Habermas: "La Merkel in una notte si è giocata la reputazione della Germania costruita nel Dopoguerra"

da: http://www.repubblica.it/economia/2015/07/16/news/habermas_la_merkel_in_una_notte_si_e_giocata_la_reputazione_della_germania_costruita_nel_dopoguerra_-119225926/?ref=fbpr

La linea del governo tedesco ha annullato quanto di buono è stato fatto in oltre 50 anni per ridare al Paese un volto più umano, dopo i terribili eventi del secondo conflitto mondiale. Contro la Grecia: "Un atto punitivo", ha detto il filosofo tedesco in una intervista al The Guardian

MILANO - Il filosofo Juergen Habermas ha accusato la cancelliera tedesca Angela Merkel di essersi "giocata", con la sua linea dura contro la Grecia, la reputazione tedesca, faticosamente ricostruita dopo la Seconda guerra Mondiale. Contro il governo greco di Alexis Tsipras è stato compiuto "un atto punitivo", ha detto il filosofo tedesco in un'intervista al the Guardian.

"Temo che il governo tedesco, compresa la sua fazione social democratica, si sia giocato in una notte tutto il capitale politico che la migliore Germania aveva accumulato in mezzo secolo", ha dichiarato Habermas aggiungendo che i precedenti governi avevano dimostrato "maggior sensibilità politica e una mentalità post nazionalista".

Minacciando la Grexit, la Germania "si è posta senza vergogna come la responsabile della disciplina europea e per la prima volta ha apertamente rivendicato l'egemonia in Europa", ha aggiunto l'86enne filosofo tedesco, fra i maggiori sostenitori dell'integrazione europea. 

A suo parere, l'accordo raggiunto a Bruxelles, "non ha senso dal punto di vista economico, a causa della miscela tossica di necessarie riforme strutturali dello stato e l'economia assieme a imposizioni neoliberali che scoraggeranno un'esausta popolazione greca e uccideranno ogni crescita".

Cari greci, i grigi Stati del Nord vi stanno uccidendo di austerity perché invidiano la Grande Bellezza del Sud Europa

da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/16/cari-greci-i-grigi-stati-del-nord-vi-stanno-uccidendo-di-austerity-perche-invidiano-la-grande-bellezza-del-sud-europa/1877471/

LA PROVOCAZIONE - I Paesi settentrionali dell'Ue, che hanno radici culturali in una visione del mondo rigorosa e disciplinata nata con il luteranesimo e il calvinismo, considerano Grecia, Spagna, Italia e Portogallo come scolari inaffidabili e inadeguati a gestire la cosa pubblica. E con le loro brume, i grandi silenzi e le lunghe notti invernali sono invidiosi della qualità della vita dei popoli meridionali. Ma quando al Nord c’erano ancora tribù primitive, ad Atene Aristotele metteva in guardia i cittadini dall’insolenza dei demagoghi, e anche questo la dice lunga sulla gente del Meridione, sulla loro capacità di capire come la democrazia e il suo esercizio non siano categorici
Sappiano gli amici greci, che quella dei virtuosi tedeschi, degli intransigenti finlandesi, dei parsimoniosi olandesi e di tutti quei paesi nordici che accusano Atene di avere vissuto al di sopra dei loro mezzi, di aver dissipato i cospicui aiuti finanziari e di non pagare le tasse, è solo invidia. Atavica invidia, intrisa di pregiudizi che hanno radici culturali nel luteranesimo, nel calvinismo, in una visione del mondo rigorosa, disciplinata, ordinata persino quando è disordinata. E’ il grande Nord che disprezza il piccolo Sud. Il Nord che teme la disgregazione e predica la compattezza a senso unico, e a suo esclusivo vantaggio. Il Nord che invidia labellezza del Sud, il Nord spesso deprimente dei “plats pays”, delle brume, delle lunghe notti invernali, dei grandi silenzi e della grandenoia. Dove tutto è perfetto, persino i boschi e le foreste sono trattate come isole pedonali. Ma che noia! Per questo, quando torme selvagge di tifosi del Grande Nord approdano al Sud, spaccano tutto quello che trovano ebbri di spavalda autostima, come fecero i lanzichenecchi e i barbari invasori, a cospetto della Grande Bellezza!
La Grecia, e pure laSpagna, l’Italia, ilPortogallo e una buona parte della Francia – quella meridionale, guarda caso la più interessante e bella – sono viste come scolari troppo vivaci e indisciplinati, magari intelligenti, talvolta geniali, però anche inaffidabili, capaci di dissipare quello che sono riusciti a realizzare, più spesso inadeguati a gestire la cosa pubblica, a mantenere la coesione sociale, a controllarne le derive populiste, a minacciare gli equilibri economici: senti da che pulpito arriva la predica!

L’invidia è una brutta malattia. Fa dire cattiverie che aumentano la confusione. Una frase ripetuta a ritmi martellanti è questa: “Atene èresponsabile di quel che le sta succedendo”. Chi sostiene questa tesi dice che bisogna smettere di dare la colpa all’Europa, poiché la Grecia sta affondando sotto il peso del suo regime oligarchico e col rifiuto di pagare le imposte, con la connivenza delle autorità. A supporto dell’accusa ci sono i numeri, il vangelo del Nord. Li rubo all’economista Christian Saint-Etienne, titolare della cattedra di economia al Conservatorio nazionale francese delle arti e dei mestieri: “La Grecia si è messa largamente tutta da sola nella sua situazione attuale, perché il paese ha beneficiato di 200 miliardidi Euro di fondi strutturali dall’inizio del suo ingresso nell’Unione europea e non ha saputo sviluppare un’economia competitiva. Lo Stato è strutturalmente debole e l’evasione fiscale considerevole. Dopo la crisi del 2009-2010, la Grecia ha beneficiato di una cancellazione del debito di 105 miliardi di Euro dalle banche nel 2012 e di una riduzione degli interessi che porta l’aiuto accordato al paese a circa 175 miliardi di Euro. Se si aggiungono i 200 miliardi di trasferimenti strutturali, la Grecia ha già ottenuto un aiuto dall’Ue di 375 miliardi di Euro, superiore al doppio del suo prodotto interno lordo attuale!”. Aggiunge che senza questi aiuti il debito reale sarebbe di 495 miliardi. Che brucia 20-25 miliardi di contanti all’anno. Insomma, un “pozzo senza fondo”.La Grecia, e pure laSpagna, l’Italia, ilPortogallo e una buona parte della Francia – quella meridionale, guarda caso la più interessante e bella – sono viste come scolari troppo vivaci e indisciplinati, magari intelligenti, talvolta geniali, però anche inaffidabili, capaci di dissipare quello che sono riusciti a realizzare, più spesso inadeguati a gestire la cosa pubblica, a mantenere la coesione sociale, a controllarne le derive populiste, a minacciare gli equilibri economici: senti da che pulpito arriva la predica!
Questi numeri hanno imposto la messa sotto tutela del popolo greco. Come gli otto piani precedenti, il nuovo piano d’austerità – altra parola che il Nord vuole imporre al Sud come regola di vita – aggraverà la recessione e il deficit pubblico, è l’opinione diThomas Coutrot, economista e membro del consiglio economico di Attac (Association pour la taxation des transactions financières et pour l’action citoyenne), che ha sottoscritto il manifesto degli economisti atterriti, per i quali il paradigma neoliberista – altra professione di fede del Nord – è sempre in auge, nonostante i suoi ripetuti ed evidenti fallimenti: “L’Europa è prigioniera della trappola che si è costruita”. Già. Ma quale Europa l’ha approntata? Certo, non la Grecia.
L’amico Philippe Brunel, giornalista e scrittore di ciclismo, propone – e io condivido – un irriverente, ma poi non tanto, paragone tra lo sport delle due ruote (sto seguendo il Tour de France, ndr) e il caso Grecia. E’ una questione più che economica,esistenziale. Dice Philippe che il ciclismo continua ad essere uno sport popolare, democratico: corrono insieme poveri e ricchi – d’ingaggi, si intende – rispettando le stesse regole. Può succedere così che un povero s’imponga davanti a un ricco. E tuttavia, di recente, vi sono squadre di grande budget che storcono il naso quando si vedono costrette nelle più importanti corse a tappe (la trojka Tour, Giro, Vuelta) a gareggiare con formazioni modeste e con corridori spesso sconosciuti e pagati ben poco, rispetto alle gradi star della bicicletta. Ma questo è proprio il bello del ciclismo, aggiunge Brunel, “il piccolo può immaginare che in un qualche momento della corsa può accedere alla vetta e vincere, quello che nella vita è in realtà assai più difficile”.
Con la Grecia per un certo tempo è stato lo stesso. Hanno detto ai greci che erano i benvenuti, che si correva tutti insieme e, quando si è varata la moneta unica, gli hanno ribadito che andava bene così, fingendo di non sapere quali fossero le reali condizionifinanziarie ed economiche del Paese. I greci hanno sempre saputo d’essere la gente piccola dell’Ue, e che il confronto con la gente ricca non poteva essere quello del denaro, della potenza economica o del potenziale produttivo. I greci sognavano d’essere accettati per quello che erano. Adesso invece gli dicono che se vogliono restare devono dimenticare tutto: tagliare stipendi e pensioni, indebitarsi a vita, rinunciare a pezzi importanti, vitali della loro sovranità. Cioè il vero prezzo del sogno europeo. Peggio. Con la Grecia si è applicato cinicamente un celebre principio maoista: educarne uno per educarne cento. La lezione alla Grecia da parte dei maestri del Nord è la lezione a quell’Europa del Sud che non rispetta scrupolosamente le regole, che si ostina a privilegiare altri valori, soprattutto a quell’Europa che non crede nella politica dell’austerità.
Un fantasma si aggira di nuovo per l’Europa, ed è quello dell’europeo che non vuole farsi schiacciare dall’ipocrisia di chi predica bene e razzola male, nel giardino degli altri. L’invidia è cattiva consigliera, quando nelle selve oscure del Nord c’erano tribù di cultura primitiva, ad Atene i greci potevano ascoltareAristotele mettere in guardia i cittadini dall’insolenza dei demagoghi, e anche questo la dice lunga sulla gente del Sud, sulla loro capacità di capire come la democrazia e il suo esercizio non siano categorici. Il confine tra dignità e fierezza è assai sottile, dovrebbero saperlo i compatrioti di frau Merkel, “nessun ente supremo a salvarci verrà/non Dio, non Kaiser, non tribuno/Se vogliamo libertà dalla nostra miseria/ottenerla dovrem da noi, soli” si ascolta nella versione tedesca dell’Internazionale.

Capisco i dubbi ma così Angela sta sbagliando tutto

da Repubblica 12.7.15
Pensare solo al denaro e ai crediti dimenticando le masse di giovani senza lavoro è una politica che subirà la vendetta della Storia
di Peter Schneider


VIAGGIO spesso in Italia, a Londra o a Parigi, e negli States. Ovunque da viaggiatore leggo delle opinioni e dei moniti di economisti del calibro di Krugman, Stiglitz o Piketty sui rischi di un default greco. Solo in Germania, su quelle voci cade il silenzio. Nemmeno risposte di disaccordo: silenzio totale. Ho l’impressione che i resoconti dei media da noi siano estremamente unilaterali. Le grida d’allarme di Krugman, Stiglitz, Piketty, e dello stesso Fmi, la loro chiara constatazione che la Grecia non sarà mai in grado di rimborsare quella montagna di debiti, da noi non sono nemmeno confutate con opinioni di-verse: sono ignorate e basta. Schaeuble e Angela Merkel si comportano come presumendo che i greci ripagheranno tutto, e trasmettono questa supposizione alla società tedesca, perché altrimenti sarebbero loro due a rischiare davanti ai loro elettori.
Viviamo in una situazione tristemente paradossale, pur avendo media liberi e di alta qualità: la maggioranza dei tedeschi pensa che paghi solo la Germania, al massimo con Olanda e Austria. Non sanno che i paesi creditori sono anche Francia e Italia, o i Baltici da poco usciti dal dominio sovietico, o altri. Non è una Gleichschaltung , parola che evoca tempi tristi, però è un’ostinazione a pensare solo al denaro. Ho l’impressione che gente come Krugman, Stiglitz, Piketty, per questo non vengano presi sul serio. Questo silenzio dovrebbe indurre a riflessioni inquietanti.
Angela Merkel è una grande wahrheitsvermeiderin ( una persona che cerca di evitare la verità, ndr), non vuole in nessun caso dire chiaramente o imporre al paese, all’opinione pubblica, ai suoi elettori, la semplice verità, che recita: i greci non ce la faranno mai, prolungare le rate non basta, ci vuole un haircut. E contemporaneamente, viviamo una crepa nel rapporto con la Francia, con buona pace di vertici bilaterali Merkel- Hollande che irritano gli altri. Francia e Italia, sul dramma greco, hanno una posizione diversa da Berlino. Comporre la frattura è possibile solo se si abbandona il dogma secondo cui chi ha debiti deve sempre ripagarli tutti. In politica questo assioma non vale. Altrimenti i tedeschi non avrebbero ricevuto nel 1953 un haircut del 60 per cento dei debiti, e via, allora molti avrebbero potuto dire “proprio a loro questo regalo?”.
Dilettante o mistificatore che possa essere, Tsipras non ha né scatenato una guerra mondiale né deciso la “Soluzione finale”, torniamo alle proporzioni. Certo, non posso giudicare quanto seriamente i greci s’impegnino a riforme necessarie, può darsi che non ne siano capaci. Eppure, il peggio è come Merkel e Schaeuble affrontano questa crisi dell’eurozona. Non penso solo alla Grecia, penso alle masse crescenti di giovani senza lavoro in tutta l’Europa mediterranea, generazioni bruciate il cui destino questa Berlino non vede. Vogliono sacrificare queste generazioni al totem dello scontro politico sul rimborso dei debiti dei loro paesi? Bene, decidano così, ma allora subiranno la vendetta della Storia.
E purtroppo non è finita. La crescita di populisti euroscettici e autoritari in paesi-chiave come Italia e Francia minaccia al cuore le stesse strategie tedesche. Certo, Angela Merkel vuole tenere la Ue insieme, non vuole restare nella Storia come la demolitrice o becchina dell’Europa. Però non si vedono segnali di una politica che vada e guardi oltre alla prospettiva da contabili dei problemi delle pubbliche finanze.
La “Sparpolitik” è fallita, aumenta debiti sovrani e miseria in troppi paesi europei, la Germania che non vuole essere leader ma lo è diventato deve imparare a vederlo. E invece non lo vede. Non è disegno malevolo dei nostri leader, ma sono diventati prigionieri della loro politica fallita e ne rendono prigionieri anche gli altri europei. Merkel cerca di coprire questo suo disastro con un mantello. Anche con buoni argomenti. Come l’affermazione che fare sconti alla Grecia creerebbe irritazione in paesi che hanno fatto sacrifici, dai baltici agli spagnoli agli irlandesi o ai portoghesi. Eppure, comunque vada a finire, Berlino dovrebbe capire che la politica del rigore è fallita e che urgono idee nuove per rilanciare l’economia in tutti questi paesi, per ridare ai giovani un futuro. Un proverbio tedesco dice che in una controversia il più saggio cede. Non credo che noi tedeschi siamo i più saggi, ma certo siamo i più forti. E allora, per non gettare generazioni bruciate dal rigore in braccio ai peggiori populisti, e non lasciarle preda dell’odio contro di noi, noi più forti dovremmo concedere qualcosa. Dicendo agli elettori tedeschi: “Amici, questi soldi non ritorneranno”.
(testo raccolto da Andrea Tarquini)