La crisi non esiste per gli euroburocrati!

‘Quale crisi?’. Se l’Europa nega l’emergenza per salvare la casta

La crisi c’è, la crisi non c’è. Quando la Commissione europea deve discutere con i Paesi membri, a cominciare dall’Italia, le misure di rigore, è perfettamente consapevole della gravità del momento. Ma quando si tratta di proteggere gli stipendi dei suoi funzionari, l’esecutivo europeo di José Barroso arriva a scrivere in documenti ufficiali che in Europa non c’è alcun “deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale”.

I guardiani dell’austerità diventano incredibilmente ottimisti per difendere i salari di Bruxelles dal Consiglio europeo, l’organo che riunisce i capi di governo dei Paesi membri. La storia è ricostruita nella sentenza della Corte di Giustizia europea relativa alla causa C-63/12, del 19 novembre scorso. La Commissione, affiancata dal Parlamento europeo, aveva presentato un ricorso contro il Consiglio sostenuto alcuni Paesi (Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Spagna, Olanda e Gran Bretagna). Secondo il trattato sul Funzionamento dell’Unione, ogni anno il Consiglio decide “prima della fine di ogni anno in merito all’adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni proposto dalla Commissione”. Nel dicembre 2010 il Consiglio ha deciso di far scattare la “clausola di eccezione”, ha ritenuto cioè che l’Europa fosse di fronte a un “deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione”. E quindi ha chiesto alla Commissione di presentare “adeguate proposte”. Tradotto: visto che c’è la crisi in tutto il continente e si annunciano anni terribili, gli euro-burocrati diano il loro esempio riducendosi lo stipendio.
Il 13 luglio del 2011 la Commissione di Barroso presenta una relazione in cui “gli indicatori mostravano che nell’Unione la ripresa economica continuava a progredire” e quindi “non vi era un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione nel periodo di riferimento tra il primo luglio 2010, data di effetto dell’ultimo adeguamento annuale delle retribuzioni, e la metà di maggio 2011, momento in cui sono stati resi disponibili i dati più aggiornati, si legge nella sentenza”. Niente crisi, niente tagli.
Eppure l’estate 2011 era quella in cui l’Italia era a un passo dal default, con la Banca centrale europea costretta a comprare Btp perché nessuno li voleva più, la Grecia era sprofondata nel baratro, il Portogallo e l’Irlanda avevano già firmato per avere gli aiuti di emergenza e le riforme traumatiche della troika, e l’esistenza stessa della moneta unica, e dunque di tutta l’Unione, cominciava a sembrare non scontata. La Commissione, nel suo contenzioso giuridico con il Consiglio, ammette i numeri “evidenziano un peggioramento per il 2011 rispetto alle previsioni pubblicate in primavera”, ma non c’è alcuna emergenza che faccia scattare la clausola di eccezione. La battaglia davanti alla Corte di Giustizia si sviluppa in un labirinto di dettagli procedurali, maggioranze qualificate e cavilli bruxellesi, si aggiungono due ulteriori ricorsi, con altri Paesi coinvolti. La Corte boccia i ricorsi della Commissione e la condanna a pagare le spese, ma non si pronuncia nel merito. Gli stipendi dei funzionari di Bruxelles sembrano rimanere al riparo dai tagli. Eppure, anche solo come misura simbolica, potrebbero subire una limatura senza traumi per gli interessati.
Secondo il sito della Commissione, i funzionari hanno un salario d’ingresso da 2.300 euro al mese, ma dopo quattro anni possono arrivare a 16.000 cui si aggiungono varie voci (come un’indennità di dislocazione del 16 per cento per chi lavora lontano dal Paese d’origine, cioè quasi tutti), poi assegni per i figli a carico, una “indennità scolastica” e una prescolastica e così via. Vanno in pensione a 63 anni con la pensione di anzianità, ma possono ottenere un prepensionamento a 55 anni o decidere di rimanere in servizio fino a 67. E la pensione è calcolata, ovviamente, con il sistema retributivo, può arrivare al 70 per cento dell’ultimo stipendio base. Trattamenti così generosi non li avevano neppure in Grecia prima della troika. 
Ma ogni sacrificio è vietato, la crisi non esiste, per la Commissione.

E Stilinga si chiede: ma a che serve la UE? agli euroburocrati! Sarebbe sano mandarli a casa ed eleggere politici europei che lavorino come volontari non stipendiati! Vediamo poi se la crisi c'è oppure no!
Questa UE fatta così male è una iattura. Meglio sgonfiarla e rifarla che continuare con questa macchina spremisoldi! Necessitiamo di vera Europa! E che cribbio!

L'Italia ha il tasso di contributi previdenziali più alti nell'area Ocse, dopo l'Ungheria.

Ocse, in Italia salari più bassi della media. Record per contributi previdenziali. I precari di oggi saranno i poveri di domani
inps personell tasso di contributi è al 33% del reddito lordo, alle spalle della sola Ungheria, e pesa sul datore di lavoro per 23,8 punti. Il tasso di sostituzione è al 71,2%, tra i più generosi. In media, i trasferimenti complessivi per pensionato sono di 335mila euro per gli uomini e 382mila per le donne, tra i più generosi. Rischio difficoltà economiche per chi entra ora nel mercato del lavoro. I salari sotto la media. L'Italia ha il tasso di contributi previdenziali più alti nell'area Ocse, dopo l'Ungheria. Ma le cose sono cambiate rapidamente e gli attuali precari rischiano di pagar caro i privilegi del passato e ritrovarsi in netta difficoltà quando sarà il loro turno di uscire dal mondo del lavoro. E' quanto emerge dallo studio "Pensions at a glance" diffuso oggi dall'Organizzazione parigina, che mette in luce anche come i salari italiani sono al di sotto della media Ocse.
In media in Italia nel 2012 un lavoratore percepisce 28.900 euro, pari a 38.100 dolari, al di sotto dei 42.700 dollari medi dell'Ocse, sui quali pesano i 94.900 dollari degli svizzeri, i 91 mila dollari dei norvegesi, i 76.400 dollari degli australiani, i 59 mila dollari dei tedeschi e i 58.300 dollari degli inglesi, superiore ai 47.600 dollari degli statunitensi. Ai livelli più bassi i messicani con 7.300 dollari e i 12.500 dollari degli ungheresi.
Pensioni d'oro. Il tasso italiano nel 2012 era infatti pari al 33% del reddito lordo, in aumento dal 28,3% del 1994, contro una media Ocse del 19,6%. Solo l'Ungheria, con il 34% ha un tasso più elevato e la media Ocse è pari al 19,6%. I contributi sono a carico per 9,2 punti del lavoratore e per 23,8 del datore di lavoro. Attualmente il tasso di sostituzione lorda delle pensioni rispetto al reddito in Italia è pari al 71,2%, contro il 57,9% medio Ocse, ed è l'ottavo più generoso tra i Paesi industrializzati. Il tasso netto è
dell'82% contro una media del 69,1%.

Come già segnalato dall'Ocse, per altro, il salario medio in Italia è di 28.900 euro, tra i più bassi dell'area, inferiore alla media che è pari a 32.400 euro.

Il flusso lordo di ricchezza pensionistica (ovvero quello che viene ricevuto complessivamente negli anni della pensione) è pari a 11,9 volte il salario medio annuale per gli uomini e a 13,7 volte per le donne, di riflesso alla maggiore attesa di vita, contro medie Ocse di 9,3 e 10,6 volte rispettivamente.
A livello armonizzato, la ricchezza pensionistica in Italia, ovvero il valore corrente dei trasferimenti complessivi promessi a un singolo pensionato in base all'attuale sistema, ponderato sulla base delle attese di vita e delle indicizzazioni, ammonta in media a 454mila dollari per gli uomini (circa 335mila euro al cambio attuale) e a 518mila dollari per le donne (382mila euro), contro 423mila e 483mila Ocse. I pensionati più ricchi stanno in Lussemburgo e in Olanda, dove la ricchezza media supera il milione di dollari, ma anche in Svizzera e Danimarca, dove si avvicina al milione di dollari. I pensionati che più devono tirare la cinghia sono in Messico (42mila dollari) e in Polonia (88mila).
Pensioni, la spesa più alta in Liguria
Le riforme e il sistema in sicurezza. "Con una spesa pubblica per pensioni di vecchiaia e superstiti pari a 15.4% del reddito nazionale (rispetto a una media Ocse del 7,8 %), l'Italia aveva nel 2009 il sistema pensionistico più costoso. Ma con la riforma globale del sistema pensionistico adottata nel dicembre 2011, l'Italia ha realizzato un passo importante per garantirne la sostenibilità finanziaria", dice l'Organizzazione pensando alla Fornero. "L'aumento dell'età pensionabile", ammoniscono però gli economisti, "non è sufficiente per garantire che le persone rimangano sul mercato del lavoro, soprattutto se esistono meccanismi che consentono ai lavoratori di lasciare il mercato del lavoro in anticipo". In Italia, per altro, resta "relativamente bassa" l'età effettiva alla quale uomini e donne lasciano il mercato del lavoro: 61,1 anni per gli uomini e 60,5 per le donne, contro una media Ocse di 64,2 e 63,1 anni.
Precario oggi, povero domani. A valle di questi dati che figurano un sistema generoso, sempre l'Ocse sottolinea poi che "l'adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema" per le generazioni future, e "i lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti sono più vulnerabili al rischio di povertà" durante la vecchiaia". Ciò si accompagna all'accusa verso il "metodo contributivo" e l'assenza di pensioni sociali. L'Organizzazione prende atto del fatto che chi entra oggi nel mercato del lavoro dovrà aspettarsi una pensione più bassa rispetto agli standard attuali, con un autentico rischio povertà per i precari. "Lavorare più a lungo potrebbe aiutare a compensare parte delle riduzioni", si legge nel rapporto, "ma, in generale, ogni anno di contributi produce benefici inferiori rispetto al periodo precedente tali riforme", sebbene "la maggior parte dei paesi abbia protetto dai tagli i redditi più bassi".
Anziani protetti. Dal rapporto emerge anche che il tasso di povertà tra gli anziani italiani è in calo, anche se la rilevazione si ferma agli albori della crisi economica. Nel 2010 gli over 65 poveri sono l'11%, contro il 14,5% del 2007 e contro il 13% del tasso di povertà medio nazionale. Nei paesi Ocse il tasso di povertà degli over 65 è del 12,8% nel 2010, contro il 15,1% del 2007 e l'11,3% del tasso di povertà medio. L'11% dell'Italia è in linea con quello del Belgio, il 10,5% della Germania e peggio del 5,2% della Francia.
da Repubblica – 26 novembre 2013

E Stilinga pensa che 'sti politici debbano cacciare Mastrapasqua che ricopre 60 incarichi e lo sostituiscano con una dirigente donna, capace e aperta a raddrizzare le storture allucinanti in cui l'Inps versa e con lei la povera patria.

Made in Piigs: nasce un brand a sostegno del made in Europe

Made in Piigs: nasce un brand a sostegno del made in Europe

E’ stato presentato a Parigi lo scorso 14 novembre ed è un nuovo brand che vuole sostenere l’abbigliamento europeo. Si tratta di “Made in Piigs”, start up fondata a fine 2012 da Francois Pogodalla, ingegnere franco-polacco e proprietario del marchio, spalleggiato da Bruno Stucchi, italianissimo owner presso la Dinamo Milano e responsabile dello styling.

http://madeinpiigs.eu/

Un nome, un grande programma: “Piigs” è infatti l’acronimo dispregiativo utilizzato da economisti e finanzieri per indicare Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, i paesi che fanno parte dell’Unione Europea e che sono stati colpiti più duramente dalla crisi.

La missione del progetto è quella di ridare credibilità all’economia di questi paesi sviluppando forza lavoro all’interno degli stessi: la produzione infatti avviene quasi interamente in Italia, per la precisione a Polverara (PD), presso un azienda che si chiama OTS (specializzata nella produzione di T-Shirt); per la linea basica, invece, il marchio si appoggia ad una società in Portogallo, specializzata nel trattare materiali organici ed ecosostenibili. Il progetto nasce quindi dalla volontà di credere nella competitività Europea, con una linea di abbigliamento per uomo e donna che lancia lo stile “Vintage Europe” ispirato all’iconografia e ai valori della “old industry” e prodotta interamente in Europa.

Per il momento, la vendita delle collezioni avverrà solo attravero il sito e-commerce (www.madeinpiigs.eu) ma nei progetti del fondatore c’è l’apertura di uno showroom, probabilmente in Italia, e di pop-up shop.

Economist Caution: Prepare For 'Massive Wealth Destruction'


Take immediate steps to protect your wealth . . . NOW!

That’s exactly what many well-respected economists, billionaires, and noted authors are telling you to do — experts such as Marc Faber, Peter Schiff, Donald Trump, and Robert Wiedemer. According to them, we are on the verge of another recession, and this one will be far worse than what we experienced during the last financial crisis.

Marc Faber, the noted Swiss economist and investor, has voiced his concerns for the U.S. economy numerous times during recent media appearances, stating, “I think somewhere down the line we will have a massive wealth destruction. I would say that well-to-do people may lose up to 50 percent of their total wealth.”

When he was asked what sort of odds he put on a global recession happening, the economist famous for his ominous predictions quickly answered . . . “100 percent.”

Faber points out that this bleak outlook stems directly from Federal Reserve Chairman Ben Bernanke’s policy decisions, and the continuous printing of new money, referred to as “quantitative easing” in the media.

Faber’s pessimism is matched by well-respected economist and investor Peter Schiff, the CEO of Euro Pacific Capital. Schiff remarks that the stock market collapse we experienced in 2008 “wasn’t the real crash. The real crash is coming.”

Schiff didn’t stop there. Most alarming is his belief that daily life will get dramatically worse for U.S. citizens.

“If we keep doing this policy of stimulus and growing government, it’s just going to get worse for the average American. Our standard of living is going to fall . . . People who are expecting Social Security can’t get all that money. People expecting government pensions can’t get all their money . . . We simply can’t afford to pay them.”

Equally critical of the current government and our nation’s economy is real estate mogul and entrepreneur Donald Trump, who is warning that the United States could soon become a large-scale Spain or Greece, teetering on the edge of financial ruin.

Trump doesn’t hesitate to point out America’s unhealthy dependence on China. “When you’re not rich, you have to go out and borrow money. We’re borrowing from the Chinese and others.”

It is this massive debt that worries Trump the most.

“We are going up to $16 trillion [in debt] very soon, and it’s going to be a lot higher than that before he gets finished,” Trump says, referring to President Barack Obama. “When you have [debt] in the $21-$22 trillion [range], you are talking about a [credit] downgrade no matter how you cut it.”

In a recent appearance, Trump went to so far as to say the dollar is “going to hell.”

Where Trump, Faber, and Schiff see rising debt, a falling dollar, and a plunging stock market, investment adviser and author Robert Wiedemer sees much more widespread economic destruction.

In a recent interview to talk about his New York Times best-seller Aftershock, Wiedemer says, “The data is clear, 50 percent unemployment, a 90 percent stock market drop, and 100 percent annual inflation… starting in 2013.”

Editor’s NoteWatch the disturbing interview with Wiedemer.

Before you dismiss Wiedemer’s claims as impossible or unrealistic, consider this: In 2006, Wiedemer and a team of economists accurately predicted the collapse of the U.S. housing market, equity markets, and consumer spending that almost sank the United States. They published their research in the book America’s Bubble Economy.

When the interview host questioned Wiedemer’s latest data, the author unapologetically displayed shocking charts backing up his allegations, and then ended his argument with, “You see, the medicine will become the poison.”

The interview has become a wake-up call for those unprepared (or unwilling) to acknowledge an ugly truth: The country’s financial “rescue” devised in Washington has failed miserably.

The blame lies squarely on those whose job it was to avoid the exact situation we find ourselves in, including Bernanke and former Fed Chairman Alan Greenspan, tasked with preventing financial meltdowns and keeping the nation’s economy strong through monetary and credit policies.

Shocking Footage
See the eerie chart that exposes the ‘unthinkable.’

At one point, Wiedemer even calls out Bernanke, saying that his “money from heaven will be the path to hell.”

But it’s not just the grim predictions that are causing the sensation in Wiedemer’s video interview. Rather, it’s his comprehensive blueprint for economic survival that’s really commanding global attention.

The interview offers realistic, step-by-step solutions that the average hard-working American can easily follow.

The video was initially screened for a relatively small, private audience. But the overwhelming amount of feedback from viewers who felt the interview should be widely publicized came with consequences, as various online networks repeatedly shut it down and affiliates refused to house the content.

Bernanke and Greenspan certainly would not support Wiedemer publicly, and it soon became apparent mainstream media would not either.

“People were sitting up and taking notice, and they begged us to make the interview public so they could easily share it,” said Newsmax Financial Publisher Aaron DeHoog. “But unfortunately, it kept getting pulled.”

“Our real concern,” DeHoog added, “is the effect even if only half of Wiedemer’s predictions come true.

“That’s a scary thought for sure. But we want the average American to be prepared, and that is why we will continue to push this video to as many outlets as we can. We want the word to spread.”

Editor’s NoteFor a limited time, Newsmax is showing the Wiedemer interview and supplying viewers with copies of the new, updated Aftershock book including the final, unpublished chapter. Go here to view it now. 


Se la notizia è vera allora annamo proprio bene! se invece serve per colpire Obama, ammazza!

Celebrities are out

Celebrities are over: they do not represent anyone, but themselves and they are obsolete as the new values are raising interests in people's mind.
Moreover new concepts as sustenabilty and respect for mother nature are in need of new testimonials among normal persons.
No Lady Gaga, no Miley Cyrus, no Madonna, no Britney Spears can influence my brain.
No Lenny Kravitz, no Justin Biber, no Bruno Mars, no Brad Pitt, none of the great actors or rockstars can give me an idea for buying new products or for behaving.

The world has changed and celebrities belong to the past of marketing.

The new Mrs and Mr Anonymous are the testimonials to look at: life is too short and complicated not to follow yourself and your originality.

Luxury Kitsch: no comment|

Louis Vuitton: super valigia sulla Piazza Rossa

Ha scatenato l'ironia della blogosfera, l'indignazione del partito comunista e critiche di difensori del patrimonio storico russo, l'enorme baule griffato Louis Vuitton realizzato in questi giorni al centro della Piazza Rossa a Mosca. La struttura è stata montata per ospitare dal 2 al 19 dicembre la mostra ''L'anima del viaggiatore'', con l'esposizione delle valigie della nota casa francese usate da alcune celebrità a cavallo tra XX e XXI secolo (sono previste anche 12 video installazioni di artisti contemporanei).

Il gigantesco padiglione a forma di baule Louis Vuitton sulla Piazza Rossa di Mosca

Il ricavato andrà in beneficenza, ha assicurato Mikhail Kusnirovich, titolare del Bosco dei Ciliegi e gestore degli storici magazzini Gum, che hanno organizzato l'evento. Ma il baule, un padiglione lungo 30 metri, largo 9 metri e alto altrettanto, avvolto dal tricolore russo, ha suscitato l'ilarità dei blogger e l'ira dei comunisti nostalgici, che hanno denunciato la 'profanazione' della piazza, dove sorge il mausoleo di Lenin e dove sono sepolti i personaggi illustri della storia sovietica, sotto le mura del Cremlino.

'ndrangheta e religione? blah

PAPA FRANCESCO A RISCHIO ATTENTATO. LA DENUNCIA DEL PROCURATORE GRATTERI: "PULIZIA IN VATICANO, 'NDRANGHETA NERVOSA"
 da Il Fatto Quotidiano, del 13/11/2013

 “La chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio”, scriveva Leonardo Sciascia ne Il giorno della Civetta. Accantonati scandali e anatemi, il cattolicesimo ha consolidato nei secoli la più improbabile delle alleanze: quella coi mafiosi, affezionati frequentatori di parrocchie e confessionali, che accanto ai kalashnikov conservano la Bibbia e dai cui comodini pendono rosari dai grossi grani rossi. “Dio, proteggi me e questo bunker”, è la scritta che, tra un santino di Padre Pio e un bassorilievo raffigurante il volto di Gesù Cristo, i carabinieri del Ros hanno scovato nel rifugio del boss Gregorio Bellocco, nelle campagne calabresi di Anoia. “Faccio il magistrato da 26 anni e non trovo covo dove manchi un’immagine della Madonna di Polsi o di San Michele Arcangelo. Non c’è rito di affiliazione che non richiami la religione. ’ndrangheta e Chiesa camminano per mano”, dice il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Che assieme allo storico Antonio Nicaso ha raccontato in un libro (Acqua Santissima, Mondadori, 204 pagine, 17,50 euro) l’incontro di due mondi che dovrebbero interagire come l’acqua e l’olio. E che invece si mescolano di continuo. “Però le cose stanno cambiando”, giura il pm.

 È diventato ottimista, Gratteri?

Questo Papa è sulla strada giusta. Ha da subito lanciato segnali importanti: indossa il crocifisso in ferro, rema contro il lusso. È coerente, credibile. E punta a fare pulizia totale.

  E la mafia è preoccupata da questi comportamenti? 

Quella finanziaria sì, eccome. Chi finora si è nutrito del potere e della ricchezza che derivano direttamente dalla Chiesa, è nervoso, agitato. Papa Bergoglio sta smontando centri di potere economico in Vaticano. Se i boss potessero fargli uno sgambetto non esiterebbero.

Crede davvero che il papa sia a rischio?    

Non so se la criminalità organizzata sia nella condizione di fare qualcosa, ma di certo ci sta riflettendo. Può essere pericoloso.

  Cosa intende quando parla di mafia finanziaria? 

I padrini con la coppola non esistono più: sono morti oppure in carcere al 41-bis. Ma il mafioso che investe, che ricicla denaro, che dunque ha potere vero, è proprio quello che per anni si è nutrito delle connivenze con la Chiesa. Sono questi i soggetti che si stanno innervosendo.

  D’abitudine qual è l’atteggiamento della Chiesa verso le organizzazioni criminali? 

Un paio di esempi: il vescovo di Reggio Calabria, anche dopo la condanna in Cassazione di un capobastone, ha detto che non poteva schierarsi perché magari si trattava di un errore giudiziario. Il vescovo di Locri ha sì scomunicato i mafiosi, ma solamente dopo che avevano danneggiato le piantine di frutti di bosco della comunità ecclesiastica di Platì. Solo che prima di quell’episodio, i boss avevano ammazzato migliaia di persone.

Bisogna aspettare le piantine perché i prelati si sveglino? Che altro? 

Qualche anno fa la figlia di Condello il Supremo si è sposata nel duomo di Reggio Calabria. È arrivata pure la benedizione papale. A Roma potevano non conoscere il clan, ma in Calabria tutti sanno chi sono i Condello. Eppure nessuno ha fiatato. I preti, poi, vanno di continuo a casa dei boss a bere il caffè, regalando loro forza e legittimazione popolare.

  E perché ci vanno?

Alcuni dicono che frequentano i mafiosi perché devono redimere tutte le anime, senza discriminare. Capirei se la Chiesa accogliesse chi si pente davvero, ma così è troppo facile: continui a uccidere, a importare cocaina, a tenere soggiogata la gente e io, prete, ti do pure una mano.

Quindi i boss sono religiosi solo per convenienza? 

No, c’è anche una vocazione autentica. Abbiamo fatto un sondaggio in carcere: l’88 per cento dei mafiosi intervistati si dichiara religioso. Prima di ammazzare, un ‘ndranghetista prega. Si rivolge alla Madonna per avere protezione.

  Pensa di essere nel giusto?

Lo è, dal suo punto di vista. Mettiamo il caso in cui un tizio decide di aprire un bar senza chiedere il permesso al boss locale, e dunque senza rivolgersi alla sua impresa per fare gli scavi, per comprare il bancone o le bibite. Il mafioso che fa? Gli spara alle serrande, poi alle gambe e così via per convincerlo a sottomettersi. Se però il tizio rifiuta, il mafioso è “costretto” a ucciderlo. Se non hai scelta, non commetti peccato.

 Che importanza hanno invece i matrimoni?

Sono centrali. Suggellano alleanze, sanciscono tregue, e al margine delle cerimonie ci sono i riti di affiliazione. Rifiutarsi di partecipare a un matrimonio può essere considerato una dichiarazione di guerra. E non essere invitati è un pessimo segno. Il boss Novelli, trapiantato in Lombardia, ha cominciato ad allarmarsi quando non l’hanno invitato a un importante matrimonio calabrese. Poco dopo, infatti, l’hanno ammazzato.

 (da “Il Fatto Quotidiano”)

E Stilinga pensa che i 10 comandamenti gli 'ndranghetusi manco se li ricordano, quindi possono rinfrescarsi la memoria al seguente link: http://it.wikipedia.org/wiki/Dieci_comandamenti

Inoltre, se credono di essere protetti dalla Madonna di Polsi, allora questa Madonna è luciferina, affatto buona e per nulla umana, non è la madre di Cristo e non è santa. Come del resto la fama di Riina, legata al nome è un abbaglio enorme: schiavo dei demoni e mafioso senza cuore, un animale.
E poi si dicono pure cattolici? Ma forse sono drogati! E con loro pure il clero che li segue e li sostiene, per non parlare dei politici che usano la mafia, la SCU e la 'ndrangheta per propri fini. Orribile umanità! Che si vergognino!

Il miglior discorso del mondo del Presidente dell'Uruguay Josè "Pepe" Mu...

http://www.youtube.com/v/7QvVNkC7XE8?autohide=1&version=3&showinfo=1&attribution_tag=FbrIXnt4kC15-oRS48BX3w&autohide=1&autoplay=1&feature=share

Il papa contro la corruzione! almeno lui nell'universo!



Quasi quasi chiediamo asilo a Santa Marta

Qui sotto da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/08/papa-contro-francesco-contro-la-corruzione-condanna-la-dea-tangente/770486/

Papa Francesco contro la corruzione, condanna la “dea tangente”

Bergoglio nell'omelia della Messa mattutina celebrata a Santa Marta: "Si comincia con una piccola bustarella, ma è come la droga". E prega per i tanti giovani che ricevono dai genitori "pane sporco"

Papa Francesco contro la “dea tangente” e gli amministratori pubblici di aziende e del governo che vivono la “mondanità”. Affondo durissimo di Bergoglio, nell’omelia della Messa mattutina celebrata a Santa Marta, nella quale il Papa ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori “pane sporco”, guadagni frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità.
Francesco, meditando sull’amministratore disonesto del brano evangelico, ha sottolineato che “l’atmosfera, lo stile di vita che piace tanto al demonio è questa mondanità: vivere secondo i valori, fra virgolette, del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi – ha aggiunto il Papa – potrà dire: ‘Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!’. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo… Forse non sono tanti. Ma è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita”. 
Il Papa ha condannato duramente ”l’abitudine della tangente che è un’abitudine mondana efortemente peccatrice. È un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, l’amministratore disonesto del Vangelo, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà come pasto sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo – ha sottolineato il Papa – è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!”.
Bergoglio ha ricordato che “l’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c’è una furbizia mondana c’è anche una furbizia cristiana, di fare le cose un po’ svelte … non con lo spirito del mondo, ma onestamente. È ciò che dice Gesù quando invita a essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni è una grazia dello Spirito Santo, un dono che dobbiamo chiedere”.
Infine, il Papa ha voluto pregare “per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto. E poi finirei come quell’altro del Vangelo che aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne: ‘Questa notte dovrai morire’, ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti – ha concluso il Papa – soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!”.

"Un bunker segreto stampa biglietti clonati. Così l'Atac ricicla fondi neri per la politica." di Daniele Autieri e Carlo Bonini

E hanno pure aumentato il biglietto riducendo al minimo i servizi? e chi li vota a 'sti ladri???


Da: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/11/05/news/atac_bonini_e_autieri-70260424/


Nel 2008 si sigla un patto bipartisan per la pacificazione e la continuità nella gestione dei trasporti capitolini tra centrodestra e centrosinistra in una cena a casa dell'ex ad dell'Ente Eur, Riccardo Mancini, braccio destro di Alemanno. Si blinda un sistema che consente la produzione di milioni di titoli di viaggio paralleli che non sono fatturati e che producono 70 milioni di euro l'anno da spartirsi e per finanziare i partiti. L'incredibile frode denunciata in una relazione finita in Procura e confermata da un'altra indagine interna rimasta senza conseguenze. 

L'accesso alla struttura protetta consentito solo allo stesso personale presente da dieci anni. 

Il silenzio dell'attuale vertice dell'azienda

ROMA - Al cuore di una città in bancarotta - 800 milioni di euro è il deficit annuale del comune di Roma - c'è un'azienda pubblica che spiega molto, o forse tutto, di questo abisso di insolvenza. Perché in fondo ne è insieme lo specchio e una delle cause. È la più grande azienda del trasporto pubblico locale in Italia e una delle più grandi in Europa. È la peggiore. Perché, da dieci anni almeno, è la stanza di compensazione e la tasca della politica capitolina. Il perno di un Sistema. È Atac spa. Acronimo di "Azienda Tramvie ed Autobus del Comune": 12mila dipendenti, un miliardo di passeggeri nel 2012 (un terzo di quelli della "Rapt" parigina, un quarto di quelli londinesi della Transport for London), un deficit annuo di oltre 150 milioni e un debito che ha raggiunto 1 miliardo e 600 milioni.

In Atac tutto è stato possibile. Crasso clientelismo, appalti gonfiati. Ma - si scopre ora - anche digerire un audit interno che denuncia un'emorragia di liquidità da biglietti clonati che avrebbero la loro stamperia clandestina proprio dentro l'azienda. Un fiume di denaro nero, per una contabilità altrettanto nera necessaria a finanziare chi a questo carrozzone assicura la sopravvivenza. La Politica.

Per due mesi, "Repubblica" ha raccolto documenti e testimonianze che raccontano cosa è diventata Atac. Perché ne è cruciale il controllo. Ha quindi chiesto al nuovo amministratore delegato dell'azienda, Danilo Broggi, di rispondere ad alcune domande. A cominciare dalle circostanze illuminate dalla più sorprendente delle truffe - i biglietti clonati, appunto - che si consumerebbe ai danni della società con complicità interne. Ma ne ha ottenuto un cortese rifiuto via mail. Restano dunque una serie di evidenze per un racconto che ha il suo incipit nella primavera di cinque anni fa.

"L'ACCORDO"
È il 29 aprile del 2008. Ventiquattro ore prima, il voto ha consegnato il Campidoglio al nuovo sindaco Gianni Alemanno. Il senatore Pdl (e futuro vicesindaco di Roma) Mauro Cutrufo presenta un'interrogazione parlamentare ai ministri del Lavoro, dell'Interno e della Giustizia. Attacca la gestione "veltroniana" delle aziende comunali, denuncia appalti truccati, disservizi, e sprechi.

Ma la verve polemica e la voglia di pulizia ai vertici delle aziende comunali della Destra è un fuoco fatuo, che si spegne in un'estate. 

"Nel settembre del 2008  -  racconta un ex manager dei trasporti  -  partecipai ad una cena a casa di Riccardo Mancini in cui si parlò dei vertici delle aziende del trasporto pubblico". Mancini, in quel momento, è l'asso di briscola del nuovo sindaco. Ha un passato neofascista in Avanguardia Nazionale e un presente da tesoriere della campagna elettorale di Alemanno (il futuro, lo vedrà prima issato alla poltrona di ad dell'Ente Eur e quindi in galera per le tangenti degli appalti per i filobus destinati al corridoio mobilità nel quartiere Laurentino). Per la "politica dei trasporti" è dunque da lui che bisogna passare.

Ebbene, la sera di quel 29 aprile 2008, intorno al tavolo di casa Mancini, oltre al senatore Pdl Vincenzo Piso, sono seduti alcuni top manager. "Fu l'occasione  -  racconta la fonte  -  per parlare di un accordo politico bipartisan, siglato ad alti livelli, che avrebbe imposto pacificazione e continuità sulle aziende del trasporto pubblico nel passaggio dal centro-sinistra al centro-destra". 
Lo spoil system promesso da Alemanno è dunque un'operazione di facciata. Prova ne sia che la maggior parte degli alti dirigenti nominati nell'era veltroniana non viene cacciata, ma assegnata ad altre posizioni di rilievo. Ma, soprattutto, che la linea degli operativi, a partire dai direttori generali, rimane al suo posto. "Al termine della cena il messaggio era chiaro a tutti - ricorda ancora l'ex manager - Il sistema andava preservato".

LA CONTINUITA' DEL SISTEMA
Primavera 2008, estate 2013. Marino è il nuovo sindaco di Roma e, il 27 luglio, Danilo Broggi arriva in Atac come nuovo amministratore delegato. In molti, dentro e fuori l'azienda, parlano con enfasi di "rivoluzione". Perché la nomina del manager milanese (è stato ad di Consip) viene letta come segno di macroscopica discontinuità. E' così? In realtà, il povero Broggi mette piede in un'azienda che è una foresta pietrificata, dove il "patto" ha garantito continuità assoluta negli uomini. Il presidente dell'azienda, Roberto Grappelli, confermato da Marino, è stato infatti nominato da Gianni Alemanno nel dicembre del 2012. Al culmine di una parabola che lo ha visto, dal 2010 al 2012, amministratore delegato di Officine Grandi Revisioni (la società che gestisce la manutenzione dei veicoli Atac) e, prima di allora, presidente di Met.Ro. (altra società della galassia).

Antonio Cassano, il potente ex-direttore generale di Atac (oggi "a disposizione" dell'ad Broggi con uno stipendio di quasi 280mila euro), è un sopravvissuto a tre consiliature (Veltroni, Alemanno e adesso Marino) e dal 2002 ricopre cariche apicali che gli hanno consegnato la gestione operativa dell'azienda. Gioacchino Gabbuti, dopo aver guidato l'Atac dal 2005 al 2009, prima con Veltroni poi con Alemanno, viene accomodato sulla poltrona di amministratore delegato di Atac Patrimonio (società nata per vendere il patrimonio immobiliare dell'azienda ma che fino ad ora non ha concluso una sola operazione) con uno stipendio, tra indennità e bonus, di quasi 600mila euro. Il direttore acquisti, Franco Middei, nonostante le inchieste in corso su alcuni appalti sospetti, rimane saldamente ancorato alla sua poltrona, dove è arrivato nel 2008, dopo aver ricoperto incarichi di rilievo nella società Trambus, poi confluita in Atac.

"BIGLIETTI FALSI"
L'inossidabilità del Sistema Atac ha una ratio, a quanto pare. Che sembra un segreto di Pulcinella e che una fonte interna all'Azienda (di cui Repubblica conosce l'indentità e a cui ha assicurato l'anonimato) racconta con assoluta franchezza. Così: l'Atac stampa biglietti per autobus e metro. E i biglietti sono denaro. Chi ha le mani sui biglietti, ha le mani sulla cassa. E se quella cassa è in parte in chiaro e in parte in nero, perché quei biglietti sono in parte veri e in parte falsi, chi ha le mani sull'Atac ha di fatto le mani su una banca che batte moneta.

Già, "i biglietti falsi". E' una truffa che può costare all'Atac anche 70 milioni di euro l'anno, perché consente di immettere sul mercato milioni di titoli di viaggio contraffatti. E le cui dimensioni si possono intuire leggendo una semplice voce del bilancio 2012. I ricavi dalla vendita dei biglietti risultano pari a soli 249 milioni di euro, poco più del 20% del valore totale della produzione dell'azienda, che supera il miliardo. Eppure, dalle statistiche aziendali, emerge che quasi un miliardo di passeggeri prende ogni anno i mezzi gestiti dall'Atac, autobus e metropolitane.

Dunque? La Guardia di Finanza ha lavorato a lungo sulla "falsa bigliettazione Atac", arrivando alla conclusione che si tratta di "un sistema oliatissimo capace di creare una contabilità parallela" dell'azienda. Un pozzo milionario senza fondo necessario a finanziare attività di altro genere. Ma ora la fonte di Repubblica dice di più. Della truffa spiega il meccanismo (semplice), il cuore, i beneficiari. "Tutti i biglietti emessi da Atac - dice - hanno un numero. Il processo normale di bigliettazione è costruito in modo che quando il biglietto viene ceduto ai rivenditori ufficiali entra automaticamente in una white list. Una volta acquistato e obliterato lo stesso biglietto finisce invece in una black list. Così quando il ciclo si conclude, white list e black list si ricongiungono e i biglietti venduti e utilizzati vengono cancellati. Quest'ultimo passaggio nel sistema di Atac non c'è. La black list non è mai ricongiunta con la white list e un ipotetico biglietto clonato con lo stesso numero di serie può passare anche dieci volte senza che le macchinette lo riconoscano. Atac è come la Banca d'Italia: ha la carta moneta, ci scrive sopra che cifra è, vende e rendiconta. Il tutto senza segregazione di responsabilità, cioè senza alcun controllo esterno".

La frode, a quanto pare, va avanti da 13 anni. Ancora la fonte: "Tutto nasce intorno al 2000 con la gara vinta dalla società australiana Erg per la fornitura della tecnologia informatica per la bigliettazione. Nel 2003 l'allora presidente di Atac Mauro Calamante scrive all'ex-sindaco Walter Veltroni una lettera riservata personale in cui denuncia che Atac non controlla il flusso dei soldi. A quel punto viene deciso di bonificare alla Erg il debito accumulato da Atac per il pagamento del servizio, e di cominciare a internalizzare tutto. Il management Erg entra dentro Atac e continua a resistere fino ad oggi. Erg nel frattempo cambia pelle e ritorna a lavorare con Atac con il nome di Claves, una società controllata dalla stessa Erg e con una quota importante in mano a Banca Finnat, la potente fiduciaria romana. Cambiano i nomi, ma gli uomini che gestiscono il servizio sono sempre gli stessi". "In via Sondrio, dove si cono alcuni uffici Atac - prosegue la fonte - è presente da anni un'area blindata alla quale si accede solo con un badge abilitato. Quello è il nucleo di dipendenti ex-Erg che non sono mai cambiati nel tempo. Sono una ventina e in tutti questi anni non è mai stata introdotta alcuna discontinuità nel personale. Lì dentro è raccolta l'intelligenza del sistema di bigliettazione".

Quindi, la chiosa. "È un sistema che dura da anni, un tram sul quale in tanti sono saliti e scesi arricchendosi. Manager, prima di tutto, e poi la politica. I benefici di un sistema che può drenare fino a 70 milioni di euro vanno oltre le istituzioni locali, e toccano anche alcuni parlamentari. Il salto di qualità arrivò nel 2006 quando si capì che al tavolo avrebbero dovuto sedersi tutti, centrosinistra e centrodestra. Il modo migliore per assicurarsi che nessuno lo avrebbe ribaltato".

L'AUDIT INTERNO E LE "CHIESETTE"
L'Atac non ignora cosa accade con i suoi biglietti. Il 3 agosto 2012 consegna alla Procura di Roma una "Relazione tecnico investigativa sui titoli di viaggio dell'Atac spa", un report coperto da segreto cui ha lavorato un team di ingegneri, investigatori e specialisti.

"La maggior parte degli illeciti attinenti i titoli di viaggio - si legge nella Relazione - sono avvenuti a mezzo complicità interne all'azienda (...). Ciò perché il settore dei titoli di viaggio Atac è vasto e complesso, il personale impiegato è numeroso, i compartimenti sono stagni e se ciò evita le comunicazioni e le associazioni, viene favorita invece la formazione di 'chiesette' consolidate sulle quali il controllo diventa difficile (...) Il sistema di bigliettazione elettronica dell'azienda è completamente indifeso". Un secondo report, frutto del lavoro di una commissione interna di manager Atac, al contrario non è mai uscito dagli uffici di via Prenestina. Troppo, e troppo gravi, a quanto pare, le scoperte che documentava. 

Il 7 marzo scorso la Procura di Roma invia i primi avvisi di garanzia a tre alti dirigenti dell'Azienda (l'allora direttore commerciale, il responsabile della bigliettazione elettronica e il dirigente del settore informatico), ma il sasso sembra cadere in uno stagno. Perché la regola della sopravvivenza è digerire tutto, non strillare. Le "chiesette" hanno bisogno di far semplicemente dimenticare. Non fosse altro perché i biglietti non sono l'unica grana.

APPALTI GONFIATI
Negli ultimi anni, Atac e Metropolitane di Roma (Met.Ro.), azienda dedicata alla gestione dei mezzi di trasporto fusa in Atac l'8 aprile del 2010, finiscono infatti al centro di numerosi scandali sull'assegnazione degli appalti. L'altra grande voce del Sistema. Qualche esempio.

Il 31 dicembre 2009, l'amministratore delegato di Metropolitane di Roma, Antonio Marzia, firma il provvedimento 112 che prevede la fornitura di 500 dischi freno per i mezzi della linea del metro B. Valore totale della commessa: 3,3 milioni di euro. L'appalto viene affidato senza gara alla Ats, una piccola azienda con 11 dipendenti registrati nel 2008 e un capitale sociale di 100mila euro. L'8 aprile del 2010, al momento della fusione con Atac, la gestione degli appalti di Met.Ro passa quindi nelle mani dell'ad di Atac, Adalberto Bertucci. Ma invece di bloccare la commessa, la direzione tecnica dell'azienda richiede un intervento di sostituzione massiccio per il biennio 2010-2011 che prevede l'acquisto di 2.500-3.000 dischi freni per un valore previsto di oltre 13 milioni di euro, sempre da assegnare alla Ats. Ebbene, una semplice ricerca di mercato, realizzata dal membro del collegio sindacale Renato Castaldo sulle maggiori aziende mondiali del settore, dimostra che il prezzo medio per un disco freno non sono i 6.752,20 euro riconosciuti da Atac alla Ats, ma tra i 1.300 e i 1.600 euro.

Pagare le commesse fino a sei volte il prezzo di mercato sembra normale e consolidata amministrazione in Atac. L'8 aprile del 2008 la società Officine Grandi Revisioni (Ogr), costola di Met.Ro. e di Atac per la manutenzione dei veicoli, trasmette al top management delle due aziende una ricerca di mercato dedicata ai pezzi di ricambio acquistati per le "Frecce del Mare", i convogli che collegano la Capitale a Ostia. Il confronto si concentra sui vetri porte. A fronte dei due ordini approvati da Met.Ro. il 20 agosto e l'11 novembre 2008 alle ditte Angeloni srl e Vapor Europe srl, che prevedono un costo a pezzo di 98 euro per la prima e 128,52 per la seconda, le offerte pervenute dalle altre aziende contattate sono in media dieci volte più basse, e si aggirano tra i 6,48 e i 13,60 euro a pezzo. 

Non cambia la musica nel 2011. Atac assegna un appalto per i servizi di pulizia con un valore a base d'asta di 95 milioni di euro. Una gara su cui, il 22 aprile di quest'anno, accende un faro il collegio sindacale che nella relazione allegata al bilancio 2012 denuncia una maggiorazione del 30% rispetto alle gare precedenti per lo stesso servizio. Ma per Atac, evidentemente, non è un problema. I "conti" che devono tornare non sono quelli dei bilanci.

Per quale ragione andare a votare alle Europee?


Ci chiediamo che senso abbia andare a votare alle europee, Report ieri ci ha conferamto l'inutilità del pasticcio europeo (non è questa l'Europa che vogliamo), dove la solidarietà è ancora utopia:
Report Unione di fatto

10 This is Italy: German nuclear waste in Campania, Calabria, Puglia and Sicilia

da: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/10/31/Rifiuti-Schiavone-20-anni-rischiano-tutti-morire_9552371.html

Rifiuti: Schiavone, in 20 anni rischiano tutti di morire

Desecretati verbali audizione '97. Boldrini: verità è atto dovuto

31 ottobre, 21:50
Rifiuti: 'terra dei fuochi', corteo contro degrado ambientale
Rifiuti: 'terra dei fuochi', corteo contro degrado ambientale
Rifiuti: Schiavone, in 20 anni rischiano tutti di morire
Un affare da 600-700 milioni di lire al mese, che ha devastato terre nelle quali, visti i veleni sotterrati, si poteva immaginare "che nel giro di vent'anni morissero tutti". Parole che mettono i brividi quelle pronunciate nel 1997 dal pentito dei Casalesi Carmine Schiavone davanti alla Commissione ecomafie, in una audizione i cui verbali sono stati desecretati oggi. La sentenza senza appello pronunciata dall'ex boss riguardava tanti centri del Casertano, "gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via, avranno, forse, venti anni di vita".
Rifiuti radioattivi "dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi ci sono le bufale e su cui non cresce più erba", raccontava Schiavone. Fanghi nucleari, riferiva, arrivavano su camion provenienti dalla Germania. Nel business del traffico dei rifiuti, secondo il pentito, erano coinvolte diverse organizzazioni criminali - mafia, 'ndrangheta e Sacra Corona Unita - tanto da fare ipotizzare che in diverse zone di Sicilia, Calabria e Puglia, quelle cosche abbiano agito come il clan dei Casalesi.
Ma i veleni non venivano nascosti solo in provincia di Caserta: rifiuti tossici, a suo dire, sono stati interrati lungo tutto il litorale Domitio e sversati anche nel lago di Lucrino, specchio d'acqua che si trova nell'area flegrea, in provincia di Napoli. Il collaboratore di giustizia si soffermò sulle modalità di smaltimento. "Avevamo creato un sistema di tipo militare, con ragazzi incensurati muniti di regolare porto d'armi che giravano in macchina. Avevamo divise e palette dei carabinieri, della finanza e della polizia. Ognuno aveva un suo reparto prestabilito".
''Si tratta della prima volta che la presidenza della Camera - senza che questo sia richiesto dalla magistratura - decide di rendere pubblico un documento formato da Commissioni di inchiesta che in passato lo avevano classificato come segreto'', sottolinea la presidente della Camera, Laura Boldrini. ''Lo dovevamo in primo luogo ai cittadini delle zone della Campania devastate da una catastrofe ambientale cosciente e premeditata: cittadini che oggi hanno tutto il diritto di conoscere quali crimini siano stati commessi ai loro danni per poter esigere la riparazione possibile".

Maggiori info anche su http://www.laterradeifuochi.it/
E Stilinga pensa che i magistrati devono indagare sulle ditte tedesche che hanno smaltito i rifiuti nucleari in Italia e una volta accertate le colpe, che PAGHINO PER BONIFICARE I TERRITORI DEL SUD ITALIA, dove i turisti pure tedeschi vengono a fare le vacanze! e dove troppe persone piangono i morti di cancro, tranne forse quei delinquenti zotici, ignoranti, servi di diavoli che sono i camorristi, 'ndranghetusi e affiliati S.C.U.!
E non ci parlasse la Germania di fare i compiti a casa!

L’ANTIMAFIA DI AMATO? DIEDE 1,8MILIONI DI INDENNIZZO ALLA FIGLIA DI SALVO LIMA. DA QUANDO UN MAFIOSO AMMAZZATO E’ CONSIDERATO “VITTIMA DI MAFIA”?


da: http://bastacasta.altervista.org/p5844/

COSE DI CASA NOSTRA – IL VIMINALE DI AMATO RISARCÌ LA FIGLIA DI LIMA CON QUASI 2 MILIONI €! (IL DC COLLUSO CON LA MAFIA È UGUALE A FALCONE E BORSELLINO)

Nessuno può parlare sul piano formale di erogazione illegale ma suona come una beffa se poi si considera che Maroni rifiutò l’indennizzo alla moglie e al figlio di Lima – L’Ass. familiari vittime di via dei Georgofili: nessuno dei parenti dei morti di Firenze ha avuto simili risarcimenti: la vita di Lima vale più di quella di Dario Capolicchio?”…

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per “Il Fatto Quotidiano
Nell’elenco dei familiari delle vittime di mafia non è mai entrata, anche perché non ha mai chiesto di farne parte. Non ha mai percepito, quindi, quell’indennità mensile di 1.800 euro che aveva suscitato la reazione indignata del centro Pio La Torre e dell’associazione Libera.
Ma nel 2006, Susanna Lima, la figlia dell’eurodeputato Dc assassinato nel ‘92 a Palermo, ha ricevuto dallo Stato un “tesoro” assai più prezioso: la somma di un milione e 815 mila euro, incassata grazie al Fondo di rotazione che la legge 512 del ‘99 ha creato per i familiari delle vittime di mafia e terrorismo, costituiti parte civile nei processi, garantendo loro il risarcimento dei danni liquidati in sentenza.
Quasi due milioni di euro: è forse la somma più alta concessa fino a oggi a vedove, figli e parenti degli assassinati per mano mafiosa. A erogarla alla primogenita del potentissimo luogotenente di Andreotti in Sicilia (già nel ‘76 riconosciuto dalla relazione di minoranza della Commissione Antimafia come “contiguo ad ambienti mafiosi”) è il governo guidato da Romano Prodi: il Fondo di rotazione è gestito dal ministero degli Interni che nel 2006 è diretto da Giuliano Amato. Nessuno può parlare di un indennizzo illegale.
Ma l’erogazione che, sul piano formale, appare rispettosa dei requisiti richiesti dalla legge 512, suona come una beffa se si legge la sentenza della Corte d’assise di Palermo che, nel 1998, condannando gli assassini di Lima, specificava, nero su bianco, come l’eurodeputato Dc fosse stato assassinato perché non era riuscito a mantenere “l’impegno affinché l’assegnazione del ricorso per Cassazione del maxi-processo venisse affidata alla prima sezione penale”, presieduta da Corrado Carnevale, che avrebbe provveduto “secondo le aspettative di Cosa Nostra, all’assoluzione della commissione provinciale”.
Nella sentenza, insomma, i giudici consegnano il ritratto di un notabile che, pur non essendo uomo d’onore, è “vicino” ai poteri mafiosi e che viene assassinato solo quando Cosa Nostra lo ritiene responsabile di non essersi speso abbastanza per l’assoluzione degli imputati del maxi-processo.
Per questo motivo, quando il 5 maggio 2010 Giulia Maria Lo Valvo e Marcello Lima, la vedova e il figlio dell’eurodeputato Dc, bussano anch’essi a quattrini chiedendo di accedere ai benefici della legge 302 del 1990 per le vittime di mafia e terrorismo, la loro richiesta viene respinta. Dopo una rapida istruttoria, infatti, il ministro degli Interni Roberto Maroni, richiamandosi allo sbarramento previsto dalla norma che prevede come requisito fondamentale “la totale estraneità del soggetto leso ad ambienti e rapporti delinquenziali”, risponde picche.
No allo status di familiari di una vittima della mafia, dunque, ma sì al rimborso milionario: il presupposto che impone la “totale estraneità” della parte lesa agli ambienti criminali non esiste nel Fondo di rotazione, che per concedere il denaro chiede (oltre alla costituzione di parte civile, la condanna degli assassini per fatti di mafia e il pagamento delle spese processuali a loro carico) che il richiedente non abbia riportato condanne definitive e che la vittima, al momento della morte, non sia sottoposta a misura di prevenzione, procedimento penale o condanna.
Susanna Lima possiede tutti i requisiti, e suo padre – nonostante la contiguità con Cosa Nostra conclamata dalle sentenze – al momento dell’uccisione risultava incensurato. Ecco perché la figlia di Lima ha avuto quasi 2 milioni di euro dallo Stato ed ecco perché, nell’ultima udienza del processo sulla trattativa, all’avvocato che le chiedeva se avesse ottenuto il riconoscimento di familiare di vittima di mafia, la donna ha risposto di sì, per poi essere contraddetta dal marito, l’avvocato Carlo Lo Monaco, che all’Ansa ha precisato: ‘’Non è così. Mia moglie ha equivocato”.
Ossia, ha confuso i modesti emolumenti previsti per i parenti delle vittime, con la somma ingente da lei percepita grazie al Fondo di rotazione che – almeno dal punto di vista esclusivamente formale – ha posto Lima sullo stesso piano di Falcone, Borsellino e di tutti gli altri servitori dello Stato caduti per mano mafiosa.

“È TROPPO, IL DOLORE È UGUALE PER TUTTI”
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per “Il Fatto Quotidiano
Giovanna Maggiani Chelli è la presidente dell’Associazione familiari delle vittime di via dei Georgofili.
Signora Maggiani, la figlia di Salvo Lima ha incassato dallo Stato un milione e 800mila euro. Che ne pensa?
È una cifra esorbitante che ci lascia esterrefatti, nessuno dei familiari dei morti di Firenze ha avuto dalle sentenze civili risarcimenti di questa entità. Mi chiedo se la vita di Salvo Lima valga di più di quella di Dario Capolicchio, perché lui era uno studente universitario e il primo è stato un sottosegretario. Il dolore della figlia di Salvo Lima è uguale al dolore di tutti gli altri familiari.
Alla vedova Lima e a all’altro figlio il risarcimento venne negato perché il padre non è risultato totalmente “estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali”.
È una contraddizione, o tutti o nessuno della famiglia Lima avevano diritti sulla morte del congiunto. E poi per lo Stato, Lima è un mafioso o no? Perché se lo è, è grave ogni risarcimento, ma se non lo è, è grave che alcuni familiari abbiano avuto soldi e altri no. E infine lo Stato cosa fa se, ad esempio, un mafioso fa causa perché un altro mafioso gli ha ucciso il figlio? Risarcisce chi fa causa?
Al ministero degli Interni stanno studiando una proposta di variazione normativa per rafforzare la certezza di mafiosità delle vittime, prima di risarcire i familiari. Il Fondo di Rotazione della 512 va cambiato?
Il Fondo è una perla di legge. Ed è bene che non venga toccato.

Cancellieri ai Ligresti: "Contate su di me per Giulia". Alfano solidale. Ma scoppia la polemica. M5s: "Si dimetta!"

da http://www.repubblica.it/politica/2013/10/31/news/sel_grave_intervento_cancellieri_per_scarcerazione_ligresti-69925069/

ROMA - "Sono pronta a riferire in Parlamento, ove richiesta, per poter dare ogni chiarimento che si rendesse necessario". Si conclude così la lettera del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ai capigruppo di Camera e Senato sulla vicenda carceraria di Giulia Ligresti. Uno scoop di Repubblica ha rivelato che la Guardasigilli - il cui figlio lavorò in una società del costruttore - è intervenuta per favorire la scarcerazione della donna, affetta da anoressia.

Nella vicenda è comparsa anche un'intercettazione, in possesso dell'Adnkronos, datata 17 luglio scorso, a poche ore dall'arresto nei confronti di Salvatore Ligresti e dei suoi tre figli coinvolti nell'inchiesta della Procura di Torino. Il ministro si sarebbe rivolto così a Gabriella Fragni, compagna dell'Ingegnere: "Comunque guarda, qualsiasi cosa io possa fare (su Giulia Ligresti, ndr) conta su di me, non lo so cosa possa fare però guarda son veramente dispiaciuta". In un altro passaggio Fragni, commentando gli arresti, dice: "E' stata la fine del mondo". E Cancellieri risponde: "Sì, la fine del mondo, sì.

Un'intercettazione, trascritta dagli uomini della Polizia tributaria di Torino, in cui si fa riferimento anche alla conoscenza tra il ministro e Antonino Ligresti, fratello di Salvatore. Il ministro Cancellieri, sentita come persona informata sui fatti, aveva definito la conversazione "una telefonata di solidarietà sotto l'aspetto umano".

Cancellieri: "Era mio dovere". "In merito alla vicenda carceraria di Giulia Ligresti ritengo opportune alcune precisazioni", scrive il ministro Cancellieri rivolto ai capigruppo di Camera e Senato. "Tutti voi conoscete l'attenzione e l'impegno che fin dal primo giorno del mio mandato ministeriale ho riservato alle condizioni in cui versano i detenuti. Nel caso di Giulia Ligresti, non appena avuta conoscenza, per via diretta, delle condizioni psicofisiche della ragazza, era mio dovere trasferire questa notizia agli organi competenti  dell'Amministrazione Penitenziaria per invitarli a porre in essere gli interventi tesi ad impedire eventuali gesti autolesivi. Mi sono comportata, peraltro, nello stesso modo quando sono pervenute al mio Ufficio segnalazioni, da chiunque inoltrate".

"Intervenire - afferma la Cancellieri - è compito del Ministro della Giustizia. Non farlo sarebbe colpevole e si configurerebbe come una grave omissione. Non c'è stata, quindi, né poteva esserci alcuna interferenza con le decisioni degli Organi giudiziari. Nella mia comunicazione al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, non vi è stato nel modo più assoluto, alcun riferimento a possibili iniziative finalizzate alla eventuale scarcerazione della Ligresti. Naturalmente - conclude - sono pronta a riferire in Parlamento, ove richiesta, per poter dare ogni chiarimento che si rendesse necessario".

In serata il ministro Cancellieri è poi stata ricevuta dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ufficialmente, spiega una nota del Quirinale, per illustrare al capo dello Stato "le misure relative al sovraffollamento delle carceri che sta predisponendo".

La procura di Torino: "Illazioni". Oggi sulla questione è intervenuto anche la Procura di Torino con una nota a firma del procuratore capo Gian Carlo Caselli e dei pm Vittorio Nessi e Marco Gianoglio nella quale si definisce "arbitraria e del tutto destituita di fondamento ogni illazione che ricolleghi la concessione degli arresti domiciliari (a Giulia Maria Ligresti, ndr) a circostanze esterne di qualunque natura".

Nell'intercettazione pubblicata dall'Adnkronos risulta che il ministro avrebbe detto a la Fragni: "Eh lo so lo so, me l'hanno detto me l'hanno detto. Io ogni tanto sento Nino gli chiedo notizie, non la vedo", definendola "buona amica da parecchi anni". "Io sono mesi che ti voglio telefonare per dirti che ti voglio bene, la vita mi scorre in una maniera indegna". Poi il ministro parla anche del figlio Piergiorgio Peluso. "Son veramente dispiaciuta. Ma sono mesi che ti voglio...poi ci sono state le vicende di Piergiorgio quindi...guarda...", dice ancora al telefono il ministro.

I contatti del figlio con il gruppo. Dalle indagini risulta che il figlio del ministro avrebbe ancora contatti con il gruppo Ligresti. "Dal monitoraggio delle conversazioni telefoniche è emerso che lo stesso ex direttore generale di Fondiaria-Sai", Piergiorgio Peluso, figlio del ministro "continua a intrattenere rapporti con alcuni dirigenti del Gruppo, interessandosi sia alle vicende giudiziarie che di quelle societarie", scrive il nucleo di polizia tributaria della Gdf di Torino in un'annotazione del 29 agosto scorso.

La telefonata fra la Cancellieri e la Fragni si conclude così: "Io non so se quanto mai rientrerò a Milano - dice ancora il ministro - ,ma appena riesco ad arrivarci, ormai fino a tutto settembre, ti vengo subito a trovare. Però qualsiasi cosa, veramente, con tutto l'affetto di sempre... . Ti abbraccio con tantissimo affetto".

La Fragni, compagna di Salvatore Ligresti sentita come teste nell'inchiesta su Fonsai il 20 agosto scorso, ha spiegato al pm di Torino Marco Gianoglio di avere un rapporto di amicizia col ministro Cancellieri "che dura da oltre 40 anni; lei abitava nella stessa casa di Tonino Ligresti e col tempo si è instaurata un'amicizia a livello di famiglie ed anche mio personale".

EZIO MAURO SU REPUBBLICA DOMANI

Le reazioni.
 Per tutta la giornata la notizia dell'intervento del ministro Cancellieri a favore della scarcerazione di Giulia Ligresti ha suscitato reazioni da più parti.

In serata, il vicepremier e ministro dell'Interno Angelino Alfano parla di vicenda "strumentalizzata ad arte" ed esprime solidarietà ad Annamaria Cancellieri che "ha mostrato invece la sua grande sensibilità e la sua attenzione per le condizioni di salute in cui versava Giulia Ligresti". Secondo Alfano, da parte del Guardasigilli non c'è stata alcuna "azione e neanche intendimento al di fuori delle legittime competenze", ma "semmai l'intenzione di evitare l'eventuale peggioramento di una situazione difficile". Perfetta sintonia con un altro ministro Pdl, Gaetano Quagliariello: "La sensibilità della Cancellieri per il dramma carcerario è nota e non ha niente a che fare con i cognomi. Solidarietà per assurda strumentalizzazione", scrive su twitter il ministro per le Riforme. Ma per il resto, dal fronte politico, sono tante le critiche alla responsabile della Giustizia.

Sul suo blog Beppe Grillo scrive: "Come è umana la Cancellieri. Ecco cosa è successo. Smentisca o si dimetta". "Su 63.000 r rotti detenuti su chi si è posato l'occhio benevolo della ministra Cancellieri?". I membri della commissione Giustizia del M5S chiedono al ministro di smentire la notizia. "Diversamente il ministro deve assumersi le proprie responsabilità e rassegnare immediatamente le dimissioni", scrive M5s in una nota. Il deputato di Scelta civica Gianfranco Librandi chiede chiarimenti perché "vanno infatti da subito fugati dubbi sul fatto che vi siano state disparità di trattamento". "L'intervento presenta aspetti molto discutibili e inquietanti che devono essere chiariti sul piano politico e non solo su quello giudiziario - affermano in una nota i senatori di Sel Loredana De Petris e Peppe de Cristofaro - non abbiamo nulla da eccepire sulla scarcerazione di una detenuta, oltretutto in stato di carcerazione preventiva, perché malata o anoressica. Troviamo invece grave che l'intervento in questione sia stato richiesto da una telefonata privata e che abbia riguardato una classica 'detenuta eccellente'".

Una presa di posizione è arrivata anche dal Pd, con una nota del responsabile carceriSandro Favi: "In carcere si soffre e si muore d'abbandono - aggiunge - ma nessuno si chiede cosa si poteva o si può fare per prevenire almeno i drammi più evidenti. Il ministro Cancellieri attivi subito una task-force permanente al Dap, dove almeno le situazioni estreme vengano trattate con una attenzione meno burocratica e senza questa intollerabile sensazione di ineluttabilità delle tragedie quotidiane. Eviterà così la sgradevole impressione che solo per i potenti il senso di umanità trova interlocutori attenti".

Sul fronte dei "renziani", il deputato Ernesto Carbone chiede un passo indietro del ministro. "Se ciò che viene riportato oggi dagli organi di stampa trovasse conferme - afferma -, ritengo francamente che il ministro Cancellieri dovrebbe fare un passo indietro e rassegnare le dimissioni". Un altro renziano, Dario Nardella, definisce invece pretestuose le richieste di dimissioni.

Il senatore del Pd Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani a Palazzo Madama, giustifica Cancellieri: "Di fronte a una detenuta che rifiuta di nutrirsi è buona prassi e indice di una elevata sensibilità istituzionale e umana, il che non guasta, attivarsi per capirne le ragioni. Questo ha fatto, opportunamente, il ministro Cancellieri quando le è stata segnalata la gravità delle condizioni di salute di Giulia Ligresti". Mentre Massimo Bitonci, capogruppo della Lega Nord al Senato definisce la vicenda di una gravità inaudita" e il leader di Prc, Paolo Ferrero, definisce le telefonate "scandalose" e chiede le dimissioni del ministro.

Una raccolta di firme per le dimissioni è stata promossa dall'ex direttore di PeaceReporter Maso Notarianni, sul sito change.org.


 
E Stilinga si chiede: ma i detenuti senza santi in paradiso che hanno sofferto le pene infernali in terra decidendo di suicidarsi? e poi:  è democrazia questa? sarebbe corretto definirla oligarchia assolutista in modo che tutto diventi meno falso e in modo che le persone sappiano come è la realtà e non si sia ingannati da idee democratiche associate allo Stato Italiano, visto che qui l'uguaglianza davanti alla legge è una barzelletta e lo è pure la storia: l'illuminismo e la rivoluzione francese con la distruzione delle monarchie non è presente nelle teste dei politici, nemmeno in quella dei notabili e tanto meno nelle istituzioni! 
Che pena!