Roma, Renzi ha già deciso: "Niente primarie per il dopo-Marino. Il nome lo scelgo io"... e chi te lo vota???

da: http://www.repubblica.it/politica/2015/10/09/news/renzi_ha_gia_deciso_niente_primarie_il_nome_lo_scelgo_io_-124662736/?ref=HREA-1

ROMA -  "Ora basta. Marino se ne deve andare e senza condizioni, senza trattative, senza buonuscite". Ieri mattina la telefonata definitiva tra Matteo Renzi e Matteo Orfini, commissario del Pd a Roma, si conclude così. "È finita e forse era meglio che finisse anche prima". I due sono sulla stessa lunghezza d'onda. Insieme avevano deciso di tenere in piedi il sindaco fino alla fine del Giubileo per votare nel 2017, con una sostanziale sovrapposizione del partito e dei suoi uomini nella gestione del Campidoglio. Ma la situazione è precipitata: con le parole di Papa Francesco e con la vicenda degli scontrini di "rappresentanza".

I tempi più brevi, con il voto in primavera accanto alle consultazioni di Milano, Napoli, Torino e Bologna, ha cambiato in corso la strategia del premier e del Pd capitolino. Renzi, già da alcune settimane, ha una lista di nomi per il prossimo candidato a sindaco, però non pensava di doverla tirare fuori subito. Soprattutto in questo contesto. Si parte da una certezza: non si faranno le primarie
La linea è: abbiamo già combinato troppi pasticci, non aggiungiamone altri. "Non ci sono le condizioni politiche per andare ai gazebo. Punto", dice un renziano. Ma l'argomento pubblico, quando partirà il tormentone primarie sì-primarie no, sarà diverso. "Con il Giubileo in corso sarebbe davvero singolare fare anche una competizione interna", dicono a Palazzo Chigi. Evitare altri guai, altre tensioni è la parola d'ordine visto che sarà già difficilissimo trovare un candidato competitivo. Per il momento infatti non c'è la solita corsa a mettersi in mostra per partecipare. Il contrario semmai. Si assiste in queste ore a un fuggi-fuggi generaleRenzi si muove con due schemi. Un nome della società civile, capace di mascherare i problemi del Pd e di non farsi sfiorare dal processo di Mafia capitale che a maggio, mese del voto, sarà in pieno svolgimento con due udienze a settimane e una sfilata di politici come imputati o come testi. O un dirigente politico puro in grado di affrontare la battaglia onorevolmente anche con la prospettiva, al momento, di una sconfitta probabile.

Nel primo caso la scelta del premier è caduta da tempo sul prefetto Franco Gabrielli. Ma l'ex capo della Protezione civile ha detto di no, in maniera definitiva. E ha parecchi argomenti per motivare il rifiuto. Fino a novembre 2016 sarà il supercommissario al Giubileo e dopo si prepara a occupare la poltrona di capo della Polizia. Nel secondo caso l'uomo giusto, secondo il premier, è Roberto Giachetti. Ma il no del vicepresidente della Camera è altrettanto netto e irrevocabile.

Allora si affacciano altre soluzioni. Tra i tecnici spunta Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica, però Renzi ci pensa perché "non possiamo spostare i pilastri di un sistema". Per una partita dall'esito, come dire, incerto poi. In pista c'è anche Giovanni Malagò, attuale presidente del Coni, ma le sue chance vanno verificate e già nei prossimi giorni il Pd chiederà sondaggi a tutti per capire i margini dei nomi in ballo e del partito stesso. ConAlfio Marchini, Renzi si è incontrato in gran segreto una volta, proprio grazie alla "mediazione" di Malagò. Non è scattato un vero feeling e Marchini ha lasciato capire che il suo obiettivo è fare il candidato unitario del centrodestra con buone chance di arrivare al ballottaggio. È in campo anche Alfonso Sabella, l'ex assessore alla Legalità. E sullo sfondo l'ipotesi di un abboccamento con Luca di Montezemolo.L'altro nome politico è Paolo Gentiloni. Fare il sindaco di Roma è il suo sogno, ma risale a prima della nomina al ministero degli Esteri. Oggi agli amici Gentiloni ripete "non ci penso proprio" ma qualche elemento in più di valutazione potrebbe convincerlo a buttarsi. Matteo Orfini si chiama fuori anche perché, ha spiegato, "con Renzi siamo d'accordo, sarò io con il segretario a gestire la partita". Ma come regista. Gira il nome di Fabrizio Barca ma ha maggiori possibilità Marianna Madia. Fu la prima a denunciare il marcio del Pd romano ma oggi fa il ministro della Pubblica amministrazione e come altri non sembra felice di buttarsi in un'impresa abbastanza disperata. Se ci fossero problemi con queste scelte, sarà fatto un tentativo con Linda Lanzillotta o, cercando un candidato di sinistra che annulli problemi con gli alleati, con Walter Tocci. Senatore dissidente, duro e puro, ma molto stimato da Renzi.

Per il momento, Renzi tace. Lo fa in maniera ostentata nel suo giro in Emilia, dove è arrivato nel pomeriggio, a distanza di sicurezza dalle beghe del Campidoglio. Una scelta che ha tutto il sapore di essere voluta, cercata. E che lo tiene lontano per 24 ore dalla confusione romana.
E Stilinga pensa che la massoneria rappresentata egregiamente da Renzi ha già deciso e vuole imporre dall'alto delle sue decisioni idiote un sindaco non organico, non onesto, non scelto dalla popolazione (ormai la democrazia non esiste per lui anzi è un impiccio da cancellare), che serva a riportare la pax mafiosa e omertosa tra dx e sx in modo da mangiare come prima, più di prima in una città come Roma, che è stata martoriata da Aledanno e dai suoi compagnucci.
Ora saranno felici e contenti i vigili urbani, gli impiegati a sbafo dell'Atac e dell'Ama e tutta la destra che ha sgovernato per un lustro e rivuole sgovernare.

A sto punto facessero Carminati sindaco di Roma e Buzzi vice.

Marchionne-UAW, il sindacato americano rialza la testa

di Federico Rampini 
da:http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2015/10/05/news/farwest-124428820/

Torna la lotta sindacale in America e a farne le spese è Marchionne. 
La clamorosa bocciatura della sua ipotesi di contratto metalmeccanico è una svolta dopo anni di pace sociale. La causa scatenante: la rivolta degli operai di serie B. 
Dopo la crisi del 2008-09 che portò Chrysler e Gm alla bancarotta, venne adottato col beneplacito sindacale un doppio regime salariale. I nuovi assunti da allora guadagnano praticamente la metà rispetto ai veterani, a parità di mansione. Ora le nuove leve ritengono che quel regime iniquo vada superato, essendo finita l’emergenza. 
La bocciatura dell’accordo è una sconfessione dei vertici del sindacato accusati di essere troppo amici di Marchionne. Ma dal punto di vista macroeconomico un po’ d’inflazione salariale è esattamente quello che ci si attende, la Fed addirittura auspica che arrivi.
La storia di questo rinnovo del contratto Fiat Chrysler è seguita con attenzione negli Stati Uniti per più di un motivo. È il contratto pilota del settore: se fosse stato approvato nel referendum dalla base di Chrysler, sarebbe stato facile far digerire un accordo simile a Ford e Gm. Poi perché la questione salariale è al centro dell’attenzione della Fed da quando alla presidenza c’ è Janet Yellen. Uno dei suoi leitmotiv è la preoccupazione per il ristagno delle buste paga. In condizioni normali dopo sei anni di crescita e con un tasso di disoccupazione del 5,1% i salari dovrebbero aumentare in misura
significativa. Invece sono quasi fermi, e spesso a livelli inferiori a quelli pre-crisi (in certi settori il potere d’acquisto reale delle retribuzioni è inchiodato da 30 anni)
Me ne sono occupato in questa rubrica citando la famosa “curva di Phillips” insegnata nei manuali di economia. In passato, con una disoccupazione al 5,1% la banca centrale si sentiva obbligata ad alzare i tassi per prevenire una fiammata inflazionistica. Ma la premessa era la vivace dinamica salariale che si ripercuoteva su costi di produzione e prezzi dei beni di consumo. 
Ora manca un passaggio: il rafforzamento del potere contrattuale dei lavoratori. 
Tra le spiegazioni, la globalizzazione che permette di ricattare gli operai con le delocalizzazioni. Ma nel caso Chrysler questa minaccia non sembra aver funzionato. Marchionne ha bisogno di produrre in America per il mercato americano, e i suoi impianti locali sono già ai limiti di capacità
Forse la classe operaia – o quel che ne resta – sta davvero rialzando la testa. E questo, oltre ad essere una buona notizia in sé, paradossalmente darebbe il via libera al rialzo dei tassi d’interesse fin qui rinviato. L’ad di Fca, Sergio Marchionne: la sua bozza di contratto con la Uaw è stata rigettata dalla base e le trattative tornano in alto mare

Grazie impiegati Air France!

Grazie cari impiegati Air France, abbiamo assistito ad una sfilata parigina molto attuale: uomini con abiti sartoriali a brandelli che fuggono inseguiti da voi che intanto urlavate "Dimissioni".

Ecco il video:
http://video.repubblica.it/economia-e-finanza/tagli-air-france-dipendenti-in-rivolta-manager-fugge-a-torso-nudo/213723/212895?ref=HRER3-1&refresh_ce

Che gli impiegati italiani prendano esempio da voi, che i manager abbiano paura, che i capitalisti che gestiscono le aziende siano in allerta: il lavoro è dignità, il lavoro è necessario per essere considerati uomini e donne a livello sociale, il lavoro è progresso umano.

Tagliare, pagare poco, accorpare, svilire il lavoro produce disastri economici, umani, sociali e spirituali.

Il coraggio, la forza (anche bruta in questo caso) e la determinazione nel chiedere le dimissioni ai manager  invece di subire passivamente i  2.900 licenziamenti è la risposta che mancava a questo andazzo idiota dell'economia europea nell'era dell'austerità.

Grazie francesi, abbiamo sempre da imparare da voi!

Forse il cambiamento dal basso è la rivoluzione. Meglio le aziende guidate dai lavoratori che quelle totalitaristiche asservite al capo bastone, schiavo solo del dio denaro.