Istat, pensioni delle donne più basse del 40% rispetto a quelle degli uomini

da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/30/istat-pensioni-delle-donne-piu-basse-del-40-rispetto-a-quelle-degli-uomini/1076499/

Il numero di uomini (178 mila) con un reddito pensionistico mensile pari o superiore a 5mila euro è cinque volte quello delle donne (33 mila). Liguria, Lazio e Lombardia le regioni con il divario più sensibile


Istat, pensioni delle donne più basse del 40% rispetto a quelle degli uomini

Uomini e donne divisi. Non solo dalle sensibili differenze retributive, ma anche dagli importi previdenziali percepiti una volta finita la carriera lavorativa. Il risultato è che il divario tra i duegeneri è fortissimo soprattutto al Nord con la Liguria in testa, e che le pensionate sono nettamente più povere rispetto agli omologhi maschi. In media del 40 per cento. A dirlo è l’Istat, che certifica una situazione di netto distacco: secondo l’istituto nazionale di Statistica, nel 2012 l’importo medio annuale delle pensioni è più basso tra le donne (8.965 euro contro 14.728) e si riflette in un più contenuto reddito pensionistico medio, pari a 13.569 euro contro i 19.395 degli uomini. Le donne sono il 52,9% dei beneficiari ma agli uomini va il 56% della spesa. Inoltre, il numero di uomini (178 mila) con un reddito pensionistico mensile pari o superiore a 5.000 euro è cinque volte quello delle donne (33 mila).  

Oltre la metà delle
 donne (52%) percepisce meno di mille euro, contro un terzo (32,2%) degli uomini. Le disuguaglianze di genere sono più marcate nelle regioni del Nord, sia con riferimento agli importi medi delle singole prestazioni sia in relazione al reddito pensionistico dei beneficiari. Il rapporto tra il numero di pensionati residenti e la popolazione occupata – rapporto di dipendenza – è a svantaggio delle donne: 90,2 pensionate ogni 100 lavoratrici, a fronte di 56,5 uomini ogni 100 lavoratori. Anche il tasso di pensionamento (rapporto tra numero di pensioni e popolazione residente) è superiore tra le donne (43,1%) rispetto agli uomini (35,6%).Nel 2012 sono stati erogati 23.577.983 trattamenti pensionistici: il 56,3% a donne e il43,7% a uomini. Le donne rappresentano il52,9% dei pensionati (8,8 milioni su 16,6 milioni), ma percepiscono solo il 44% dei 271 miliardi di euro erogati. Dei 626.408 nuovi pensionati del 2012, le donne rappresentano il 52% e percepiscono redditi più bassi (10.953a fronte dei 17.448 degli uomini). Il numero di trattamenti percepiti dalle donne – dice Istat – è mediamente superiore a quello degli uomini, di conseguenza il divario economico di genere si riduce al 42,9% se calcolato sul reddito pensionistico (pari a 19.395 euro per gli uomini e a 13.569 per le donne). Tra il 2002 e il 2008, la forbice reddituale tra pensionati e pensionate è aumentata di 2,1 punti percentuali (4,4 punti con riferimento agli importi medi delle singole prestazioni); a partire dal 2008 si è osservata una progressiva riduzione che tuttavia ha mantenuto i livelli di disuguaglianza superiori a quelli del 2004.
Differenze per regione – La Liguria è la regione in cui il reddito pensionistico degli uomini presenta lo scarto maggiore rispetto a quello delle donne (è del 53,9% più elevato), seguita daLazio (52,1% in più), Lombardia (51,8%) e Veneto (51,6%). Le regioni in cui si registrano invece le minori disuguaglianze di genere sono quelle meridionali. Le differenze più contenute si osservano in Calabria (gli uomini percepiscono redditi pensionistici del 19,9% più elevati rispetto a quelli delle donne), Basilicata (26,7% in più) e Molise (29,4%).
La disaggregazione provinciale ripropone evidenze del tutto analoghe a quelle riscontrate a livello regionale. Ad eccezione di Roma, le differenze più marcate caratterizzano nuovamente le province del Nord Italia – Lecco (61,6% in più), Venezia (59,4%), Livorno (58,5%), Monza e Brianza(57,9%), Genova (57,8%), Bergamo (56,2%), Milano (55,3%), Treviso (54,2%) e Brescia(53,6%) – mentre i valori più contenuti – a conferma di quando già emerso a livello regionale – si registrano nelle province meridionali: Vibo Valentia (13,7% in più), Reggio Calabria (18,4%),Cosenza (20,4%), Ogliastra (21,7%), Nuoro (22,3%), Benevento (22,8%), Catanzaro (22,9%),Potenza (23,9%), Agrigento (24,3%) e Lecce (24,8%).

Quando ci sarà il reddito minimo in Italia?

Un grafico vale più di mille parole! 
(preso da il Fatto Quotidiano del 30.07.14 pag.12-13)
quali sono i paesi che hanno la crisi fino al collo?
Risposta: quelli dove il reddito minimo non è manco un'idea nei cervelli vacui dei politici pessimi che sgovernano i popoli italiani e greci!
Quando ci sarà il reddito minimo in Italia?
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Allarme Confcommercio: "In Italia la pressione fiscale record, 53,2% del Pil". Le tasse uccidono la crescita.


 - L'Italia detiene il record della pressione fiscale effettiva. Secondo i calcoli dell'Ufficio studi di Confcommercio la pressione è pari al 53,2% del Pil, al netto dell'economia sommersa che è intorno al 17,3% del Pil. Si tratta di una percentuale che supera quella di tutti i maggiori paesi nel mondo. La pressione fiscale apparente è pari al 44,1% del Pil.

'LE TASSE UCCIDONO LA CRESCITA' -  È l'allarme lanciato da Confcommercio che ha condotto uno studio da cui emerge che a fronte di un auemento della pressione fiscale in Italia del 5% dal 2000 al 2013, il Pil procapite è sceso del 7%.
In Germania nello stesso periodo la pressione fiscale è diminuita del 6% mentre il Pil reale procapite è aumentato del 15%.
In Svezia, paese fuori dall'Ue ad esempio, la pressione fiscale nello stesso periodo è scesa del 14% e il Pil reale procapite è aumentato del 21%. "Per favore - ha detto il presidente Carlo Sangalli - abbandoniamo l'idea di nuove tasse e di ulteriori eventuali prelievi: le tasse sono oggi la mortificazione della crescita. Le performance del 2014 sono compromesse, non distruggiamo le basi per la ripresa del 2015". "L'Italia - ha evidenziato Sangalli - è ferma".

Dal 2008 al 2013 l'Italia ha perso in termini di Pil reale procapite l'11,6%. Peggio ha fatto solo la Grecia con un -23,2%.
La Germania ad esmpio nello stesso periodo ha visto crescere il Pil reale procapite di 4,4 punti percentuali. La Francia ha perso 2,3 punti.

GIU' LE STIME DI CRESCITA - Anche Confcommercio - dopo Confindustria e FMI - rivede le stime sul Pil del 2014 portando la crescita del Prodotto interno lordo a +0,3% rispetto al +0,5% di due mesi fa. Per i consumi la crescita stimata è dello 0,2% in aumento di un decimo di punto rispetto alla precedente previsione. Nella seconda parte dell'anno viene stimata una ripresa dei consumi per effetto del bonus Irpef con gli 80 euro.
Per il 2015 Confcommercio stima una crescita del Pil allo 0,9% con i consumi in ripresa dello 0,7%. Per qaunto riguarda gli investimenti, il Centro studi di Confcommercio stima una flessione dello 0,9% del Pil in ulteriore ribasso rispetto al -0,3% precedente con una ripresa dell'1,9% nel 2015.