Boeri: "Politici vili per non aver informato lavoratori sulle loro pensioni future''

da: http://video.huffingtonpost.it/economia/boeri-politici-vili-per-non-aver-informato-lavoratori-sulle-loro-pensioni-future/3977/3968

"Credo che negli ultimi vent'anni ci sia stata un'ignavia di Stato per cui politici e governi non hanno voluto informare i cittadini sui cambiamenti derivanti dal passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo". Così il presidente dell'Inps Tito Boeri annunciando l'operazione "La mia pensione", che da maggio permetterà ai lavoratori di calcolare il loro futuro trattamento previdenziale. Pur ammettendo di essere "molto preoccupato" in particolare per le pensioni dei lavoratori parasubordinati, Boeri spiega: "C'è stata paura di reazioni sociali negative, ma in realtà abbiamo visto che anche chi scopre di avere una pensione più bassa di quello che credeva, preferisce saperlo".

La normalità del male di Stato

Il Fatto Quotidiano, 23 aprile 2015 di Roberta De Monticelli

C'è un fenomeno talmente appariscente che non lo vediamo più. Grande come un monumento - talmente familiare che diventa invisibile. O forse è invisibile come l'aria, o perché ci nuotiamo dentro, come pesci nell'acqua. Chiamiamolo con il suo nome. È una specie di conversione di massa. Ma non a Dio, e neppure al nulla.

Non è un'esaltazione di massa, o un suicidio di massa, come la storia umana ne ha visti. È qualcosa di apparentemente più banale. È una conversione alla realtà. "Tutto quel che è reale è razionale" - dice il filosofo che dà ragione alla forza, purché vinca. "Tutto quello che è reale è normale", dice il cinismo - che ha permeato il linguaggio comune. Alla parola "normalità", nel suo uso corrente, non è rimasta più neppure una traccia di quello fra i suoi significati che discendeva direttamente dalla parola "norma".

Normale è ciò che si fa, in particolare contro le norme. Corruzione a norma di legge: non è solo il titolo di un bel libro di Barbieri e Giavazzi sulle Grandi Opere, ma è il nome più generale di quello che ci accade. Tagliamo ormai sistematicamente i vestiti sulla misura delle gobbe. Pare che tornerà presto fuori uno dei vestiti gobbi più carini proposti dal governo Renzi: la modica quantità di frode fiscale. Normale è l'abuso di potere, normale la condanna, ci si rimedia abusando al quadrato: si corre per la presidenza della propria regione, con gli auguri e l'affetto del presidente del Consiglio, un cavillo per non applicare la legge ci sarà pure.

Normale è trafficare con le mafie e governare, anzi essere condannato per associazione a delinquere, quindi vincere le primarie e candidarsi a sindaco. E perché non deve succedere a Giugliano, se dalle Alpi alla Sicilia l'immenso cantiere a delinquere ha prodotto 600 opere incompiute per una voragine di miliardi intascati. 

Anzi, che sarà mai un abuso di potere o un'associazione a delinquere, se correre per la presidenza della propria regione non si nega neppure a chi è indagato per disastro e omicidio colposo, anche se il partito che ti sostiene è quello che la regione l'ha massacrata a furia di incuria e cemento. Che sarà mai. Mica han fatto ammazzare e torturare qualcuno, no, questi?

Allora sì che uno lo si punisce, per esempio con la presidenza di Finmeccanica (è noto che per fare i capi d'industria e i capi della polizia le competenze son le stesse). Anche la svendita dell'ultimo bene comune, la bellezza, dalle nostre parti, è a norma di legge. Leggere l'ultimo libro di Tomaso Montanari, Pri - vati del patrimonio (Einaudi, 2015) per credere. Ricorderete la scena del presidente del Consiglio che si fa venir sonno soltanto a nominare la parola "Sovrintendenze": già alla terza sillaba, dice, uno casca addormentato.

L'ha detto e l'ha scritto: ma non è una battuta, è il preciso progetto di smantellare il sistema delle Sovrintendenze per trasformarlo in quello delle Fondazioni, che - dal Museo Egizio di Torino fino al Maxxi di Roma - sono esempi disastrosi di pura e semplice lottizzazione politica del patrimonio. 

Né Stato Paternalista-Custode né efficienza economica privatistica, ma molto peggio di entrambe le cose: appropriazione privata di risorse pubbliche, tramite loro concessione da parte delle consorterie politiche alle consorterie amiche.
È parte integrante del progetto massacra-paese che hanno chiamato Sblocca-Italia. Sblocca: proprio perché così chi ci si fosse opposto sembrasse un "bloccatore", uno che mette le pastoie, uno ossessionato dalla conservazione.

 Del resto il primo dei beni pubblici è la nostra lingua: corrompiamo anche quella, e addio alla logica, al senso critico, alle distinzioni. Un "conservatore" di museo lo impallina il suo nome: via, via, abolire! Svolta buona!

Piero Calamandrei nel lontano 1954 parlava di "...questa scissione fra popolo e Stato, per cui il popolo ha sentito lo Stato come una oppressione estranea, come una tirannia, come un nemico che stava al di fuori e al di sopra di lui". 

Ma oggi? Quando il senso dello Stato come oppressione estranea è espresso da chi lo governa, non è nei confronti dello Stato la sfiducia, ma nei confronti dell'idealità che uno Stato dovrebbe incarnare. Sono gli stessi uomini di Stato che hanno smesso di credere - semmai in Italia abbiano creduto - al valore e all'altezza del loro servizio. Forse sotto sotto è sempre stato così, in Italia.

Don Chisciotte è morto per la Repubblica, ma a governarla è andato Sancho Panza. Ma no, molto peggio. C'è andato don Rodrigo, assieme a don Abbondio, con l'aiuto di Scarpìa. Siamo abituati a legare l'espressione "banalità del male" ai totalitarismi del secolo scorso, alle figure dei gerarchi nazisti o fascisti. Ma questo è sbagliato. Lo stesso errore che hanno fatto i tantissimi che hanno reagito con scherno e incredulità quando "Libertà e giustizia" ha cominciato a denunciare, un anno fa, la svolta autoritaria.

Perché tutti legano alle parole immagini del passato, e non vedendo in giro manganelli e fez credono che siano esagerazioni di gufi e cornacchie. Ma è sempre lo stesso sbaglio. Come i valori non sono cose della tradizione, ma dato nuovo d'esperienza quotidiana, così i disvalori non sono mai gli stessi di prima. Quello che resta uguale, è solo la nostra colpa. La cieca e dissennata assenza, la desistenza di cui parlava Calamandrei.

Della realtà che avanza ha colpa, come al solito, non chi sta al potere, ma chi lo regge, sorregge e legittima: noi. Se lo Stato buono siamo noi, siamo noi anche lo Stato cattivo, quello che sopprime i vincoli di legalità per rafforzare i vincoli di consorteria. L'articolo 1 della nostra Costituzione dice che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. C'è un'ovvia interpretazione che magari non piacerà ad alcuni, ma credo che sia quella buona. La suggerì Gherardo Colombo. È una Repubblica fondata sul lavoro della cittadinanza. Sulla veglia, l'attenzione, l'impegno, la presenza dei cittadini. Tutte cose faticosissime. Senza le quali, la Costituzione si svuota di senso: a quel punto, stravolgerla è facilissimo. Come stanno facendo ora.