Bruxelles – L’intera discussione, nemmeno ci sarebbe: se le risorse naturali dell’Africa venissero pagate al giusto prezzo e se le multinazionali che operano nel Paese non evadessero sistematicamente le tasse, molte di quelle persone che oggi tentano di raggiungere l’Europa per fuggire alla povertà, non avrebbero motivo di partire. A criticare apertamente il neo-colonialismo dell’Occidente, inclusa la stessa Europa che si presenta al summit della Valletta tra Ue e Africa nei panni del donatore buono, ci pensa il presidente del Senegal, Macky Sall. “Fino a che l’Africa non vedrà la giusta remunerazione per le sue risorse naturali sarà più o meno dipendente”, avverte durante la conferenza stampa finale del vertice, chiedendo: “È giunta l’ora di restaurare il giusto ordine delle cose”, non solo con prezzi equi per le materie prime africane ma anche spostando “la trasformazione delle risorse sul continente per creare lavoro”. Inoltre l’occidente dovrebbe impegnarsi nella “lotta contro l’evasione fiscale perché è noto che certe multinazionali che operano in Africa trovano sempre attraverso i meccanismi dei contratti che firmano con gli Stati un mezzo di scappare alla fiscalità”, denuncia ancora Sall.
Certo l’Africa non è indenne da colpe: anche “malgoverno e corruzione sono cause di povertà assoluta”, ammette il leader senegalese. Ma “l’evasione fiscale e il trasferimento fraudolento di risorse dall’Africa sono valutati più di 60 miliardi di dollari l’anno” dunque “il solo 10% di questo patrimonio permetterebbe all’Africa di essere indipendente, di fare a meno degli aiuti pubblici allo sviluppo e anche di rimborsare totalmente il suo debito”. Insomma l’Occidente che ora si lamenta dei migranti africani, dovrebbe preoccuparsi di non contribuire all’impoverimento del continente. “Questa battaglia l’abbiamo portata ovunque: al G7, al G20, alle Nazioni Unite e anche qui” al vertice con l’Europa, spiega Sall.
In ogni caso, secondo il rappresentante africano, l’Ue dovrebbe “sdrammatizzare” il suo approccio alla questione migratoria: “Da sempre quando ci sono differenze di sviluppo, le persone migrano verso i Paesi più sviluppati”, sottolinea Sall, ricordando che “fino a uno o due secoli fa era l’Europa che in massa migrava verso l’America”. Si tratta “di un fenomeno naturale, che va sdrammatizzato”, concentrandosi sulla “organizzazione della mobilità regolare e sulla lotta contro i traffici che sfruttano la povertà della popolazione africana per alimentare questo commercio ignobile che è l’immigrazione clandestina”.
Proprio questi sono due dei punti del piano di azione concordato oggi da Paesi africani e Unione europea. Una tabella di marcia ambiziosa che contiene “una serie di azioni molto concrete” da mettere in atto entro la fine del 2016, sottolinea il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Punto centrale è l’accelerazione sui rimpatri e sull’aiuto ai Paesi africani per il reinserimento delle persone rimpatriate. L’Ue si impegna anche ad aprire alcune vie di accesso legale per l’ingresso dei cittadini africani, anche se l’impegno concreto si limita per il momento a borse di studio per gli studenti e a progetti pilota per ricerca o formazione.
Nel corso della due giorni l’Ue ha anche firmato l’atto che lancia ufficialmente il trust fund (fondo fiduciario) per combattere le cause dell’immigrazione irregolare dall’Africa. Un passaggio formale che non aumenta però gli impegni concreti degli Stati, che restano limitatissimi rispetto alle attese. La Commissione europea ha messo sul piatto 1,8 miliardi di finanziamenti e altrettanto si erano impegnati a fare i Paesi Ue che per il momento, però, hanno tirato fuori soltanto 81,3 milioni di euro.