione della Ligresti. Naturalmente - conclude - sono pronta a riferire in Parlamento, ove richiesta, per poter dare ogni chiarimento che si rendesse necessario".

In serata il ministro Cancellieri è poi stata ricevuta dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ufficialmente, spiega una nota del Quirinale, per illustrare al capo dello Stato "le misure relative al sovraffollamento delle carceri che sta predisponendo".

La procura di Torino: "Illazioni". Oggi sulla questione è intervenuto anche la Procura di Torino con una nota a firma del procuratore capo Gian Carlo Caselli e dei pm Vittorio Nessi e Marco Gianoglio nella quale si definisce "arbitraria e del tutto destituita di fondamento ogni illazione che ricolleghi la concessione degli arresti domiciliari (a Giulia Maria Ligresti, ndr) a circostanze esterne di qualunque natura".

Nell'intercettazione pubblicata dall'Adnkronos risulta che il ministro avrebbe detto a la Fragni: "Eh lo so lo so, me l'hanno detto me l'hanno detto. Io ogni tanto sento Nino gli chiedo notizie, non la vedo", definendola "buona amica da parecchi anni". "Io sono mesi che ti voglio telefonare per dirti che ti voglio bene, la vita mi scorre in una maniera indegna". Poi il ministro parla anche del figlio Piergiorgio Peluso. "Son veramente dispiaciuta. Ma sono mesi che ti voglio...poi ci sono state le vicende di Piergiorgio quindi...guarda...", dice ancora al telefono il ministro.

I contatti del figlio con il gruppo. Dalle indagini risulta che il figlio del ministro avrebbe ancora contatti con il gruppo Ligresti. "Dal monitoraggio delle conversazioni telefoniche è emerso che lo stesso ex direttore generale di Fondiaria-Sai", Piergiorgio Peluso, figlio del ministro "continua a intrattenere rapporti con alcuni dirigenti del Gruppo, interessandosi sia alle vicende giudiziarie che di quelle societarie", scrive il nucleo di polizia tributaria della Gdf di Torino in un'annotazione del 29 agosto scorso.

La telefonata fra la Cancellieri e la Fragni si conclude così: "Io non so se quanto mai rientrerò a Milano - dice ancora il ministro - ,ma appena riesco ad arrivarci, ormai fino a tutto settembre, ti vengo subito a trovare. Però qualsiasi cosa, veramente, con tutto l'affetto di sempre... . Ti abbraccio con tantissimo affetto".

La Fragni, compagna di Salvatore Ligresti sentita come teste nell'inchiesta su Fonsai il 20 agosto scorso, ha spiegato al pm di Torino Marco Gianoglio di avere un rapporto di amicizia col ministro Cancellieri "che dura da oltre 40 anni; lei abitava nella stessa casa di Tonino Ligresti e col tempo si è instaurata un'amicizia a livello di famiglie ed anche mio personale".

EZIO MAURO SU REPUBBLICA DOMANI

Le reazioni.
 Per tutta la giornata la notizia dell'intervento del ministro Cancellieri a favore della scarcerazione di Giulia Ligresti ha suscitato reazioni da più parti.

In serata, il vicepremier e ministro dell'Interno Angelino Alfano parla di vicenda "strumentalizzata ad arte" ed esprime solidarietà ad Annamaria Cancellieri che "ha mostrato invece la sua grande sensibilità e la sua attenzione per le condizioni di salute in cui versava Giulia Ligresti". Secondo Alfano, da parte del Guardasigilli non c'è stata alcuna "azione e neanche intendimento al di fuori delle legittime competenze", ma "semmai l'intenzione di evitare l'eventuale peggioramento di una situazione difficile". Perfetta sintonia con un altro ministro Pdl, Gaetano Quagliariello: "La sensibilità della Cancellieri per il dramma carcerario è nota e non ha niente a che fare con i cognomi. Solidarietà per assurda strumentalizzazione", scrive su twitter il ministro per le Riforme. Ma per il resto, dal fronte politico, sono tante le critiche alla responsabile della Giustizia.

Sul suo blog Beppe Grillo scrive: "Come è umana la Cancellieri. Ecco cosa è successo. Smentisca o si dimetta". "Su 63.000 r rotti detenuti su chi si è posato l'occhio benevolo della ministra Cancellieri?". I membri della commissione Giustizia del M5S chiedono al ministro di smentire la notizia. "Diversamente il ministro deve assumersi le proprie responsabilità e rassegnare immediatamente le dimissioni", scrive M5s in una nota. Il deputato di Scelta civica Gianfranco Librandi chiede chiarimenti perché "vanno infatti da subito fugati dubbi sul fatto che vi siano state disparità di trattamento". "L'intervento presenta aspetti molto discutibili e inquietanti che devono essere chiariti sul piano politico e non solo su quello giudiziario - affermano in una nota i senatori di Sel Loredana De Petris e Peppe de Cristofaro - non abbiamo nulla da eccepire sulla scarcerazione di una detenuta, oltretutto in stato di carcerazione preventiva, perché malata o anoressica. Troviamo invece grave che l'intervento in questione sia stato richiesto da una telefonata privata e che abbia riguardato una classica 'detenuta eccellente'".

Una presa di posizione è arrivata anche dal Pd, con una nota del responsabile carceriSandro Favi: "In carcere si soffre e si muore d'abbandono - aggiunge - ma nessuno si chiede cosa si poteva o si può fare per prevenire almeno i drammi più evidenti. Il ministro Cancellieri attivi subito una task-force permanente al Dap, dove almeno le situazioni estreme vengano trattate con una attenzione meno burocratica e senza questa intollerabile sensazione di ineluttabilità delle tragedie quotidiane. Eviterà così la sgradevole impressione che solo per i potenti il senso di umanità trova interlocutori attenti".

Sul fronte dei "renziani", il deputato Ernesto Carbone chiede un passo indietro del ministro. "Se ciò che viene riportato oggi dagli organi di stampa trovasse conferme - afferma -, ritengo francamente che il ministro Cancellieri dovrebbe fare un passo indietro e rassegnare le dimissioni". Un altro renziano, Dario Nardella, definisce invece pretestuose le richieste di dimissioni.

Il senatore del Pd Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani a Palazzo Madama, giustifica Cancellieri: "Di fronte a una detenuta che rifiuta di nutrirsi è buona prassi e indice di una elevata sensibilità istituzionale e umana, il che non guasta, attivarsi per capirne le ragioni. Questo ha fatto, opportunamente, il ministro Cancellieri quando le è stata segnalata la gravità delle condizioni di salute di Giulia Ligresti". Mentre Massimo Bitonci, capogruppo della Lega Nord al Senato definisce la vicenda di una gravità inaudita" e il leader di Prc, Paolo Ferrero, definisce le telefonate "scandalose" e chiede le dimissioni del ministro.

Una raccolta di firme per le dimissioni è stata promossa dall'ex direttore di PeaceReporter Maso Notarianni, sul sito change.org.


 
E Stilinga si chiede: ma i detenuti senza santi in paradiso che hanno sofferto le pene infernali in terra decidendo di suicidarsi? e poi:  è democrazia questa? sarebbe corretto definirla oligarchia assolutista in modo che tutto diventi meno falso e in modo che le persone sappiano come è la realtà e non si sia ingannati da idee democratiche associate allo Stato Italiano, visto che qui l'uguaglianza davanti alla legge è una barzelletta e lo è pure la storia: l'illuminismo e la rivoluzione francese con la distruzione delle monarchie non è presente nelle teste dei politici, nemmeno in quella dei notabili e tanto meno nelle istituzioni! 
Che pena!

NSA: ma allora perchè paghiamo le bollette telefoniche?

Stilinga si chiede per quale ragione al mondo si paghino le bollette telefoniche se poi tutto quello che diciamo è registrato e regalato al NSA.

Ugualmente, le intercettazioni telefoniche pagate per le inchieste della magistratura non hanno più senso: se tutte le conversazioni sono registrate, basta chiederle  al NSA!

Inoltre, se quanto dico viene registrato e rimane in memoria, allora io che sono il creatore del contenuto telefonico VOGLIO ESSERE PAGATO!

Ho il diritto d'autore su quanto dico! Quindi adesso io pago per un servizio telefonico che lavora contro di me, non mi tutela nella privacy e inoltre quanto dico è usato a livello economico e politico dagli USA!

Aò PAGATE TUTTI GLI UTENTI TELEFONICI!


9-This is Italy: poverty

L’ultimo miglio della povertà (CARLO VERDELLI).

Povertà in Italia
Con la cravatta alla Caritas.
Imprenditori travolti dal crac, impiegati rimasti senza lavoro per la crisi: viaggio tra i nuovi poveri che affollano mense e dormitori.
MILANO -ROTOLATO grande e grosso com’era dal posto fisso alla strada, va in giro in scarpe da tennis, come il “barbun” di Jannacci. Come tanti e tante italiane che la crisi sta sbalzando fuori in massa dal treno della vita normale.
Rotolato grande e grosso com’era dal posto fisso alla strada, ci ha lasciato 30 chili, la dignità e anche il portafoglio, rubato una notte nella stazione centrale di Milano, binario laterale. Dentro ci teneva la foto del figlio. «È uguale a me, sputato, peccato non poterglielo far vedere». In compenso, ha conservato il biglietto da visita: Davide Prestifilippo, agente di commercio, salumi e formaggi (in piccolo, anche il numero di partita Iva e cellulare). Va in giro in scarpe da tennis, come il “barbun” di Jannacci cinquant’anni prima (“barbun” da barba lunga, ultimo gradino del vivere civile). Scarp de tennis come tanti e tante italiane che la crisi sta sbalzando fuori in massa dal treno della vita normale.
La porta del vagone di Davide si è spalancata di schianto il 26 settembre 2011, ore 7.30, via sms: la ditta per cui andava in giro a vendere mozzarelle per la pizza gli annunciava la chiusura. Da allora, infiniti tentativi di risalire, zero risultati. Perito industriale, 44 anni, dopo essere finito nel tritacarne Parmalat («Sono anch’io una vittima di Tanzi») e incappato nel fallimento di un paio di cooperative, Davide ha lasciato Vercelli per Milano, fuori di casa, niente più famiglia, uno scivolo rapido e stordente in fondo al quale c’è il marciapiede. «Non vado nei dormitori perché ho vergogna, non chiedo l’elemosina per lo stesso motivo. Da un po’ frequento una mensa dei frati, ho accettato di farmi fare il tesserino. Si passa uno a uno dai tornelli, sembrano quelli dello stadio. Sa che ero a Madrid a vedere l’Inter del triplete? E adesso qui a sgrinare, a sbattersi per trovare due lire, scusi, cinque euro, e un lavoro, sì, ciao».
«L’altro giorno, al tavolo con me, c’era un tizio distinto, pettinato. Giacca e cravatta. A un certo punto, prende l’Iphone 4 dalla tasca e se lo mette accanto al piatto. Allora gli ho detto: amico, non so cosa ti è capitato per essere qui, ma l’Iphone 4 mettilo via. È uno schiaffo per noi e un rischio per te».
Povera Italia che improvvisamente si scopre povera
Ai 4,8 milioni di persone che secondo l’Istat non ce la fanno più (8 per cento della popolazione, il doppio rispetto a 5 anni fa), vanno aggiunti altri 9 milioni e mezzo che tirano a campare con meno di 506 euro al mese. Il totale fa spavento, 14 milioni e rotti. E lo spavento cresce con i 6 milioni di analfabeti e un tasso di abbandono scolastico tra i più alti dell’Unione europea.
Come mai una simile bomba atomica sociale non occupa il centro del dibattito politico? Dice da tempo, inascoltato, Luigi Ciotti, prete e profeta degli ultimi, un’esistenza spesa a riscattarli, rincuorarli: «Dobbiamo rendere illegale la povertà». Basterebbe anche cominciare a riconoscerla, guardarla in faccia. Guardare oltre lo spread, indicatore nobile ma parziale. Guardare dietro la classifica, pubblicata proprio da Repubblica, che da quinta potenza industriale del mondo (anni Ottanta) ci ha visti scivolare al nono posto, e molto presto ancora più giù, fuori
dai primi dieci, anche dodici.
Milano, la città col più alto reddito d’Italia,è un buon punto di osservazione per misurare la nostra febbre da miseria. Al Centro Aiuto di via Ferrante Aporti, la prima boa per chi sta per affondare, bussano ormai in 13mila, 3mila in più di due anni fa. Il 30 per cento sono italiani, spiega Silvia Fiore che lo coordina. E la curva è destinata a crescere. L’inverno renderà ancora peggiori le cose, e la vita di gente come il signor Davide, ex agente per salumi e formaggi, uno dei 13mila.
La povertà si misura (anche) in metri. E si sta allungando. Due file mute e ordinate compaiono ogni mattino, domenica esclusa, di fronte e alle spalle del centro di Milano. Una sta in via Concordia, ma chi la frequenta dice “Piazza Tricolore” perché è la fermata annunciata dalla voce registrata dei tram 9 e 23 che passano di lì: piazza san Babila è a due passi. L’altra, via Canova, è la porta d’ingresso opposta, appena dietro Cadorna e il Castello. 
Il cuore ricco e famoso di Milano ha le arterie che si stanno vistosamente ingrossando di miseria: 6mila pasti al giorno nelle mense con la fila. E si concentrano non a caso qui i figli inattesi della grande depressione, come sulla poppa del Titanic dopo l’iceberg:il tentativo estremo di salvarsi, di ritrovare uno stipendio, un alloggio, la speranza. Persone dai 30 ai 60 anni in attesa di un pasto caldo gratis, una doccia, una camicia da lavare, un sacco a pelo o una coperta per dormire. La maggior parte sono stranieri, ma gli italiani stanno scalando in fretta posizioni. In pochi mesi, in molti dei centri comunali o cattolici che offrono aiuto, sono già diventati la seconda comunità dopo i rumeni e prima dei marocchini.
Sono poveri del terzo tipo: non hanno il barbone, anzi sono puliti e quasi sempre ben rasati, non mendicano, preferiscono sistemazioni di fortuna ai dormitori perché ancora non ci vogliono
credere di essere arrivati a quel punto, perché non era previsto né prevedibile. Accanto a loro, vagano per la città, in cerca di un rifugio, cibo o alcol, i poveri del primo e secondo tipo, cioè gli emarginati che si sono definitivamente arresi alla strada e le migliaia di nuovi migranti, molti dei quali ormai vivono l’Italia come una stazione di passaggio verso altri Paesi. Dei 150 siriani ospitati dal Comune in via Aldini, nessuno pensa di restare qui: per tutti, il sogno sono Germania
o Svezia.
Proprio accanto a via Aldini, periferia nord ovest, quartiere Quarto Oggiaro, c’è uno dei nuovi dormitori della Milano invisibile, quello di via Mambretti, nato due anni fa sulla scorta dell’emergenza recessione. È l’unico gratuito, gestito dalla cooperativa Arca(l’altro grande dormitorio pubblico, quello storico di via Ortles, arriva a 600 presenze ma costa un euro e mezzo per dormire e lo stesso per la cena: tutto esaurito, comunque, con un 40 per cento di italiani, moltissimi dei quali esodati di fresco nel vecchio casermone dallo tsunami della crisi). In via Mam-bretti, dove prima c’era una scuola, i posti sono 170, i letti (da 8 a 20 per stanza) hanno sostituito i banchi, valigie e borsoni gli zaini degli studenti. Al primo piano le donne, in qualche caso con bimbi piccoli, al secondo gli uomini. Si sta il tempo di dormire, dalle 19 (cena compresa) alle 8 (prima colazione). Il resto del giorno, aria. Tra gli inquilini, regole comprensibilmente severe: due assenze ingiustificate e si perde il posto, niente risse, niente urla. Un riparo dignitoso. Che però a Carau Antonio, camionista fino al fatidico 2011, sta diventando insopportabile. «Ho la patente C, 40 anni di esperienza, l’ultima nel trasporto di carta igienica ai supermercati. Licenziato, sbam, e nessuno che mi riprende perché a 60 anni, dicono, sono vecchio. Durante il giorno giro,come tutti noi fregati dal Duemila, spesso vado alla libreria Sormani dove danno dei film, faccio le code alle mense, mi ammazzo di colloqui per un lavoro. Ma il vero tormento è la notte. Dormo tra due marocchini. Ruttano, scoreggiano, non hanno rispetto, si lavano i piedi dove io devo lavarmi la faccia. Fortuna che ho un amico imbianchino. Gli ho chiesto di lasciarmi la sua macchina per la notte. Farà più freddo ma almeno non sentirò la puzza dei cameroni».
Anche Dario Colucci è un inquilino di Mambretti, anche lui ha conosciuto il salto in basso repentino, da rompersi le ossa. Odontotecnico diplomato, 30 anni da artigiano di dentiere e ponti fino alla specializzazione in modellazioni tridimensionali, ha perso tutto in
un colpo, come al casinò: lavoro, casa, famiglia, tre figli. «I clienti non pagavano, il laboratorio è soffocato, ci hanno uccisi di tasse. Avevo il mutuo della casa da pagare, ho consegnato le chiavi alla banca e mi sono trasferito nella mia Ford Fiesta». Licenziato, poi sfrattato: un classico. A Milano e provincia“saltano”18 mila appartamenti l’anno per morosità (va peggio solo a Roma). Nel 2007 c’era uno sfratto ogni 841 appartamenti, adesso uno ogni 358.
E dopo la Fiesta, signor Dario? «Non resistevo più, ghiacciava anche dentro. Mi sono trovato un localino segreto all’ospedale di Niguarda, vicino alla sala prelievi. In cambio di non venir denunciato, aiutavo gratis quello che caricava le macchinette di bibite e merende alle 5 di mattina. Anche quando sono venuto in Mambretti, ho dato una mano. Pitturare i muri, pulizie. Adesso quelli dell’Arca mi hanno affidato l’incarico di operatore notturno. Lo dico sottovoce ma sto ritrovando fiducia». Quella fiducia che perdi per strada e che, se qualcuno non ti aiuta prima che sia dissolta l’ultima traccia di resistenza, non ritrovi mai più.
La fortuna di Milano è che, di gente che aiuta ce n’è parecchia. Il centro dell’Opera di San Francesco di via Concordia è un prodigio di carità organizzata, con 700 volontari di cui 200 medici. Lo coordina, non a caso, un ingegnere civile, padre Maurizio: 2.700 pasti al giorno (niente dolce, che però offrono i carmelitani scalzi di via Canova), 25mila docce in un anno, di cui 1.328 per le donne, 8.421 cambi di vestiti, 10.219 barbe, 37mila visite mediche nell’ambulatorio, 63mila farmaci prescritti e regalati. Tutti numeri, va da sé, in crescita, con i nuovi italiani in fuorigioco a ingrossare le fila.
Ci trovi di tutto, tra questi italiani maltrattati dalla recessione e trascurati dalle istituzioni romane. Per esempio, una signora sulla cinquantina, golfino verde, capelli lunghi biondi e occhi azzurri, che mangia da sola, molto composta, mentre il figlio trentenne fa lo stesso in tavolo riservato ai maschi. Vengono dal Piemonte, avevano una ditta di import-export finita in tribunale. Storia complicata, lei ha le lacrime trattenute, sembra cedere al pianto, poi s’accende: «Sono cresciuta nel mito di Almirante. Ora più che mai il mio motto è boia chi molla». Il figlio sembra più mesto ma ugualmente elegante.
Mentre se ne vanno dopo il pranzo delle 11 sotto la pioggia e un ombrello grande per due, lui si volta con un sorriso e dice: «Da imprenditore a questo posto qua. Bella carriera, non trova?».
Già, la pioggia. E presto anche il gelo. Il Comune ha appena avviato il “piano freddo” per i senza dimora: da novembre a fine marzo, 3.672 interventi nel 2012, molti di più nel 2013. Verrà a costare più di un milione di euro, a cui vanno aggiunti i soldi per il fondo anti crisi, quelli per il sostegno al reddito (domande aumentate del 300 per cento). In tutto, 25 milioni di euro, e solo per Milano.
Alla presentazione della legge di Stabilità, l’ineffabile ministro per le Politiche agricole, alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo, ha comunicato al Paese: «Sono molto soddisfatta di poter dire che il governo ha destinato 5 milioni di euro agli indigenti». Cinque. Molto soddisfatta.
Pierfrancesco Majorino è l’assessore per le Politiche sociali di Milano, e non l’ha presa bene. «Che vergogna. Miliardi di euro ci vorrebbero. Tutto il peso della miseria delle persone ricade sulle nostre spalle di amministratori locali e sulla disperata voglia di fare qualcosa dei volontari, della Curia. Ma manca lo Stato, mancano misure nazionali di sostegno al reddito. Ci sono ovunque, tranne che in Grecia e da noi. Vorrei veder cadere un governo su una tragedia come questa della povertà, e invece se ne fa un tema di compassione».
Caterina Disi ha 48 anni, dei lunghi capelli neri senza neanche uno bianco e non cerca compassione. Nata in Sardegna, diploma di educatrice professionale alla Sapienza di Roma, un curriculum di dieci pagine, ultimo lavoro riconosciuto alla Asl di Ravenna che però la licenzia, da due anni e mezzo è in giro con le sue valigie. Single, dorme in un convento di suore, aspetta gli esiti della causa che ha intentato alla Asl («Mi daranno dei soldi ma non mi ridaranno il posto»), non va alle mense per la vergogna («Mangio biscotti, piuttosto »), entra ed esce dagli uffici di collocamento come dalle librerie, senza mai niente in mano. «Ma la fede non mi fa perdere la speranza. Avrei potuto schiantarmi nella depressione, invece non ho mai preso un farmaco. Il mio unico sonnifero è il rosario. Ma non ac-
tutto, non accetto più. Ho studiato tanto, lavorato tanto, non ho commesso reati e mi ritrovo nella povertà assoluta. Pretendo rispetto dal mio Paese. Pretendo autonomia e ruolo sociale. Voglio giustizia, perché la merito».
Da La Repubblica del 30/10/2013.

Kering: forte rallentamento delle vendite Gucci nel terzo trimestre

Kering: forte rallentamento delle vendite Gucci nel terzo trimestre

da: http://it.fashionmag.com/news/Kering-forte-rallentamento-delle-vendite-Gucci-nel-terzo-trimestre,364432.html#.Um4eVPlWx8E


Il colosso francese del lusso Kering ha visto la crescita organica segnare il passo nel terzo trimestre, affossato da una forte decelerazione del marchio di punta Gucci e da un nuovo calo delle vendite del brand sportivo Puma. I ricavi del gruppo sono saliti del 3,4% a tassi di cambio costanti, dopo un incremento del 4,2% nel primo semestre.


Uno store Gucci

La griffe fiorentina, che pesa per oltre la metà della valutazione di Kering, dopo un +4% nei due trimestri precedenti, manda in archivio il terzo trimestre con vendite in crescita dello 0,6% e un incremento dei ricavi del 4% nei negozi diretti, mentre il canale wholesale subisce una contrazione a causa, si legge in una nota di Kering Group, della selettiva politica di distribuzione. Gucci registra risultati diversi a seconda dei vari mercati.

In Giappone e negli Stati Uniti (escluse le Hawaii) il giro d'affari è cresciuto costantemente, dimostrando l'efficacia della strategia di esclusività attuata in questi Paesi negli ultimi anni, anche se l'adozione di tale strategia nell'Asia-Pacifico ha pregiudicato il terzo trimestre. Nell'Europa Occidentale la performance di Gucci ha subito un forte impatto dall'Italia, suo maggiore mercato nella regione.

La divisione Pelletteria e Calzature ha registrato buoni risultati nei negozi a gestione diretta, mentre le vendite di borse sono state particolarmente importanti, trainate dal successo della linea 'no logo', dalla "Bamboo Shopper" e dalla "Lady Lock".

Puma ha proseguito il trend di discesa con una contrazione delle vendite dello 0,8%.

Fondo salva stati... e l'Italia finanzia Berlino!



da: http://www.repubblica.it/economia/2013/10/21/news/il_fondo_salva-stati_compra_bund_tedeschi_e_l_italia_finanzia_berlino-69053049/index.html

Il fondo salva-Stati compra bund tedeschi e l'Italia finanzia Berlino

La Bce incassa 10 miliardi di cedole dai Btp. Il nostro Paese ha versato all'Esm oltre 11 miliardi ma non  può utilizzarli per aiutare il credito

da:


PIÙ SI AVVICINA L'UNIONE BANCARIA, PIÙ VIENE ALLO SCOPERTO LA TENSIONE NELL'AREA EURO. IN GERMANIA PREVALE IL SOSPETTO CHE L'EUROPA DEL SUD VOGLIA USARE IL FONDO SALVATAGGI (ESM), NEL QUALE IL GOVERNO DI BERLINO È PRIMO AZIONISTA, SENZA POI RIMBORSARE.
Il timore ormai è così radicato che sfugge il lato opposto dell'equazione: per com'è stata strutturata la risposta all'eurocrisi, i contribuenti tedeschi oggi stanno ricevendo un sussidio silenzioso da parte di quelli italiani.

Né gli uni né gli altri lo hanno mai voluto, né probabilmente se ne sono resi conto. Eppure il trasferimento di risorse da Sud a Nord delle Alpi vale ormai diversi miliardi.

In Germania in realtà si cerca soprattutto di evitare l'opposto, gli aiuti all'Europa meridionale. La priorità tedesca oggi è rendere il fondo salvataggi europeo quasi inutilizzabile per l'unione bancaria. Di qui l'ultima proposta di Wolfgang Schaeuble, il ministro dell'Economia: prima che i fondi dell'Esm vengano spesi per sostenere una banca in difficoltà - chiede Schaeuble - vanno imposte perdite a tutti i creditori dell'istituto. Secondo Schaeuble ciò deve riguardare non solo gli obbligazionisti subordinati, quelli legalmente più esposti a un'insolvenza, ma anche chi ha comprato i bond più protetti.

La Germania fa poi un passo in più: chiede che queste perdite siano applicate fin da subito anche per istituti non in dissesto, ma che potrebbero esserlo in uno scenario (ipotetico) di crisi futura. È il modo tedesco di interpretare i cosiddetti "stress test", che 130 banche europee stanno per affrontare: si simula una caduta del Pil e si misura l'effetto che potrebbe avere sui bilanci degli istituti.

Così diventerebbe quasi impossibile usare il fondo salvataggi nell'unione bancaria, anche
perché la fiducia nelle banche sarebbe scossa molto prima. È qui però che la corrente nei vasi comunicanti fra paesi inizia a invertirsi. Con l'Esm di fatto inservibile per le banche, l'Italia in recessione e indebitata inizia a sussidiare una Germania sana e in ripresa. Possibile?

L'Esm ha una forza di fuoco potenziale di 700 miliardi di euro, raccolti in gran parte emettendo bond sui mercati. La sua base però è il capitale versato direttamente dai governi dell'area euro. La settimana scorsa hanno tutti trasferito la quarta tranche, per un totale di 64 miliardi, e entro la prima metà del 2014 si arriverà a ottanta. Poiché la Germania è primo azionista con una quota del 27,14%, ha già pagato al fondo europeo 17,3 miliardi e alla fine dovrà versarne 21,7. L'Italia, che è terzo azionista con il 17,91% (secondo è la Francia), ha versato 11,4 miliardi e nel 2014 saranno 14,3.

Le risorse pagate dal governo di Roma, se solo fossero rimaste in Italia, probabilmente basterebbero a gestire i problemi delle banche. Invece sono immobilizzate nell'Esm a Lussemburgo. Ciò sarebbe utile nel caso in cui il fondo europeo potesse essere usato per le banche senza prima distruggere la fiducia degli investitori. Per ora però di quei soldi dell'Esm si fa un uso diverso: vengono investiti prevalentemente in titoli di Stato tedeschi. Ciò contribuisce, con i soldi dei contribuenti italiani, a ridurre i tassi sui Bund e su tutto il sistema finanziario in Germania, quindi ad allargare lo spread e lo svantaggio competitivo delle imprese in Italia.

L'Esm non comunica in dettaglio come gestisce il capitale affidatogli, ma i criteri sono chiari: non può comprare titoli con rating sotto la "doppia A" (dunque Italia e Spagna sono fuori) e compra "attività liquide di alta qualità". Dunque certamente in buona parte Bund tedeschi.
È una scelta comprensibile, ma di fatto ciò significa che l'Europa del Sud sta sussidiando la Germania, senza poi poter attingere all'Esm per sostenere le proprie banche.

C'è poi un secondo, sostanziale trasferimento di risorse da Sud a Nord. Nel 2011 la Banca centrale europea acquistò circa 100 miliardi di euro in Btp in una fase in cui i rendimenti arrivarono anche a toccare l'8%. Fu un rischio e una scelta provvidenziale. Ma da allora il valore di quei titoli italiano è salito, in certi casi, anche di più del 20%. E il governo italiano ha onorato alla Bce cedole per oltre dieci miliardi in tutto. La Bce non aveva mai guadagnato tanto con un solo investimento e la Bundesbank, suo primo socio, ne beneficia per circa un terzo. Anche quei soldi sono andati dall'Italia al contribuente tedesco. Peccato che nessuno gliel'abbia mai spiegato.

E Stilinga pensa che siamo alla frutta, manco fresca, secca!

Se quanto riportato da Fubini è vero allora siamo proprio messi male. 

Ma se l'Italia è il terzo azionista dell'ESM che aspetta a battere i piedi e a reclamare voce in capitolo????

Possibile che dobbiamo solo prendere eterne fregature, a beneficio della cavola di Germania che invece farebbe bene a diventare guida d'Europa e quindi beccandosi pure tutte le responsabilità che ne conseguono, visto che vuole spadroneggiare in lungo e largo e poi se l'Italia è stata inclusa tra i PIIGS è  ora che un po' della nostra m***a se la carichi sul groppone pure lei che mai, nè in passato nè in futuro, è Uber Alles!  

Il 10% della popolazione italiana possiede il 50% delle ricchezze del paese!

http://unoenessuno.blogspot.fr/2013/09/ricchi-e-poveri-presadiretta.html


Ricchi e poveri: la forbice della disuguaglianza in Italia

C'è almeno un ambito nel quale l'Italia primeggia: quello dei ricchi. I nostri ricchi, come ci ha raccontato Presa diretta lunedì sera, sono tra i più ricchi d'Europa. Se la passano proprio bene, in questo momento, e forse nemmeno sanno che mentre loro pasteggiano a caviale e champagne, 9 milioni di loro concittadini sono in una situazione di povertà relativa e altri 5 milioni sono in povertà assoluta.
Il "condominio Italia", nella metafora di Nunzia Penelope, mette ai piani alti proprio loro: superattico (famiglie che hanno 5 ml di beni di loro proprietà) e attico (9 ml di persone con 1 milione di beni) corrispodono circa al 10% della popolazione italiana che possiede circa il 50% delle ricchezze private del paese.
Parliamo di 9000 miliardi di euro, quasi 5 volte tanto il nostro debito, che però è pubblico.

Sotto i piani nobili c'è il ceto medio e le persone a rischio povertà: d'altronde lo stipendio medio degli italiani si attesta su 1100 euro, tremendamente vicino alla soglia di povertà, 1011.
Ci vuole poco per diventare improvvisamente poveri: una malattia, una spesa imprevista ...
Se non si cambia qualcosa, diventeremo sempre più un paese con forti differenze tra ricchi sempre più ricchi (che hanno tante possibilità per far studiare i figli, curarsi, divertirsi) e poveri sempre più poveri. Gente che deve rivolgersi alla Caritas per un pasto.

L'industria del lusso non conosce la crisi
Presa diretta è andata a vedere come trascorrono le vacanze i vip a Porto Cervo, o nei circoli esclusivi di Roma (una delle città con il più alto numero di multimilionari in Europa). Yacht che si affittano per 1 milione di euro per sette giorni. Camere da letto di lusso che costano 38000 euro.
Vuoi affittarti una rolls? Costa 5000 euro al giorno. Così come le ville per trascorrere vacanze felici: l'affitto per una stagione costa 200000 euro.

Al circolo dell'antico tiro al volo trovi tutto per rilassarti: per la modica cifra di 30000 euro per l'iscrizione più 3500 di quota annuale, trovi campi da tennis, centro massaggi, ristoranti, piscine. Qui si trovano presidenti della corte costituzionale, del consiglio di Stato, politici, professionisti.
Epifani ha smentito la sua iscrizione, ma Bertinotti è stato ripreso ad una festa.

In questo posto, i ricchi possono incontrarsi tra loro senza rischio di mischiarsi ad altri ceti sociali, ti dicono. Questa gente ha i soldi e vuole il meglio. Non vuole preoccupazioni: come donna Marisela Federici, regina dei salotti.
Che ha mostrato la sua casa, con stanze ad hoc per posate e bicchieri (grandi come la mia cucina soggiorno) e che di fronte alla domanda sulla crisi e sui suicidi ha risposto : "Non voglio essere cinica. Secondo me hanno un altro tipo di problemi. Hanno problemi mentali, più che economici o altro. Sono persone che hanno già una tara mentale che li porta a gesti disperati. Allora che parole useresti a gente che si trova in queste condizioni? Speranza è molto bello perché almeno ti fa riflettere. Poi sta a lui (loro, nda).".
E, a chi si lamenta " Lavorassero un po’ di più questi che si lamentano tanto. Che si mettessero a lavorare"
Eccoli qua: nemmeno sanno che è il lavoro il problema. E spesso, anche avere un lavoro non basta: non vieni pagato o vieni pagato poco e magari in nero.

I figli di questa nuova aristocrazia medioevale (il rinascimento era un'altra cosa) vanno a studiare all'estero, magari a Londra. I soldi danno opportunità che ad altri non sono concesse (un master alla London School of Economics costa 30000 euro).

Proprio a Londra gli italiani abbienti stanno investendo: qui in molti hanno comprato case nei quartieri più esclusivi. Scappano dalla zona euro, dalla austerity che viene lasciata a noi: non credono che l'Europa riuscirà ad uscire da questa situazione.

Si potrebbe prendere i soldi da questo 10% di italiani? 

La patrimoniale in Italia è un tabù (come la lotta all'evasione): anche l'Imu sulle prime case è stata tolta, per tutti. 
E il buco lasciato verrà riempito con i tagli al fondo per l'occupazione, il taglio per l'assuzione nelle forze dell'ordine per la lotta all'evasione.

300 milioni saranno tagliati alla manutenzione delle ferrovie.
250 milioni saranno tagliati al fondo per l’occupazione, cioè ai disoccupati.
300 milioni saranno tagliati allo sviluppo delle energie rinnovabili.

55 milioni saranno tagliati alle assunzioni nelle Forze dell’ordine.
30 milioni saranno tagliati all’attività dell’Agenzia delle entrate e al controllo sul lavoro nero.

Ancora incerti invece i 600 milioni che dovrebbero arrivare dal condono per i boss dell’azzardo: i re delle slot non vogliono pagare nemmeno quelli.

Ecco, queste sarebbero le "cose di sinistra": togliere un’imposta anche a chi possiede case di pregio per tagliare trasporto pubblico, occupazione, lotta all’evasione, energie rinnovabili.
Una patrimoniale la voleva fare l'ex banchiere Pietro Modiano: soldi da prendere ai super ricchi, da mettere subito in circolazione, per far si che riprenda la spesa interna. Aiutare chi oggi non riesce a spendere.

Abbiamo ancora adesso bisogna di una patrimoniale – spiega Modiano a Iacona – perché siamo in una fase straordinaria, non c’è mai stata una crisi lunga cinque anni. Se noi riusciamo nell’operazione di trasferire risorse da chi ha una bassa propensione al consumo, che sono i ricchi, a chi ha un’alta propensione al consumo, possiamo far ripartire l’economia. Magari non di 200 miliardi di euro, ma la farei di 80 miliardi di euro. Io la farei sul patrimonio liquido di quel 10% degli italiani che sono più ricchi e che posseggono quasi il 50% di tutta la ricchezza privata del Paese. E questo ammontare di 80 miliardi di euro lo ripartirei in 4 anni, 20 miliardi all’anno, che è l’1% e rotti del Pil”

Torino: l'altra faccia della medaglia

Torino è la città del nord più povera. Non lo potevo credere, eppure la crisi della Fiat (che ha abbandonato l'Italia) ha messo in ginocchio un'intera città. 
Un distretto industriale che diventerà a breve un deserto.
5400 lavoratori di Mirafiori sono in cassa integrazione. Gente che si chiede che fine abbiano fatto i 20 miliardi promessi da Marchionne. Con la Fiat sta crollando l'indotto: Saturno, Lear, Mecaplast, FGA, De Tomaso sono i nomi di aziende in crisi, che hanno spostato la produzione all'estero, che sono chiuse.
Parliamo di circa 40000 persone in cassa integrazione: il giornalista Griseri di Repubblica ha stimato in500 ml, i soldi in meno nelle tasche di queste famiglie. Sono soldi che non circolano più nel torinese: meno ricchezza significa negozi e altre attività che chiudono.
Il ritmo, nei primi mesi del 2013, è 10 attività chiuse al giorno.

Gente che non riesce più a pagare bollette, le rate del mutuo, che deve rinunciare alla casa, alla macchine, ad una diginità. La crisi costringe le famiglie a fare delle rinuncie pesanti: sulle cure mediche, sul cibo. Il banco alimentare aiuta migliaia di persone, molte delle quali proprio italiane.

Come uscirne?
L'ex sindacalista Airaudo ha parlato di una caduta libera: dovremmo occuparci di creare lavoro puntando alla ristrutturazione delle scuole e degli edifici pubblici, per esempio. Come Roosvelt per il new deal.
Ma, ti dicono, servono soldi pubblici che ora non ci sono.
Sono i soldi spesi per il TAV o per i caccia F35. Sono i soldi condonati alle società dei giochi online.
Sono i soldi dell'evasione.


Il professor Gallino ha stimato che per creare 500.000 posti, servirebbero 11 miliardi. Sono tanti, servirebbe fare delle scelte politiche ben precise. Scelte che questo esecutivo non sa (o non può) fare.

Iacona ha intervistato, nel finale, lo scrittore Baricco: "È entrato in bancarotta un modello", ha spiegato.
Un modello che si poggiava sulla non equità sociale e su una politica che svalorizza il lavoro, tra le altre cose. E tocca a noi ora tornare ad essere cittadini attivi. Sempre che ce lo lascino fare.

Perché non solo non possiamo scegliere gli eletti, ma nemmeno possiamo più andare ad elezioni. Visto che i nostri politici, questa legge non la cambiano.

Stilinga pensa che invece dobbiamo reagire: tanto per cominciare disertando le ridicole Primarie PD, poi chiedendo l'abolizione delle pensioni d'oro e soprattutto la patrimoniale come si deve ai ricchi!