Il nuovo trend nel marketing dei film (brutti, ma brutti!).


Pare che per indurre le persone ad andare al cinema a vedere film (brutti, ma brutti proprio) a vero rischio flop, oramai i maghi (?) del marketing si arrampicano sugli specchi e agitano anche la diplomazia e sollevano bufere polemiche che sono solo bolle mediatiche che purtroppo in Italia i media (tutti) fanno emergere senza filtro, senza buon senso, giusto per favorire le case di cinema USA e per attirare l'attenzione del pubblico italiano che speriamo sia abbastanza scaltro per evitare di buttare al cesso i soldi per questi schiamazzati e assurdi nonchè super inutili movies!

Stilinga trova davvero che 
i nostri media questa bufala mediatica  se la potevano evitare e potevano fare decantare le cavolate che ci proprina il marketing USA in modo da salvare gli italiani dal vedere schifezze atomiche quando già tra tasse e regali e mangiate di natale essi hanno straspeso i soldi che non hanno!

Inoltre, se questa è l'ultima frontiera del marketing (e FBI gli ha dato credito! so' proprio scemi e paranoici!), allora significa che i prodotti che realizzano in USA sono a qualità ZERO.

Troppo fumo, nessun arrosto!

Qua sotto ci sono due esempi eclatanti di questo nuovo trend nel marketing (sempre più vero metodo idiota per lanciare orridi prodotti).

Se la qualità c'è, emerge sempre e non è necessario usare roboanti strategie assurde per tirare pacchi ai consumatori.
E basta!


da: http://www.corriere.it/spettacoli/14_dicembre_27/cinema-egitto-marocco-censurano-exodus-film-biblico-ridley-scott-511fa76c-8de4-11e4-8076-7a871cc03684.shtml

Cinema, Egitto e Marocco censurano «Exodus», film biblico di Ridley Scott

Rabat: «Rappresenta Dio». Il Cairo: «Film sionista, non sono stati gli ebrei a costruire le Piramidi». Nel mirino anche il miracolo della separazione del Mar Rosso

Dopo l’Egitto anche il Marocco ha vietato l’uscita del film «Exodus - Dei e Re», l’ultima fatica - in 3D - di Ridley Scott. Il film riguarda, infatti, la storia biblica della fuga di Mosè dall’Egitto, ed è stato proibito con una decisione assunta venerdì perché «rappresenta Dio», ha spiegato la distributrice per il regno africano, Mounia Layadi Benkirane.
La rappresentazione del divino
Il film contiene, infatti, una scena di «rappresentazione divina» quando un «bambino offre la rivelazione al profeta Mosè», ha spiegato un delegato del Centro cinematografico marocchino, la commissione di censura del regno. Nessun documento scritto e, ufficialmente, niente ordini, solo «un suggerimento riferito ai distributori» e che ha «valore per tutto il Marocco». Il semaforo rosso è arrivato alla vigilia dell’uscita in sala della pellicola che ora, però, secondo fonti locali sta girando in rete in versione pirata con i sottotitoli in arabo.
Film razzista?
La produzione americana, costata ben 140 milioni di dollari, negli Stati Uniti ne ha già incassati 39 in due settimane di sala. Le polemiche non erano comunque mancate nemmeno oltreoceano, dove si è contestato il fatto che gli attori di colore hanno interpretato prevalentemente i ruoli di schiavi e ladri, mentre i ruoli di Mosè e dei faraoni egiziani sono stati affidati ad attori bianchi.
La censura egiziana e il «miracolo negato»
La prima censura era stata quella dell’Egitto, con il pretesto di «imprecisioni storiche». Il film, infatti, attribuisce il miracolo della divisione delle acque (miracolo riconosciuto da tutte e tre le religioni monoteiste: ebraica, cristiana e musulmana) a un terremoto.Il ministro della Cultura, Gaber Asfour, aveva parlato di «film sionista per eccellenza, perché presenta la storia da un punto di vista sionista» che ha fatto «di Mosè e degli ebrei i costruttori delle Piramidi, in contrasto con la realtà storica dei fatti».
Gli altri film censurati e Ridley Scott
«Exodus» va ad aggiungersi alla lunga lista di film censurati in Marocco, che comprende tra gli altri, «Love Actually», la commedia romantica con Hugh Grant, e «BraveHeart» con Mel Gibson, ma anche pellicole bibliche come «Noah» di Darren Aronofsky, con Russel Crowe nei panni del protagonista. Una curiosità, in questo caso, però, è che Ridley Scott è particolarmente affezionato al Marocco, dove aveva girato nel 2004 «Le crociate - Kingdom of Heaven»

Sony: "E se non fossero i nordcoreani?". Tutti i dubbi degli esperti sul cyberattacco


Sony: "E se non fossero i nordcoreani?". Tutti i dubbi degli esperti sul cyberattacco
(ansa)

da: http://www.repubblica.it/tecnologia/2014/12/28/news/sony_e_se_non_fossero_i_nordcoreani_tutti_i_dubbi_degli_esperti_sul_cyberattacco-103838887/?ref=HREC1-4
Da quando l'Fbi ha ufficialmente attribuito a Pyongyang la responsabilità della breccia nella rete della multinazionale cinematografica e delle minacce sul film The Interview si susseguono critiche, dubbi e ipotesi alternative sul coinvolgimento del regime asiatico nell'operazione. Che avrebbe potuto colpire scegliendo bersagli ben più sensibili



Potenza, licenziato il chirurgo che denunciò l'omicidio in sala

Di Antonello Caporale da il http://www.ilfattoquotidiano.it/

La denuncia, così estrema, chiara, dettagliata, lucida, corrispondente alla verità nuda dei fatti, ha provocato un tale discredito all’ospedale che il suo autore è stato licenziato. 
Quindi il denunciante, il cardiochirurgo Fausto Saponara, la settimana scorsa è stato licenziato dall’azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, indispettita e incattivita per essersi rivista nei tg e sui giornali in ragione di una strana morte accaduta dentro le sue mura su un lettino operatorio due anni fa. 
Si spera così che la lezione serva a tutti e che Saponara, d’ora in avanti, impari a custodire le parole in tasca. Sembra una trovata teatrale in cui il rovescio si fa diritto, l’omertà diviene clausola di stile, il silenzio sentimento vitale. Invece è tutto incredibilmente vero. 
La settimana scorsa il consiglio di disciplina ha notificato al dottor Saponara l’atto di licenziamento per aver denunciato i motivi che hanno condotto alla morte una paziente sottoposta a un intervento di cardiochirurgia nell’ospedale lucano. 
Elisa Presta, 71 anni, trovò due anni fa la morte nella sala chirurgica dell’ospedale per una serie inenarrabile di leggerezze e incompetenze, con operazioni di rianimazione fuori tempo massimo e interventi sul suo corpo al di là delle più elementari indicazioni del prontuario sanitario. 
Un’operazione chirurgica lieve nella sua problematica ma portata avanti nel più disastroso dei modi e, visto l’esito infausto, taciuta ai familiari, ai dirigenti dell’ospedale e persino al pubblico ministero. Una storiaccia di malasanità, con l’aggravante della correità e la stabilizzazione di una rete di silenzi incrociati poi però implosa in un video drammatico trasmesso da tutti i tg in cui uno dei presenti all’operazione, il cardiochirurgo Michele Cavone, dichiarava la sua colpa per aver assistito all’”ammazzamento” senza nulla fare, per essersi ritratto dalla denuncia, per essersi fatto – come esige la grammatica in voga del senatore Razzi – “i cazzi suoi”. 

LA CONFESSIONE del medico è stata davvero scioccante, e ha poi condotto l’inchiesta giudiziaria ad avanzare nell’accertamento delle responsabilità arrivando fino all’arresto del primario del reparto, Nicola Marraudino, colui che operava quella notte, e alla disarticolazione della struttura dirigente del reparto, con effetti deflagranti successivi (le dimissioni del direttore generale).
 Il conto esatto delle omissioni, delle correlazioni, del clima di ostilità interna l’aveva tenuto proprio Saponara che al Fatto Quotidiano aveva elencato la vicenda interponendola con la propria condizione di emarginazione. 
Aveva elencato minuziosamente la quantità di occasioni in cui aveva denunciato il caso alla gerarchia sanitaria senza mai ottenere risposta. 
Aveva prodotto documenti, fax, colloqui che però non avevano dato alcun esito. 
Alla fine, solo alla fine di una lunga litania fatta di sospensioni cautelari, dissidi, proteste, si era deciso a rendere pubblica la sua condizione. 
E questo fatto, proprio questa ultima decisione, è stata assunta come elemento di causa dell’interruzione del rapporto di lavoro. 
La commissione disciplinare lo ha licenziato non una ma due volte. 
Con una prima contestazione, e successiva delibera, gli ha contestato “di aver reso dichiarazioni relative a presunti comportamenti omissivi da parte della Direzione dell’Azienda ospedaliera che avrebbe occultato volontariamente la nota vicenda della paziente E. P. 
La propalazione di tali affermazioni ha determinato e determina grave nocumento all’immagine dell’azienda”. Seconda contestazione e secondo licenziamento per aver proceduto “clandestinamente a registrare la conversazione tenuta con il collega e successivamente farla pervenire al quotidiano on line Basilicata24. it senza aver prontamente proceduto alle debite segnalazioni alle autorità competenti e alla direzione generale”. 

ECCO L’INCOLPAZIONE che incredibilmente tace sul silenzio che regnava intorno a quella che ora definisce “nota vicenda”. Nota solo grazie al dottor Saponara. E infatti quando il direttore generale, poi dimissionario, dispose la sospensione cautelativa di Saponara dal servizio, la regione Basilicata illustrò (era il 27 ottobre 2014) al commissario straordinario che intanto era stato nominato, l’opportunità di revocare il provvedimento per nullità della contestazione e perché l’interessato aveva segnalato il fatto. E il commissario aveva proceduto alla revoca e riammesso in reparto Saponara.
 Ma in quell’ospedale evidentemente telefoni e fax non funzionano, e l’ufficio di disciplina, senza tener conto del commissario, ha avanzato nella sua istruttoria fino al bi-licenziamento del medico (sorte analoga è toccata a un altro medico, il dottor Cavone, autore della confessione).