Ior, la banca più amata da Monti

 Marco Politi in “il Fatto Quotidiano” del 6 luglio 2012.
Lo Ior non passa ancora l’esame delle autorita? finanziarie europee. Dietro gli annunci ottimisti del Vaticano, secondo cui si è “sulla buona strada”, rimane il fatto che su 16 requisiti cruciali elencati lo Ior rimane inadempiente per 7.

Dice il viceministro degli Esteri vaticano, mons. Ettore Ballestrero, recatosi personalmente a Strasburgo a dimostrazione del bruciante interesse della Santa Sede a far parte della “Lista bianca”
degli Stati affidabili in tema di riciclaggio, che entrare nel sistema Moneyval richiede la necessita? di “apprendere in breve tempo il linguaggio, le regole, le tecniche di un sistema complesso”.

Un prelato qual è mons. Ballestrero non ha bisogno per la sua missione di padroneggiare le sottigliezze del sistema bancario. Sarebbe ridicolo, invece, affermare che il direttore dello Ior, Paolo Cipriani, si sia trovato improvvisamente impreparato, come Alice nel paese delle meraviglie, dinanzi alle regole di trasparenza, che Moneyval esige. Cipriani proviene dal Banco di Santo Spirito e dalla Banca di Roma, è stato rappresentante di questi istituti a New York e a Londra: il massimo della finanza mondiale.

PUO' SPIEGARE allora perchè a un anno e mezzo dal decreto di Benedetto XVI – che impegnava lo Ior a una totale trasparenza – la banca vaticana non si è messa ancora al passo con le regole internazionali? 
Una settimana fa, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Lombardi, si era sforzato di aprire una breccia nei misteri dello Ior, organizzando un briefing nella sede dell’istituto. Cipriani non ha avuto il coraggio di accettare il gioco delle libere domande dei giornalisti e fino a quando non lo farà, i discorsi più belli rimarranno a metà strada.
 Perchè nelle democrazie occidentali funziona così: si risponde senza rete all’opinione pubblica.

La cosa più sconcertante nelle ultime vicende riguardanti lo Ior riguarda tuttavia la notizia – pubblicata ieri dal solo Fatto Quotidiano – che il governo italiano ha imbavagliato la delegazione dei funzionari della squadra antiriciclaggio della Banca d’Italia, impedendo loro di esprimere le proprie valutazioni professionali sulla condotta tenuta sinora dalla banca vaticana.

Va detto in proposito che a tutt’oggi, i dirigenti dello Ior non hanno ancora fornito dati precisi su che fine abbiano fatto i celebri (e spesso opachi) conti correnti presso l’istituto dei cosiddetti “laici esterni”, cioè di quelle persone che non appartengono assolutamente alla lista rigorosa di persone abilitate ad averne uno. 
Conti esterni di cui il faccendiere Bisignani è figura simbolica, ma non l’unica.

Non importa qui indagare attraverso quali canali contorti si sia espresso il veto. Contano i fatti. Il direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, Giovanni Castaldi, ha ritirato i suoi due delegati dalla riunione di Strasburgo perchè impossibilitato a fare il proprio dovere.
 E' evidente che in un consesso internazionale – a una scadenza cruciale per Oltretevere – il governo Monti ha voluto fare un favore macroscopico alla Santa Sede, privo di qualsiasi motivazione (diciamo così) professionale. 
E' un episodio che fa cadere le braccia specialmente a coloro che hanno sempre provato stima per il “tecnico” Monti e il suo stile da gentiluomo. 
All’assemblea Moneyval di Strasburgo proprio il governo tecnico italiano si è comportato da politicante, impedendo ai “tecnici” della Banca d’Italia di dare il proprio giudizio su ciò che manca allo Ior per presentarsi pulito sulla scena europea. 
Da chi è stato commissario Ue per il mercato interno e per la concorrenza, da un liberale per il quale la pulizia e le regole del sistema finanziario dovrebbero essere la stella polare, questo “sopire… troncare… sopire” era lecito non aspettarselo.

L’INCIDENTE non è peraltro isolato. 
E' la terza volta che il governo Monti, abituato a usare il guanto ruvido con i ceti popolari, i pensionati e gli operai, fa dei favori incomprensibili e inaccettabili al Vaticano nel momento in cui tutti sono chiamati – e tanti cittadini ci credono anche – a stringere la cinghia per risollevare le sorti dell’Italia.

Implacabile nel chiedere a ogni padre di famiglia di pagare gli aumenti Imu sull’unghia nel 2012, Monti ha disposto che gli enti ecclesiastici (evasori da anni) la paghino soltanto nel 2013.
 
Non esiste uno straccio di ragione economica che giustifichi questo privilegio.
Ancora: mentre gli italiani redigevano la loro dichiarazione dei redditi, Monti si è rifiutato di indicare la destinazione della quota dell’8 per mille, che va allo Stato per “iniziative umanitarie”. Avrebbe potuto dire che andava ai terremotati dell’Emilia. Non lo ha fatto. Il governo ha taciuto, perchè è noto che il Vaticano esige che non vi sia pubblicità “concorrente” quando si tratta dell’8 per mille.

Lo scandalo di Strasburgo si inserisce in una linea di per sè inquietante.
Laicità non significa denigrare la religione. 
Laicità significa che nessuna confessione può imporre i propri interessi alla comunità nazionale. Laicità significa la regola aurea del costituzionalismo americano: nessun comportamento dello Stato per “ostacolare o favorire una religione”. 
Questa laicità gli italiani hanno il diritto di pretenderla dal liberale cattolico Monti.

E visto che si parla di spending review, gli italiani hanno il diritto di pretendere anche dal premier di attivare la commissione bilaterale italo-vaticana per rivedere il gettito dell’8 per mille, molto ma molto superiore a quelli che sono i bisogni reali della struttura della Chiesa in rapporto agli anni Ottanta (quando c’erano assai piu? preti).