Grecia: il discorso di Tsipras che proclama il referendum (in Italiano)

da: http://cambiailmondo.org/2015/06/27/grecia-il-discorso-di-tsipras-che-proclama-il-referendum-in-italiano/


Tsipras10Il testo in italiano del proclama di Tsipras per il referendum.
Venerdì notte 26 giugno 2015
 
Greche e greci,
da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di
asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.
In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.

Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi  e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.

La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia.

Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.

Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.
 
Greche e greci,
in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.
Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.

Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.
 
Greche e greci,
a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza  prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. 

All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.

La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.

E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.

E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.

In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. 

Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. 

La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. 

Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.

Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.
Alexis Tsipras

Scuola, la riforma di destra (fatta da Renzi che dice di essere il presidente del PD, ex partito di sinistra, o meglio partito dalla sinistra ed andato a destra)

di Amalia Signorelli
da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/26/scuola-la-riforma-di-destra/1819530/
A mio modo di vedere la cosiddetta riforma della scuola è, tra le ‘belle’ innovazioni partorite da Renzi e dal suo governo, la più carica di conseguenze nefaste per l’Italia. Due premesse: al di là delle rituali giaculatorie sull’importanza della scuola, rimane il fatto che l’istruzione di massa è il più potente strumento di autoriproduzione o di automodifica non cruenta che una società moderna possiede. E’ a scuola che ciascuno di noi ha imparato a ragionare (o a mal ragionare) e ha imparato i contenuti e i modi del suo ragionare, che per altro porterà con sé per tutta la vita. (Non sottovaluto la famiglia, ma qui sto tentando un altro discorso).
Ma – seconda premessa – proprio per questo suo potere riproduttivo o innovativo, la scuola ‘buona’ o ’bella’ non esiste. Non esiste in sé. Esistono solo modelli specifici di istruzione buoni per riprodurre una determinata società o per modificarne un’altra in una determinata direzione. E non si tratta solo di contenuti (più matematica o più musica): si tratta di valori. Scuola autoritaria o permissiva, meritocratico-competitiva o cooperativa, conformizzante o diversificante, scuola che incoraggia le parità di genere o ignora il problema. E così via.
E’ per questo, per essere sempre la realizzazione di un progetto, che comunque la scuola, ogni scuola, è sempre anche il frutto di scelte e decisioni politiche. Non esiste la scuola neutra.
Di queste due premesse la sinistra italiana non ha mai tenuto molto conto: dimenticando Gramsci, ha sempre ritenuto che il Ministero del Lavoro fosse più strategico di quello della Pubblica Istruzione.
Tuttavia l’Italia repubblicana ha avuto un modello di scuola coerente con il suo modello di società: è quello tracciato nella Costituzione. E’ una scuola tesa al massimo verso un modello di cittadinanza egualitaria e libera. E’ una scuola laica, nettamente non confessionale, aperta a tutti; è obbligatoria e gratuita fino al massimo livello di età che lo Stato ritiene di poter garantire a tutti; e coloro che, senza mezzi, dimostrano capacità e impegno, avranno sostegni per andare oltre.
Gli insegnanti sono selezionati attraverso concorsi; il relativamente alto grado di autonomia di cui gode[va]no nell’esercizio delle loro funzioni nasce[va] dal convincimento del Costituente che la professione dell’insegnante sia di quelle che possono essere regolate solo dalla scienza e coscienza da chi le esercita.
La scuola deve essere dunque un potente strumento di uguaglianza, di acquisizione uguale per tutti degli strumenti di base della partecipazione sociale, civile, economica e politica alla vita del proprio paese
Pertanto l’omogeneità degli ordinamenti e dei programmi non è un’imposizione autoritaria, ma uno strumento di produzione di uguaglianza. Questa bella scuola poteva essere fatta crescere, come dimostrò la istituzione della Scuola media unica (1961).
Ma poiché a scuola impariamo a ragionare, in questa scuola si ragionava troppo perché potesse piacere a quei gruppi di potere che aspirano al controllo monopolistico sul ragionamento dei cittadini. 
Avanti allora a distruggere la scuola pubblica: diminuzione relativa progressiva dei salari e perdita di prestigio di una professione femminilizzata e mal pagata; diminuzione relativa progressiva dei fondi per le attrezzature e per l’edilizia; piccole riforme , il cui unico scopo era l’introduzione progressiva di elementi confessionali nel sistema- scuola d’Italia; fino ai trionfi morattiani e gelminiani.
In verità Renzi, con questa “riforma di destra” (Schifani dixit) ha portato avanti il lavoro ‘sporco': ha introdotto tra i compiti della scuola quello di produrre per le aziende un poco addestrato ma permanente esercito di riserva, il cui compito non è tenere bassi i salari, ma dimostrare che non necessariamente il salario è un diritto di chi lavora. Quanto agli insegnanti, la loro scienza e coscienza è una moneta che non ha più corso. Fannulloni e inconcludenti, un sistema di bastone e carota provvederà a rimetterli in carreggiata, mentre i più disponibili e volonterosi diverranno i/le favoriti/e dell’ormai celebre preside sceriffo. E saranno esempi virtuosi per i loro alunni.
Ma non è tutto questo il peggio, anche se, lo confesso, centinaia di migliaia di docenti in piazza mi aveva fatto sperare che andasse un po’ meglio.
No, la cosa per me agghiacciante, è il doppio ricatto con il quale la ‘riforma’ è stata portata a compimento. Ai docenti: o fate come dico io o dite addio alle immissioni in ruolo. E ai parlamentari del Pd: o fate come dico io o dite addio alla poltrona. Con una differenza: i docenti continuano a dire di no; i parlamentari hanno scoperto di avere un altissimo senso della responsabilità che impedisce loro di provocare una crisi di governo “che in questo momento l’Italia non può permettersi”. Gli “irresponsabili” sono stati quattro, ai quali va la mia stima.
Visto che il Parlamento serve sempre a meno, a quando la sua trasformazione in Assemblea dei parlamentari muti?
P.S. Cara ministra Boschi, se le fa piacere, può anche dirmi che houn’allucinazione.