Crisi: dal 2009 chiuse 1,6 mln di aziende

da: http://it.fashionmag.com/news/Crisi-dal-2009-chiuse-1-6-mln-di-aziende,373283.html#.UqWr-dLuKSM

Crisi: dal 2009 chiuse 1,6 mln di aziende

La crisi ha portato alla chiusura di oltre un milione e mezzo di aziende in Italia negli ultimi quattro anni, mentre è cresciuto contemporaneamente nel Paese il fenomeno delle imprese di proprietà di immigrati che rappresentano ormai circa l'11% del totale.

"La recessione ha portato alla cessazione di più di un 1,6 milioni di imprese tra il 2009 e oggi", si legge nel rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese, mentre "il commercio ambulante è cresciuto di quasi l'8% (da 168.000 operatori a quasi 181.000)" e così quello online aumentato nello stesso periodo del 20%.

"L'impresa immigrata è ormai una realtà vasta e significativa nel nostro Paese" con 379.584 i imprenditori stranieri che lavorano in Italia: +16,5% tra il 2009 e il 2012, +4,4% solo nell'ultimo anno, secondo il rapporto.

L'imprenditoria straniera si concentra in particolare nelle costruzioni (il 21,2% del totale) e nel commercio al dettaglio: un negozio su 5 è in mano ad immigrati.

Di fronte alla crisi che sta colpendo i negozi italiani - che dal 2009 sono diminuiti del 3,3% - gli stranieri sono invece cresciuti del 21,3% nel comparto al dettaglio (dove gli esercizi commerciali a titolarità straniera sono 120.626) e del 9,1% nel settore dell'ingrosso (21.440).

Quanto alla nazionalità dei proprietari, oltre 40.000 negozi sono gestiti da marocchini e più di 12.000 da cinesi. Sono 85.000 gli stranieri che lavorano in proprio. Si tratta per lo più di giovani artigiani con dipendenti italiani e stranieri. Negli ultimi quattro anni, mentre gli italiani diminuivano del 3,6%, sono aumentati del 14,3%.
© Thomson Reuters 2013 All rights reserved.

Dario Fo contro la delocalizzazione: "Così ci sfracelliamo al suolo, serve una legge" - Il Fatto Quotidiano

Dario Fo contro la delocalizzazione: "Così ci sfracelliamo al suolo, serve una legge" - Il Fatto Quotidiano

Schiaffo Censis: I politici usano la crisi per salvare le poltrone

di Carlo Di Foggia
dal www.ilfattoquotidiano.it
 Il colpo più forte lo assesta il presidente, Giuseppe De Rita, alla politica tutta: “Una classe dirigente che tende a ricercare la sua legittimazione nell’impegno a dare stabilità al sistema”. 

Un insieme di annunci drammatici, decreti salvifici e complicate manovre che “hanno la sola motivazione e il solo effetto di farla restare la sola titolare della gestione della crisi”. Tradotto, con la scusa del caos, la classe politica usa i problemi economici per legittimare la sua sopravvivenza.

 L’immagine di una elite che preserva se stessa e “non può e non vuole uscire dall’implicita e ambigua scelta di drammatizzare le difficoltà del Paese per gestirle” si specchia nella metafora del mare calmo: “L’idea che navigheremmo tutti più tranquilli è una stupidaggine, si sottovalutano le correnti sottomarine che provocano i maremoti e le tempeste”. 

L’instabilità come mezzo

 Il rapporto 2013 del Censis, presentato ieri a Roma, è un elogio dell’instabilità proprio mentre tutto il sistema politico ed economico l’allontana come un virus. 
“Non bisogna averne paura – spiega De Rita – esistono forme legate al conflitto sociale e politico che vanno lasciate a se stesse e alla loro ordinaria dinamica”. Imbrigliandole, non si illumina la realtà sociale, anzi, la “coazione alla stabilità” è la principale responsabile della fuga degli italiani dalla politica (oltre un quarto se ne è completamente allontanato), che rimane “avvitata su se stessa”mentre agita come un mantra il tema delle riforme: “Negli ultimi dodici mesi – si legge nello studio – i governi che si sono avvicendati alla fine della scorsa Legislatura e all’inizio della nuova hanno emanato oltre 660 provvedimenti di attuazione delle riforme. Ma la quota di quelli effettivamente adottati è stata pari ad un terzo”. Una paralisi anche percettiva. 

Più si moltiplicano gli interventi a tutti i costi, più cresce la sensazione della loro insufficenza rispetto alla spirale innescata dalla crisi: “Non è con continue chiamate all’affano e proposte di rigore che si costruisce una classe dirigente. Così il cambiamento è impensabile”.

Il declino in cifre 

Ma lo studio è anche un profluvio di dati drammatici, che dipingono un paese che arranca, una società senza più ossigeno, ‘sciapa’ e infelice “dove circola troppa accidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale, disinteresse per le tematiche di governo del sistema, passiva accettazione della impressiva comunicazione di massa”

Lavoro e fuga all’estero

 Il versante peggiore è quello delle famiglie. I consumi, segnalano i ricercatori, sono tornati ai livelli di 10 anni fa, mentre una su quattro fatica a pagare tasse e bollette, complice anche la crescita di altre voci, come quella per i ticket sui farmaci, aumentata in quattro anni del 114 per cento. Cresce la quota di quante si troverebbero in difficoltà in caso di spese impreviste. E il 2013 “si chiude con la sensazione di una dilagante incertezza”. Prima fra tutte, il lavoro. Oltre ai dati sulla disoccupazione (arrivata al 20 per cento al sud), ci sono sei milioni di lavoratori che si trovano in condizione di precarietà, un quarto della forza lavoro. Crescono contratti a termine, occasionali, collaboratori e finte partite Iva. E così tra il 2011 e il 2012, l’esodo degli italiani all’estero è aumentato del 28,8 per cento.

 Il dramma scuola 

Per quanto incredibile, i ricercatori del Censis spiegano che un quarto degli italiani possiede al massimo la licenza elementare. Il dato la dice lunga sullo squilibrio demografico del paese. Pur essendo concentrate nella fascia di età più avanzata, le criticità riguardano anche i giovani: il 17 per cento ha infatti al massimo la terza media e il tasso di abbandono scolastico al primo anno delle superiori supera il 10 per cento. Dulcis in fundo, nell’ ultimo anno, solo un italiano su due ha letto almeno un libro. 

Odiati stranieri 

A fronte di “un’impresa immigrata, ormai realtà vasta e significativa nel Paese” (gli imprenditori stranieri sono ormai l’11 per cento del totale), il rapporto dipinge una società impaurita. Interpellati dai sodaggisti del Centro studi, quattro italiani su cinque si sono infatti dichiarati ostili o diffidenti nei confronti degli immigrati.