Boeri: "Politici vili per non aver informato lavoratori sulle loro pensioni future''

da: http://video.huffingtonpost.it/economia/boeri-politici-vili-per-non-aver-informato-lavoratori-sulle-loro-pensioni-future/3977/3968

"Credo che negli ultimi vent'anni ci sia stata un'ignavia di Stato per cui politici e governi non hanno voluto informare i cittadini sui cambiamenti derivanti dal passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo". Così il presidente dell'Inps Tito Boeri annunciando l'operazione "La mia pensione", che da maggio permetterà ai lavoratori di calcolare il loro futuro trattamento previdenziale. Pur ammettendo di essere "molto preoccupato" in particolare per le pensioni dei lavoratori parasubordinati, Boeri spiega: "C'è stata paura di reazioni sociali negative, ma in realtà abbiamo visto che anche chi scopre di avere una pensione più bassa di quello che credeva, preferisce saperlo".

La normalità del male di Stato

Il Fatto Quotidiano, 23 aprile 2015 di Roberta De Monticelli

C'è un fenomeno talmente appariscente che non lo vediamo più. Grande come un monumento - talmente familiare che diventa invisibile. O forse è invisibile come l'aria, o perché ci nuotiamo dentro, come pesci nell'acqua. Chiamiamolo con il suo nome. È una specie di conversione di massa. Ma non a Dio, e neppure al nulla.

Non è un'esaltazione di massa, o un suicidio di massa, come la storia umana ne ha visti. È qualcosa di apparentemente più banale. È una conversione alla realtà. "Tutto quel che è reale è razionale" - dice il filosofo che dà ragione alla forza, purché vinca. "Tutto quello che è reale è normale", dice il cinismo - che ha permeato il linguaggio comune. Alla parola "normalità", nel suo uso corrente, non è rimasta più neppure una traccia di quello fra i suoi significati che discendeva direttamente dalla parola "norma".

Normale è ciò che si fa, in particolare contro le norme. Corruzione a norma di legge: non è solo il titolo di un bel libro di Barbieri e Giavazzi sulle Grandi Opere, ma è il nome più generale di quello che ci accade. Tagliamo ormai sistematicamente i vestiti sulla misura delle gobbe. Pare che tornerà presto fuori uno dei vestiti gobbi più carini proposti dal governo Renzi: la modica quantità di frode fiscale. Normale è l'abuso di potere, normale la condanna, ci si rimedia abusando al quadrato: si corre per la presidenza della propria regione, con gli auguri e l'affetto del presidente del Consiglio, un cavillo per non applicare la legge ci sarà pure.

Normale è trafficare con le mafie e governare, anzi essere condannato per associazione a delinquere, quindi vincere le primarie e candidarsi a sindaco. E perché non deve succedere a Giugliano, se dalle Alpi alla Sicilia l'immenso cantiere a delinquere ha prodotto 600 opere incompiute per una voragine di miliardi intascati. 

Anzi, che sarà mai un abuso di potere o un'associazione a delinquere, se correre per la presidenza della propria regione non si nega neppure a chi è indagato per disastro e omicidio colposo, anche se il partito che ti sostiene è quello che la regione l'ha massacrata a furia di incuria e cemento. Che sarà mai. Mica han fatto ammazzare e torturare qualcuno, no, questi?

Allora sì che uno lo si punisce, per esempio con la presidenza di Finmeccanica (è noto che per fare i capi d'industria e i capi della polizia le competenze son le stesse). Anche la svendita dell'ultimo bene comune, la bellezza, dalle nostre parti, è a norma di legge. Leggere l'ultimo libro di Tomaso Montanari, Pri - vati del patrimonio (Einaudi, 2015) per credere. Ricorderete la scena del presidente del Consiglio che si fa venir sonno soltanto a nominare la parola "Sovrintendenze": già alla terza sillaba, dice, uno casca addormentato.

L'ha detto e l'ha scritto: ma non è una battuta, è il preciso progetto di smantellare il sistema delle Sovrintendenze per trasformarlo in quello delle Fondazioni, che - dal Museo Egizio di Torino fino al Maxxi di Roma - sono esempi disastrosi di pura e semplice lottizzazione politica del patrimonio. 

Né Stato Paternalista-Custode né efficienza economica privatistica, ma molto peggio di entrambe le cose: appropriazione privata di risorse pubbliche, tramite loro concessione da parte delle consorterie politiche alle consorterie amiche.
È parte integrante del progetto massacra-paese che hanno chiamato Sblocca-Italia. Sblocca: proprio perché così chi ci si fosse opposto sembrasse un "bloccatore", uno che mette le pastoie, uno ossessionato dalla conservazione.

 Del resto il primo dei beni pubblici è la nostra lingua: corrompiamo anche quella, e addio alla logica, al senso critico, alle distinzioni. Un "conservatore" di museo lo impallina il suo nome: via, via, abolire! Svolta buona!

Piero Calamandrei nel lontano 1954 parlava di "...questa scissione fra popolo e Stato, per cui il popolo ha sentito lo Stato come una oppressione estranea, come una tirannia, come un nemico che stava al di fuori e al di sopra di lui". 

Ma oggi? Quando il senso dello Stato come oppressione estranea è espresso da chi lo governa, non è nei confronti dello Stato la sfiducia, ma nei confronti dell'idealità che uno Stato dovrebbe incarnare. Sono gli stessi uomini di Stato che hanno smesso di credere - semmai in Italia abbiano creduto - al valore e all'altezza del loro servizio. Forse sotto sotto è sempre stato così, in Italia.

Don Chisciotte è morto per la Repubblica, ma a governarla è andato Sancho Panza. Ma no, molto peggio. C'è andato don Rodrigo, assieme a don Abbondio, con l'aiuto di Scarpìa. Siamo abituati a legare l'espressione "banalità del male" ai totalitarismi del secolo scorso, alle figure dei gerarchi nazisti o fascisti. Ma questo è sbagliato. Lo stesso errore che hanno fatto i tantissimi che hanno reagito con scherno e incredulità quando "Libertà e giustizia" ha cominciato a denunciare, un anno fa, la svolta autoritaria.

Perché tutti legano alle parole immagini del passato, e non vedendo in giro manganelli e fez credono che siano esagerazioni di gufi e cornacchie. Ma è sempre lo stesso sbaglio. Come i valori non sono cose della tradizione, ma dato nuovo d'esperienza quotidiana, così i disvalori non sono mai gli stessi di prima. Quello che resta uguale, è solo la nostra colpa. La cieca e dissennata assenza, la desistenza di cui parlava Calamandrei.

Della realtà che avanza ha colpa, come al solito, non chi sta al potere, ma chi lo regge, sorregge e legittima: noi. Se lo Stato buono siamo noi, siamo noi anche lo Stato cattivo, quello che sopprime i vincoli di legalità per rafforzare i vincoli di consorteria. L'articolo 1 della nostra Costituzione dice che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. C'è un'ovvia interpretazione che magari non piacerà ad alcuni, ma credo che sia quella buona. La suggerì Gherardo Colombo. È una Repubblica fondata sul lavoro della cittadinanza. Sulla veglia, l'attenzione, l'impegno, la presenza dei cittadini. Tutte cose faticosissime. Senza le quali, la Costituzione si svuota di senso: a quel punto, stravolgerla è facilissimo. Come stanno facendo ora. 

Italicum, così il governo scavalca la costituzione

Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale a Padova, così commenta le affermazioni del politologo Roberto D’Alimonte –padre dell’Italicum – riportate dal Fatto : “È molto interessante quello che dice D’Alimonte: una delle accuse che venivano mosse alla legge elettorale, era proprio che una legge ordinaria cambiasse la forma di governo, aggirando la Costituzione.” 
Ma il professore sostiene che la forma di governo non cambia. 
Può dire quello che vuole, però se c’è l’elezione diretta del premier cambia la forma di governo. D’Alimonte si è lasciato sfuggire un’ammissione non da poco. Ed è importante, perché denuncia l’assoluta incostituzionalità dell’Italicum. Se nel nuovo meccanismo è presente l’elezione diretta del premier, si vanificano tutti gli articoli della Carta che disciplinano la formazione del governo, la nomina da parte del presidente della Repubblica e via dicendo. Con quest’affermazione si danno la zappa sui piedi, cioè ammettono quello che la maggioranza dei detrattori dell’Italicum contesta loro. 
E sulla sostituzione dei dieci dissidenti in Commissione Affari costituzionali lei cosa pensa? 
Sul piano giuridico non è ammissibile, perché va a toccare la libertà di scelta che ai parlamentari è garantita dall’articolo 67 della Costituzione, che prevede il divieto del vincolo di mandato. Il gruppo può agire successivamente sul parlamentare, sanzionandolo, ma non nel momento in cui esprime il suo voto. Vorrei anche sottolineare che tutto il cammino della legge elettorale e della riforma del Senato ha seguito una strada anomala. Attenzione però: in questo campo la forma è sostanzaNelle forme, e con i tempi imposti per questo speciale procedimento che esige ponderazione. Il governo invece ha messo continui paletti: il canguro, le sedute fiume… tutte cose che vanno in un senso opposto a quanto prescrive la nostra legge fondamentale. Io credo che nella legge di revisione costituzionale sul Senato ci siano vizi di forma e in questa vedo un’alta probabilità che la Consulta la dichiari illegittima.
 L’Italicum assomiglia troppo al Porcellum? 
Non è solo questo. È una legge che intende aggirare la Costituzione. I sostenitori dell’Italicum confondono e falsificano un’infinità di cose, mettendo insieme situazioni non assimilabili tra loroNon si possono fare paragoni con la Francia, dicendo che anche in quel sistema c’è il ballottaggio. Certo che c’è: ma è per l’elezione del presidente. Che è un organo monocratico, con poteri molto forti. Oltralpe si vota per l’assemblea legislativa con elezioni diverse. Da noi si vuol fare in modo che con uno stesso ballottaggio si eleggano il capo del governo e i membri del Parlamento. Come al supermercato: prendi due e paghi uno. 
Quindi?
Quindi si vanifica il principio cardine del costituzionalismo liberale, quello della divisione dei poteri che a vicenda si limitano e si controllano. Un Parlamento così eletto non può certamente controllare il governo. Hanno dimenticato che l’assemblea legislativa deve essere rappresentativa: ma rappresentativa dei cittadini elettori, non del governo! 
Il primo articolo della Carta dice che la sovranità appartiene al popolo. 
Appunto: hanno dimenticato il popolo. Il popolo è diventato ininfluente. 
Perché il governo vuol scavalcare la Costituzione?
Non avrei mai pensato di essere d’accordo con Berlusconi: ma è vero, è bulimia del potere. Eliminando le opposizioni, c’è una persona che governa con una maggioranza che esclude dalle decisioni ogni altro, una maggioranza formata da persone selezionate dalla segreteria del partito vincitore. Ce lo siamo già detti, sono le stesse ragioni che Mussolini portava a sostegno della Legge Acerbo nel 1923: velocità delle decisioni, la necessità di procedere senza intoppi, dibattiti, confronti. Senza contrasti e contrapposizioni. Siamo, ormai da tempo, fuori dal costituzionalismo liberale, non solo fuori dalla nostra Costituzione. Un disegno portato avanti attraverso atti di prepotenza e prevaricazione.
Da Il Fatto Quotidiano del 24/04/2015.

"La prostituta imprenditrice di se stessa? E' solo un mito". Parla la tedesca Inge

da: http://espresso.repubblica.it/visioni/societa/2015/04/24/news/la-prostituta-imprenditrice-di-se-stessa-e-solo-un-mito-la-testimonianza-della-tedesca-inge-1.209433?ref=HRBZ-1

E' stato di recente calendarizzato un disegno di legge, bipartisan, perregolamentare la prostituzione (tra firmatari e cofirmatari sono almeno 77 deputati e senatori), che in Italia è già assolutamente legale. Dove praticarla? In strada? In case affittate? In bordelli più o meno dichiarati? Il ddl prevede, tra le varie cose, da un lato un superamento della Merlin: depenalizzando appunto il reato di favoreggiamento, si consentirebbe di affittare appartamenti, locali e stanze per l'attività di commercio del sesso. Lo scopo è sia quello di evitare la prostituzione lungo le strade, sia di riconoscere il commercio sessuale alla stregua di ogni altra attività professionale, mediante l'iscrizione della prostituta alla Camera di Commercio, previo versamento di alcune migliaia di euro. In tal modo, come ogni libera (o libero) professionista, potrebbe emettere fattura, pagare le tasse e accedere a un regime pensionistico.

Una professione come un'altra, dunque, da controllare dal punto di vista medico (anche se non si capisce perché non sia il cliente a dover essere controllato e di conseguenza le loro mogli o partner eventuali), anche se lo stigma sociale che grava su di essa appare insuperabile. Nessuno vuole che venga esercitata vicino casa propria, nessuno desidera che la propria figlia o figlio la pratichi. E' inoltre, un'attività in cui, a parte rari casi, si guadagnano cifre molto modeste a fronte di un'usura fisica e morale devastanti. 


Con la depenalizzazione del favoreggiamento, erroneamente chiamato “legalizzazione della prostituzione”, che in Italia non è un reato (lo sono sfruttamento, favoreggiamento, induzione, prostituzione minorile e tratta) si darebbe piuttosto il via libera a una potenziale e fiorente categoria imprenditoriale: i tenutari di bordelli. E se nei propositi il disegno di legge parla di locali autogestiti, si può immaginare quanto facilmente si possa aggirare la questione.


Mentre in Italia ci si adopera a far passare questa legge, in Germania dove esistono già bordelli legali e esiste la possibilità di tassare l'attività, si stanno facendo poderose marce indietro: la scelta fatta nel 2002 dal governo Schröder Spd e Verdi, si è rivelata un clamoroso insuccesso sociale e un'ottima opportunità per la criminalità. Oggi- secondo quanto riportato da un articolo di Der Spiegel - ci sono dai 3000 ai 3.500 locali a luci rosse. Si tratta di 500 bordelli a Berlino, 70 a Osnabrück, 270 al confine con la Francia.


Il racconto di Inge, ex prostituta tedesca, ripercorre la situazione attuale : si è prostituita a Berlino quando era ancora un transident, con un'identità transitoria, né donna né uomo, quello che noi chiamiamo ermafrodita. Ora si è operata, è definitivamente donna, felicemente sposata, ha un impiego e lavora come volontaria nei centri di reinserimento per aiutare le sue ex compagne di vita a ritrovare una strada diversa.

Come ha iniziato?
Ho iniziato per difficoltà economiche, come tutte. La motivazione è la maggior parte delle volte finanziaria. Come prostituta ero ricercatissima anche se io vivevo il mio corpo come un' anomalia.

Si guadagna bene in questi locali ? 
L'affitto di una stanza in un bordello di lusso costa da 140 a 160 euro al giorno, se passi la mezzanotte, paghi il doppio, quindi, almeno 300 euro. Se hai lavorato molto bene in quelle ore, e se ce la fai, lavori con otto uomini. Alla fine della settimana resta veramente molto poco.

Si pagano le tasse in Germania con questa professione?
Esiste la possibilità ma nessuna lo ha mai fatto. Per pagarti la pensione non basta quello che guadagni: come si fa a accantonare 1200 euro al mese? E poi, ed è la questione principale, nessuna vuole iscriversi come prostituta perché ti resta il marchio a vita. Visto che al massimo lavori fino ai 35 anni, se ce la fai a uscire dal giro, e ti presenti in un posto di lavoro che referenze presenti? E comunque, nessun cliente vuole lasciare nome cognome e codice fiscale. A chi intesti la fattura? I clienti non vogliono lasciare generalità anche per paura di essere ricattati...o di lasciare tracce.

E quando si parla di prostitute dai guadagni stellari?
Mi chiedo se quei guadagni così alti non siano frutto di ricatti, magari a politici o uomini di affari. Io non conosco nessuna che si sia arricchita. Però tutto può essere.

Di che cifre si parla?
Dipende anche dalle prestazioni. Più ne soddisfi più puoi guadagnare.

Che genere di prestazioni?
Arriva quello col cane e pretende che tu faccia delle cose col cane, oppure quello che deve indossare biancheria da donna per avere l'orgasmo, si chiama Damenwäschenträger. Quasi mai è un semplice rapporto sessuale. Un mio cliente voleva che conservassi i preservativi degli altri perché voleva ingoiarne il contenuto.

Però, sempre nell'ottica di scegliere liberamente la professione, altrettanto liberamente si potrebbe dire: “ questo no”.
In quel caso il cliente esce fuori e dice “lei non fa quello che chiedo”. Se dici di no, o c'è il proprietario del locale che ti caccia, o non lavori più perché le colleghe fanno al posto tuo quello che tu non fai. Allora sei costretta ad accettare per non perdere lavoro e perché non si metta in giro una cattiva voce su di te, tipo: “quella non fa niente”. A volte lo fanno anche per deprezzarti in modo che così costi meno la volta successiva. Anche tra di loro le prostitute si fanno una concorrenza spietata, si dicono per esempio: “lei è malata” oppure “io faccio questo, lei non lo fa”. La solidarietà, come immaginabile, non esiste. I clienti, loro, cercano sempre merce nuova.


Quindi non sono “impresarie di se stesse” come in Italia chi è a favore della legge definisce le prostitute? 
Non capisco cosa significhi. Se si parla di una soluzione per la tratta, con i bordelli legali la tratta non è mai stata più fiorente. Sono per la maggior parte ragazzine che vengono dai paesi dell'Est: dalla Russia, dall'Ungheria, dalla Bulgaria. Non parlano tedesco, non sanno di avere dei diritti, né vogliono che le loro famiglie sappiano. Ci sono moltissime donne rom gestite dalla mafia rom. Prima c'era un solo un proprietario, ora ne hanno due: chi le obbliga e il padrone del bordello. Prima c'erano solo papponi tedeschi e il fenomeno era più controllato. Ora sono albanesi, rumeni, ungheresi che si sparano tra loro. Dialogano così.


La condizione che si vuole porre in Italia sarebbe che chi gestisce il locale faccia la stessa professione, organizzandosi magari con delle cooperative.
Da noi non ha mai funzionato, non reggono la concorrenza di gestori più potenti, con giri e ricambio continuo di ragazze sempre più giovani.

C'è maggiore sicurezza almeno?
Al contrario. Quello che succede in quelle stanze è affare tuo e del cliente. Il proprietario ti affitta solo la camera: se ti uccide un cliente ti ritrova la mattina dopo la donna delle pulizie. (Dal 2010 al 2015 sono state uccise 33 prostitute) .

Quanti giorni si lavora a settimana? 
Dipende. Non tutti i giorni.

Cosa fanno le prostitute quando smettono?
Da noi ci sono dei centri di recupero di vario genere. Ci sono quelli per il recupero dalla tossicodipendenza, dall'alcol, da tutti i tipi di dipendenze e dalla violenza, ci sono i consultori per le ragazze madri, per chi non ha una casa...Una prostituta rientra spesso in tutte queste categorie. E in più è discriminata. Solo alcune, come me, ce la fanno a ritrovare una strada.

Ancora in un'ottica di libertà di scelta: nessuno le obbliga a drogarsi o a bere...
In questi locali circola sempre moltissima droga, anche se non vuoi, per intrattenere i clienti e andare avanti con loro o bevi o ti droghi, o entrambe le cose. Oppure succede che le ragazze arrivano alla prostituzione proprio dalla droga, per pagarsela. Sono quelle che fanno di tutto e si fanno fare di tutto per pochissimi soldi. Comunque non hai molta scelta: devi reggere le prestazioni che ti chiedono e fingere di stare molto bene mentre ti fa schifo tutto. Non arriva mica Brad Pitt! E poi c'è lo schifo dell'odore da superare: quando mi prostituivo, per levarmelo di dosso, mi lavavo con la spugna dei piatti fino a farmi uscire il sangue

Non c'è tutto quel rito delle docce in questi posti, come nelle spa?
Mica sempre. E comunque rimane quell'odore disgustoso di minestrone rancido, uguale per tutti. Credo che sia l'eccitazione che li fa puzzare così.


Con la nuova legge in Italia si vorrebbe introdurre una campagna per il sesso sicuro, e per l'uso del preservativo con le prostitute...
Ah, e chi controlla chi si mette o meno il preservativo? Lo spirito santo? Le ragazze hanno tutto l'interesse a proteggersi. Sono i clienti che non vogliono. Inoltre prima c'erano delle forme di controllo medico imposte. Una volta che liberalizzi non puoi imporre più niente.

E Stilinga pensa che se davvero si vuole cancellare la prostituzione dalla faccia della terra servono 3 cose: 

  1. onesto lavoro per le donne,
  2. stipendi adeguati per vivere per le donne,
  3. campagne di consapevolezza per i clienti (come dice Inge: "ti fa schifo tutto. Non arriva mica Brad Pitt!" ) e magari pure centri di supporto psicologici, non è normale usare le prostitute come oggetti, forse qualche problemino nelle relazioni sociali i clienti lo hanno, o no? 

IL padre di Lo Porto: «Mio figlio? Un sequestrato di serie B» Parla il padre del cooperante ucciso a gennaio in un raid Usa: «Mio figlio è stato trattato malissimo, se ci sono i suoi resti li voglio»



da:http://www.corriere.it/esteri/15_aprile_24/padre-lo-porto-mio-figlio-sequestrato-serie-b-13b4c7f0-eaa4-11e4-850d-dfc1f9b6f2f5.shtml

«Secondo me ci sono sequestrati di serie a e di serie B, perché mio figlio è stato trattato malissimo. Ora cercano scuse e condoglianze, non è bello». Così aSkyTg24 HD Vito Lo Porto, padre del cooperante italiano rimasto ucciso a gennaio in un raid Usa in Pakistan.



«Vogliamo il corpo di Giovanni»

Commentando l’aula semivuota oggi in Parlamento, durante l’intervento del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sulla morte del ragazzo, Lo Porto ha poi detto: «L’ho visto in tv. Non so quale colpa deve pagare mio figlio. Io - ha concluso - desidero ardentemente il suo corpo, voglio piangere con lui. Ancora non credo realmente che sia stato lui, come fa l’America a dire che è lui? È stato fatto un dna? È stato fatto qualcosa? Allora c’è qualcosa di mio figlio e io lo voglio, e lo vuole pure sua madre. Vogliamo solo il corpo di Giovanni».


Fratello detenuto, tensione con i cronisti

Scortato dagli agenti della polizia penitenziaria, Marcello Lo Porto, uno dei fratelli di Giovanni, il cooperante palermitano rimasto ucciso in un raid americano a gennaio scorso, è arrivato nella casa della madre Giusi Felice, che si trova nel quartiere Brancaccio a Palermo. Non sono mancati momenti di tensione all’arrivo dell’uomo, che sta scontando una condanna definitiva. Uno dei fratelli di Giovanni ha rotto lo specchietto di una macchina di una troupe di Mediaset e spintonato un’operatrice di un’altra emittente, che è caduta per terra. Da ieri davanti al palazzo ci sono cameramen, fotografi e giornalisti.


L’altro fratello: «Ci penserà il Signore»

Ed è arrivato a Palermo da Pistoia insieme alla moglie e alla figlia anche Daniele Lo Porto, un altro dei quattro fratelli di Giovanni. L’uomo non ha voluto parlare con i cronisti. Si è limitato a dire a chi si è avvicinato: «Non parlo di mio fratello. Viva la pace, sono ortodosso. Ci penserà il Signore». Poi è entrato nel palazzo di via Pecori Gilardi, dove abita la madre e un fratello.

E Stilinga ha rabbrividito quando ha saputo dai tg che erano 4 mesi che Lo Porto era morto e noi qua in Italia dobbiamo ringraziare gli USA che ci hanno fatto il favore di comunicarcelo?? 
E Renzi che ringraziava Obama...ma che esseri umani sono?

Però gli USA ci hanno inviato  tante scuse per il drone che lo ha ucciso! già bastano le scuse...come per il Cermis, come per Ustica (ah, ma qua non si sono scusati nemmeno), come per Moro (anche qui hanno fatto i vaghi sempre), come per tante altre nefandezze prodotte dai nostri migliori alleati, in nome della bella alleanza...e figuriamoci allora quello che combinano i nemici!

LA DOMANDA E': QUANTO TEMPO ANCORA? 

CIOE' PER QUANTO TEMPO ANCORA DOBBIAMO SOPPORTARE TALI COMPORTAMENTI? 

PER QUANTO TEMPO ANCORA L'ITALIA SARA' CONSIDERATA DI LIVELLO INFERIORE RISPETTO AGLI USA? 

PER QUANTO TEMPO ANCORA DOBBIAMO ABBASSARE LA TESTA? E POI CHE SENSO HA? MA CHE POPOLO SIAMO? DIGNITA', E' UN VOCABOLO PERVENUTO?

Crozza: "Se migranti fossero banconote, leader Ue si tufferebbero per ripescarli"



"Le persona prima del profitto". La giornata mondiale contro il TTIP

La protesta contro il trattato tra Europa e Stati Uniti. Una serie di nuove regole che nella lettura di numerosi comitati internazionali trasformerebbero "i cittadini in clienti". In Italia la manifestazione principale a Roma, dalle 16, in piazza Santi Apostoli

ACQUA PUBBLICA ADDIO. OGGI BOLLETTE SALATE, MA IL FUTURO E’ PEGGIO

di Carlo di Foggia
A 4 anni dalla vittoria referendaria, fosche nubi si addensano sulle possibilità di ripubblicizzare l’acqua. Il combinato di “Sblocca Italia”, legge di stabilità e nuova riforma della Pubblica Amministrazione spiana la strada ad un’ulteriore privatizzazione dei servizi idrici. Un boccone troppo ghiotto, anche perché le bollette da quando è iniziata la privatizzazione continuano ad aumentare con percentuali vertiginose.
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Votato da molti, tradito subito dopo da tutti. Il referendum sull’acqua doveva togliere il profitto dai servizi idrici ed estromettere in futuro i privati dalla gestione. Non se n’è fatto nulla, i prezzi sono saliti, gli investimenti si sono fermati e ora, passata la buriana, qualcosa si muove in senso opposto: dopo quattro anni, l’affare per i privati torna a farsi interessante. L’ultimo allarme, comitati e forum l’hanno lanciato sulla legge delega di riforma della Pubblica amministrazione: “Se applicata, cancellerà il voto di 26 milioni di Italiani”, denunciano. Preoccupa la norma che premia i Comuni che fanno gare aperte (anche ai privati) per gestire i servizi locali. I testi sono vaghi, ma il combinato disposto con le ultime novità de governo di Matteo Renzi – che quel voto non lo ha mai digerito – ha scatenato il tam tam.
Il futuro tracciato dallo Sblocca Italia
La via scelta è quella tracciata dal decreto Sblocca Italia: un gestore unico dei servizi locali per ogni ambito territoriale, partendo da chi ha almeno il 25 per cento dell’utenza. “Un modo per favorire le grandi multiutilities quotate in Borsa”, denunciano i comitati per l’acqua pubblica: la bolognese Hera, la milanese A2a, l’emiliana Iren e la romana Acea, nate nell’alveo dei Ds, ora Pd, e poi passate al padrone di turno. La svolta, però, è arrivata con la legge di Stabilità, che rende impossibili gli affidamenti a società in house e assegna i contributi pubblici ai gestori che si fondono, garantendo loro anche la possibilità di prolungare le concessioni(come già fatto per i signori delle autostrade). La scelta di vendere le partecipazioni rimane per ora ai Comuni, ma chi lo fa viene premiato con la possibilità di usare il ricavato fuori dai vincoli del patto di stabilità: le casse disastrate degli enti locali ne hanno un bisogno disperato. Tanto più che il panorama non è cambiato rispetto al giugno del 2011: il 70 per cento dei gestori, infatti, è ancora in mano pubblica, in un groviglio di migliaia di Comuni-azionisti. Solo nel comparto idrico, il volume d’affari sfiora gli 8 miliardi di euro.
Considerando anche gas ed energia elettrica si arriva a 33 miliardi: è il “capitalismo municipale” su cui la Cassa depositi e prestiti guidata dal renziano Franco Bassanini ambisce a giocare un ruolo sempre più da protagonista: presta soldi ai gestori (3 miliardi) e punta a catalizzare gli investimenti privati, visto che le casse pubbliche sono vuote e le infrastrutture sono un disastro.Per farlo però servono le fusioni, che facciano lievitare il valore delle società. Al resto ci pensano i rincari in bolletta che garantiscono gli introiti. Nell’agosto del 2013 lo scenario attuale era stato messo nero su bianco da un report della Fondazione Astrid, presieduta proprio da Bassanini: “L’obiettivo – si legge – è la costituzione di realtà di medie e grandi dimensioni, verso cui “non manca la domanda e il consolidamento/ privatizzazione sembra essere la soluzione più probabile”. Tanto più che “l’aggregazione consente di raggiungere una massa critica capace di attrarre investitori privati”. È la strategia che Federutility, l’associazione dei gestori, propone da anni. Per i “referendari” è il preludio a un esproprio che potrebbe completarsi con la modifica del titolo quinto prevista dalla riforma costituzionale. Per ora nessuno nel governo parla apertamente di privatizzazioni, anche se l’unico ostacolo è rappresentato, almeno sulla carta, dal referendum.Matteo Renzi non ha mai fatto mistero di avversare la campagna per l’acqua pubblica (“bloccherà gli investimenti privati”) e oggi a Firenze si paga la bolletta più alta d’Italia(“ma abbiamo investito molto”, si giustifica il Comune).
Per i cittadini aumenti fino al 74%, ma non è finita
Perché tanto interesse? Il motivo è semplice: dal 2008 a oggi le tariffe sono salite del 74 per cento, in dieci anni sono raddoppiate, e cresceranno ancora: i rincari sono assicurati, pubblica o privata che sia la gestione. E con loro i ricavi. A sentire i comitati a tradire il referendum è stata l’Autorità per l’energia e il gas, a cui il governo di Mario Monti consegnò a fine 2011 i poteri di controllo, chiudendo il vecchio comitato di vigilanza dei servizi idrici (Conviri). Gli elettori avevano votato contro la “remunerazione del capitale investito” dei gestori (“fino al 7 per cento”non si fanno profitti sull’acqua”), ma nel nuovo metodo tariffario la voce si è tramutata in “costo degli oneri finanziari”. Nomi diversi, stessa sostanza”, accusano le associazioni dei consumatori. Certo è che nel 2014-2015 le bollette saliranno di un altro 10 per cento. “E’ un metodo innovativo – spiegano dall’Autorihy – perché copre solo i costi efficienti, secondo il principio europeo del full cost recovery. I gestori l’hanno ritenuto perfino troppo oneroso. Se vogliamo che l’acqua rimanga un bene pubblico i costi vanno coperti”.
Secondo Federutility, tra il 2010-2014 per colpa del voto, gli investimenti, in un settore che ne ha disperatamente bisogno si sono fermati. Eppure le bollette non hanno mai smesso di lievitare. Secondo l’autorità servono 65 miliardi nei prossimi 20 anni, di cui 6 subito per evitare che l’Ue sanzioni l’Italia per le carenze nella depurazione, con una multa da 485 milioni all’anno. “La scelta di Monti è stata un regalo ai gestori – spiega Roberto Passino, ex presidente del Conviri – L’Autorità non aveva competenze in materia e si è dovuta rivolgere alle risorse interne di Federutility. Una roba da Paese delle banane”. Secondo Passino, il Conviri era stato ostacolato ma aveva messo in piedi un database con i dati dei gestori, ignorato dall’Authority. È il grande equivoco di un referendum che ha fotografato le inefficienze del sistema, disinnescato il giorno dopo: “L’acqua non può essere gestita come il gas o l’energia elettrica. In un settore senza concorrenza, l’unico controllo pubblico è quello comparativo tra i gestori, per premiare i migliori e penalizzare i peggiori. Nulla di tutto questo è stato fatto, e così le bollette saliranno sempre, come è successo per gli altri settori”.
Alle società è stato permesso di farsi rimborsare anche gli investimenti pubblici (1,2 miliardi dal 2008, il 36% del totale), così il consumatore paga due volte. “Il metodo è neutrale, altrimenti sarebbe stata una scelta politica”, spiegano dall’Autorità, che giustifica la scelta dei dirigenti: “Le competenze vanno ricercate dove si trovano”. Nel 2014 ha sanzionato 1.250 concessionari tagliando loro del 10% le bollette. Motivo? Non avevano consegnato i dati minimi di bilancio. Se fossero private, sarebbe intervenuta la magistratura. La commistione tra controllori e controllati ha generato mostri. “Il conflitto di interessi dei Comuni è enorme, molti hanno usato l’acqua per gestioni clientelari, e nessuno ha pagato per le voragini nei conti visto che le decisioni sono collegiali”, denuncia Passino. Il Tar della Lombardia ha bocciato i ricorsi dei comitati contro il nuovo metodo tariffario e ora la parola finale spetta al Consiglio di Stato. In caso di bocciatura si tornerebbe al punto di partenza.
Dalla Boschi a D’Angelis, l’ascesa dei renziani idrici
L’ipotesi di sottrarre spazio ai privati è rimasto lettera morta. A oggi, l’hanno fatto solo due sindaci su ottomila: a Napoli e Reggio Emilia. A Ferrara, il Comune ha ceduto 8 milioni di azioni di Hera, la multiutility che riscuote le bollette di gran parte dell’Emilia Romagna e del Nord, mentre diversi Comuni, guidati dal sindaco di Bologna, sono pronti a far scendere il controllo pubblico sotto il 51 per cento. In Campania, i sindaci protestano contro la Gori, azienda partecipata da Acea che rifornisce 76 Comuni tra Napoli e Salerno. La società, da due mesi guidata dall’ex deputato cosentiniano Amedeo Laboccetta, indagato per favoreggiamento nell’inchiesta sul re delle slot Francesco Corallo, dal 2002 ha contratto un debito colossale con la Regione: 283 milioni di euro. La giunta di Stefano Caldoro ha condonato i primi 70 rateizzandone altri 200, ed è pronta ad approvare una legge che – denunciano i comitati per l’acqua – le spianerebbe la strada. Negli anni ha messo a bilancio crediti dubbi, frutto di un piano tariffario contestato e ora ha ottenuto un conguaglio di 110 milioni di euro dalle bollette, cresciute del 40% negli ultimi 5 anni.L’apertura ai privati, con affidamento diretto ad Acea è arrivata nel 2001 con Alberto Irace presidente dell’Ato di riferimento (l’associazione dei Comuni che affidano il servizio).
Nel 2007 è passato proprio in Acea, dove oggi è amministratore delegato. Grande amico di Marco Carrai, consigliere e finanziatore di Matteo Renzi, ha guidato la toscana Publiacqua ai tempi in cui nel cda sedeva anche Maria Elena Boschi. Giorgio Napolitano ha scritto la prefazione del suo libro (Come riparare l’Italia), pubblicato insieme a un altro dirigente renziano ex Publiacqua, Erasmo D’Angelis, ora a Palazzo Chigi per gestire il dissesto idrogeologico e le infrastrutture idriche. “Servono 20 miliardi per evitare le sanzioni Ue, 400 milioni l’anno li metterà lo Stato, il resto arriverà dai privati –ha spiegato ieri D’Angelis – Le bollette saliranno di 10-20 euro, ma sono le più basse d’Europa. Per coprire il fabbisogno di investimenti servirebbero 50 euro ad abitante”.
Solo a Napoli il pubblico si è ripreso la gestione
Solo Napoli ha deciso di tornare indietro, trasformando la vecchia Arin spa in una società speciale: Acqua bene comune che non ha fini di lucro e persegue il pareggio di bilancio. “Abbiamo avviato un difficile percorso di risanamento – spiega il presidente Maurizio Montalto, animatore dei comitati campani – Ma la Regione, dopo aver condonato 70 milioni a Gori ne contesta a noi 50”. A fine 2014 il Comune si è preso gli utili (16 milioni) nonostante l’opposizione dell’azienda. Per ora gli investimenti sono fermi, così come gli stipendi dei dipendenti, “ma nei prossimi mesi presenteremo il piano industriale: i lavori da fare sono tanti, molti enti locali non pagano e dovremo rivolgerci alle banche, ma siamo un’azienda sana, l’unica della Regione”. In Sicilia 17 Comuni della provincia di Agrigento non hanno accolto la privata Girgenti Acque, che si è aggiudicata la concessione per 5 milioni di euro (la prima gara, andata deserta, ne prevedeva 30) e le bollette sono cresciute più del doppioA Roma, il Comune vuole vendere alla controllata Acea (partecipata anche dal gruppo Caltagirone) la quota in Acea Ato 2, che gestisce l’acqua nella Capitale. La partita è aperta.
25/03/2015
da il Fatto Quotidiano
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