This is the fashion blog of Stilinga, a fashion designer who works from home. She is from Rome, Italy and she writes about trends, things she loves to do in Rome and art. Questo è il fashion blog, e non solo, di stilinga (una stilista che lavora da casa - è una stilista-casalinga) e che spesso tra una creazione di moda e l'altra, tra ricerche e fiere, si occupa anche del suo quotidiano e del contesto in cui vive.
Cardinale Scola: la chiesa cattolica mette a rischio la libertà dei cittadini italiani
Stilinga risponde al cardinale Scola asserendo che la chiesa cattolica ha messo e tuttora mette a rischio la libertà dei cittadini italiani.
Lo Stato laico è idoneo a costruire un ambito favorevole a tutti i cittadini e nessuna religione lo può o lo deve limitare in alcun senso.
La chiesa cattolica ed il suo stato extra territoriale in seno alla città di Roma, devono rassegnarsi al declino economico e spirituale in cui si trovano.
Nonostante ripetutamente, la chiesa cattolica abbia messo le mani sullo Stato Italiano, i cittadini italiani sono forti e ben temprati contro tali assalti e sanno che il potere di cui la chiesa cattolica gode in casa loro va ben oltre la tollerabilità sopportabile, ed il pensiero di questi cittadini va anche verso i recenti scandali non solo economici e quindi del tutto secolari, ma anche pedofili in cui proprio la chiesa è coinvolta.
E' vero cardinale Scola che la visione del mondo è profondamente mutata nei secoli e pare che l'unica istituzione religiosa che non ha capito dove la società stava andando sia proprio la chiesa cattolica, che infatti ormai è distaccata dalla realtà dei cittadini italiani, ottusa e persa nei sui dogmi e nei suoi secolarissimi privilegi.
Quindi cardinale Scola, Stilinga le suggerisce di evitare di esternare attacchi aggressivi verso lo Stato Italiano e le suggerisce anche di farsene una santa ragione.
Siamo tanti noi cittadini italiani e siamo pronti a difenderci, credo che questo lo sappia.
Perché Monti vuol far morire la sanità pubblica di Ivan Cavicchi
Perché Monti vuol far morire la sanità pubblica
di Ivan Cavicchi* da il Fatto quotidiano
Le maldestre dichiarazioni del presidente Monti sulla sanità ci dicono che il governo sta lavorando a un cambio di sistema.
Con l’inganno dell’assistenza integrativa, potrebbero arrivarci addosso mutue e fondi assicurativi a sostituire, non a integrare, lo Stato in parti rilevanti della tutela pubblica.
E siccome sono cose costose, che “l’anatra zoppa” si arrangi e addio all’universalismo e alla solidarietà.
Sono convinto che un’operazione del genere è più ideologica che dettata dai problemi oggettivi della sanità, per cui c’è da chiedersi che diritto abbia un governo tecnico di mettere in croce milioni di persone con un anacronistico neoliberismo.
La situazione oggi per i cittadini è molto più pesante di quando, 50 anni fa, avevamo il sistema mutualistico: 9 milioni di persone sono fuori dall’area del diritto, 2 milioni e mezzo di nuclei familiari abbandonano le cure perché non hanno i soldi per pagarsele e solo 8 regioni riescono a fatica a garantire le cure dovute per legge.
La spesa che il cittadino sborsa per avere ciò di cui avrebbe gratuitamente diritto è altissima: siamo a 2 punti di pil. Ma questo è ancora niente.
Con la spending review, i tagli lineari e la legge di Stabilità (sono le regioni a dirlo), la situazione diventerà una “tragedia greca”. Il doppio senso non è casuale. Non mi stupisce quindi che si voglia mettere mano a un cambio di sistema con l’intenzione di frammentare e delimitare il più possibile il bacino del dissenso sociale.
Credo che la spending review sia stata sottovalutata per le sue dirompenti implicazioni non tecniche, ma politiche. È stata vista dalla maggior parte dei commentatori, regioni in testa, come una prova di rigore esagerato. MA IN REALTÀ crea di fatto le condizioni per una devastante privatizzazione del sistema.
I tagli non sono solo esagerati, ma pensati per ridefinire di fatto i confini del servizio pubblico e per definanziare il sistema. I tagli lineari stanno al definanziamento come le mutue stanno alla privatizzazione. Quindi perché meravigliarsi se oggi Monti ci viene a parlare di mutue e di assicurazioni private? Sappiamo che sulle mutue sta lavorando il ministro Balduzzi (area Pd), a conferma del fatto che la “sinistra”, pur con qualche incertezza, ci sta pensando da tempo.
Del resto, chi non sa come andare avanti ritiene saggio tornare in dietro. È inutile dire quali enormi interessi si celino dietro la ricostruzione delle mutue. Fu Rosy Bindi, oggi presidente del Pd e nel ‘99 ministro della Salute, a sdoganare con la sua riforma le mutue integrative (dopo che le mutue erano state proibite dalla riforma del 1978).
OGGI il governo Monti ci pone di fronte a una premessa fallace e a una falsa alternativa: siccome abbiamo problemi di bilancio, o aumentiamo le tasse o diminuiamo i servizi cioè cambiamo il sistema.
Tocca al riformismo vero, al pensiero forte rispondere: mi riferisco a quel riformismo che non alberga, purtroppo, né negli assessorati né nei ministeri, ma nel mondo della sanità e dei servizi, nelle esperienze dei cittadini organizzati, nei progetti e nelle strategie di medici e infermieri, nella cocciutaggine di chi in questi anni ha cercato le strade per conciliare i diritti con i limiti economici.
Occorre una “riforma pubblica” che organizzi questo immenso patrimonio. Al ricatto “più tasse o meno servizi” dobbiamo rispondere con il cambiamento intelligente che alleggerisca il sistema, che lo ripensi profondamente, che lo moralizzi dalle tante forme di corruzione e di speculazione, che riduca il numero delle malattie e dei malati, insomma che lo faccia costare strutturalmente di meno e funzionare meglio.
Far morire la sanità pubblica è un crimine contro gli italiani, perché non conviene a nessuno, neanche ai più ricchi.
Niente ci obbliga a farlo: tutti, ma proprio tutti i problemi oggettivi della sanità sono risolvibili.
Si tratta solo di svecchiare, rinnovare, reinventare, riformare… ri - formare… e ancora riformare. *Docente all'Università Tor Vergata di Roma, esperto di politiche sanitarie
di Ivan Cavicchi* da il Fatto quotidiano
Le maldestre dichiarazioni del presidente Monti sulla sanità ci dicono che il governo sta lavorando a un cambio di sistema.
Con l’inganno dell’assistenza integrativa, potrebbero arrivarci addosso mutue e fondi assicurativi a sostituire, non a integrare, lo Stato in parti rilevanti della tutela pubblica.
E siccome sono cose costose, che “l’anatra zoppa” si arrangi e addio all’universalismo e alla solidarietà.
Sono convinto che un’operazione del genere è più ideologica che dettata dai problemi oggettivi della sanità, per cui c’è da chiedersi che diritto abbia un governo tecnico di mettere in croce milioni di persone con un anacronistico neoliberismo.
La situazione oggi per i cittadini è molto più pesante di quando, 50 anni fa, avevamo il sistema mutualistico: 9 milioni di persone sono fuori dall’area del diritto, 2 milioni e mezzo di nuclei familiari abbandonano le cure perché non hanno i soldi per pagarsele e solo 8 regioni riescono a fatica a garantire le cure dovute per legge.
La spesa che il cittadino sborsa per avere ciò di cui avrebbe gratuitamente diritto è altissima: siamo a 2 punti di pil. Ma questo è ancora niente.
Con la spending review, i tagli lineari e la legge di Stabilità (sono le regioni a dirlo), la situazione diventerà una “tragedia greca”. Il doppio senso non è casuale. Non mi stupisce quindi che si voglia mettere mano a un cambio di sistema con l’intenzione di frammentare e delimitare il più possibile il bacino del dissenso sociale.
Credo che la spending review sia stata sottovalutata per le sue dirompenti implicazioni non tecniche, ma politiche. È stata vista dalla maggior parte dei commentatori, regioni in testa, come una prova di rigore esagerato. MA IN REALTÀ crea di fatto le condizioni per una devastante privatizzazione del sistema.
I tagli non sono solo esagerati, ma pensati per ridefinire di fatto i confini del servizio pubblico e per definanziare il sistema. I tagli lineari stanno al definanziamento come le mutue stanno alla privatizzazione. Quindi perché meravigliarsi se oggi Monti ci viene a parlare di mutue e di assicurazioni private? Sappiamo che sulle mutue sta lavorando il ministro Balduzzi (area Pd), a conferma del fatto che la “sinistra”, pur con qualche incertezza, ci sta pensando da tempo.
Del resto, chi non sa come andare avanti ritiene saggio tornare in dietro. È inutile dire quali enormi interessi si celino dietro la ricostruzione delle mutue. Fu Rosy Bindi, oggi presidente del Pd e nel ‘99 ministro della Salute, a sdoganare con la sua riforma le mutue integrative (dopo che le mutue erano state proibite dalla riforma del 1978).
OGGI il governo Monti ci pone di fronte a una premessa fallace e a una falsa alternativa: siccome abbiamo problemi di bilancio, o aumentiamo le tasse o diminuiamo i servizi cioè cambiamo il sistema.
Tocca al riformismo vero, al pensiero forte rispondere: mi riferisco a quel riformismo che non alberga, purtroppo, né negli assessorati né nei ministeri, ma nel mondo della sanità e dei servizi, nelle esperienze dei cittadini organizzati, nei progetti e nelle strategie di medici e infermieri, nella cocciutaggine di chi in questi anni ha cercato le strade per conciliare i diritti con i limiti economici.
Occorre una “riforma pubblica” che organizzi questo immenso patrimonio. Al ricatto “più tasse o meno servizi” dobbiamo rispondere con il cambiamento intelligente che alleggerisca il sistema, che lo ripensi profondamente, che lo moralizzi dalle tante forme di corruzione e di speculazione, che riduca il numero delle malattie e dei malati, insomma che lo faccia costare strutturalmente di meno e funzionare meglio.
Far morire la sanità pubblica è un crimine contro gli italiani, perché non conviene a nessuno, neanche ai più ricchi.
Niente ci obbliga a farlo: tutti, ma proprio tutti i problemi oggettivi della sanità sono risolvibili.
Si tratta solo di svecchiare, rinnovare, reinventare, riformare… ri - formare… e ancora riformare. *Docente all'Università Tor Vergata di Roma, esperto di politiche sanitarie
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